Le stronzate di Pulcinella

Gli amori impossibili nella storia e nei romanzi

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view post Posted on 13/9/2016, 10:36
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La storia, anche quella romanzata è piena di amori impossibili o contrastati . C'è chi non può stare insieme all'amato, perché il suo amore va contro ogni regola e ogni convenzione, c'è anche chi, una volta raggiunta la felicità, viene travolto da un destino avverso. Noi qui parleremo di amori famosi, commoventi o tragici , di amori che mai vedranno l’agognata ultima riga delle favole:" e vissero felici e contenti."
Siete pronti? Cominciamo...


L'amore tragico tra Antonio e Cleopatra

Cleopatra, è stata una regina egizia del periodo tolemaico. Fu l'ultima regina del Regno tolemaico d'Egitto e l'ultima sovrana dell'età ellenistica che, con la sua morte, avrà definitivamente fine.
Fu anche una dei nemici più temuti per la Repubblica romana; oltre che disporre di una grossa flotta, di un esercito potente e di un regno ricco di risorse, infatti, aveva dalla sua parte anche un presumibile grande fascino, grazie al quale aveva sedotto due tra i più grandi condottieri romani: Giulio Cesare e Marco Antonio.
La relazione di Cleopatra con Cesare ebbe per entrambi scopi politici, anche se dall'unione nacque un figlio, Tolomeo Cesare detto Cesarione che non diventò mai suo erede.
Il dittatore romano doveva assicurarsi il controllo dell'Egitto, importante per le sue risorse finanziarie, mentre Cleopatra sperava con essa di ottenere per il paese una posizione di privilegio all'interno dell'impero.
Nel 46 a.C. Cleopatra andò a Roma con il figlio appena nato e vi rimase fino alla morte di Cesare, nel 44 a.C.
Ben diverso e piu' tragico fu l'amore tra Cleopatra e marco Antonio.
Nel 42 a.C., Marco Antonio, uno dei triumviri che governavano Roma in seguito al vuoto di potere conseguente la morte di Cesare, chiese a Cleopatra di incontrarlo a Tarso per verificarne la lealtà. Antonio poi la seguì ad Alessandria, dove rimase fino all'anno successivo. Dalla loro unione nacquero i due gemelli Cleopatra Selene e Alessandro Helios.
Ma tra Antonio ed Ottaviano le relazioni furono quasi sempre burrascose, anche se i due tentano prima un accordo, dividendosi l’Oriente e l’Occidente. L’Occidente va ad Ottaviano. L’Oriente ad Antonio, che viene assorbito dalla corte di Cleopatra. Vino, donne, lusso. Antonio non resiste. E si innamora della regina. Diventa un orientale. Si veste e ragiona all’orientale. Tanto da creare ad Alessandria nuovi reami e organizzare una federazione di monarchie che affida a Cleopatra.
La politica di Cleopatra e Antonio, tesa a dominare tutto l'Oriente, favorì la reazione di Ottaviano, che accusò la regina di minare il predominio di Roma e convinse i Romani a dichiarare guerra all'Egitto. La regina aveva fatto costruire una flotta possente (Flotta tolemaica di Cleopatra): circa 300 navi di grossa stazza. Nel 31 a.C. le forze navali romane si scontrarono con quelle di Antonio e Cleopatra nella battaglia di Azio.

Visto che la battaglia era persa la regina ordinò alla sua scorta personale, circa 60 navi, di aprirsi un varco nella flotta romana e si riparò ad Alessandria, seguita da Antonio. Dopo la vittoria Ottaviano invase il Regno tolemaico d'Egitto e, dopo una breve resistenza, entrò ad Alessandria. Nel 30 a.C., dopo il suicidio di Antonio per non essere torturato e fatto prigioniero da Ottaviano, Cleopatra si rinchiuse nel mausoleo dei Tolomei e si uccise facendosi mordere da un aspide


Paolo e Francesca la vera storia

Paolo Malatesta e Francesca da Polenta sono due figure di amanti entrate a far parte dell'immaginario popolare sentimentale, pur appartenendo anche alla storia e alla letteratura.
La tragica vicenda amorosa di Paolo e Francesca è stata rievocata molte volte, non solo da Dante nell'Inferno, ma anche nell'opera lirica.
Ne parlerà anche il Boccaccio il quale ci racconta che alla base del matrimonio tra Gianciotto e Francesca da Polenta ci fu un terribile equivoco incoraggiato se non architettato dai maggiorenti delle due famiglie. A Francesca, sostiene Boccaccio, fu fatto credere che avrebbe sposato il bello ed elegante Paolo.
Ma vediamo la storia cosa ci dice dei due.
Le due famiglie dei da Polenta da Ravenna e dei Malatesta da Rimini erano tra le più rinomate della Romagna e dopo una serie di scontri esterni e di instabilità politica interna decisero di allearsi unendo in matrimonio i loro figli.

Il patto venne suggellato da un matrimonio che coinvolse la giovane Francesca da Polenta e l'anziano, zoppo e rozzo Gianciotto Malatesta. Per guadagnare l'approvazione della giovane a questo matrimonio, la tradizione, che risale a Giovanni Boccaccio, dice che sia avvenuto per procura, dove il procuratore fu il più giovane e aitante fratello di Gianciotto, Paolo Malatesta, del quale Francesca si invaghì per un malinteso, credendo che fosse lui il vero sposo, anche se ciò non poteva essere possibile perché Francesca sapeva benissimo che Paolo era già sposato.
Si aggiungono poi al quadro narrativo tradizionale la figura del brutto e crudele Gianciotto, fino al maligno servo che spiava i due amanti e poi il tragico e noto finale del duplice omicidio degli amanti.

In realtà, secondo la vera documentazione storica dei fatti, sono pochi i dati veramente riscontrabili: i dati anagrafici dei protagonisti e la loro discendenza. Pare infatti che l'alleanza tra le due famiglie fosse così vantaggiosa per entrambe, grazie a strategie politico-dinastiche complementari, che il fatto di sangue diventò un fatto da mettere a tacere il più presto possibile. Non si sa per esempio dove sia accaduto realmente il duplice omicidio: alcune ipotesi indicano il Castello di Gradara, ma si tratta solo di congetture. Altre ipotesi parlano della Rocca di Castel nuovo presso Meldola.
Continua
 
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view post Posted on 14/9/2016, 09:08
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Giulietta e Romeo :non solo romanzo?

Grazie a William Shakespeare, la vicenda dei due protagonisti ha assunto nel tempo un valore simbolico, diventando l'archetipo dell'amore perfetto ed impossibile poiché avversato dalla famiglie e dalla società dell'epoca.
Eppure questo dramma, pare trovasse radici e richiami alla storia trecentesca veronese .
La famiglia di Romeo, i Montecchi, potrebbe essere ricondotta alla casata ghibellina dei Monticoli presente a Verona all’epoca di Bartolomeo I della Scala, signore di città nell’anno in cui la tragedia viene ambientata (1302). Nell’opera di Shakespeare il signore di Verona si chiama “Escalo” che potrebbe richiamare il cognome “Della Scala” dei famosi signori della città.

La famiglia dei Capuleti o Cappelletti di Giulietta potrebbe essere riconosciuta nella casata guelfa dei Dal Cappello che la storia vuole proprietari dell’edificio oggi Casa di Giulietta. Nella chiave di volta del portone d’entrata della casa, rivolto verso via Cappello, è ancora ben visibile il rilievo di un cappello con tipiche fattezze medievali. Si pensa che questo dovesse essere lo stemma della famiglia dei Dal Cappello.
Queste due famiglie sarebbero state acerrime nemiche, sia per l’appartenenza a fazioni politiche diverse, sia perché i Dal Cappello erano legati ai conti di San Bonifacio effettivamente in lotta con i Monticoli. Sempre in quest’ottica è doveroso menzionare la terzina del Purgatorio di Dante (VI, 103), che soggiornò a Verona al tempo di Bartolomeo I della Scala che così scrive rivolgendosi a Sordello da Goito: “Vieni a vedere Montecchi e Cappelletti,/Monaldi e Filippeschi, uom senza cura:/Color già tristi e costoro con sospetti”, dove Monaldi e Filippeschi sono due famiglie in lotta della città di Orvieto realmente esistite. Tra l'altro, la rivalità tra la famiglia dei Montecchi e quella dei Capuleti era talmente accesa che DANTE ALIGHIERI, esule da Firenze ed ospite tra il 1303 ed il 1304 degli Scaligeri, la nomina nel VI canto del Purgatorio (versetti 106/108: Vieni a veder Montecchi e Cappelletti / Monaldi e Filippeschi, uom sanza cura: / color già tristi, e questi con sospetti."

Di certo non si può affermare con certezza che i due innamorati siano realmente esistiti, ma le basi storiche sembrano dare un punto d’appoggio alla veridicità della storia… L’unico modo per far vivere l’amore di Romeo e Giulietta è crederci e venire a visitare Verona e i luoghi del mito che vi accompagneranno nel misterioso mondo tra leggenda e realtà.
 
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view post Posted on 14/9/2016, 16:10
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Maria Cristina di Svezia o Cristina Alessandra Maria




Due nomi, due colori, due personalità, di certo poco rispondenti al quadro che diede la Divina Greta Garbo nel film che ne narrava romanzescamente la vita, assolutamente di fantasia e non rispondente alla realtà.

Cristina di Svezia salì al trono nel 1632 all'età di 6 anni...,ma assunse il pieno potere nel 1650 all'età di 24 anni Educata dal potente Alto Cancelliere di Svezia Axel Oxenstierna e figlia di uno dei massimi difensori del protestantesimo durante la Guerra dei trent'anni, suscitò grande scandalo quando nel 1654, nel pieno di una profondissima crisi religiosa, si convertì al cattolicesimo e abdicò in favore del cugino Carlo Gustavo che divenne re Carlo X. Temendo le reazioni e le vendette dei protestanti lasciò subito la Svezia per trascorrere il resto della sua esistenza in vari Paesi d'Europa stabilendosi poi definitivamente a Roma dove si occupò di opere caritatevoli, di arte, musica e teatro in un movimento culturale che, dopo la sua morte, portò alla fondazione dell'Accademia dell'Arcadia nel 1690.

Personalità complessa ed anticonformista, educata in modo virile come un Principe e non una Principessa, Cristina di Svezia era dotata di viva intelligenza e di solida cultura umanistica e filosofica a cui si dedicò particolarmente dopo la pace di Westfalia che nel 1648 pose fine alla lunga guerra dei trent'anni. Durante gli anni del suo regno, in cui non brillò per competenza politica e in cui trascurò gli affari dello Stato suscitando il malcontento del Paese, si prodigò per far divenire Stoccolma l'"Atene del nord".

https://it.wikipedia.org/wiki/Cristina_di_Svezia

Questo è quanto ci dice wiki, insomma : una santa (o quasi) e noi aggiungiamo un bel : ma chi se frega, vogliamo conoscerne gli amori, ed io vi accontento subito, prima però una riflessione : chissà che cosa pensava il filosofo noto in Italia come Cartesio, in quell'anno 1650 quando si recava alle sei del mattino al palazzo Reale di Stoccolma per ragionare di filosofia con Cristina, regina di Svezia...
Lei era la giovane regina, amante del sapere, dei libri, della pittura, protettrice e mecenate di artisti e scienziati, e giustamente considerata una delle donne più colte del suo tempo.


Ebba Sparre (chiamata Bella) apparteneva ad una delle piu' antiche famiglie della Svezia ed era destinata per nascita a far parte delle damigelle d'onore della regina.
Forese, all'inizio, non fu che una 'riscaldatrice di letto', secondo l'espressione svedese, ma rapidamente divento' l'unico affetto, se non l'unico amore di Cristina.
Condividera', per quasi otto anni, ogni interesse della regina, ma non la politica - dalla quale Cristina esclude categoricamente le donne.
Nel gennaio 1653 Bella si sposera' con il fratello di un favorito della regina. Ma, anche sposata, continuera' ad abitare a palazzo reale.

Durante un ballo all'Ambasciata Inglese di Upsala, la regina la presentera' all'ambasciatore d'Inghilterra come la propria compagna di letto. (She is my bed companion)
Poi, all'esterrefatto puritano, disse che l'anima di Bella "e' tanto ammirevole quanto il suo corpo."

Nel gennaio 1655, dopo l'abdicazione a favore del cugino ed alla sua partenza dalla Svezia, scriveva a Bella : "come sarei felice se mi fosse permesso di vedervi, ma sono condannata dal destino ad amarvi ed apprezzarvi senza vedervi mai e l'invidia che gli astri hanno della felicita' umana, vieta che io sia felice poiche' non posso esserlo lontano da voi.
Non permettete che il tempo e la lontananza mi privino della gioia di essere amata da voi e credete che, qualunque cosa possa accadermi, non smettero' mai di essere vostra..."

A quell'epoca il cuore di Cristina era ancora occupato anche se le cronache scandalistiche riportano delle visite fatte dalla regina ad una giovane principessa di Savoia in un convento dal quale vorrebbe farla uscire e dell'episodio, molto chiacchierato, ad Amburgo, quando comparve in pubblico in una carrozza insieme ad una israelita di grande bellezza che ricopriva di baci ignorando l'opinione pubblica.

L'ultima lettera che sia rimasta diretta a Bella,e' del 27 Marzo 1657 da Pesaro.
".........ricorderete che da ben dodici anni sono amata da voi e che io sono vostra in modo tale che e' impossibile che possiate perdermi e solamente con la morte smettero' d'amarvi. Dopo aver visto nel piu' e piu' cortese paese del mondo tutto quanto vi di affascinante e di grazioso del nostro sesso, sostengo con maggior convinzione, che nessuno puo' osare contendervi la supremazia che avete su tutto quanto vi e' di piu' amabile al mondo......"
 
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costanza pocechini
view post Posted on 15/9/2016, 15:04





ritratto di George Sand, del pittore Auguste Charpentier



«Si doveva conoscerla come l'ho conosciuta io per sapere quanto
vi era di femminile in questo grande uomo, per conoscere l'immensa
tenerezza di questo genio.» ha detto Gustave Flaubert
di George Sand, pseudonimo di Amantine (o Amandine) Aurore Lucile Dupin
(Parigi, 1º luglio 1804 – Nohant-Vic, 8 giugno 1876), è stata una scrittrice
e drammaturga francese.

Considerata tra le autrici più prolifiche della storia della letteratura, è autrice di numerosi romanzi,
novelle e drammi teatrali; tra i suoi scritti più illustri vi sono "Indiana", "Lélia", "Consuelo",
"La palude del diavolo", "La piccola Fadette", "François le Champi" e l'autobiografia
"Histoire de ma vie".

Femminista molto moderata, fu attiva nel dibattito politico e partecipò, senza assumere una posizione di primo piano, al governo provvisorio del 1848, esprimendo posizioni vicine al socialismo, che abbandonò alla fine della sua vita per un moderato repubblicanesimo. La sua opposizione alla politica temporalistica e illiberale del papato le costò la messa all'Indice di tutti i suoi scritti nel dicembre del 1863.

Sand è inoltre ricordata anche per il suo anticonformismo e per le relazioni sentimentali avute con lo scrittore Alfred de Musset e con il musicista Fryderyk Chopin.





Edited by costanza pocechini - 15/9/2016, 17:48
 
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view post Posted on 16/9/2016, 00:09
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Appendice a G E O R G E . SA N D





Entra nel convento delle Agostiniane inglesi a quattordici anni, con l'intenzione di diventare suora, ma già nel 1820 ritorna a casa, su decisione della nonna. Diventata un'abile cavallerizza, si veste spesso da uomo e tiene comportamenti spesso discutibili. Nella primavera del 1822 conosce il barone Casimir Dudevant, che le chiede di sposarlo; il 17 settembre di quell'anno, quindi, viene celebrato il matrimonio.

Il rapporto con il marito, però, non è dei migliori, e così nel 1825 la ragazza intraprende una relazione segreta con Aurélien de Sèze, un magistrato di Bordeaux.

Nel settembre del 1828 Aurore diventa madre della sua seconda figlia, Solange, avuta probabilmente da Stéphane Ajasson de Grandsagne, un suo amico di La Chatre.

Aurore va a vivere a Parigi nel gennaio del 1831, innamorata del giovane giornalista Jules Sandeau.

Nel 1832 il suo rapporto con Sandeau è ormai agli sgoccioli e si avvia alla conclusione; l'anno successivo Sand scrive "Lélia", romanzo ritenuto scandaloso (l'autore Jules Janin lo definisce abominevole sul "Journal des Débats") a causa del tema trattato: quello di una donna che si dichiara esplicitamente inappagata dagli amanti che frequenta.

Nel frattempo ha una storia sentimentale con Prosper Mérimée, prima di conoscere Alfred de Musset, del quale si innamora. I due partono insieme per l'Italia, soggiornando prima a Genova e poi a Venezia: in questo periodo George Sand si ammala e diventa amante del giovane medico che la cura, Pietro Pagello; il quale, per altro, presta le proprie cure anche a de Musset, nel frattempo ammalatosi di tifo.

Musset e George Sand si legarono nuovamente, poi si lasciarono definitivamente nel marzo del 1835: di questo intenso rapporto resta l'epistolario e il racconto della loro vicenda fatto dalla Sand nel romanzo Elle et lui. Inoltre George Sand aveva preso la decisione di divorziare dal marito, rivolgendosi nel 1835 all'avvocato Michel de Bourges. La causa con il barone Dudevant si concluse positivamente con il divorzio. de Bourges aveva subito sedotto la scrittrice e la Sand fu travolta dalla personalità di questo avvocato e gli propose di vivere con lei, ma la loro relazione durò solo un anno, ostacolata dal fatto che de Bourges era sposato e non intendeva abbandonare la sua famiglia

La rottura con de Bourges fu dolorosa ma la Sand si consolò con diversi brevi amori

Félicien Mallefille è 'l'amore' successivo, era il precettore del figlio della Sand ed era gelosissimo, la Sand interrompe la relazione per questo motivo.

Nell'estate del 1838 inizia la storia d'amore con Fryderyk Chopin, più giovane di lei di 6 anni e si gettò nelle braccia dell'«amore compiuto» (parole di George Sand). Questa storia durò quasi 7 anni, un record....

Tornata a Nohant, alla fine degli anni Quaranta la scrittrice diventa amante di Alexandre Manceau. Nel 1864 lascia Nohant e si trasferisce a Palaiseau con Manceau, il quale muore l'anno successivo di tubercolosi: a quel punto George Sand decide di fare ritorno a Nohant.


Ufficialmente vi ho elencato 11 amori di George Sand, sono sufficienti?
 
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Abelardo ed Eloisia amore, passione ed erotismo

Anche questa storia è entrata a far parte dell'immaginario collettivo europeo.
Un docente di successo, una ragazza bella e intelligente, sua allieva, di circa vent’anni più giovane di lui: un amore travolgente, contrastato fino a conseguenze drammatiche, un epistolario intenso e avvincente per dolcezza e riflessioni intellettuali. Sembra una storia d’amore dei giorni nostri. Invece siamo attorno al mille.
Lui è Pietro Abelardo, di nobile famiglia bretone, affermato chierico docente alla prestigiosa cattedra di Notre Dame, Quando conosce Eloisa ha 37 anni.
Lei è Eloisa, nipote di Fulberto canonico di Notre Dame, ancora adolescente ma già nota per intelligenza e cultura.
Eloisa è molto giovane; suo zio Fulberto decide che la sua cultura sarebbe stata ulteriormente arricchita delle lezioni del più celebre maestro di Parigi, il bretone Abelardo, che ha fondato una scuola ora famosa sulla collina di Sainte Geneviéve. È maestro di logica, filosofo e teologo (sembra che per primo abbia usato il termine "teologia"). Abelardo si innamora perdutamente della sua allieva. «Eloisa aveva tutto ciò che più seduce gli amanti» - scrive Abelardo, che per starle più vicino chiede addirittura di andare a pensione da Fulberto. Il canonico, ingenuamente, accetta con entusiasmo di avere sotto il suo tetto il maestro più insigne di Parigi quale insegnante della nipote.
Ben presto anche la fanciulla si arrende alla passione. «Col pretesto delle lezioni ci abbandonammo completamente all'amore, lo studio delle lettere ci offriva quegli angoli segreti che la passione predilige. Aperti i libri, le parole si affannavano di più intorno ad argomenti d'amore che di studio, erano più numerosi i baci che le frasi; la mano correva più spesso al seno che ai libri... il nostro desiderio non trascurò nessun aspetto dell'amore, ogni volta che la nostra passione poté inventare qualcosa di insolito, subito lo provammo, e quanto più eravamo inesperti in questi piaceri tanto più ardentemente ci dedicavamo a essi senza stancarci».
Per lei Abelardo non è solo tra i maestri il più prestigioso, ma appare l’uomo più affascinante, che la fa sentire grande e matura. Per lui Eloisa è la più travolgente scoperta della donna, che gli fa dimenticare l’austerità e la riservatezza dell’atteggiamento di studioso.
Abelardo compone per Eloisa struggenti poesie d'amore che giungono all'orecchio dei suoi studenti e si diffondono in tutta Parigi, diventando popolarissime grazie "alla dolcezza delle parole e alla bellezza del ritmo musicale". Fulberto, aperti finalmente gli occhi, caccia subito di casa Abelardo. Ma Eloisa rimane incinta. Quando lo comunica, per lettera, ad Abelardo, questi decide di portarla via con sé. Approfittando di un'assenza di Fulberto, Abelardo rapisce Eloisa e la conduce al paese natale di Pallet, in Bretagna, ospitandola nella casa di famiglia. Qui, alla fine dell'anno 1116 partorisce un figlio, al quale viene dato il nome di Astrolabio (rapitore delle stelle).
Abelardo, sentendosi in colpa, decide di riparare il male che pensa di aver fatto a Fulberto. Si dichiara disposto a sposare Eloisa, a condizione che il matrimonio rimanga segreto per non danneggiare la sua carriera. Egli infatti non è solo docente, ma è anche chierico, perciò non può sposarsi.
Ma la notizia delle nozze, per quanto segrete, cominciano a circolare. Così Abelardo convince Eloisa ad entrare in convento, senza prendere i voti, per smentire le voci circa il matrimonio.

La castrazione di Abelardo
Fulberto, accecato dal disonore e dal sospetto che Abelardo voglia disfarsi di Eloisa per salvare il suo prestigio professionale, paga dei sicari, che sorprendono lo sfortunato di mattino, ancora immerso nel sonno, e lo evirano. Per l’umiliazione e la vergogna, Abelardo ed Eloisa si ritirano in convento, lui nell’abbazia di Saint Denis, lei nel monastero di Argenteuil. Seguono anni di separazione fra i due e di dispute intellettuali e religiose con gli ambienti ecclesiastici. Di tutto ciò è singolare testimonianza l’epistolario, che ci restituisce il tenero amore, l’eroismo spirituale e la vivace tempra intellettuale di Eloisa e Abelardo.
Da questo momento le loro strade si separeranno e i due amanti non si rivedranno mai più. Due drammi paralleli si svolgeranno insieme: Eloisa prende i voti e trascorre il resto della sua vita in convento; Abelardo, diventato eunuco, ritorna alla sua vita accademica ed ecclesiale. Eloisa avrà comunque un atteggiamento completamente diverso rispetto a quello del suo amato, il quale, nonostante due condanne da parte della Chiesa per le sue idee teologiche, godrà comunque la fama di grande maestro.
Quando Abelardo è ancora abate di Saint Gildas, in Bretagna, capita per caso nelle mani di Eloisa una sua lettera in cui narra a un amico le proprie sventure. Eloisa gli scrive ricordandogli i tempi della loro passione, che in lei non si è mai spenta, gli grida il suo amore che arde come allora. Gli ricorda: «Non ho voluto soddisfare la mia volontà e il mio piacere, ma te e il tuo piacere, lo sai bene». Abelardo rimane profondamente turbato, scosso da questa novità inattesa. Egli ormai trova conforto solo nei grandi successi nel campo culturale. Le risponde: «Io adesso sono circondato anche nell'anima», indicandole la preghiera come unico rimedio alla tempesta dei sensi.
Eloisa non si arrende. È ancora giovane (ha circa 35 anni) ed è presa dai ricordi che lei considera indimenticabili e carichi di passione: «Il piacere che ho conosciuto è stato così forte che non posso odiarlo». E pone ad Abelardo in maniera lacerante questa domanda: «Perché la sublimazione si dovrebbe raggiungere soltanto annichilendo i sensi e il sentimento d'amore che si prova verso un'altra persona?» Ma Abelardo è irremovibile: da abate qual è, le ricorda severamente il suo ruolo di badessa, invitandola a dedicarsi allo studio e alla preghiera. Eloisa questa volta obbedisce e, nella sua terza e ultima lettera dal Paràclito, promette che non parlerà mai più del passato e dei propri sentimenti ad Abelardo.

la morte
Nei suoi ultimi anni Abelardo è ospitato nel convento di Cluny da Pietro il Venerabile. Da qui scrive a Eloisa, eletta badessa del Paràclito nel 1136: «Mi vedrai presto, per fortificare la tua pietà con l'orrore di un cadavere e la mia morte, ben più eloquente di me, ti dirà che cosa si ama quando si ama un uomo». Abelardo chiede all'amata di seppellire il suo corpo nel cimitero del Paràclito.

La notizia della sua morte, avvenuta il 21 aprile 1142, è data a Eloisa da Pietro il Venerabile.
Sepolto dapprima nel vicino eremo di Saint-Marcel (una dipendenza dell'abbazia di Cluny), nel dicembre dello stesso anno è traslato nel suo Paràclito, dove Eloisa ne accoglie le spoglie. Alla sua morte, il 16 maggio 1164, anche Eloisa vuole essere sepolta nello stesso loculo: una romantica leggenda riferisce che le braccia del cadavere di Abelardo si aprissero nel momento della deposizione della moglie.

 
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view post Posted on 19/9/2016, 12:30
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Maria Carolina d'Asburgo regina di Napoli e del Regno delle due Sicilie



Ve l'avevo promesso (o minacciato) e mantengo la parola data

La moglie di Re Nasone, per la ragion di stato, dovette sposare, sedicenne, Ferdinando IV di Borbone, il figlio secondogenito di Carlo (Carlo III in Spagna) che in pratica non aveva mai regnato, ne sapeva regnare, in quanto divenne Re da bambino, allorquando il padre lasciò Napoli per il regno di Spagna ed era il suo tutore, il marchese Bernardo Tanucci il reggente.

La regina, ch'era stata educata proprio per diventare la consorte di uhn regnante, trovò molto brutto il marito, ma non venne meno ai suoi doceri coniugali e gli diede 13 figli. Sopo la nascita dell'erede al trono, ottenne pieni poteri dal re e governò lei il regno, mentre il re si dedicava alla sua passione : la caccia e gli spettacoli. Lui era chiamato "Re lazzarone"! parlava solo in dialetto, mangiava con le mani e sembra facesse i suoi bisogni on presenza dei nobili... Gli dicevano che la regina aveva molti amanti, lui minacciava di ucciderla strozzandola, ma in realtà non se ne curava, facendo anch'egli vita libertina.

Alla regina si devono grandi cose : la scuola delle porcellane di Capodimonte, la comunità di S.Leucio ed il suo statuto, la piena libertà concessa alla Massoneria d'esercitare ed era una fervente illuminista prima che la rivoluzione francese le uccidesse batnatamente la sorella minore, Maria Antonietta a lei tanto cara.

Dopo tale evento ci fu la cacciata dei Borbone da Napoli e nacque la Repubblica Partenopea del 1799.
Con la ripresa del potere da parte del Cardinale Ruffo e la restaurazione del Regno, Maria Carolina si trasformò e divenne l'acerrima nemica di quegli stessi illuministi.
La storia non è chiara su chi volle che avvenissero le numerose impiccagioni successive che pure il Cardinale aveva garantito, molti indicano la Regina aiutata in ciò dalla sua compagna di notti infuocate : Emma Hamilton, moglie del console britannico ed amante di Horatio Nelson comandante la flotta inglese.

Gli amanti preferiti dalla regina, ottenevano incarichi e titoli, John Acton, che era fra questi, divenne l'ammiraglio in capo della matina del regno

Si favoleggia sulle notti di sesso che Maria Carolina ed Emma Hamilton organizzavano, con e senza maschi, ma è certo che ci fosse un'intensa intesa fra le due donne.

Con l'avvento di Napoleone Bonaparte e la presa del regno di Napoli affidato a Giocchino Murat, la Regina riparò in Sicilia, nel 1810, dovette constatare il fallimento della sua politica: lo strapotere di Acton presso Ferdinando, i contrasti col Parlamento siciliano, l’atteggiamento tracotante degli alleati Inglesi ne erano la conferma. Lord W. Bentinck costrinse Ferdinando a concedere la costituzione del 1812, a lasciare il potere per qualche tempo al figlio Francesco come vicario e ad allontanare dall’isola la regina, accusandola di connivenza col nemico.

Partita il 14 giugno 1813, giunse in Austria il 19 genn. 1814. Abbandonata da tutti, M. morì presso Vienna nel castello di Hetzendorf l’8 sett. 1814.
 
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costanza pocechini
view post Posted on 19/9/2016, 15:59




Mi è doveroso RINGRAZIARE arenata per l'integrazione
alla mia GEORGE SAND

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CATULLO E LESBIA :storia di un amore angosciato



Come saprete senz'altro, Gaio Valerio Catullo ( Verona, 84 a.C. – Roma, 54 a.C.) è stato uno dei grandi poeti romani
.Trasferitosi nella Capitale si suppone intorno al 61-60 a.C., cominciò a frequentare ambienti politici, intellettuali e mondani, conobbe personaggi influenti e conosciuti dell'epoca.
Durante il suo soggiorno prolungato a Roma ebbe una relazione travagliata con la sorella del tribuno Clodio, tale Clodia. Viene soprannominata nei carmi con lo pseudonimo letterario Lesbia in riferimento alla grande poetessa greca d'amore Saffo dell'isola di Lesbo. Lesbia, che aveva una decina d'anni più di Catullo, viene descritta dal suo amante non solo graziosa, ma anche colta, intelligente e spregiudicata.
Non tutte le donne erano caste, custodivano la casa e filavano la lana, come vuole l’antichissima epigrafe, divenuta proverbiale: "Casta fuit, domum servavit, lanam fecit" ed evidentemente la Lesbia di Catullo non era proprio un esempio di virtu'.Clodia era una donna elegante, raffinata, colta, ma anche libera e disinibita nei suoi atteggiamenti e nel suo comportamento, tanto da riempire di sé le cronache del tempo, i pettegolezzi della Suburra o delle basiliche e taverne del Foro e in seguito le aule del tribunale: è del 56 a.C. l’orazione Pro Caelio in cui Cicerone difese Marco Celio Rufo accusato da Clodia, sua amante, di aver tentato di avvelenarla. Cicerone la coprì di ingiurie, pronunciando contro di lei parole di fuoco.
Catullo era doppiamente sfortunato: in primo luogo apparteneva al gruppo dei Poetae Novi che, seguendo l’antica tradizione greca, si dedicavano alla stesura di poesie “liriche”, affidando ai versi l’espressione dei più intimi sentimenti. Allora, però, questi poeti erano alquanto snobbati; la poesia, quella vera, era considerata l’epica, volta alla celebrazione delle eroiche imprese con fine prettamente didascalico.
In la colta, intelligente e spregiudicata Lesbia, o Clodia che dir si voglia, non se lo filava per niente, o meglio, cedeva alle di lui lusinghe quando non aveva altro da fare o nessun altro pollo da spennare.
La loro relazione alternava periodi di litigi e di riappacificazioni ed è noto che l'ultima lettera che Catullo scrisse all'amata fu del 55 o 54 a.C., proprio perché in essa viene citata la spedizione di Cesare in Britannia. Soprannominato "Poeta Nuovo" ("neóteros" o "poeta novus") da Cicerone in modo però del tutto dispregiativo.
Ma Lesbia non era una donna come le altre. Pare fosse più vecchia di lui di una decina d’anni, sorella del tribuno Publio Clodio e moglie, nonché vedova in seguito, di Quinto Cecilio Metello. Tuttavia l’identità vera della donna in questione non ha importanza primaria; quel che conta, infatti, è ciò che per Catullo Lesbia rappresentò: l’oggetto di un amore altalenante fra momenti di felicità sublime e momenti di più cupa infelicità, da cui derivarono gioie intensissime e acuta sofferenza. Questo stato d’animo così oscillante è perfettamente rappresentato da uno dei carmi più celebri del poeta veronese: Odi et amo .
Lei era fatta così; ogni tanto si stufava e lo ignorava, pur sapendo che se ne sarebbe pentita e sarebbe ricaduta fra le sue braccia. Ma per lui ogni abbandono era come se fosse il definitivo.
Il povero Catullo, anche se aveva avuto un'altra relazione con un giovane fanciullo di nome Giovenzio, era ben consapevole che la donna amata si divertiva a calpestare la sua dignità,i suoi tormenti amorosi li metteva in versi, di conseguenza smettevano di essere fatti privati e lo esponevano al pubblico ludibrio.
Anche se aveva perso la stima verso Lesbia, la passione era piu' forte, soprattutto perché lei aveva mancato più volte al foedus (fedelta') non disdegnavamai d’infilarsi nel suo letto.
Quindi, a rigor di logica, aveva accettato di fare sesso senza amore, cosa che per lei non era per niente difficile.
A testimonianza di cio', il poeta nel carme 11 scrive:
"[viva pure e goda con i suoi amanti,
tenendone trecento fra le braccia,
e non amandone sinceramente nessuno
ma ugualmente rompendo i fianchi di tutti;
e non aspetti, come prima, il mio amore,
che per sua colpa cadde come fiore dell’ultimo prato,
dopo che fu toccato da un aratro che passava.]

Ad un tratto si ritirò nella villa di Sirmione, dove trascorse gli ultimi due anni della vita, consumato fisicamente da una misteriosa malattia e minato psichicamente dalla sfortunata esperienza d’amore e dal dolore per la morte del fratello. Mori' all'eta' di trent'anni e non se ne conobbero mai le cause.



 
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