Le stronzate di Pulcinella

NON E' VERO MA CI CREDO (Superstizioni e credenze popolari )

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Pulcinella291
view post Posted on 18/10/2010, 08:00 by: Pulcinella291
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IL TYRUS IL DRAGO DI TERNI

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Tra storia e leggenda, l’ Umbria non è solo culla di santi, ma anche custode di antiche credenze che hanno dato luogo a miti e leggende.

Lo stemma della città di Terni raffigura un drago, il Thyrus, cui è legata una leggenda: parecchi secoli fa, nei dintorni di Terni, un orribile essere dall’ alito mefitico si aggirava tra le paludi delle zone di campagna del ternano,seminando terrore e morte, aggredendo i viandanti e, a volte, spingendosi anche ad un passo dal centro abitato, costringendo pertanto gli abitanti a vivere nel terrore, rinchiusi nelle proprie abitazioni.Nessuno era mai riuscito se non a distruggere, neppure ad allontanare il pericoloso drago. Ogni consiglio degli anziani che si svolgeva a Terni, aveva come ordine del giorno la lotta a Thyrus. Ma gli abitanti del borgo temevano il drago e non avevano il coraggio di affrontarlo. Un giorno un giovane valoroso, stanco di assistere alla morte dei suoi concittadini e allo spopolamento di Terni, affronto il drago e lo uccise.
Ogni leggenda ha un fondo di verità e affonda le sue radici nelle vicende storiche del territorio in cui nasce. Quando non ci si spiega un determinato fenomeno naturale, quando l'esperienza non è sufficiente a trovare la verità, quando le paure sono troppo grandi per essere razionalizzate, là sorgono le leggende in Umbria come in ogni parte d'Italia e del mondo.

Il drago, con il suo alito pestilenziale che uccideva gli abitanti di Terni è probabilmente la personificazione di quanto poco salubri fossero le paludi nei dintorni, a quell'epoca. Prolificavano infatti ogni tipo di insetti, portatori di gravi malattie, come le zanzare della malaria. Thyrus era solo il nome con il quale i ternani chiamavano la malattia, e, non sapendo come questa si contagiava e da dove provenisse il mortale morbo, imputavano la causa ad un animale sconosciuto e leggendario, famoso per essere portatore di disgrazie: il drago


LA FONTANA DEI MATTI DI GUBBIO

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Gubbio è tradizionalmente definita la “città dei matti“, riferito alla proverbiale imprevedibilità degli eugubini. Una usanza tradizionale è il conferire la “patente di matto” a chi compie tre giri di corsa intorno alla cinquecentesca “Fontana dei Matti”, situata nel largo Bargello, dopo essere stati bagnati da un "investitore" con l'acqua della fontana stessa.

TRIORA(Imperia) E LE SUE STREGHE
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Nel 1587 una terribile carestia martorio’ Triora e la sua vallata uccidendo il bestiame, rovinando il raccolto e facendo impazzire la popolazione. Per questo motivo cominciò a serpeggiare nella mente della gente, che una simile situazione non poteva essere altro che opera del demonio e delle streghe che lo aiutavano.Cominciarono così le persecuzioni, le catture e le torture di tutte quelle donne che non rispondevano a determinati canoni prestabiliti. Questa follia collettiva continuò fino al 1589 quando, grazie all’intervento del Governatore di Genova, si chiuse questo terribile capitolo. Ogni anno, l’ultimo week end di agosto, viene organizzata una grande festa chiamata Strigora che rievoca quei momenti. Molto divertente anche per i bambini.Nella città sono ancora visibili i luoghi dove, secondo la tradizione, le streghe si radunavano, presso le mura del borgo e la fortezza della Cabotina.

CREDENZE POPOLARI SUI FUNGHI(riguardo alla loro commestibilità )


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La rapida crescita e la velenosità di alcune specie di funghi hanno suscitato da sempre la curiosità dell'uomo, favorendo il sorgere di un'infinità di credenze, pregiudizi, errati metodi empirici nella determinazione delle specie commestibili.Una delle credenze popolari più diffuse riguardo alla commestibilità dei funghi è quella che dichiara velenosi quelli cresciuti a contatto con ferri arrugginiti e quelli morsi da vipere; naturalmente tutto ciò è falso, sia perché la ruggine non è di per sé una sostanza velenosa, sia perché è molto raro, se non impossibile, che una vipera morda un fungo. Originariamente questa credenza era dovuta al fatto che il fungo veniva ritenuto una emanazione del terreno e di che gli stava vicino, non il frutto di una ben determinata pianta, per cui avrebbe dovuto acquistare gli stessi pregi e gli stessi difetti dell'habitat che lo circonda. Infatti, sebbene la tradizione ha tramandato fino a oggi la storiella delle vipere e dei chiodi arrugginiti, una volta questa credenza dell'habitat velenoso abbracciava qualsiasi cosa fosse ritenuta tossica o dotata di misteriosi poteri come certe erbe, il marciume, le tane di alcuni animali o insetti, pietre ritenute magiche e guardate con sospetto. Oggigiorno, pur essendo ormai accertato che certi funghi sono tossici a causa di determinate sostanze che li compongono, è ancora difficile convincere molte persone che un chiodo o una vipera non possono alterare le virtù alimentari di un fungo mangereccio.
Questa ingenua credenza non crea tuttavia dei danni: ben più pericolosi sono invece quei metodi che stabiliscono la commestibilità dei funghi in base ai più svariati e falsi pregiudizi. Tra i più diffusi ricordiamo quelli del prezzemolo e dell'argento; non è vero, infatti, che se si cuociono dei funghi tossici insieme con del prezzemolo (o con la mollica del pane, la cipolla, l'aglio) questo annerisce: tant'è vero che il

prezzemolo cucinato insieme con l'Amanita phalloides conserva il suo belcolore verde.

Ne è vero che un cucchiaino o una moneta d'argento anneriscano se immersi nel liquido di cottura di un fungo tossico: anche in questo caso, la prova con l'Amanita phalloides dimostra che cucchiaino o moneta non subiscono

alterazioni di sorta. La serie di metodi popolari errati è tuttavia quasi infinita:

non è vero che i funghi che crescono sui ceppi o sui tronchi di alberi vivi sono tutti buoni, tanto è vero che la Clitocybe olearia, fungo velenoso in forma abbastanza grave, cresce sul legno degli ulivi e di altre latifoglie.

Non è vero che i funghi di prato non sono mai velenosi: la famigerata Amanita phalloides cresce spesso sui prati perché il suo micelio o le radici della pianta simbionte si prolungano notevolmente sotto terra o perché sotto terra ci sono resti vivi di una latifoglia; ne mancano, del resto, specie tipiche di prato tossiche, per esempio la Psalliota xanthoderma.

Non è vero che dando da mangiare un fungo a un gatto o ad un altro animale, se questo non muore possiamo consumare tranquillamente quel tipo di funghi: tralasciando la crudeltà insita in un tale metodo, va infatti ricordato che l'organismo degli animali è spesso assai diverso dal nostro, per cui certi principi tossici potrebbero essere innocui su di loro e invece mortali sull'uomo; inoltre, il veleno di certi funghi fa effetto anche dopo 14 giorni, per cui l'attesa si prolungherebbe per un lasso di tempo davvero eccessivo.

Non è vero che i funghi invasi da larve, insetti o lumache siano tutti buoni, mentre quelli intatti siano da sfuggire: l'Amanita phalloides per esempio è nutrimento (ed anche tana abituale) di certe lumache, mentre numerose specie fungine ottime da mangiare non sono mai attaccate da insetti o altri animali; non ci risulta, per esempio, di aver mai visto un'Orecchietta invasa da larve.

Non è vero che i funghi che profumano di farina siano tutti buoni: l'Entoloma lividum ha un gradevole profumo di farina ed è uno dei funghi più velenosi; anzi, i francesi proprio per questo motivo l'hanno chiamato il"perfido".

Non è vero che i funghi che non fanno coagulare il bianco dell'uovo o il latte sono buoni, un'Amanita normale e un'ottima Amanita caesarea introdotte in una tazza di latte provocano identica reazione.

Ancora più pericolose sono le credenze che ritengono che i veleni fungini possano essere eliminati con adeguati procedimenti, dai più semplici come la sbollentatura o l'essiccamento, a quelli più complicati come la conservazione sotto sale, la macerazione in acqua e limone o acqua e aceto, oppure una serie di sbollentature prima con acqua e sale, poi acqua e aceto, poi acqua e limone. Addirittura si è ritenuto che bastasse cucinarli insieme con una pera per rendere innocuo il loro veleno. Certamente molti funghi tossici diventano buoni con la cottura o l'essiccamento, ma non tutti.

Non è vero, come quasi ovunque si crede, che siano tossici tutti i funghi con la carne che cambia colore al taglio.

Non è vero che siano tossici tutti i funghi viscidi (è ottimo,per esempio, il viscidissimo Boletus luteus).

Non è vero che siano tossici tutti i funghi piccanti: molti di essi, a cottura ultimata, hanno perso le sostanze che li rendevano acri e sono diventati appetibili e per nulla pericolosi.

Non è vero che tutti i funghi bianchi siano velenosi, come credono in alcune zone pedemontane dove mangiano solo poche specie pregiate.

Non è vero che siano tossici i funghi di colore viola: anzi, sono quasi tutti tra i migliori. Alcune credenze popolari non riguardano la commestibilità dei funghi, ma l'epoca di raccolta, il modo con cui i funghi crescono eccetera.

Non è vero, ad esempio, che i funghi crescono subito dopo la pioggia: alcune specie crescono dopo la pioggia, ma non tutte, ed in ogni caso ci vogliono sempre 2 o 3 giorni.

Non è vero che un fungo nasca e muoia all'improvviso, nello spazio di una notte: in realtà la maggioranza dei funghi ha un processo di maturazione che dura parecchi giorni, anche se a volte tale maturazione avviene sotto terra. La credenza popolare più curiosa è quella che attribuisce al fungo una certa... timidezza: cioè afferma che quando un fungo viene visto da un essere umano interrompe la crescita. In realtà, se si calpesta e si smuove troppo il terreno presso un fungo, si rischia di rompere il micelio che si sviluppa sotto terra e siccome chi vede un fungo deve per forza essergli passato vicino, ecco nascere la leggenda.
 
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