Le stronzate di Pulcinella

RACCONTIAMO NAPOLI E I NAPOLETANI (usi,costumi,tradizioni di un popolo e di una citta')

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view post Posted on 16/2/2010, 08:26
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'0 SPUSALIZIO (il matrimonio) VECCHIE TRADIZIONI ED USANZE NAPOLETANE
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Quele che andiamo ad enunciare sono solo vecchie credenze popolari quindi leggetele con un sorriso.
la scelta del giorno della settimana
Una tradizione indica che il lunedì reca buona salute, dato che questo giorno è dedicato alla luna, astro e dea delle spose; il martedì porta ricchezza sicura (contraddetta dal proverbio "né di venere né di marte ci si sposa né si parte); il mercoledì è assai propizio; il giovedì reca dispiaceri alla sposa; il venerdì pare che porti disgrazia, ma al giorno d’oggi sono tantissime le coppie che ignorano la superstizione e scelgono proprio questo giorno per sposarsi.; il sabato è il giorno che la maggior parte delle coppie sceglie per sposarsi, mentre la domenica pare sia il giorno piu' sfortunato.

IL MESE
Gennaio: per esempio, è mese che porta affetto, gentilezza a fedeltà;

Febbraio: epoca degli amori e degli accoppiamenti, è il mese migliore per prendere la fatale decisione;

Marzo: promette sia gioia che pene;

Aprile: invece promette soltanto gioie;

Maggio: non va scelto per nessuna ragione ("la sposa maiulina nun si godi la curtina");

Giugno: gli sposi avranno la fortuna di viaggiare molto, per terra e per mare ed è anche il mese dedicato a Giunone, la dea che protegge l'amore e le nozze;

Luglio: annuncia fatiche e lavoro per guadagnarsi la vita;

Agosto: assicura che la vita sarà ricca di cambiamenti;

Settembre: coprirà gli sposi di ricchezze e allegria;

Ottobre: vuol dire molto amore, ma il denaro stenterà ad arrivare;

Novembre: porta felicità;

la neve di Dicembre assicura alla coppia amore eterno.
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Edited by Pulcinella291 - 8/2/2011, 16:43
 
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view post Posted on 17/2/2010, 14:39
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LE 4 GIORNATE DI NAPOLI
Il 28 settembre 1943 ebbe inizio l'insurrezione armata popolare di Napoli contro i tedeschi:il popolo stremato dalla guerra e dalle privazioni si sollevo' armato di vecchi fucili, di bombe a mano e soprattutto del suo coraggio, contro uno dei più potenti eserciti del mondo. Dopo quattro giorni di duri e sanguinosi combattimenti, i tedeschi furono costretti a ripiegare e a lasciare la città. Con le Quattro Giornate di Napoli ha inizio la guerra di Liberazione del nostro Paese dal nazifascismo, che si concluderà il 25 aprile 1945.Per questo atto di eroismo i Napoletani hanno ricevuto la medaglia d'oro. Eccovi alcune foto dell'epoca.
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I NUOVI TERMINI DEL DIALETTO NAPOLETANO
PARIARE
Una volta, questo termine a Napoli veniva usato per indicare la digestione:"aggio mangiate a poco e sto parianno mo'", negli ultimi anni soprattutto i giovani, usano tale locuzione per esprimere un divertimento.
Si può "pariare con gli amici" (organizzare una serata, uno scherzo) o "pariare" (pomiciare) una vrenzola (ragazza). Si può "pariare in cuollo a uno", a danno di uno o di molti. Tenghe voglia e parià (voglio divertirmi ), accussi' tanto pe paria' (cosi tanto per divertirmi un po).

CHIATTILLO

Una volta il termine indicava un brutto parassita :la piattola. Ora nel gergo giovanile viene usato per indicare il figlio di papa' che si sente superiori poichè proviene generalmente da una classe sociale più elevata e come la piattola "se zuca e sorde do pate".Il vestiario del chiattillo è firmato (tanto che qualcuno dice a lui si comme a nu referendum tutto firmato)Gli studi del chiattillo sono generalmente classici anche se poi sta da 20 anni fuori corso all'Universita' dove ha naturalmente intrapreso la facolta' del padre, che attende con ansia che il figlio si laurei per affidargli lo studio .

IL CUOZZO
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Una volta era" il cuozzo da pistola" il manico della pistola, oggi invece lo potremmo definire il tammarro o anche cafardo. E' ignorante e preferisce anche dimostrarlo ,forse per dimostrare la sua virilita'.Usa un linguaggio tutto suo , non parla ma sbraita e gesticola, se legge lo fa a voce alta .Tutti i cuozzi vestono in modo simile e usano un linguaggio comune (teso', belle',amo', te pozzo accunoscere? I maschi di solito sono magrolini le femminucce (dette anche vrenzole) sono alquanto grassottelle e lasciano intravedere dai pantaloni a vita bassa l'immancabile perizoma taglia 64. Per giurare usano baciare il dito indice e levarlo al cielo oppure l'espressione :"adda muri' mamma'"
Per il cuozzo napoletano il cappellino con visiera è d'obbligo rigorosamente di marca pezzottata . E' indispensabile l'orecchino o il brillantino al naso , mentre le scarpe devono essere Nike dorate o nere molto gettonate sono pure alcuni tipi di Converse, naturalmente parallele mai originali.Le vrenzole invece preferiscono gli stivali con otto centimetri di tacco pure in piena estate. Cosa fondamentale di un cuozzo o una cuozza -vrenzola sono le due lampade settimanali obbligatorie in Estate-Primavera-Autunno-Inverno .
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IL CUOZZO

Edited by Pulcinella291 - 6/6/2011, 10:20
 
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I PANNI STESI AL SOLE DI NAPOLI
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Fanno parte del paesaggio partenopeo da sempre, ma che facessero pure tendenza sembrava impossibile. E invece è cosi' stendere i panni al sole non è più roba da vicoli. Anzi, dagli Stati Uniti arriva un nuovo diktat: basta con le asciugatrici perché consumano troppa energia elettrica. In molti stati americani, ma anche in Gran Bretagna e nel Belgio sono partite raccolte di firme e sono stati proposti disegni di legge per far abrogare i divieti di stendere i panni al sole. Una volta tanto sono gli altri che copiano noi. Quante abitudini americane abbiamo importato, stavolta esportiamo noi . Chissa' se anche in America si arrivera' a stendere i panni da balcone a balcone ,da condominio a condominio?
 
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view post Posted on 26/2/2010, 09:00
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LE VELE DI SCAMPIA

Sono delle costruzioni che prendono il nome dalla loro forma nate tra il 1962 ed il 1975 . Nate a seguito della legge 167 del 1962(alloggi popolari), le sette vele di ScampiaMesso (progettate dall'architetto Franz Di Salvo) facevano parte di un progetto abitativo di larghe vedute che prevedeva anche uno sviluppo della città di Napoli nella zona est, ovvero Ponticelli. L'obiettivo era quello di diffondere sul territorio un sistema di centri urbani e spostare il baricentro urbano verso l'interno della provincia . Sulla carta il progetto era molto interessante . Erano previsti centri sociali, uno spazio di gioco ed altre attrezzature collettive. La mancata realizzazione di questo «nucleo di socializzazione» è stata certamente una concausa del fallimento del progetto e della costruzione stessa. L'idea del progetto prevedeva grandi unità abitative dove centinaia di famiglie avrebbero dovuto integrarsi e creare una comunità, grandi vie di scorrimento e aree verdi tra le varie vele; una vera e propria città modello, ma varie cause hanno portato a quello che oggi viene definito un ghetto, in primis il terremoto del 1980, che portò molte famiglie, rimaste senza tetto, ad occupare più o meno abusivamente gli alloggi delle vele: questo fece sì che varie furono le culture che si intrecciarono e come talvolta succede, a prevalere furono illegalità, abusivismo, prevaricazione in varie forme.

FORCELLA
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Una volta era una pacifica strada della vecchia Napoli che poi si trasformo' in un'autentica Casbah. Furono gli angloamericani nel dopoguerra a farla diventare centro del contrabbando mediterraneo.Ma Forcella è anche la strada che, con i suoi traffici, salvò Napoli dalla fame.


LA FESTA "INTO 'O BUVERO"
La Festa di Sant’Antonio Abate, protettore degli animali ,è ancora oggi celebrata in molte località italiane ed in modo particolare modo a Napoli , anche se la festa è un rito quasi in via di estinzione. In città i festeggiamenti avvengono nel quartiere intorno a Via Foria, detto dai napoletani "‘o buvero ‘e Sant’Antuono" per la presenza della chiesa omonima . Dalle prime luci dell’alba, si assiste ad una processione di persone intenzionate a far benedire se stessi e i loro animali . Dopo la celebrazione eucaristica, la statua di Sant’Antonio Abate viene portata lungo le strade del rione; durante la processione, al grido "menate, menate", da ogni finestra vengono calati tutti gli oggetti di legno che non servono più. Nel frattempo, si prepara una vampa di fuoco, detta "‘o cippo" oppure "‘o fucarazzo", il cui orario di accensione è fissato per le 19:00. Il fuoco può essere ricollegato sia all’azione del Santo contro il male che alla guarigione dalla malattia dell’ergotismo e dell’ herpes zoster ('o fuoco e S.Antonio), affezioni curate con il grasso del maiale.


Edited by Pulcinella291 - 26/2/2010, 02:29
 
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IL PRIMO SCUDETTO DEL NAPOLI

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Era il 10 maggio 1987 dopo anni e anni di sofferenza il Napoli vinse il suo primo scudetto
ECCOVI LA SQUADRA
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Il Napoli vince il primo scudetto. Legati a Diego Maradona, i trionfi del Napoli iniziano nella stagione 1986/1987. Dopo cinquant’anni, il club partenopeo vince infatti il primo scudetto. Allenatore Ottavio Bianchi, il Napoli conquista il titolo al termine di un campionato esaltante. Maradona è la stella di una squadra che annovera tra le sue fila giocatori di grande spessore. Bagni, Giordano, Carnevale, Bruscolotti, Ferrara, De Napoli, Romano, Ferrario, Garella e Renica completano l’undici titolare di un Napoli che regala grandi soddisfazioni ai tifosi azzurri.
Alla fine del campionato, il Napoli totalizza 42 punti,(allora per la vittoria si assegnavano solo due punti) distanziando di 3 punti la Juventus e di 4 lunghezze l’Inter. La squadra azzurra stabilisce inoltre alcuni primati: massimo dei punti conquistati in trasferta (19), maggior numero di vittorie in trasferta (7). A questi record s’aggiunge l’imbattibilità casalinga: inespugnabile per gli avversari, lo Stadio San Paolo è il dodicesimo uomo in campo. Il 1987 segna anche un altro trionfo: il Napoli conquista la Coppa Italia, battendo nelle due gare di finale l’Atalanta.

NAPOLI, 1989-90 IL SECONDO SCUDETTO
IL SECONDO SCUDETTO! Fu una stagione gloriosa per il Napoli che vinse il campionato dopo un incredibile testa a testa con il Milan. A due giornate dalla fine Napoli e Milan avevano gli stessi punti in classifica: alla penultima giornata di campionato il Napoli vinse 4-2 a Bologna e il Milan perse incredibilmente 1-2 contro l'ormai retrocesso Verona. La domenica successiva al Napoli bastava un pareggio, e in quella partita contro la Lazio vinse facilmente 1-0 con un gol del difensore Marco Baroni.

MARADONA: era ancora una volta il più grande. Con i suoi gol portò di nuovo lo scudetto all'ombra del Vesuvio. Tutta la città impazzì così come era accaduto nel 1987. Il Napoli inoltre era così riuscito a vendicare quella partita in cui il Milan gli aveva soffiato lo scudetto appena due anni prima vincendo 3-2 proprio a Napoli.


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Nella stagione 1989/1990 il Napoli stabilisce alcuni record: massimo dei punti in casa (33), minor numero di sconfitte (4), massimo delle reti segnate (57), massimo dei gol realizzati in casa (37). Decisivo, ancora una volta, il contributo di Diego Maradona: il fuoriclasse argentino segna 16 gol. Ai due scudetti, alla Coppa Uefa e alla terza Coppa Italia, il Napoli aggiunge nel suo palmarès la Supercoppa Italiana: il 1° settembre 1990, il Napoli batte per 5-1 la Juventus (doppiette di Careca e Silenzi, gol di Crippa).

LA COPPA UEFAimage
L'edizione del 1989 della Coppa UEFA porta al Napoli il suo quarto trofeo in campo europeo, il primo conquistato da una squadra italiana dopo la tragedia dell'Heysel.

Tra le favorite della vigilia, c'erano squadre come Bayern Monaco, Real Sociedad, e le altre italiane (Inter, Juventus e Roma
Negli ottavi di finale la Roma viene eliminata dalla Dinamo Dresda, stessa sorte tocca all'Inter incredibilmente eliminata dal Bayern Monaco dopo aver dominato la gara di andata giocata in terra tedesca.

Per il turno successivo il sorteggio mette di fronte le due italiane superstiti: Juventus e Napoli. All'andata i bianconeri si impongono con un perentorio due a zero, ma nella gara di ritorno gli azzurri riescono prima a pareggiare il conto e poi a chiuderlo, a pochi secondi dallo scadere dei supplementari, grazie ad un goal di Renica.

Nel turno di successivo l'incontro di cartello mette di fronte le due favorite della competizione, Napoli e Bayern. Un'astuzia di Diego Armando Maradona che mette Carnevale in condizione di segnare il primo goal, ed una rete di Careca mettono il Napoli in condizione di poter affrontare con una certa tranquillità la gara di ritorno, senza ovviamente sottovalutare i forti avversari che avevano ribaltato un identico punteggio proprio contro l'Inter.
Al contrario di quanto sembrerebbe scontato, il Napoli gioca all'Olympiastadion gestendo la gara e dimostrandosi padrone del campo. A nulla servono gli sforzi del Bayern, il Napoli passa in vantaggio con Careca, viene raggiunto e ripassa con un magistrale goal dello stesso Careca su passaggio di Maradona, a nulla serve il pareggio dei tedeschi, la "finale anticipata" è dominata dal Napoli cui resta da affrontare solo l'ostacolo di un'altra squadra tedesca, lo Stoccarda di Klinsmann e del tedesco-napoletano Maurizio Gaudino.

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Edited by Pulcinella291 - 8/2/2011, 16:44
 
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imageTENE E CORNE , E' NU CURNUTO...........

A Napoli per indicare un avvenuto tradimento a causa di una infedelta' coniugale si usa l'espressione "tene e corne , è nu curnuto. Questa espressione anche se in maniera un po' diversa, a seconda dei dialetti, viene usata in tutta l'Italia e anche in buona parte dell'Europa. Da noi si usa dire anche :"a mugliera l'è mise e corne, o marito l'è mise ' e corne, chillo o chella tene nu cuofane e corne, ma perchè è nata questa espressione??' E' tutta colpa dell’imperatore bizantino Andronico I Comneno, grande donnaiolo ed esperto di congiure che spesso imprigionava ialcuni sudditi e una volta sollazzatosi con le mogli , per scherno scherno, faceva appendere sulle facciate dei palazzi dei poveretti delle simboliche e beffarde teste di cervi e altri animali naturalmente cornuti da lui abbattuti a caccia.

'A PANZA
La pancia ha il suo corrispettivo dialettale napoletano in panza , l'addome . Con il termine panza moltissime sono l'espressioni nate dalla mente fertile del popolo ve ne cito alcune.
Panza ‘e vierme : vuol indicare il grassone un po' flaccido , come se avesse la pancia infestata da vermi solitari.
Sta che mmane n'coppa a panza:sta oziando , non ha voglia di fare niente
panza chiena : ha mangiato abbondantemente
panza vacante: sta digiunando
se ratta a panza: non fa niente, sta oziando
n'turza' a panza: ingravidare
tené ‘a panza ‘nnanze : è incinta
farsene ‘na panza o farsene ‘na panza:farsene una scorpacciata,mangiarne abbondantemente
metterse cu ‘a panza e cu ‘o penziero :applicarsi ad una cosa con il corpo e con la mente
ommo ‘e panza:indica una persona che sa tenere un segreto
tené ‘a panza azzeccata cu ‘e rine
: aver la pancia incollata alla schiena, essere magrissimo
nun tené né panza, né stentine: non aver pancia né intestini,indica chi è così magro da poterlo ritener privo di pancia ed addirittura di interiora
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Edited by Pulcinella291 - 6/6/2011, 10:22
 
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LA VOCE DEI VENDITORI AMBULANTI
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Gli ambulanti erano la vera risorse di Napoli e dei paesi della provincia . E' una figura , oramai, quasi del tutto sparita , ma possiamo senz'altro affermare che con la loro voce gli ambulanti rappresentavano, come disse Domenico Rea:"il capitolo più bello, il più immaginoso, spontaneo, vivo, il meglio della poesia dialettale e analfabeta”. Era la profonda necessità di sopravvivere, l’esigenza di smaltire il prodotto - di stagione o ricorrente - ad ispirare la fantasia degli ambulanti per la creazione estemporanea dei commenti immediati e spontanei con cui presentavano ed esaltavano la merce. Vicente Blasco Ibàñez nel 1930 disse appunto che nella nostra città “perfino la vendita ambulante è musicale; ed il maccheronaro, il mellonaro, l’ostricaro, il sorbettaro, il castagnaro , e quanti altri… che finiscono in aro , gridano per le vie la loro merce, lo fanno con vere canzoni, alcune delle quali tanto originali e belle, che le desidererebbero come motivo dominante molte opere uscite ultimamente”.
Il popolo napoletano era svegliato sin dalle prime ore dell'alba dalle voci dei venditori ambulanti, voci scherzose, insistenti, a volte licenziose, vere e proprie espressioni della fantasia dell'anima popolare e che poi in fondo altro non erano che il meglio della poesia dell'anima dialettale e analfabeta.
E' il caso del pescivendolo " 'o pisciavìnnele" che sembrava "pittare" la sua merce quando, riferendosi ai gamberi diceva:
"Mo' pazziavano dint' e' scoglie"
"Pesce vivo mo' ll'ha pigliato 'a rezza"
"Cièfere, alice, spinole, cuocce, merluzze, e raje, ravoste chiene, calamarielle, purpetielli veraci"
"Teng o pesc bell, chi o vo"
"Mo' steve a mare e c'ancora fricceca e zompa"
Anche il venditore di uva moscarella (o' fruttaiuolo) gridava compiaciuto:
"E' oro e nun e' uva, chesta! A' pazziato co' 'o sole, ' a muscarella!
E "co' 'o sole" ha "pazziato
'A rott' o' sole ' a perzeche.
So' senza passeggiere
fa' ddoie morze ll'una!
so' cu' a cannella 'a rinto sti crisommole!
c'addorano 'mmocca"
Altre volte queste grida oltre ad essere insistenti erano anche offensive come quelle del venditore di zucchine che gridava: " Tenghe 'e cumpagne vuoste, cucuzzielle !".

Il venditore di pettini: "Ne', pericchiu', accattateve ' o pettine, si no' purucchie a cuòfene!"

Tali grida a volte si facevano più licenziose, al limite della decenza, come quelle del venditore di cetrioli che non si risparmiava di gridare: "Tenghe 'e cetrule pe' vecchie prene!"

Il venditore di lattuga che gridava: " Cumm'e' fresca 'a cummare!".

Il venditore di lupini che diceva " So' salate! Lupine gruosse te ne rongo' na mesura!". Ne precisava anche la quantita' aggiungendo: " A' mesura e' comm'a lucernella 'e màmmeta!" . Altre volte gridava: " Ce' azzecca 'o vino, o' lupenare".

Il venditore di sorbetti descriveva non solo la bontà del suo gelato, ma diceva che la sua ricetta era esclusiva, sapendo che non aveva né rivali e ne' concorrenti: "Prova 'sta bella sorbetta, io sulo 'ne tengo 'a ricetta!".

La venditrice di limoni, orgogliosa di offrire il proprio frutto con una alternativa di gusto che andava dall'acre al dolce, gridava con la sua voce molto forte: " ' E bbuo' acre o doce, e' llimmone?".
Il venditore di mele cotte era molto orgoglioso e, paragonandosi a Pintauro, il re delle sfogliatelle, gridava: " Pintauro addo' 'e teneve cheste! Isso 'e fa' e io e vengo! Nisciuno 'e sape fa' 'e soccie ' e cheste! ".

Le voci degli ambulanti annunciavano anche il cambiare delle stagioni come il venditore di fave che all'inizio della primavera, sull'imbrunire, passava per le vie con la sua bella cesta o trascinando uno sgangherato carretto gridando: " 'E fave fresche!".

All'inizio dell'estate si udiva, invece, il grido del venditore di fragole: "So' d''o ciardino 'e fravule. Fravule fresche, fravule, fra'!" o anche il venditore di persiane: " S'e' nfucat'o' sole, 'na bona perziana!".

Nella bella stagione, di buon mattino passavano i "cevezaiuoli", venditori di gelsi che, con panieri stracolmi di "cèveze", gridavano: "Cèveze annevate" o "sòvere pelose". Questi, infatti, insieme ai gelsi, portavano anche serti di sorbe che venivano appese ai balconi e una volta mature, consumate fino ad autunno inoltrato
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Edited by Pulcinella291 - 6/6/2011, 10:21
 
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I MERCATINI DI NAPOLI
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Poggioreale - un chilometro dopo il carcere di Poggioreale all'incrocio fra via Nuova Poggioreale e via Marino di Caramanico troverete una montagna di scarpe di qualsiasi tipo a prezzi abbordabili, e poi abbigliamento e qualsiasi altra cosa... Aperto dal venerdì alla domenica dalle 6 alle 14.

Antignano - nel quartiere del Vomero, nei dintorni di piazza Antignano, scarpe, vestiti, accessori per la casa, e molto di più: dalle 7 alle 13.30 tutti i giorni feriali.

Posillipo - vestiti firmati, scarpe buone, tessuti ed accessori, etc.: molta gente "bene", i prezzi di conseguenza...:-) viale della Rimembranza tutti i giovedì dalle 7 alle 13.

Fuorigrotta - Facile da raggiungere con gli autobus, la Cumana e la metro, di fronte alla stazione della cumana di Fuorigrotta, in un grande capannone e nei suoi dintorni, troverete alimentari, abbigliamento, calzature, etc., etc., in una folla incessante dalle 8 alle 13 tutti i giorni feriali.

Forcella - Fra Piazza Garibaldi e corso Umberto, un posto incredibile dove troverete di tutto legale e meno, dalle 9 a mezzogiorno circa.

Porta Nolana piazza Porta Nolana e dintorni ogni giorno dalle 8 alle 14. Nell'area delle due torri a guardia dell'antica porta di entrata alla città, il migliore mercato di pesce a Napoli, dove troverete ogni tipo di prodotto ittico vivacemente promosso dagli esercenti, insieme ad alimentari vari ed un pò tutte le altra categorie merceologiche in un caos variopinto e divertente. durante le festività di Natale, da non perdere le trattative per l'acquisto del capitone, la tradizionale anguilla del cenone della vigilia.

Mercato dei fiori Piazza Municipio ogni mattina all'alba. Questo affascinante mercato si svolge ogni mattina nei fossati del Castel Nuovo: rivolto agli acquirenti al dettaglio ed agli operatori del settore, la vendita si svolge in un tripudio di colori e di profumi che rendono questo il miglior modo di concludere una serata o di iniziare un nuovo giorno di scoperte.

La Torretta via Giordano Bruno La Torretta, a Mergellina, è uno dei pochi mercati coperti della città: ricco di bancarelle di alimentari, oggetti per la casa, abbigliamento e calzatureria.

Montesanto piazza e via Pignasecca il piccolo ma brulicante mercato di Pignasecca è un valido ausilio per ricordare che nel centro storico di Napoli, a differenza di altre città, vive ancora una consistente fetta di famiglie di ceti meno agiati: troverete bancarelle varie, fra cui si distinguono le pescherie e le loro imbattibili grida per attirare il pubblico.

Mercatino dell'antiquariato Villa Comunale, ogni terzo e quarto sabato e domenica del mese Un mercatino delle pulci specializzato sull'antiquariato che anno dopo anno sta conquistando sempre più spazio e prestigio, soprattutto per la varietà degli oggetti esposti, dalla cartolina d'epoca fino all'armadio fine '800. A dicembre non-stop fino alla vigilia.
da donnalbina7
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Edited by Pulcinella291 - 6/6/2011, 10:21
 
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PIAZZA MERCATO (la piazza delle decapitazioni)
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In origine quell'enorme spiazzo era denominato campo moricino , poi avvenne che un giovanotto biondissimo, di appena 16 anni, colpevole solo di essere l'ultimo rampollo degli Hohenstaufen, Corradino, figlio di Corrado IV, nipote di Federico II di Svevia, venne condotto qui e, dopo avergli fatto adagiare la testa sul ceppo, glie la fecero rotolare nel cesto, interrompendo per sempre le pretese della famiglia tedesca sul Regno di Napoli. Era il 29 ottobre 1268 e, da quel giorno, il Campo del Moricino divenne sede delle esecuzioni capitali.Fu proprio con gli Angioini che, in questa piazza, fu anche trasferito tutto il polo commerciale già all'epoca molto fiorente a Napoli. Furono, inoltre, fatte edificare le due chiese di Sant'Eligio Maggiore e quella di Santa Maria del Carmine. In onore di Corradino, i commercianti della piazza - che intanto cambiò la denominazione con quella attuale di Piazza del Mercato - nel 1356 realizzarono una cappella denominata "di Santa Croce".
Su di un lato della piazza furono apposti definitivamente due patiboli ed un cippo per le decapitazioni, cosicché il luogo, assunse anche un aspetto non proprio allegro oltre a rappresentare una costante minaccia per chi, a quei tempi, intendesse le cose in maniera difforme rispetto a chi comandava.
Essendo la piazza situata nei pressi del porto, i patiboli cosi' ben esposti , facevano da deterrente ai navigatori che approdavano in citta'.
In quella piazza durante la restaurazione borbonica, in seguito alla bella esperienza della Repubblica Partenopea, numerosi martiri napoletani vi furono giustiziati tra cui Luisa Sanfelice e Eleonora Pimentel Fonseca.
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Edited by Pulcinella291 - 6/6/2011, 10:22
 
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L' albergo dei poveri
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Il Real Albergo dei Poveri, conosciuto anche come Palazzo Fuga, Reclusorio o Serraglio, è uno dei maggiori palazzi monumentale di Napoli, nonché una tra le più ammirate costruzioni del Settecento in tutta Europa. E la sua grandezza è evidente. Basti pensare che la facciata si estende per un fronte continuo di 354 metri. L’edificio conta poi ben quattro piani, 430 stanze la più grande delle quali – l’ex dormitorio – si eleva in altezza per 8 metri.La storia del Real Albergo dei Poveri narra che nel 1751 l’architetto fiorentino Ferdinando Fuga venne chiamato a Napoli. Il motivo era la partecipazione al programma di rinnovamento edilizio voluto dal nuovo re Carlo III di Borbone che vedeva la nascita del Cimitero delle 366 fosse e i Pubblici Granili. Tra i compiti di Fuga, quello di progettare l’Albergo dei Poveri, un edificio illuminista che doveva essere utilizzato per accogliere la popolazione più povera del Regno e che avrebbe dovuto rappresentare il simbolo della “pietà illuminata” della casa dei Borbone verso i propri sudditi. L’architetto, dopo aver scartato diverse proposte, scelse come collocazione di quest’opera un’area strategica come via Foria, una delle principali arterie di accesso alla città dalla provincia. Ma l’opera, ben presto, rimase incompiuta. Infatti l’attuale edificio, il Pauperum Hospitium, è solo una parte del progetto iniziale. Questo prevedeva, per la precisione, una struttura che potesse accogliere almeno ottomila persone di ogni estrazione: poveri, diseredati, immigrati di tutto il Regno. Per loro, un asilo sicuro, la certezza di un pasto quotidiano, cure mediche ed istruzione. Nell’ospizio gli ospiti venivano divisi in quattro gruppi, o meglio dire categorie: uomini, donne, ragazzi e ragazze. Alle spese della struttura contribuivano sia il Carlo, la regina Maria Amalia, il popolo napoletano e gli enti religiosi con notevoli somme e donazioni di proprietà ecclesiastiche.La struttura ha visto al suo interno il nascere di varie scuole specializzate in meccanica, falegnameria, motoristica e tipografia. Quella che sarebbe poi diventata in breve tempo la più famosa è la Scuola di Musica: questa regalò per vari anni musicisti di grande talento alle compagnie militari. Tra gli insegnanti noti dell’epoca, si cita solitamente Raffaele Caravaglios. Nelle scuole-officine del Real Albergo dei Poveri arrivavano anche gli orfani maschi della Santa Casa dell’Annunziata, quelli giunti all’età di sette anni senza essere stati adottati, oltre alle ragazze espulse per indisciplina. Sorse poi una scuola per sordomuti, ma con il passar del tempo il Real Albergo dei Poveri andò a perdere la sua funzione principale e transitarono un Centro di Rieducazione per Minorenni, un Tribunale competente a giudicare le cause riguardanti i minori di diciotto anni, un cinema, delle officine meccaniche, una palestra, un distaccamento dei Vigili del fuoco, l’Archivio di Stato civile e un ospizio.

Oggi il Real Albergo dei Poveri si estende per 103.000 metri. L’ingresso della struttura è caratterizzato da una scalinata a doppia rampa. Quanto al cortile, questo è occupato dal corpo a croce di Sant’Andrea, tutto in un solo piano che nell’idea di partenza sarebbe dovuto essere la base della grande chiesa a pianta stellare con sei bracci. Nel 1980, a causa del terribile e conosciuto terremoto, un’ala dell’edificio crollò facendo tra le vittime gli ultimi ospiti dell’ospizio.
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Edited by Pulcinella291 - 6/6/2011, 10:23
 
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view post Posted on 25/3/2010, 18:45
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I NAPOLETANI E IL CAFFE' (la storia)

A Napoli ancora per tutto il Settecento il caffè fu destinato a rimanere nell’ombra, usato dall’eristocrazia come infuso esotico, ma per la gente comune , forse per il colore nero veniva ritenuta la bevanda “nefasta”: il liquido nero e amaro appariva il veicolo ideale per la somministrazione di misteriosi ed esoterici filtri orientali e precisamente turchi.
Soltanto nell’Ottocento comparvero nelle strade di Napoli il Caffettiere ambulante, provvisto di un cesto con tazze e zucchero e di due «tremmoni» (contenitori) uno per il caffè, l’altro per il latte, e i veri e propri Caffè, frequentati (come sull’esempio di quelli veneziani, parigini e londinesi) da nobili, letterati, filosofi e artisti di ogni genere . Ben presto la bevanda divenne parte essenziale dell’usanza culinaria partenopea come elemento indispensabile per chiudere tutti i pranzi importanti.
Entra di diritto nella consuetudine napoletana l’uso del caffè: come bevanda ristoratrice, momento di relax e di compagnia, atto rituale di ospitalità e benvenuto per gli amici. Bere il caffè diviene un’ abitudine. Preparare il caffè diviene un’arte. Famoso in tutto il mondo diviene “l’espresso napoletano”, caffè ristretto, carico di aroma e dal gusto intenso ottenuto attraverso l’ebollizione nella classica macchinetta napoletana di alluminio con forma allungata. image
Il caffè diviene status symbol di una città, della sua gente, del suo calore, della sua ospitalità, delle attese, delle chicchiere rubate ad un bancone del bar, diviene un rito

IL CULTO DEL DIO PRIAPO A NAPOLI E LA SCARAMANZIA DEI NAPOLETANI

O' cuorno è il simbolo della scaramanzia per i napoletani , spesso viene sostituito dai peperoncini rossi che ,pare, allontanino le malelingue e le maledizioni. Ma perchè proprio il corno? perchè il corno è la stilizzazione del pene del dio Priapo protettore del malocchio e dio della prosperita ' e della pesca e molto venerato dalle nostre parti.

Edited by Pulcinella291 - 26/3/2010, 01:33
 
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view post Posted on 31/3/2010, 10:24
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PRIMA DELLA QUARESIMA


Nel suo " Ritratto o modello delle grandezze, delle letizie e meraviglie della nobilissima città di Napoli", Giovan Battista del Tufo, narra della tradizione partenopea di fare una gran festa culinaria prima dell'inizio della Quaresima. Le famiglie facevano a gara a chi preparava la migliore lasagna, di cui si parlava poi per tutto il giorno delle Ceneri, quando l'allegria e la baldoria venivano messe in cantina con i salami in attesa della Pasqua.
 
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view post Posted on 7/4/2010, 16:18
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IL TRAVASAMENTO DEL VINO E LA LUNA

I contadini napoletani e non solo, si attengono non solo alla regola della Luna calante ma, come per il taglio degli alberi, aspettano l'inverno. Alcuni travasano in gennaio, altri in marzo; parecchi, quali i commercianti di vini e gli osti, per ragioni diverse (principalmente per lo smercio continuo ed il pronto consumo) sono costretti a travasare il vino sempre che la necessità lo richieda, allontanandosi così dalla suggerita regola. Perché vi si attengono i contadini ? Il travaso del vino tende a liberare il liquore dalla feccia, cioè dal sedimento, e questo si ottiene durante la stagione fredda. Infatti quando con la primavera l'aria a diventar tiepida, anche i vini cominciano a bollire ed i sedimenti muovendosi si mescolano col vino puro. Questo fenomeno si verifica principalmente durante l'estate. Ecco la necessità di travasarli durante la stagione fredda.
Anche per il travasamento dei vini giova richiamare l'attenzione dei contadini, poiché il calore lunare, così debolissimo, non ha alcuna influenza nella fermentazione. E' noto che l'inacidire del vino è dovuto unicamente a microrganismi nocivi, mentre altri, innocui, favoriscono invece il processo di trasformazione: il Saccharomyces ellipsoideus, dopo che l'uva è stata pigiata inizia la fermentazione, per cui la parte zuccherina dell'uva (glucosio) viene trasformata in alcool. E' questo il processo mediante il quale il mosto si trasforma in vino. Contemporaneamente appare anche un microrganismo nocivo : il Micoderma aceti, il quale non potendo vivere senz'aria (poiché l'anidride carbonica sviluppatasi durante la fermentazione gli toglie il respiro) si rifugia nelle vinacce esposte all'aria, in attesa che termini la fermentazione, per iniziare la sua opera deleteria. Questa consiste nel trasformare l'alcool in acqua ed acido acetico non appena, col ritorno della primavera, la temperatura si rende più favorevole. Ad evitare questo inconveniente, per cui il vino acquista un sapore acido, è prudente rimescolare tutto, immergendo cioè le vinacce nel mosto e mantenendo sempre pieni i recipienti.
 
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view post Posted on 9/4/2010, 07:26
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I LIUTAI NAPOLETANI ,UN'ANTICA TRADIZIONE.
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E',oramai, certo che la liuteria ha, a Napoli, origini antichissime.Recenti studi hanno identificato, a partire dalla seconda metà del 1600, circa 150, a dimostrazione di quanto la nobile arte di costruire strumenti musicali si sia mantenuta viva, senza interruzioni, fino ai nostri giorni. Napoli è ben nota nel mondo per la antica tradizione di costruire eccellenti e ricercati strumenti a plettro o a pizzico come liuti, mandole, mandolini, mandoloncelli, chitarre, lire, etc., e numerose sono le famiglie napoletane che hanno tramandato ai propri figli, nei secoli, questa arte. L'abitudine poi di impreziosire questi strumenti con inserti in madreperla, tartaruga e avorio, e di dotarli di meccaniche fatte a mano e spesso incise da abili artigiani, ha reso tali strumenti dei veri gioielli dell'artigianato campano.
Possiamo senza ombra di dubbio che Napoli è stata culla di una lunga e costantemente viva tradizione liutaria nei secoli. I liutai napoletani, a differenza di quelli di altre scuole, raramente erano specializzati nella costruzione di un singolo tipo o famiglia di strumenti, più spesso essi costruivano un po' tutti gli strumenti a corde: mandolini, mandole, mandoloncelli, chitarre, liuti, tiorbe, violini, viole ecc.

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Edited by Pulcinella291 - 21/4/2010, 09:40
 
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