Le stronzate di Pulcinella

MUSSOLINI E D'ANNUNZIO:il maestrucolo e l'istrione

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view post Posted on 28/11/2012, 08:48
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Pulcinella291 Forum

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Forse non si amarono mai , ma in alcuni momenti della nostra storia si trovarono sulle stesse posizioni, e forse proprio per queste ragioni non si amarono. La stessa retorica, lo stesso modo di presentarsi alle folle , gli stessi slogan per far presa sulle folle. «Nudi alla meta», aveva detto d’Annunzio in una delle sue innumerevoli arringhe, aggiungendo che «Chi s’arresta è perduto» e intimando di «Marciare non marcire»: slogan che ricompariranno presto sui muri delle case durante un ventennio del quale il poeta era stato un inconsapevole precursore, insegnando che era possibile ribellarsi allo Stato anche con le armi e a considerare il Capo un demiurgo capace di cambiate la vita di tutti, oltre che la patria.
S'incontrarono nel '14 quando Mussolini si converti' all'interventismo, di cui D'Annunzio era il riconosciuto Vate e, come ebbe a dire Montanelli, E finsero di essere completamente d'accordo nell'immediato dopoguerra, quando i reduci, fra i quali entrambi reclutavano i loro seguaci, furono accolti a sassate e sputacchi dalle folle rosse. Mussolini sostenne a spada tratta, sul "Popolo d'Italia", l'impresa di Fiume non perche' ci credesse, ma perche' indeboliva il governo in carica che non sapeva come affrontarla e risolverla.

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In realta', nelle lettere che da Fiume gl'inviava, il Vate non faceva che lamentarsi dell'appoggio puramente verbale che Mussolini gli dava. Entrambi si erano resi conto del fatto che gli ex-combattenti della prima guerra ,sarebbero stati una massa di manovra molto significativa ed utile dal punto di vista politico, e che quindi occorreva non perdere il contatto con essi. Entrambi avvano capito che la democrazia era in crisi , in difficolta', per cui occorreva una soluzione alternativa, basata innanzitutto su una forte accentuazione del sentimento nazionale, sulla ricerca dell’attuazione di una forma di Stato sociale diverso da quello tradizionale. In effetti dopo la Grande Guerra la situazione interna italiana era precaria: il trattato di pace firmato a Versailles non aveva portato a nessun vantaggio importante all'Italia. Non furono accolte nemmeno le richieste più moderate.
Le casse statali erano quasi vuote anche perché la lira durante il conflitto aveva perso buona parte del suo valore, a fronte di un costo della vita aumentato di almeno il 450%. Scarseggiavano le materie prime e le industrie faticavano a convertire la produzione bellica in produzione di pace e ad assorbire l'abbondanza di manodopera accresciuta dai soldati di ritorno dal fronte.
Per questi motivi nessun ceto sociale era soddisfatto, e soprattutto tra i benestanti s'insinuò il timore di una possibile rivoluzione comunista, sull'esempio russo. L'estrema fragilità socio-economica portò spesso a disordini, che il più delle volte venivano stroncati con metodi sbrigativi e sanguinari dalle forze armate.
Sul patriottismo dei due nessun dubbio , come per l'odio per il bolscevismo e ambedue sostenuti dagli ex militari cui lo Stato non concedeva alcun riconoscimento per il ruolo ricoperto in guerra al momento del ritorno alla vita civile. Anche la borghesia atterrita da una probabile rivoluzione di ispirazione bolscevica ,
trovo' in questi due capi naturali il riferimento ideale per incanalare la loro ansia in una direzione politica precisa e, per essa, appagante.
Ma uno dei due era di troppo.Tra loro ci fu sempre una sorta di rivalità, e come dice ancora Montanelli, "il Vate non chiamava Mussolini "il Professore", ma "il maestrucolo" e Mussolini non chiamava lui il Vate" ma "l'istrione". Il malanimo tra i due rischio' di diventare rottura aperta quando, di fronte alle esitazioni di Mussolini alla presa del potere, i suoi piu' impazienti diadochi pensarono di sostituirlo col Vate alla guida del fascismo. E fu allora che Mussolini indisse la grande adunata di Napoli, preludio della Marcia.

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Dopo i rapporti furono falsi e cordiali , troppe le differenze caratteriali, ideologiche e politiche . D'Annunzio, gia' dopo Fiume , era convinto che il fascismo avrebbe avuto un ruolo di scarsa rilevanza nella politica italiana e che, ben presto, egli si sarebbe sostituito a Mussolini nel ruolo di guida di un movimento rivoluzionario.
La sua erronea valutazione tanto del fascismo quanto dell’abilità politica di Mussolini lo porterà , man mano ad essere messo da parte.
Il poeta aderì al fascismo, anche per motivi di convenienza che concorsero alla sua fama. Il Duce, se da un lato stimava D’Annunzio per il suo stile di vita e le sue idee, dall’altro aveva il timore di averlo come avversario e che potesse infiammare le piazze, dato il suo carisma e la capacità di trascinare le masse.
Qualcuno dice che il Duce compro' D'Annunzio elargendogli benefici e favorendo il dorato esilio di Gardone con le munifiche concessioni per il "Vittoriale", la pubblicazione dell'Opera Omnia, il titolo nobiliare ed anche con l'approvvigionamento di cocaina.
I rapporti tra i due personaggi storici rimase così fino alla fine, anzi, si accentuarono le divergenze in occasione dell’alleanza con la Germania. Il “poeta vate” era conscio del fatto che il suo nome era sfruttato dal fascismo per fare propaganda, ma comunque lo accettò, anche perché era visto come una gloria della nazione italiana.



Edited by Pulcinella291 - 2/7/2018, 12:46
 
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