Le stronzate di Pulcinella

i ricordi del sud:l'uomo dalla nascita alla morte nelle tradizioni popolari

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Pulcinella291
view post Posted on 29/4/2014, 07:48 by: Pulcinella291
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La morte nella tradizione dell'Italia del Sud


Questo tragico evento, una tappa della vita alla quale nessun essere vivente, nessuna comunità può sottrarsi, nel meridione d'Italia veniva visto in modo differente, spesso rifugiandosi in credenze e superstizioni e assumendo atteggiamenti particolari e originali. La maggior parte di queste, al giorno d’oggi, si sono dimenticate o non si conoscono affatto.
In molte zone, morta la persona, i familiari non potevano perdersi d'animo ma si dovevano occupare di
vestire il defunto, preparare il feretro, la casa e tutto ciò che potesse servire. La prima cosa che si faceva era quella di spalancare porte e finestre affinché l'anima potesse uscire il più presto possibile all'aperto.
I parenti, o gli estranei, si occupavano di vestire il morto.
La salma era vestita di nero con le mani incrociate sul petto, nelle quali veniva messo un fazzoletto bianco piegato e la corona del Santo Rosario; alle donne, inoltre, veniva messo il fazzoletto nero in testa, mentre al defunto veniva legato un fazzoletto bianco tra la testa e il collo affinché non rimanesse a bocca aperta a seguito del rilassamento dei muscoli facciali, fino all'irrigidimento degli stessi.
La medesima cosa avveniva per i piedi intorno ai quali era legato un fazzoletto al fine di tenerli uniti.

Uno dei familiari si recava dal prete per far suonare le campane. i primi tre tocchi cupi indicavano la morte di un uomo, i primi tre tocchi chiari di una donna; infine, se le campane suonavano a gloria, era deceduto un bambino.

In molti paesi si era solito le chiamare le comari per il pianto, le prefiche( in Campania erano dette "e zitelle scapillate")le quali erano delle donne che, vestite con abiti scuri e coperte in viso con un velo nero, si recavano presso la dimora in cui giaceva il defunto e, stringendosi intorno al feretro, avevano il triste compito di compiangerlo e di decantarne le virtù. In effetti queste donne non piangevano, ma con i loro lamenti facevano piangere i familiari del morto. Era consuetudine, infatti, recitare delle cantilene, tramandate oralmente, con voce triste e sommessa, accompagnandole con lunghi lamenti e singhiozzi e, molto spesso, con un gesto del fazzoletto.
Quando arrivava la bara , al suo interno erano messi i suoi effetti personali di poco valore come il cappello, il bastone o gli occhiali ma anche le lenzuola e i vestiti nei quali si erano consumate le ultime sue ore da
vivente.
Il feretro era posto al centro della camera e tutto intorno ad esso erano poste fiori e appese coperte e lenzuola, le più belle, e non solo per dare un aspetto migliore alla stanza, ma anche per nascondere la grande povertà di quei tempi. Si usavano le coperte più belle che, solitamente erano conservate; se si era molto poveri, queste le procurava il vicinato, come avveniva spesso per gli stessi indumenti del defunto. Si riteneva che queste coperte, anche con il passare del tempo, non sarebbero tarlate ma il motivo,
tuttavia, non si conosceva e non si conosce.
Terminato il funerale e accompagnato il defunto al luogo della sepoltura, tutta la gente si recava per dare le condoglianze presso la casa del defunto.
Il corteo funebre, all'andata, era capeggiato dagli uomini; poi, al ritorno, lungo il tratto di strada che andava dal Cimitero alla casa del defunto, si disponevano in prima fila le donne.
Inumato il corpo, i parenti tornavano a casa e riordinavano la stessa, togliendo tutto ciò che era stato a contatto con il defunto, altrimenti la benedizione non avrebbe avuto l'esito desiderato.
Nei primi otto giorni che seguivano il funerale, i parenti non facevano baldoria, non lavoravano e non uscivano nemmeno per comprare il cibo. Durante questi giorni, i compari, le zie e il vicinato portavano da mangiare ai parenti del defunto, questa funzione era chiamata "cusuolo"perché bisognava consolare chi era stato colpito da questo grande dolore.
I cibi erano portati in una cesta con piatti, forchette e bicchieri. Si andava avanti così per diversi giorni, ovvero fino alla messa in suffragio, dopo di che i familiari tornavano a lavorare per guadagnarsi il pane quotidiano. Dopo otto giorni, si celebrava la messa, si cantava il Requiem come si era fatto durante
il funerale e infine la gente si recava di nuovo a dare le condoglianze.
Se il triste evento accadeva nel periodo estivo e, in particolare, durante la mietitura, la messa era detta dopo tre giorni perché bisognava ritornare nei campi, altrimenti il raccolto sarebbe andato perduto.
Un lutto in famiglia condizionava anche il modo di vestirsi dei familiari che cambiava
radicalmente per un po' di tempo o per tutta la vita.
Il lutto poteva durare fino a due, tre anni.
In caso di morte dell'uomo, la moglie si vestiva di nero per tutta la vita. L'uomo che perdeva la moglie, il giorno del funerale indossava un vestito nero o blu e un cappello nero che non si sarebbe tolto fino alla propria morte. I parenti del defunto si mettevano, durante il tempo che intercorreva dal funerale alla
messa, un bottone nero al petto e una fascia nera al braccio o attorno al cappello.
Sempre durante questi otto giorni non si radevano la barba.
 
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7 replies since 26/4/2014, 10:32   1630 views
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