Sono in molti a conoscere la storiografia risorgimentale sino all'Unità d'Italia, cosi' come ci è stata raccontata dalle teorie consolidate, ma non tutti sanno che vari autori e personaggi politici hanno dato luogo a diverse letture circa il fenomeno dell'unificazione italiana, spesso con prospettive ed esito differente.
Le idee alla base della critica revisionista cominciarono a sorgere e consolidarsi già negli anni immediatamente successivi agli eventi che condussero il Regno di Sardegna a trasformarsi in Regno d'Italia, ancor prima della nascita di un dibattito storiografico in materia.Tra i revisionisti una corrente di pensiero sostiene che che l'invasione del Regno delle Due Sicilie non sia stata dettata da motivi ideali legati alla volontà di unire l'Italia, ma sia piuttosto derivata dalla volontà del Regno di Sardegna di allargare i propri confini a danno degli stati contigui, incamerandone inoltre le ricchezze per sanare il proprio deficit.
I primi dubbi sulle ragioni alla base della politica estera di Casa Savoia furono sollevate da
Giuseppe Mazzini, uno dei teorici e fautori dell'unificazione italiana. Questi, al proposito, teorizzò sul suo giornale Italia del popolo che il governo di Cavour non fosse stato interessato al principio di un'Italia unita, ma semplicemente ad allargare i confini dello Stato sabaudo.
Anche una volta unificata l'Italia, Mazzini tornò ad attaccare in proposito il governo della nuova nazione:
« Non c'è chi possa comprendere quanto mi senta infelice quando vedo aumentare di anno in anno, sotto un governo materialista e immorale, la corruzione, lo scetticismo sui vantaggi dell'Unità, il dissesto finanziario; e svanire tutto l'avvenire dell'Italia, tutta l'Italia ideale. »Critiche contro le ricostruzioni agiografiche provennero dagli stessi esponenti liberali, i quali avevano promosso con entusiasmo ogni attività politica utile alla causa nazionale. Tra i principali bersagli polemici vi fu la politica accentratrice del nuovo Stato unitario, definita negativamente con il neologismo di "piemontesizzazione".
Giacinto de' Sivo (Maddaloni, 29 novembre 1814 – Roma, 19 novembre 1867
Il processo di revisione iniziò già nell'immediatezza dell'unificazione italiana, trovando in Giacinto de' Sivo, scrittore e storico italiano.Per lo storico di Maddaloni, il processo che ha portato all'unità d'Italia è stato, più che una rivoluzione o uno scontro militare tra italiani, un'aggressione contro due istituzioni legittime, il Regno delle Due Sicilie e la Chiesa. Oltre alla violazione del diritto, de' Sivo ravvisa nel piano risorgimentale, anche una violazione dei valori spirituali e civili della nazione napoletana.
Alla caduta di Napoli, de Sivo si proclamò fedele alla dinastia borbonica. Fu destituito dalla carica di consigliere d'Intendenza e arrestato (14 settembre 1860). La sua casa fu occupata per tre mesi da Nino Bixio, poi da Giuseppe Avezzana e, infine, da Carbonella. Gli venne resa dopo essere stata saccheggiata. I garibaldini gli sequestrarono anche il manoscritto che de' Sivo aveva redatto sugli avvenimenti del 1848-1849.
Scarcerato, fu arrestato nuovamente il 1º gennaio 1861 ed imprigionato per due mesi. Tornato libero, decise di lanciare la sua aperta sfida al nuovo regime fondando una rivista, la Tragicommedia, con la quale espresse pubblicamente la propria visione politica patriottica (che lui intendeva come il ripristino dei Borbone sul trono di Napoli). Il giornale fu soppresso dopo soli tre numeri. De' Sivo fu nuovamente arrestato il 6 settembre 1861. Posto di fronte alla scelta tra la sottomissione alla dinastia sabauda e l’esilio, il giorno 14 successivo partì per Roma in esilio.
Altre teorie Al fine di conseguire questo scopo,secondo altri storici, il Regno di Sardegna, attraverso soprattutto l'opera diplomatica di Cavour, si sarebbe assicurato l'appoggio sia dell'Inghilterra, che della Francia, che a diverso titolo avevano interesse in proposito.
In quest'ottica, la spedizione dei Mille non sarebbe stata un moto spontaneo di pochi idealisti, ma la testa di ponte di un'invasione pianificata a tavolino. In preparazione di quest’ultima, sarebbe stata effettuata una vasta opera di mistificazione e propaganda ai danni del governo borbonico ,la quale aveva lo scopo di accentuarne l'isolamento diplomatico. Contemporaneamente, il governo piemontese avrebbe effettuato una vasta manovra di corruzione degli alti gradi dell'esercito e della marina del Regno delle Due Sicilie Oltre che con l'appoggio del Regno Unito e marginalmente francese, nonché della massoneria internazionale, l'impresa dei Mille sarebbe stata effettuata con l'appoggio della mafia in Sicilia, e della camorra a Napoli, e sarebbe stata successivamente consolidata con l'invasione del Regno delle Due Sicilie da parte delle truppe sabaude, senza che tale atto fosse preceduto da una dichiarazione di guerra.
Sempre secondo tali autori, in seguito all'invasione, sarebbero stati organizzati dei plebisciti-farsa, tesi a dipingere come moto popolare spontaneo degli abitanti delle Due Sicilie il rivolgimento in atto, e a giustificare l'operato piemontese di fronte all'opinione pubblica europea.
Dopo l'annessione, il Piemonte avrebbe infine proceduto ad un'opera di estensione della propria organizzazione statale, con norme e persone piemontesi, all'intero territorio del neonato Regno d’Italia, cancellando leggi ed ordinamenti secolari, e smantellando più o meno coscientemente le attività economiche del sud Italia a favore di quelle del nord.
Il peggiorare improvviso delle condizioni economiche ed il forte contrasto sociale e culturale tra piemontesi e abitanti delle regioni meridionali annesse sarebbe stato alla base dell'esplosione del fenomeno del brigantaggio, interpretato dai revisionisti come movimento di resistenza , per i piemontesi movimento criminale a giustifica dei crimini di guerra quali deportazioni, eccidi e stupri.
Questo processo violento, estraneo alla natura dei popoli coinvolti, compromise ogni possibilità di unione effettiva, in quanto originato dalla guerra di Italiani contro Italiani, e fu causa della dispersione della parte migliore della società, a tutto vantaggio delle nazioni straniere.
continua