Le stronzate di Pulcinella

UNA BELLA NOTIZIA - 2 -, "Il mio desiderio di oggi" da Giovanni Keller

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Lucio Musto
view post Posted on 12/4/2014, 10:25 by: Lucio Musto
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Il racconto-47



Il mio primo vero maestro fu il professor Pollice. Lo incontrai all’età di sette anni nella scuola Giacomo Leopardi di Fuorigrotta. Dopo le vicissitudini dei primi due anni di elementari, iniziai con regolarità il mio corso scolastico che si protrasse fino alla fine con estrema regolarità e costanza. Sono stato sempre promosso a giugno, tranne al liceo classico quando ho portato a settembre una volta il greco e due volte il latino, all’università invece dei quattro anni, ho impiegato cinque anni per laurearmi. Un curriculum, per l’epoca, ritenuto regolare, come si diceva: senza infamia e senza lode. La costanza però c’era anche nel peso che sopportavo negli studi, mi mancava sempre qualcosa in più per esser ritenuto bravo a scuola, dovevo sempre essere aiutato, spesso da mamma ed a volte mediante lezioni private con altri insegnanti. Sono vissuto sempre nella convinzione di essere mediocre, in quanto inadeguato alle aspettative. Quest’opinione di me non sono certo di essermela scrollata di dosso, è radicata nel profondo ma la conosco, la guardo in faccia ed a volte ci gioco.

Il professor Pollice era un maestro all’antica, bonario ma severo, che sapeva accattivarsi l’attenzione dei bambini raccontando gli episodi della sua vita, era stato in guerra; teneva in riga la scolaresca e quand’era il caso somministrava punizioni. Avevamo, non tutti ma molti, un astuccio portapenne, era un parallelepipedo di legno con il coperchio formato da una striscia di compensato che scorreva in due binari ricavati nel legno dell’astuccio. I fortunati avevano un astuccio a due piani, una volta tirato il coperchio all’indietro, si poteva far ruotare la parte del parallelepipedo incernierata sul lato corto, in modo da scoprire il vano inferiore che raddoppiava la possibilità di stivaggio del portapenne. La striscia-coperchio di quest’oggetto veniva all’occorrenza usata dal maestro per distribuire le cosiddette bacchettate sul palmo della mano tesa. A volte è capitato anche a me ed a volte sono stato messo in punizione dietro la lavagna, una volta poi addirittura il maestro scrisse un biglietto a mio padre nel quale diceva che io ero stato discolo. Ricordo ancora quando lo consegnai a papà con fare compunto, consapevole che l’avevo fatta grossa, il vero errore lo commisi però quando chiesi: “ Che significa discolo?”.




È interessante osservare le opinioni che abbiamo avuto di noi stessi nel corso degli anni e paragonare il nostro giudizio di oggi a quello di ieri.

Un abbraccio a tutti. Giovanni
 
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