Le stronzate di Pulcinella

L'UNITA' D'ITALIA:storiografia e la sua messa in discussione

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view post Posted on 11/1/2016, 09:33
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Pulcinella291 Forum

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Sono in molti a conoscere la storiografia risorgimentale sino all'Unità d'Italia, cosi' come ci è stata raccontata dalle teorie consolidate, ma non tutti sanno che vari autori e personaggi politici hanno dato luogo a diverse letture circa il fenomeno dell'unificazione italiana, spesso con prospettive ed esito differente.
Le idee alla base della critica revisionista cominciarono a sorgere e consolidarsi già negli anni immediatamente successivi agli eventi che condussero il Regno di Sardegna a trasformarsi in Regno d'Italia, ancor prima della nascita di un dibattito storiografico in materia.Tra i revisionisti una corrente di pensiero sostiene che che l'invasione del Regno delle Due Sicilie non sia stata dettata da motivi ideali legati alla volontà di unire l'Italia, ma sia piuttosto derivata dalla volontà del Regno di Sardegna di allargare i propri confini a danno degli stati contigui, incamerandone inoltre le ricchezze per sanare il proprio deficit.

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I primi dubbi sulle ragioni alla base della politica estera di Casa Savoia furono sollevate da Giuseppe Mazzini, uno dei teorici e fautori dell'unificazione italiana. Questi, al proposito, teorizzò sul suo giornale Italia del popolo che il governo di Cavour non fosse stato interessato al principio di un'Italia unita, ma semplicemente ad allargare i confini dello Stato sabaudo.
Anche una volta unificata l'Italia, Mazzini tornò ad attaccare in proposito il governo della nuova nazione:

« Non c'è chi possa comprendere quanto mi senta infelice quando vedo aumentare di anno in anno, sotto un governo materialista e immorale, la corruzione, lo scetticismo sui vantaggi dell'Unità, il dissesto finanziario; e svanire tutto l'avvenire dell'Italia, tutta l'Italia ideale. »
Critiche contro le ricostruzioni agiografiche provennero dagli stessi esponenti liberali, i quali avevano promosso con entusiasmo ogni attività politica utile alla causa nazionale. Tra i principali bersagli polemici vi fu la politica accentratrice del nuovo Stato unitario, definita negativamente con il neologismo di "piemontesizzazione".

Giacinto de' Sivo (Maddaloni, 29 novembre 1814 – Roma, 19 novembre 1867
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Il processo di revisione iniziò già nell'immediatezza dell'unificazione italiana, trovando in Giacinto de' Sivo, scrittore e storico italiano.Per lo storico di Maddaloni, il processo che ha portato all'unità d'Italia è stato, più che una rivoluzione o uno scontro militare tra italiani, un'aggressione contro due istituzioni legittime, il Regno delle Due Sicilie e la Chiesa. Oltre alla violazione del diritto, de' Sivo ravvisa nel piano risorgimentale, anche una violazione dei valori spirituali e civili della nazione napoletana.
Alla caduta di Napoli, de Sivo si proclamò fedele alla dinastia borbonica. Fu destituito dalla carica di consigliere d'Intendenza e arrestato (14 settembre 1860). La sua casa fu occupata per tre mesi da Nino Bixio, poi da Giuseppe Avezzana e, infine, da Carbonella. Gli venne resa dopo essere stata saccheggiata. I garibaldini gli sequestrarono anche il manoscritto che de' Sivo aveva redatto sugli avvenimenti del 1848-1849.
Scarcerato, fu arrestato nuovamente il 1º gennaio 1861 ed imprigionato per due mesi. Tornato libero, decise di lanciare la sua aperta sfida al nuovo regime fondando una rivista, la Tragicommedia, con la quale espresse pubblicamente la propria visione politica patriottica (che lui intendeva come il ripristino dei Borbone sul trono di Napoli). Il giornale fu soppresso dopo soli tre numeri. De' Sivo fu nuovamente arrestato il 6 settembre 1861. Posto di fronte alla scelta tra la sottomissione alla dinastia sabauda e l’esilio, il giorno 14 successivo partì per Roma in esilio.

Altre teorie
Al fine di conseguire questo scopo,secondo altri storici, il Regno di Sardegna, attraverso soprattutto l'opera diplomatica di Cavour, si sarebbe assicurato l'appoggio sia dell'Inghilterra, che della Francia, che a diverso titolo avevano interesse in proposito.
In quest'ottica, la spedizione dei Mille non sarebbe stata un moto spontaneo di pochi idealisti, ma la testa di ponte di un'invasione pianificata a tavolino. In preparazione di quest’ultima, sarebbe stata effettuata una vasta opera di mistificazione e propaganda ai danni del governo borbonico ,la quale aveva lo scopo di accentuarne l'isolamento diplomatico. Contemporaneamente, il governo piemontese avrebbe effettuato una vasta manovra di corruzione degli alti gradi dell'esercito e della marina del Regno delle Due Sicilie Oltre che con l'appoggio del Regno Unito e marginalmente francese, nonché della massoneria internazionale, l'impresa dei Mille sarebbe stata effettuata con l'appoggio della mafia in Sicilia, e della camorra a Napoli, e sarebbe stata successivamente consolidata con l'invasione del Regno delle Due Sicilie da parte delle truppe sabaude, senza che tale atto fosse preceduto da una dichiarazione di guerra.
Sempre secondo tali autori, in seguito all'invasione, sarebbero stati organizzati dei plebisciti-farsa, tesi a dipingere come moto popolare spontaneo degli abitanti delle Due Sicilie il rivolgimento in atto, e a giustificare l'operato piemontese di fronte all'opinione pubblica europea.
Dopo l'annessione, il Piemonte avrebbe infine proceduto ad un'opera di estensione della propria organizzazione statale, con norme e persone piemontesi, all'intero territorio del neonato Regno d’Italia, cancellando leggi ed ordinamenti secolari, e smantellando più o meno coscientemente le attività economiche del sud Italia a favore di quelle del nord.
Il peggiorare improvviso delle condizioni economiche ed il forte contrasto sociale e culturale tra piemontesi e abitanti delle regioni meridionali annesse sarebbe stato alla base dell'esplosione del fenomeno del brigantaggio, interpretato dai revisionisti come movimento di resistenza , per i piemontesi movimento criminale a giustifica dei crimini di guerra quali deportazioni, eccidi e stupri.
Questo processo violento, estraneo alla natura dei popoli coinvolti, compromise ogni possibilità di unione effettiva, in quanto originato dalla guerra di Italiani contro Italiani, e fu causa della dispersione della parte migliore della società, a tutto vantaggio delle nazioni straniere.
continua
 
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view post Posted on 12/1/2016, 09:07
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Pulcinella291 Forum

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Altri critici
Abbiamo gia' detto che le dichiarazioni di Mazzini sono antesignane della disputa ideale sul processo di unificazione, disputa che continuo' anche nei primi anni del '900.
Il primo argomento su cui si basano diversi autori di questo orientamento storiografico è il dato secondo il quale il Regno delle Due Sicilie, generalmente descritto come uno Stato povero e oppresso sia stato in realtà un regno in cui si viveva un certo benessere, con un buon tasso di progresso economico, sociale e culturale e che stava attraversando una fase di sviluppo crescente, bruscamente fermata dalle modifiche indotte dalla piemontesizzazione.

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A supporto di questa tesi può essere citata l'opera dell'economista lucano Francesco Saverio Nitti, che fu tra l'altro Presidente del consiglio dei ministri del Regno d'Italia tra il 1919 e il 1920. , che fu tra l'altro Presidente del consiglio dei ministri del Regno d'Italia tra il 1919 e il 1920.
La sua attività di economista fu apprezzata a livello internazionale e diverse sue opere furono distribuite anche all'estero.
Agli inizi del Novecento, quest'ultimo compì studi approfonditi sulla situazione economica del regno borbonico e degli altri stati che comporranno in seguito l'Italia unita, sostenendo che le Due Sicilie fossero lo Stato che apportò al bilancio italiano minori debiti e la più grande ricchezza pubblica sotto tutte le forme.Sostenne che l'origine della questione meridionale ebbe inizio quando il capitale appartenuto alle Due Sicilie, oltre a contribuire maggiormente alla formazione dell'erario nazionale, fu destinato in prevalenza al risanamento delle finanze settentrionali, nella fattispecie in Lombardia, Piemonte e Liguria.
Nitti pose inoltre l'accento sulle condizioni economiche del Regno delle Due Sicilie, all'epoca quello dotato di maggiore solidità finanziaria, e sulle condizioni opposte dello Stato piemontese:

"Ciò che è certo è che il Regno di Napoli era nel 1857 non solo il più reputato d’Italia per la sua solidità finanziaria – e ne fan prova i corsi della rendita – ma anche quello che, fra i maggiori Stati, si trovava in migliori condizioni. Scarso il debito, le imposte non gravose e bene ammortizzate, semplicità grande in tutti i servizi fiscali e della tesoreria dello Stato. Era proprio il contrario del Regno di Sardegna, ove le imposte avevano raggiunto limiti elevatissimi, dove il regime fiscale rappresentava una serie di sovrapposizioni continue fatte senza criterio; con un debito pubblico enorme, su cui pendeva lo spettro del fallimento. Senza togliere nessuno dei grandi meriti che il Piemonte ebbe di fronte all'unità italiana, che è stata in grandissima parte opera sua, bisogna del pari riconoscere che, senza l'unificazione dei vari Stati, il Regno di Sardegna per l'abuso delle spese e per la povertà delle sue risorse era necessariamente condannato al fallimento. La depressione finanziaria, anteriore al 1848, aggravata fra il '49 e il '59 da una enorme quantità di lavori pubblici improduttivi, avea determinato una situazione da cui non si poteva uscire se non in due modi: o con il fallimento, o confondendo le finanze piemontesi a quelle di altro Stato più grande."
A sostegno di quanto affermato da Nitti, altri autori[senza riportano che l'entità del risparmio pubblico e privato nelle Due Sicilie era di notevoli dimensioni. Nel periodo immediatamente precedente alla spedizione dei Mille, il solo Banco delle Due Sicilie (evoluzione del Banco di Napoli fondato nel 1584) gestiva una somma pari a 33 milioni di ducati tra depositi pubblici e privati, equivalenti a circa 140 milioni di lire piemontesi (il tasso di cambio tra le due monete era infatti pari ad un rapporto di 4,25:1, in favore di quella napoletana) .A tale somma andavano aggiunti due milioni di sterline, pari a circa 60 milioni di ducati (e quindi a 255 milioni di lire piemontesi) di proprietà personale di Francesco II. Altri 30 milioni di ducati (equivalenti ad altri 127,5 milioni di lire piemontesi) erano invece custoditi dalle banche siciliane. Oltre al già citato Banco di Napoli, nella capitale era presente una delle uniche quattro filiali europee (le altre erano a Londra, Parigi e Vienna) della banca della famiglia Rothschild.

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Gaetano Salvemini (Molfetta, 8 settembre 1873[1] – Sorrento, 6 settembre 1957)


Docente,storico e politico non mancò di evidenziare come l'Unità d'Italia fosse stata la rovina economica del Mezzogiorno e non risparmiò critiche alla politica economica e finanziaria dello Stato italiano e della grande industria del Settentrione nel Meridione.


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Sulla stessa lunghezza d'onda in tempi piu' moderni troviamo la studiosa Stéphanie Collet, docente e storica della finanza della ESCP Europe Business School.
Nell'ambito del suo lavoro, la Collet ha ricostruito le serie storiche per gli anni 1847-1873 dei prezzi settimanali dei titoli di Stato nelle borse di Parigi e Anversa per gli stati pre-unitari (25 emissioni riunite nei gruppi Regno di Piemonte e Sardegna, Lombardo-Veneto, Due Sicilie e Stato Pontificio). Secondo la studiosa, i dati indicano che il Regno di Napoli era lo stato che pagava i rendimenti più bassi, attestandosi intorno ad un valore pari al 4,3%. Tale valore era circa 140 punti base inferiore sia ai rendimenti pagati dai titoli papali, che da quelli piemontesi, i quali inoltre dopo l'unificazione apportarono il 29% ed il 44% del debito del neonato Regno d'Italia. Il valore suddetto era inoltre circa 160 punti base minore di quello del Lombardo-Veneto, il quale dopo il 1861 apportò circa il 2% del debito. Secondo la Collet, "A quel tempo Napoli era economicamente più importante di qualunque altra città in Italia, anche in confronto a Roma", e le condizioni economiche del Regno di Napoli, erano paragonabili a quelle odierne della Germania
:"è possibile tracciare un paragone tra Napoli e la Germania. Infatti, similmente a Napoli nel periodo precedente all'integrazione del debito sovrano, la Germania è l'economia più forte dell'Eurozona e gode del costo del denaro più basso"

la teoria della saggista Angela Pellicciari
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Angela Pellicciari ((Fabriano, 8 aprile 1948) già docente di storia e filosofia è conosciuta per le sue opere revisioniste sul Risorgimento.
Nel saggio I panni sporchi dei Mille la scrittrice si concentra sulla genesi e lo svolgimento dell'impresa dei Mille. Nell'opera la Pellicciari afferma che l'invasione del Regno delle Due Sicilie e i sistemi con cui fu preparata e realizzata, sono ben lontani dalla storiografia risorgimentale classica. attraverso alcune testimonianze scritte (epistolari, diari e pamphlet) di tre esponenti del mondo liberale e pro-Savoia (il segretario della Società Nazionale, Giuseppe La Farina, l'ammiraglio Carlo Pellion di Persano e il deputato Pier Carlo Boggio) vengono evidenziati i maneggi e gli intrighi che portarono la dinastia sabauda alla conquista del sud d'Italia.



Bibliografia
Nicola Zitara, L'unità d'Italia. Nascita di una colonia.
Carlo Alianello, La conquista del Sud, Milano, Rusconi, 1982
Giacinto de' Sivo, Storia delle Due Sicilie 1847-1861
Lorenzo Del Boca, Indietro Savoia! Storia controcorrente del Risorgimento, Milano, Edizioni Piemme
Gigi Di Fiore, Controstoria dell'unità d'Italia: fatti e misfatti del Risorgimento, Milano, Rizzoli, 2007
Gigi Di Fiore, I vinti del Risorgimento. Storia e storie di chi combatté per i Borbone di Napoli
Angela Pellicciari, Risorgimento da riscrivere, Milano, Edizioni Ares, 2007
 
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