Con l'armistizio cominciarono le prime esecuzioni
Dopo l' 8 settembre, crollate le strutture dello stato italiano, l'Istria interna divenne per breve tempo terra di nessuno poiché i tedeschi occuparono subito i centri strategici di Trieste, Pola e Fiume, ma per carenza di forze trascurarono l'entroterra. Ne approfittarono i comunisti che erano presenti nelle città costiere, e con maggior decisione e urgenza quelli sloveni e croati legati al Movimento di liberazione iugoslavo .
Improvvisati tribunali, che rispondevano ai partigiani dei Comitati popolari di liberazione emisero centinaia di condanne a morte. Le vittime furono non solo rappresentanti del regime fascista e dello Stato italiano, oppositori politici, ma anche semplici personaggi in vista della comunità italiana e potenziali nemici del futuro Stato comunista jugoslavo che s'intendeva creare.
A Rovigno il Comitato rivoluzionario compilò una lista contenente i nomi dei fascisti, nella quale tuttavia apparivano anche persone estranee al partito e che non ricoprivano cariche nello stato italiano. Vennero tutti arrestati e condotti a Pisino. In tale località furono condannati e giustiziati assieme ad altre persone di etnia italiana e croata. La maggioranza dei condannati fu scaraventata nelle foibe o nelle miniere di bauxite, alcuni mentre erano ancora in vita. Comincio' cosi' l'utilizzo di queste cavita' carsiche come tombe ma sopratutto per occultare gli eccidi.Secondo le stime più attendibili, le vittime del periodo settembre-ottobre 1943 nella Venezia Giulia, si aggirano sulle 400-600 persone.Quell'insurrezione vide uniti comunisti croati, sloveni e italiani senza distinzione.
Le autorità italiane, purtroppo, furono sorde alle richieste ed in molti casi reagirono ordinando di aprire il fuoco contro la folla, come avvenne a Pola.
Qua e là i contadini assalirono i Municipi, le Case del Fascio, i tribunali ed altre istituzioni, dando fuoco agli archivi; inoltre aggredirono, arrestarono e talvolta uccisero persone considerate caporioni del vecchio regime. Alcuni gerarchi, alcuni ricchi possidenti terrieri, ma anche semplici fascisti' e perfino innocenti furono massacrati. I più, tuttavia, vennero consegnati agli improvvisati "tribunali del popolo" che dal 15 settembre avevano cominciato a funzionare a Pisino, Pinguente ed Albona. Quasi sempre i "giudici" condannavano gli imputati alla fucilazione dopo processi sommari ed i cadaveri trovarono oltraggiosa sepoltura nelle cavità carsiche dette "foibe" o nelle cave di bauxite, alcune delle quali erano state già adoperate allo stesso scopo dai fascisti nel periodo fra le due guerre mondiali.
Gli italiani. furono la maggioranza delle vittime perché in stragrande maggioranza erano stati italiani i podestà, i segretari del Fascio, i detentori del potere politico ed economico, i grandi proprietari terrieri ed altri esponenti del regime.
Dalle cavità carsiche furono estratte, in quel periodo, 203 salme nelle operazioni di recupero organizzate dalle autorità nazifasciste e, sempre in quell'epoca, strumentalizzate per mesi e mesi ai fini della propaganda anti-slavocomunista.Con l'espulsione dei partigiani divenne possibile eseguire varie ispezioni nelle foibe, dove furono rinvenuti i resti di centinaia di persone. Il compito di ispezionare le foibe fu affidato al maresciallo dei Vigili del Fuoco Arnaldo Harzarich di Pola, che condusse le indagini da ottobre a dicembre del 1943 in Istria
In Dalmazia nel 1944
Altre stragi, omicidi e vendette si verificarono da parte dei partigiani comunisti nel corso dell'occupazione delle città dalmate dove risiedevano comunità italiane in particolar modo a Zara dove vennero fatti sparire i rappresentanti dello stato, come podestà, segretari e messi comunali, carabinieri, guardie campestri, esattori delle tasse e ufficiali postali: era questo un segno evidente della volontà diffusa fra i quadri del Movimento popolare di liberazione di spazzare via chiunque ricordasse l'amministrazione italiana, odiata dalla popolazione croata .Nella foto vediamo un gruppo di finanzieri italiani condotti alle foibe:
La repressione però si estese ulteriormente e scomparvero anche commercianti, insegnanti, farmacisti, veterinari, medici condotti e levatrici, vale a dire le figure più visibili delle comunità, come pure alcuni membri italiani dei neutri Comitati di salute pubblica che erano stati costituiti in alcune località subito dopo l'8 settembre; sembrava dunque che l'intera classe dirigente italiana fosse sotto tiro, ma arresti e uccisioni colpirono anche altri soggetti, sempre italiani, comprese alcune donne che furono oggetto di violenze, in uno sgorgate tragico e incontrollato d'antichi e recenti attriti paesani.Centinaia di vittime furono gettate in mare con una pietra al collo.Ci furono anche lapidazioni, impiccagioni, fucilazioni.
Furono 350.000 gli italiani che abbandonarono l’Istria, Fiume e la Dalmazia per sfuggire ai massacri dei titini, e quasi certamente tra le quindici e le ventimila le persone che, prima di essere gettate nelle foibe, subirono ogni sorta di tortura. Intere famiglie italiane vennero massacrate, molti finirono legati con filo spinato a cadaveri e gettati vivi nelle voragini. Nella sola foiba di Basovizza sono stati ritrovati quattrocento metri cubi di resti umani
1945 a guerra oramai conclusa
Nella primavera del 1945 la IV Armata jugoslava, puntò verso Fiume, l'Istria e Trieste. L'obiettivo era di occupare la Venezia Giulia prima dell'arrivo degli alleati. Cominciarono cosi' gli eccidi piu' tremendi.
Il ritmo delle eliminazioni si accelerò bruscamente. L'OZNA, la polizia segreta jugoslava, invece, operava nella più totale autonomia. Il compito della stessa era quello di arrestare i componenti del CLN e delle altre organizzazioni antifasciste italiane nonché tutti coloro che avrebbero potuto opporsi alla futura annessione della Venezia Giulia alla Jugoslavia, rivendicando l'appartenenza della stessa all'Italia.A partire dal maggio del 1945, quindi, massacri si verificarono in tutta la Venezia Giulia (Trieste, Gorizia, Istria e Fiume). A Gorizia e Trieste (occupate dal 1º maggio), i massacri cessarono con l'arrivo degli alleati il 12 giugno: si riscontrò l'uccisione di diverse migliaia di persone, molte delle quali gettate vive nelle foibe.
Questi possono essere considerati i prodromi degli eccidi dell'immediato dopoguerra.
NON TUTTI FURONO INFOIBATI
In realtà, delle migliaia di italiani trucidati dai titini soltanto una parte furono di fatto «infoibati», mentre la maggior parte di essi morirono — per fame, per malattia o in seguito alle violenze o ai maltrattamenti subiti — nei campi di concentramento iugoslavi o, semplicemente, furono uccisi dai soldati (o dai partigiani comunisti) durante le operazioni di raccolta o di trasporto verso quei terribili campi di morte.
Di tutte queste «operazioni di morte», però, soltanto le foibe sono in grado di ridestare, anche a decenni di distanza, nella memoria delle popolazioni giuliane l'orrore assoluto di quelle stragi di innocenti, mai moralmente riparate o quanto meno riconosciute. Di fatto la memoria delle foibe unisce insieme il ricordo delle violenze subite e della morte alla vergogna dell'atto dell'infoibamento, cioè del macabro rito dell'occultamento del cadavere nelle oscure voragini della terra.
LE UCCISIONI EFFERATE A TRIESTE, IN ISTRIA , GORIZIA, FIUME
Le vicende di questi eccidi per anni hanno continuato a rappresentare un momento particolare e ignoto della storia italiana.Per rendersene conto, basterebbe sfogliare le pagine di un qualsiasi libro storico e verificare che il dramma delle foibe non è nominato in nessun capitolo. Eppure, la strage c'è stata solo che, al pari di altre tragiche vicende, come ad esempio l'eccidio nazista, è stata tenuta nascosta, ne spiegheremo appresso i motivi. Eppure ci fuorno migliaia di morti molti dei quali colpevoli solo di essere italiani e molti altri oppositori o che si sarebbero potuti opporre al regime comunista che Tito e i partigiani italiani volevano istaurare. I baratri carsici servirono proprio a questo, ad occultare i crimini .
alcuni documenti inglesi riportano che molte migliaia di persone sono state gettate nelle foibe locali riferendosi alla sola città di Trieste e alle zone limitrofe, non includendo dunque il resto della Giulia, dell'Istria (dove si è registrata la maggioranza dei casi) e della Dalmazia. In possesso di queste informazioni il Governo De Gasperi nel maggio 1945 chiese ragione a Tito di 2.500 morti e 7.500 scomparsi nella Venezia Giulia. Tito confermò l'esistenza delle foibe come occultamento di cadaveri e i governi jugoslavi successivi mai smentirono.
Di nuovo si verificarono uccisioni efferate, come quella dei democristiani Carlo Dell'Antonio e Romano Meneghello e di don Francesco Bonifacio, torturato e quindi assassinato (il suo corpo non è mai stato ritrovato); ritenuto martire "in odium fidei" dalla Chiesa, è stato beatificato nel 2008.
Diversi furono i sacerdoti uccisi in Istria per mano dei partigiani comunisti, che ostacolavano l’esercizio del loro ministero (il regime era fondato sull’ateismo.
Tra altri politici di riferimento del CLN, si segnalano i casi di Augusto Bergera e Luigi Podestà - che restano due anni in campo di concentramento jugoslavo - e quelli del socialista Carlo Schiffrer e dell'azionista Michele Miani, che miracolosamente riescono ad aver salva la vita.
Molte persone dopo processi popolari, con accuse di solito inventate, mai supportate da prove,dopo aver subito torture e sevizie, venivano condotte, tra insulti e scherni, sull’orlo delle foibe, legate ai piedi e ai polsi con filo di ferro. Qualche aguzzino sparava quindi al primo del gruppo che, cadendo nella foiba, trascinava gli sventurati compagni.
Con l'arrivo dell'Armata Popolare Jugoslava anche a Gorizia iniziarono le repressioni che toccarono l'apice fra il 2 e il 20 maggio. Migliaia furono gli arresti e gli scomparsi non solo tra gli italiani, ma anche tra gli sloveni che si opponevano al regime comunista di Tito.
Fra le vittime si ricordano alcuni esponenti politici locali di riferimento del CLN: Licurgo Olivi del Partito Socialista Italiano e Augusto Sverzutti del Partito d'Azione, che non si sa ancora quando fu ucciso e se il suo cadavere fu infoibato. Le autorità slovene a marzo del 2006 hanno consegnato al sindaco di Gorizia un elenco di 1.048 deportati dalla provincia di Gorizia, dei quali circa 900 non hanno fatto più ritorno. Secondo il presidente dell'Unione degli Istriani, Massimiliano Lacota, questa lista sarebbe ancora grandemente incompleta.
Anche i fiumani subirono la stessa sorte fin da quando fu occupata il 3 maggio dagli jugoslavi, che avviarono immediatemente un'intensa campagna di epurazione.
Particolarmente violenta fu la caccia ai superstiti del Partito Autonomista Fiumano, particolarmente forte in città, che era visto come un potenziale ostacolo all'annessione della città alla Jugoslavia. Il quotidiano comunista La Voce del Popolo scatenò una violentissima campagna di denuncia contro gli autonomisti, che vennero accomunati ai fascisti. I partigiani uccisero nelle prime ore di occupazione della città i vecchi capi del partito, dei quali una buona parte fu schiettamente antifascista. Fra questi Mario Blasich (infermo da anni, venne strangolato nel suo letto), Giuseppe Sincich (prelevato dalla sua casa e abbattuto a raffiche di mitra), Mario Skull (ucciso a colpi di pistola), Giovanni Baucer, Mario De Hajnal e Giovanni Rubinich che fu fondatore del Movimento Autonomista Liburnico.
Toccante fu la storia dell'ebreo Angelo Adam. Già deportato a Dachau e miracolosamente salvatosi, al ritorno in città venne eletto nei comitati sindacali aziendali, che fra i mesi di luglio e dicembre 1945 videro impegnate le intere maestranze cittadine, su impulso del Partito Comunista Croato. Inaspettatamente, queste elezioni videro il trionfo delle componenti autonomiste, che ottennero oltre il 70% dei seggi. In procinto di partire per Milano per incontrare i componenti del CLNAI, Angelo Adam venne arrestato, così come in immediata successione la moglie Ernesta Stefancich e il giorno dopo la figlia minorenne Zulema Adam, recatasi presso le autorità per chiedere informazioni sulla sorte dei genitori. Di nessuno dei tre si ebbero più notizie.Il numero di italiani sicuramente uccisi dall'entrata nella città di Fiume delle truppe jugoslave (3 maggio 1945) fino al 31 dicembre 1947 è di 652, a cui va aggiunto un altro numero di vittime non esattamente identificabile per mancanza di riscontri certi.
LA STORIA NON DICE MAI TUTTA LA VERITA'
Si è sempre detto che la storia la scrivono i vincitori e quindi non sempre dice la verita'. Viene sempre nascosto qualcosa che potrebbe nuocere .Tragici avvenimenti come quelli delle foibe non fu una vendetta da parte della popolazione locale, come ritorsione alle politiche nazionalizzanti del regime; bensì la realizzazione di un preciso disegno politico, una pulizia etnica perpetrata ai danni degli Italiani che vivevano, ed erano la maggioranza, in quelle regioni. Ciò che più fa male è stato l’oblio che per tanti anni ha coperto questa efferatezza. Un oblio internazionale in cui Tito risultava essere l’unico interlocutore tra occidente ed i Balcani (vista la fratture del Maresciallo con Stalin); silenzio di partito, dove il PCI di Togliatti preferì mettere a tacere un argomento che metteva in evidenza le contraddizioni tra un partito che si configurava come nazionale, ma che in realtà sperava, durante la Guerra, in una avanzata delle truppe titine in Italia, al fine di realizzare il socialismo.
Possiamo parlare di silenzio di Stato, in quanto l’Italia agli occhi dei suoi cittadini si pose come una vincitrice “liberata” dal Fascismo e non sconfitta dalle forze alleate, annientata nel suo orgoglio e ferita, profondamente ferita, fra la sua gente. Ecco i motivi per cui per tanti anni i libri di storia non hanno nemmeno minimamente accennato alle foibe. Le uccisioni ebbero una matrice esclusivamente politica, rimanendo esclusa quella etnica, intendendo il costituendo regime comunista eliminare ogni forma di opposizione cosi' come era gia' avvenuta con Stalin nell'Unione Sovietica. I motivi del silenzio vanno ricondotti ai convergenti interessi di governo e opposizione.
Abbiamo gia' detto che in piena guerra fredda, Tito dopo la rottura con Stalin avvenuta nel 1948, spinse tutto il blocco occidentale a stabilire rapporti meno tesi con la Jugoslavia, in funzione antisovietica .
Vi furono anche cause politiche dal momento che il PCI di Togliatti
non aveva interesse a evidenziare le proprie contraddizioni sulla vicenda e le proprie subordinazioni alla volontà del comunismo internazionale. Vi fu infine un silenzio da parte dello Stato Italiano che voleva sorpassare tutto il capitolo della sconfitta nella seconda guerra mondiale.
L'atteggiamento del PCI nei confronti della questione dei confini orientali italiani fu ambiguo: già nel corso del conflitto, aveva acconsentito a lasciare la Venezia Giulia e il Friuli orientale sotto il controllo militare dei partigiani di Tito, avallando così la successiva occupazione jugoslava. Fu per questo motivo che aveva ordinato ai propri partigiani operanti nella regione di porsi sotto comando jugoslavo (fu in questo contesto che maturò l'eccidio di Porzûs.Successivamente richiese che i territori assegnati all'Italia col Trattato di Rapallo (1920) passassero alla Jugoslavia, ritenendo che i diritti nazionali degli italiani sarebbero stati tutelati dal nuovo ordine socialista imposto da Tito al suo paese. Tanto che Terminato il conflitto molti militanti comunisti italiani collaborarono con il governo jugoslavo e molti ebbero un ruolo attivo nelle repressioni. Si consideri che le scelte dei comunisti italiani, spesso tacciati di "tradimento", furono coerenti al loro internazionalismo, secondo il quale l'affermarsi del comunismo era un valore moralmente superiore a quello di patria e nazione.
LE FOIBE E LA FINE DELLA GUERRA FREDDA
Con la fine della guerra fredda nei primi anni '90, il tema delle foibe tornò a riscuotere l'interesse dei mass media e ad essere oggetto delle prime ricerche storiche (effettuate con crismi scientifici). Anche su iniziativa degli ex comunisti[84], si è fatta luce su questi episodi, che hanno cominciato ad essere ufficialmente ricordati. Anche il nostro presidente Napolitano ex comunista ha dovuto ammettere che è finita l'epoca dell'oblìo e che bisogna "rendere giustizia agli italiani che furono vittime innocenti, in
forme barbariche raccapriccianti, quelle che si riassumono nella parola 'foibe', di un moto di odio, di cieca vendetta, di violenza prevaricatrice. Anche la ricerca storica ha ormai pubblicato molteplici studi sugli avvenimenti, molte opere divulgative sono, inoltre, state pubblicate. Nell'opinione pubblica, tuttavia, persiste ancora una forte enfasi, di origine ideologica, sulle responsabilità che comunismo e fascismo hanno avuto nelle foibe.
Ancora oggi ,quelle terribili vicende di confine,sono considerate da molti come un prezzo inevitabile da pagare per le tante nefandezze compiute in quei luoghi dai fascisti durante il ventennio (in particolare nell'Istria e nelle isole dalmate, cedute all'Italia nel 1919) e per la dura e violenta occupazione nazifascista della Iugoslavia negli anni 1941-431, anche se le indagini storiche più attente e documentate di questi ultimi anni ci danno invece una versione e interpretazione di quelle vicende di segno opposto. Certamente una parte degli «infoibati» furono fascisti o collaborazionisti — anche se la maggior parte dei gerarchi o delle personalità più compromesse col regime riuscirono a scappare prima che i soldati di Tito entrassero a Trieste —, ma la maggior parte degli uccisi, come risulta dalle fonti storiche e dalle testimonianze dei sopravvissuti, erano semplici cittadini italiani, alcuni dei quali addirittura antifascisti notori
Edited by Pulcinella291 - 15/2/2013, 12:05