Le stronzate di Pulcinella

NON E' VERO MA CI CREDO (Superstizioni e credenze popolari )

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Pulcinella291
view post Posted on 15/10/2010, 09:47 by: Pulcinella291
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L'ARCOBALENO NELLE CREDENZE POPOLARI

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Senza andare a scomodare i miti sudamericani in cui l’arcobaleno è all’origine di malattie o del veleno, le tradizioni popolari dell’Italia meridionale testimoniano il rapporto molto stretto fra l’arcobaleno e l’itterizia, tanto che questa malattia viene popolarmente chiamata male dell’arco e simili. Nel folklore europeo è nota la credenza secondo cui chi passa sotto l’arcobaleno da femmina diventa maschio e
viceversa; inoltre l’espressione it. passar sotto l’arcobaleno equivale a ‘mutar sesso’. In Grecia si cambia di sesso se si salta oltre l’arcobaleno. Il ‘mutar sesso’ è dunque una punizione che infligge l’arcobaleno a chi infrange un tabù; in questo caso, sembrerebbe, di tipo sessuale: incesto, sodomia, endogamia clanica, nelle culture in cui questa è interdetta


LA TARANTOLA E IL SUO MORSO

secondo le stesse credenze popolari, dal morso della tarantola si guariva solo grazie all’ausilio della musica: la “pizzica”.
Il rito terapeutico si svolgeva per lo più nelle proprie case dove con l’aiuto della musica, i tarantati, ipnotizzati dal ritmo musicale, entravano in uno stato di incoscienza e ballavano per ore ed ore fino a cadere stremati a terra e portando alla morte la tarantola. La musica quindi, ha un’importanza notevole in questo processo, infatti solo grazie alla “pizzica”, suonata con un violino e un tamburello, la vittima si scatenava e riusciva a superare il suo stato di malessere.

La nascita di questo fenomeno nel Salento si fa risalire al 1.100 (anche se alcuni studiosi sono propensi ad anticipare notevolmente la datazione) e si manifesta in maniera diffusa almeno sino a tutto l’ottocento.


IL QUARZO ROSA
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Il quarzo rosa è un quarzo contenente silicio, più precisamente biossido di silicio. È traslucido, di colore rosa pallido, ma puo' essere anche cristallino, sino ad essere quasi trasparente o traslucido nelle varietà più pregiate e ricercate; il colore della polvere è bianco, mentre presenta una lucentezza vitrea ed un'ottima diffusione della luce (è sempre meglio non tenerlo troppo a lungo sotto il sole: potrebbe sbiadirsi e perdere la sua particolare lucentezza
Il quarzo rosa è considerato, in modo figurato, la pietra della fertilità e perciò il simbolo della femminilità; è associato a tutto ciò che è legato al cuore, a livello fisico ed emozionale.
Il suo chakra è il quarto, il cuore appunto, e dunque si pensa che possa donare pace interiore e gioia, oltre che dare un senso di equilibrio e tranquillità. (tali virtù non sono supportate da nessuna prova scientifica, trattasi di credenze popolari)
Secondo alcuni, è la pietra per eccellenza da portare quando si cerca l'amore. (tali virtù non sono supportate da nessuna prova scientifica, trattasi di credenze popolari)
Secondo la tradizione, sul piano fisico, il quarzo rosa aiuterebbe il sistema circolatorio, il cuore e gli organi sessuali. (tali virtù non sono supportate da nessuna prova scientifica, trattasi di credenze popolari)



LE PIETRE DEL FULMINE NEL BASSO PIEMONTE
Sono pietre di colorazione verdastra e forma affusolata ritenute dalla credenza popolare esito della caduta dei fulmini e per questo utilizzate fino a tempi recentissimi come difesa dai danni alle coltivazioni provocati dai temporali. Si tratta in realtà di lame di asce risalenti al neolitico la cui produzione fu particolarmente abbondante nel basso Piemonte da dove venivano esportate in gran parte d’Europa. Ancora oggi oggetti in tutto simili vengono prodotti in Nuova Guinea da popolazioni che vivono secondo costumi simili a quelli . Nel basso Piemonte c'è la credenza che si ispira alla leggenda che attribuisce l’origine delle sfolgorine, strani oggetti in pietra di forma affusolata ritrovati talvolta nel terreno dai contadini, alla caduta dei fulmini sulla terra.


MISTERI E CREDENZE POPOLARI DELLA VAL BREMBANA
Il Drago volante di Santa Brigida
Il Drago Volante (cosi' chiamato) abitava nei dintorni di Santa Brigida oggi luogo di villeggiatura, ben noto a tanti. Nessuno sapeva pero' dove avesse la sua tana, quando appariva come una furia, scoperchiava i tetti delle case con lo sbattere delle ali e poi spariva non dimenticandosi pero' di portarsi via qualche agnello o capretto. Quando poi il drago decideva di avventurarsi sulle sue prede di notte, si calava dal cielo tenendo tra le zampe 2 grosse gemme che utilizzava per illuminarsi il cammino. Un giorno un certo Bulgher, uomo forte e astuto, decise di sfidare il drago. Il Bulgher di Santa Brigida riusci' a scoprire dove il drago si rifugiava: le pendici del Monte Pugna

L'autostoppista fantasma della Val Serina
Di leggende metropolitane ce ne sono tante non estranea a queste tendenze è la Valle Brembana, dove da tempo si parla dell'autostoppista fantasma .
Un giovane di nome Luca ,uscendo da una discoteca di sera tardi, fa salire una ragazza che gli chiede un passaggio . Dopo poco cominciamo a parlare e viene a sapere che la ragazza si chiama Cristina . Luca si accorge che non ha molta voglia di parlare , quando la stessa gli dice :""Lasciami qui sono arrivata". Luca accostò l'auto al marciapiedi e si fermò, ma non poté fare a meno di manifestare la propria sorpresa: in quella zona, a parte lo stabilimento, non c'erano costruzioni, nessuna casa d'abitazione, lui lo sapeva bene, perché ci aveva lavorato, alla Bracca, per un paio di estati, tra un anno scolastico e l'altro. Nessun altro edificio, salvo il piccolo cimitero di Ambria, quasi soffocato dall'impianto industriale. "Ma dove abiti? Qui non ci sono case. Non è che ti sei sbagliata?". "Ciao, buona notte" fece la ragazza per tutta risposta".
La mattina del giorno dopo, quando tirò fuori l'auto dal box per andare in paese, noto' che da sotto sedile laterale sporgevano i manici di una piccola borsetta nera, certamente dimenticata dalla ragazza della sera prima. Per niente entusiasta della prospettiva di dover consegnare la borsetta alla legittima proprietaria, cercò tra gli oggetti che vi erano contenuti i documenti, li trovò e così poté risalire all'identità e al domicilio della ragazza. Ma quello che vide sulla carta di identità non mancò di sorprenderlo un'altra volta: Cristina era nata il 10 agosto 1965, aveva quindi trentaquattro anni e questo gli sembrava incomprensibile, dato che all'apparenza la ragazza ne dimostrava a malapena venti. Con fastidio ripose i documenti nella borsetta, la gettò in malo modo sul sedile della vettura, mise in moto, uscì dal box e partì . Pochi minuti dopo l'auto si arrestò davanti a una villetta unifamiliare di Ambria, circondata da un bel giardino delimitato da una bassa inferriata. Luca scese dall'auto tenendo in mano la borsetta, si diresse verso il cancello, premette il pulsante del citofono e rimase in attesa. Dopo un attimo si affacciò alla porta una donna di bassa statura, dalla folta capigliatura brizzolata e dall'aria interrogativa. "Buongiorno, signora, abita qui Cristina? Ieri sera mi ha chiesto un passaggio e ha dimenticato la borsetta sulla mia macchina, eccola, gliel'ho riportata".
"Arda che me gh'o miga òia de schersà! Va' a ca tò, vilàno, e laga sta la me tusa". Questa fu la risposta risentita e angosciata della donna che subito rientrò in casa sbattendo la porta. Convinto di essere incappato in una famiglia di matti, ma comunque desideroso di chiudere questa faccenda, Luca premette di nuovo e a lungo il pulsante. Questa volta apparvero sul pianerottolo due uomini, uno magro, sulla sessantina, certamente il marito della donna di prima, e l'altro giovane e robusto, probabilmente il figlio. I due raggiunsero quasi correndo il cancello, l'aprirono e si avvicinarono con fare minaccioso a Luca. "De che banda ègnela chèla bursèta? Famla 'mpó èt a me!" chiese bruscamente quello che sembrava il padre. Luca, alquanto preoccupato per la piega che stava prendendo quello strano incontro, fece del suo meglio per apparire credibile e raccontò come la sera precedente avesse dato un passaggio a una ragazza di nome Cristina, descrivendone meticolosamente l'aspetto e l'abbigliamento e come costei si fosse poi bruscamente congedata all'altezza del cimitero di Ambria senza dare spiegazioni, infine mostrò la borsetta dimenticata in macchina ."Io sono venuto solo per restituire la borsetta e ho dovuto aprirla per trovare l'indirizzo di quella che penso sia vostra figlia, chiedete a lei se non è vero. Ecco, prendete - proseguì porgendo la borsetta all'uomo più anziano - verificate che non manchi niente". "Mi ricordo che aveva una borsetta come questa - singhiozzò la madre che nel frattempo si era avvicinata ai tre ed era rimasta ad ascoltare in silenzio il racconto di Luca - ma non può essere sua, comunque la ragazza non poteva certo essere la mia Cristina". Poi prese la borsetta dalle mani del marito e cominciò a rovistarne affannosamente il contenuto, quindi, trovata la carta d'identità, la aprì con le mani tremanti per l'emozione. Impallidì e quasi perse l'equilibrio, poi, appoggiandosi al marito, esclamò con un filo di voce: "Madóna me, l'è pròpe le Arda 'n po a' te. Com'el pusìbel se la me Cristina l'è morta quìndes àgn fa?". E così Luca venne a sapere che la misteriosa ragazza era morta quindici anni prima in un incidente stradale, verificatosi proprio all'uscita dell'orrido di Bracca, mentre stava rincasando in autostop dopo una serata trascorsa nella discoteca Snoopy di Serina. E la sua tomba era nel piccolo cimitero davanti al quale aveva chiesto di scendere dall'auto.




Edited by Pulcinella291 - 15/10/2010, 19:30
 
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