Le stronzate di Pulcinella

Quando gli schiavi eravamo noi(storia dimenticata)

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Pulcinella291
view post Posted on 10/2/2014, 09:34 by: Pulcinella291
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Nelle storie generali della schiavitù, e non ne mancano, le scenario mediterraneo è spesso del tutto assente, o viene comunque considerato di trascurabile interesse possiamo quindi dedurre che la schiavitù dei bianchi da parte dei nord africani è stata ampiamente ignorata.
Invece da sempre quello che i Romani chiamavano il mare nostrum, grazie alla sua posizione privilegiata è stato teatro di attivita' marinaresca, commercio, migrazione , traffico piratesco legato al commercio degli schiavi .

<p align="center">Mamma li turchi


La Costa dei Barbari, che si estende dal Marocco fino all’attuale Libia, fu sede di una fiorente industria del rapimento di esseri umani dal 1500 fino al 1800 circa .
Le grandi capitali del traffico di schiavi furono Salé in Marocco, Tunisi, Algeri e Tripoli, e durante la maggior parte di questo periodo le marine europee erano troppo deboli per opporre più che una resistenza simbolica. Il traffico transatlantico dei neri era puramente commerciale, ma per gli arabi, i ricordi delle crociate e la rabbia per essere stati espulsi dalla Spagna nel 1492 sembrano aver determinato una campagna di rapimenti dei cristiani, quasi simile ad una Jihad.La conquista islamica di paesi come l'Egitto e la Siria aveva fornito, ai musulmani, abili navigatori che vivevano su quelle coste, permettendo la creazione in un tempo relativamente breve di una flotta capace di insidiare la supremazia bizantina nel Mediterraneo.
Soprattutto sulla costa nordafricana e su quella spagnola si erano andati costituendo vari emirati dove la componente locale si fuse presto con quella araba e berbera. Ciascun emirato aveva a capo un emiro il quale, a parte una formale sudditanza ad uno dei tre califfi che tra VIII e IX secolo si spartivano l'Impero islamico (Cordova, Cairo e Baghdad), erano sostanzialmente indipendenti.

Le incursioni
Durante i secoli XVI e XVII furono condotti più schiavi verso sud attraverso il Mediterraneo che verso ovest attraverso l’Atlantico. Alcuni furono restituiti alle loro famiglie in cambio di un riscatto, alcuni furono utilizzati per lavoro forzato in Africa del Nord e i meno fortunati morirono di fatica come schiavi nelle galere.
Ciò che più colpisce circa le razzie barbaresche è la loro ampiezza e la loro portata. I pirati rapivano la maggior parte dei loro schiavi intercettando imbarcazioni, ma organizzavano anche enormi assalti anfibi che praticamente spopolavano parti della costa italiana. L’Italia è il bersaglio più apprezzato, in parte perché la Sicilia è solo a 200 km da Tunisi, ma anche perché non aveva un governo centrale forte che potesse resistere all’invasione.
Quando i pirati hanno saccheggiato Vieste nell’Italia meridionale nel 1554, ad esempio, rapirono uno stupefacente totale di 6.000 prigionieri. Gli algerini presero 7.000 schiavi nel Golfo di Napoli nel 1544, un raid che fece crollare il prezzo degli schiavi a tal punto che si diceva che si poteva «scambiare un cristiano per una cipolla».
Anche la Spagna subì attacchi su larga scala. Dopo un raid su Grenada nel 1556, che fruttò 4.000 uomini, donne e bambini, si diceva che «piovevano cristiani su Algeri». Si può calcolare che per ognuno di questi grandi raid ce ne siano stati dozzine di minori.

L'abbandono delle coste

La comparsa di una grande flotta poteva far fuggire l’intera popolazione nell’entroterra, svuotando le regioni costiere.
Nel 1566, un gruppo di 6.000 turchi e corsari attraversarono il mare Adriatico e sbarcarono a Francavilla. Le autorità non erano in grado di fare nulla e raccomandarono l’evacuazione completa, lasciando ai turchi il controllo di più di 1300 chilometri quadrati di villaggi abbandonati fino a Serracapriola.
Quando apparivano i pirati, la gente spesso fuggiva dalla costa per andare alla città più vicina, ma questa non era sempre una buona strategia: «più di una città di medie dimensioni, affollata di profughi, si trovò nell’impossibilità di sostenere un assalto frontale di molte centinaia di corsari e reis [capitano dei corsari] che altrimenti avrebbero dovuto cercare schiavi a poche dozzine per volta lungo le spiagge e sulle colline, potevano trovare un migliaio o più di prigionieri comodamente raccolti in un unico luogo per essere catturati.I pirati tornavano continuamente a saccheggiare lo stesso territorio. Oltre a un numero molto maggiore di piccole incursioni, la costa calabra subì le seguenti depredazioni, sempre più gravi in meno di dieci anni: 700 persone catturate in un singolo raid nel 1636, un migliaio nel 1639 e 4.000 nel 1644.

Durante il XVI e XVII secolo, i pirati installarono basi semi-permanenti sulle isole di Ischia e Procida, quasi all’imboccatura del Golfo di Napoli, da cui organizzavano il loro traffico commerciale.
Quando sbarcavano sulla riva, i corsari musulmani non mancavano di profanare le chiese. Spesso rubavano le campane, non solo perché il metallo aveva valore, ma anche per ridurre al silenzio la voce inconfondibile del Cristianesimo.Nelle più frequenti piccole incursioni, un piccolo numero di barche operavano furtivamente, piombando sugli insediamenti costieri nel cuore della notte per catturare gli uomini «tranquilli e ancora nudi nel loro letto». Questa pratica diede origine alla moderna espressione siciliana, pigliato dai turchi, , che significa essere colto di sorpresa, addormentato o sconvolto.

Un terribile numero di vittime in Sicilia

L'opera di conquista musulmana della Sicilia e di parti dell'Italia meridionale durò 75 anni. I primi attacchi navali islamici diretti in Sicilia, regione dell'Impero romano d'Oriente, si verificarono nel 652: queste incursioni furono organizzate all'epoca in cui il futuro califfo omayyade Mu'awiya ibn Abi Sufyan era wali della Siria, da poco conquistata all'Impero bizantino, e furono condotte da Mu'awiya ibn Hudayj della tribù dei Kinda. Le razzie durarono alcuni anni; l'esarca di Ravenna Olimpio organizzò una spedizione per frenare le razzie, ma non riuscì ad impedire che gli arabi portassero via con sé un ricco bottino.

Una seconda spedizione si verificò nel 669. La spedizione era composta da 200 navi da Alessandria d'Egitto. Venne saccheggiata per un mese Siracusa, capitale dell'isola, e il territorio circostante. Completata nel VII secolo la conquista da parte degli Omayyadi dell'Ifriqiya, gli attacchi alla Sicilia a scopo di saccheggio si fecero costanti: ne avvennero nel 703, 728, 729, 730, 731; nel 733 e 734 la reazione militare bizantina fu notevole.
La prima vera spedizione per la conquista dell'isola fu lanciata nel 740: il principe musulmano Habib, che aveva partecipato all'occupazione del 728 di Siracusa, iniziò l'impresa ma fu costretto a rinunciarvi per la necessità di sedare una rivolta berbera in Tunisia. Un nuovo attacco fu portato a Siracusa nel 752.
Nel 805, il patrizio imperiale di Sicilia Costantino firmò una tregua di dieci anni con Ibrahim ibn al-Aghlab, emiro d'Ifriqiya (nome che gli invasori arabi dettero alla romana Provincia Africa), ma questo non fu un impedimento per i corsari provenienti dall'Africa e della Spagna musulmana ad attaccare ripetutamente tra l'806 e l'821 la Sardegna e la Corsica. Nell'812 il figlio di Ibrahim, Abd Allah I, ordinò una invasione vigorosa della Sicilia, ma le sue navi furono prima di ostacolate dall'intervento di Gaeta e Amalfi, e poi distrutte in gran parte da una tempesta. Tuttavia, essi riuscirono a conquistare l'isola di Lampedusa e, nel mar Tirreno, a depredare e devastare Ponza e Ischia. Un ulteriore accordo tra il nuovo patrizio Gregorio e l'emiro stabilì la libertà di commercio tra l'Italia meridionale e l'Ifriqiya. Dopo un ulteriore attacco di Muhammad ibn Abd Allah, cugino dell'emiro Ziyadat Allah I nell'819, sulle fonti non sono citati attacchi musulmani verso la Sicilia fino all'827.Il terrore per le razzie dei Saraceni, che depredavano e rapivano uomini, donne e fanciulli, è rimasto vivo nell’espressione popolare “Mamma li Turchi” e anche nei canti popolari: Li Turchi sunu iunti alla marina, all’ordini cuteddi e cutiddina, scupetti, baddi, pruvuli e lupari… Fra le innumerevoli vittime dei frequenti raid musulmani, figura anche un Santo, Antonio Nigro, catturato presso Vendicari e impiccato con altri cristiani a Tunisi il 15-1-1500 .
Molto numerosi furono i cristiani fatti schiavi dai pirati, parecchi dei quali furono riscattati con grosse somme di denaro. Alcuni, convertiti all’Islam, riuscirono ad occupare alti gradi ed avere notevole parte nella storia degli Stati Barbareschi. Grazie a loro si diffuse in Barberia la cd. “lingua franca”, un miscuglio di lingue mediterranee, con prevalenza di Italiano e Spagnolo.

continua

Edited by Pulcinella291 - 11/2/2014, 08:39
 
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