Le stronzate di Pulcinella

Fuorigrotta, stanotte, - novella di fantasia

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view post Posted on 19/9/2014, 07:41
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Fuorigrotta, stanotte



Stridente, impudente ed inopportuno il trillo meccanico del telefono mi butta giù dal letto e la telefonata di Michele, che manco capisco che vuole a proposito dei lavori da fare, squarcia a metà il sogno che volevo raccontarvi ed appuntarmi a futura memoria.

Sogno che è anche memoria, rievocazione interpretata di vita vissuta.
E manco era un sogno facile e lineare, di quelli che facciamo ogni notte.

Infatti, sognavo di stare sognando, ed in qualche modo ero lo spettatore esterno. Infatti, il sognatore vero ero io stesso, ma seduto ad un tavolinetto do giardino verniciato di azzurro ed un po' scrostato che una giovane signora vestita di azzurro aveva portato per me insieme ad una seggiola pieghevole, un quadernetto dalla copertina azzurra ed una penna a sfera, perché io potessi prendere appunti, su quel che andavo vedendo-ricordando-vivendo.

La giovane signora sconosciuta ha sistemato il tavolinetto da giardino ed aperto un sediolo sul diseguale acciottolato del cortile-giardino dell'INCIS dei primi tempi, quando ancora le aiuole centrali erano nuove e gli alberelli da poco piantati avevano i tutori a piramide, per tenersi su, ed i palazzoni erano ancora solo cinque, di cui uno parzialmente pericolante, ché il sesto, quell'obbrobrio di fondo, messo di traverso a togliere il respiro all'arioso cortile ancora non lo avevano autorizzato; c'era ancora un po' di decoro, allora, ma la ricostruzione selvaggia era alle porte.

Cinque palazzoni di edilizia popolare. Due sul fronte strada, raccordati fra loro dall'immenso, duplice terrazzo dei Sepe, a fungere da sontuoso ingresso monumentale al "parco" e tre in seconda fila a separare l'INCIS "Istituto Nazionale Case Impiegati Statali" dai campi coltivati ad orto di legumi, friarielli, rape, finocchi o insalate, secondo le esigenze del mercato e le strategie economiche della povera famiglia di contadini abusivi ammassata nella casupola bianca giù in fondo, a ridosso della stazione della Ferrovia Cumana, presuntuosamente moderna nelle sue linee arrotondate ed il tetto cupoliforme di vetro-cemento, in quella primitiva versione fatto di autarchici culi di bottiglia bianchi e verdi… a formare un disegno geometrico.

I due palazzi sul fronte strada… strada si fa per dire!, quello è il prestigioso Viale Augusto, passerella nobile alla favolosa "Mostra D'Oltremare e del Lavoro Italiano nel Mondo", erano stati progettati nel trentanove, con tutta la baldanza di un Regime che voleva campare mille anni. Imponenti, tufacei, grandiosi ed austeri come si addice alle abitazioni degli "Offiziali Funzionari dello Stato" portavano al centro della facciata una immensa nervatura tonda, dal basso fino in cima ai sei piani (una enormità per l'epoca!) nella quale era facile riconoscere un Fascio Littorio stilizzato, e chi sa che nel disegno originale non fosse anche previsto l'aggetto di una scure nera. Palazzoni massicci, imponenti, di piccoli balconi in muratura, ché evidentemente le sanzioni già pesavano sul Paese, ma in definitiva non brutti. Solo un po' stonati in una presunzione di grandezza smentita poi dalle rifiniture modeste e gli accessori arraffazzonati.

Alle spalle, dopo l'arioso cortile ancora timidamente alberato del mio tavolinetto, i tre palazzotti dell'operosità postbellica. Quasi più bassi di quelli facciata, ma con un piano in più,
con la struttura in cemento armato e le tompagnature in forati di lapillo-cemento costruiti in loco e intonacati a calce.
Grigi, essenziali nella linea, coi minuscoli balconcini protetti da esili ringhierine di ferro pittato, assolutamente coerenti con la miserabile realtà economica dell'Italia postbellica, perfettamente adatti ad alloggiare i dipendenti dello Stato, ormai non più "funzionari" ma semplici travet disamorati della loro funzione pubblica. Non per cattiva volontà, intendiamoci, ma perché impegnati sul come riuscire ad arrivare a fine mese senza morire prima di fame.

Infatti la guerra e la sconfitta avevano cambiato molte cose, ma non gli stipendi dei dipendenti pubblici, che da decorosi che furono nel ventennio, ora, con la svalutazione galoppante, erano diventati miserrimi.

Gli orti alle spalle, quelli usurpati dalla numerosa famiglia di contadini, presto erano diventati scenari di conquiste da parte di noi ragazzi e di notturne umilianti ruberie da parte dei padri più indigenti.
Ruberie notturne tanto frequenti da scoraggiare la coltivazione delle verdure, finché un qualche zelante amministratore democristiano pensò bene di eliminare l'abusiva occupazione di suolo pubblico ed i turpi ladrocini riciclando quegli orti a campo profughi, accampati in sordide baracchette prefabbricate, ammassati come animali in gabbia.
E lo spazio verde previsto come parco giochi per i figli di zelanti funzionari dello Stato da un ottuso regime dittatoriale divenne squallido serbatoio di piccola delinquenza e prostituzione grazie ai nuovi, illuminati principi democratici.

Il mio sogno comincia prima della relazione a tavolino. Comincia in quella che fu casa mia. Nell'Isolato A, fronte strada, scala B, quella centrale col Mamozio centrale del Fascio, quinto piano, senza ascensore.
Veramente il vano ascensore c'era, ed al posto giusto, ma al completamento della costruzione l'istallazione degli impianti dovette risultare troppo onerosa e le case furono consegnate con le porte dell'ascensore murate alla bell' e meglio.
Mi vedo nella mia casa di bambino, la prima vera casa di Napoli, da quando ci trasferimmo quaggiù quasi due anni prima, da quello che mi sembrava essere il paradiso senese.
In quei primi due anni avevamo vagabondato fra ospitalità male accettate da parte di parenti a me sconosciuti ed altri alloggi provvisori, quasi accampamenti di fortuna, in attesa della "Assegnazione di Diritto". Infatti una casa INCIS ce l'avevamo già a Siena ed avevamo dovuto rinunciarvi, a seguito del trasferimento a Napoli di mamma e la garanzia di una nuova abitazione nella nuova città!
Pietosamente, nel mio sogno le differenze fra la signorile casa di Siena e quella decisamente popolare di qui non compaiono, e ve le risparmio…

Sono dunque nella mia casa di bambino… così come l'aveva adattata alle nostre esigenze l'inventiva di mamma e la pazienza di babbo, ma è vuota. Desolatamente vuota di mobili e greve di estranee presenze aleggianti ovunque… Sessant'anni non sono certo passati invano, e tante altre anime hanno affollato queste mura lasciando qui sospiri e tracce di lacrime, passioni, illusioni e delusioni, speranze e tradimenti… L'aria ne è pregna, e so che questo mio è un addio a questa casa che fu mia, ma non potrà esserlo mai più.

Fu casa mia, quella dei sogni di bambino, e mi sento scappare una lacrima, ma mi sento un uomo, adesso, e quella lacrima la ricaccio giù.
Grato a Morfeo della finezza fattami, tanto lo so che sto sognando, risolvo con un vigoroso «Ciao casa, buona fortuna! » detta a voce alta e vengo via.

Hanno cambiato i corrimani di graniglia che c'erano ai miei tempi, alla balaustra delle scale, ed ora sono di legno, ma comunque non sarei sceso a sciuliarella seduto su come facevo sempre… non sarebbe più dignitoso!... ma ecco che arrivo giù nel cortile e trovo la giovane signora sconosciuta che mi indica il tavolinetto azzurro e mi da il necessario per scrivere…

Chissà perché quel tavolinetto azzurro mi sembra il centro di tutto il mio sogno…

Compiacente mi seggo, ma non mi viene nulla da scrivere, che non sia banale. Potrei scrivere i nomi dei condomini di allora… allora li ricordavo quasi tutti, ma oggi… ed a chi potrebbero interessare?... manco allora li conoscevo bene, e solo di qualcuno mi ricordo!

Pian piano comincio a ripresentarmeli alla mente, sforzandomi di illuminare un momento, un evento, un qualcosa degno di essere raccontato. E qualche tenue ombra del passato riemerge dalle nebbie e mi coinvolge. Un compagno di giochi, un ruzzolone particolarmente doloroso, un pallone bucato e lo sconforto nella consapevolezza di doverlo ripagare e non avere i soldi, lo strazio del primo funerale "alla napoletana" cui assistetti e quello strazio ancora più grande della vicina di casa che era andata in vacanza col marito ed i figli (la prima vacanza da prima della guerra!) ma il ragioniere aveva avuto un infarto ed era morto in Sardegna e la povera vedova riportava i figli a casa…

Come dal ventre dell'Ade nella narrazione di Ulisse, ora i fantasmi mi si affollano intorno, e la penna scorre veloce sul quadernetto azzurro mentre ho la consapevolezza di sprofondare in un sonno sempre più profondo.

Ma sento che non basta, sento che la signora in azzurro pretende ch'io vada più giù, molto più giù nel mio intimo prima di parlare ancora… per dirmi chissà cosa. Ed io obbediente mi sforzo.
Cerco ora di fissare una ad una lei finestre dei palazzoni popolari per spingere dentro lo sguardo e cavarne fuori nomi, e ricordi, e sensazioni. La signora del quinto piano quella gelosa della figlia bruttina, il Professore di tedesco e le confessioni della sua povertà, la vedova del terzo sempre scortata dalle due figlie, il mio amico Gianni ed i suoi tanti giocattoli, la finestra sempre chiusa del secondo piano… si quella me la ricordo bene, ed in modo curioso.

Dietro quella finestra c'era una ragazza… più o meno della mia età, intelligente e graziosa… oddio, non mi viene in mente il nome… e manco il cognome!... e quella ragazza era innamorata di me. Lo so per certo, perché i miei amici me lo ripetevano spesso, e si sa che nei condomini I.N.C.I.S. tutti sanno esattamente tutto di tutti, ma teneva sempre la tapparella abbassata per potermi seguire con lo sguardo senza sfigurare. Si sa che all'epoca era da sfacciate il guardare un ragazzo apertamente, soprattutto quello di cui si era innamorate!
Ma il suo naturalmente era un amore senza speranza.

Come sapete all'epoca io ero fidanzato per la vita con Laura, anche se né lei né io sapevamo ancora bene cosa significasse essere fidanzati, e quindi per questa fanciulla di cui ho cancellato il nome dalla memoria, non c'era possibilità, ma fu un amore lungo, infatti durò anche quando Laura andò a Milano per il trasferirsi dei genitori, come già vi raccontai, ed il nostro fidanzamento eterno si spezzò.
Ma io non cedetti mai, fedele al ricordo…

Scrivo queste cose graffiando furiosamente il mio quadernetto azzurro, commovendomi un poco (sapete i vecchi sono fatti così, lacrimano per niente) contemporaneamente sorridendo alle mie fisime giovanili quando la giovane sconosciuta vestita di azzurro mi tocca la spalla, indicando.
Dal portoncino della scala A del brutto palazzone "C" è uscita una signora che lentamente viene verso di me.
Non ho bisogno di pensarci. E' quella fanciulla innamorata del secondo piano che mi si avvicina e manco so come devo chiamarla!... Mi sento imbarazzato, ma so che è certamente lei, anche se naturalmente è diversa, dopo tanti anni!... Anzi…

Su un corpo che appare eccezionalmente ben conservato e vigoroso, quasi che gli anni non abbiano sfiorato affatto quella sua adolescenza il volto è quello di una vecchia di infiniti anni, grigio, rugoso, incartapecorito, cuoioso come quello che nei musei hanno le mummie egiziane.
Eppure è lei, e mi sorride serena, del tutto indifferente sua estrema vecchiezza.
Inconsapevolmente mi sono alzato, forse in segno di rispetto, ed ora è dritta davanti a me, ad un palmo. Mi sorride ancora:

« Grazie di essere venuto, mi ha fatto piacere perché ti aspettavo. Ma ora devo andare. Non è andata, come sai, ma non possiamo farci nulla. Nessuno può disporre del nuovo destino, sarà per un'altra volta… »

Si è interrotta, ed alzo gli occhi che avevo abbassato, quasi sentendomi in colpa.
Il suo viso è ora sfolgorante di una squillante giovinezza. Piene le gote e limpido lo sguardo, la pelle liscia e luminosa. La massa di capelli mori, quelli che ora ricordo aveva anche allora incorniciano turbinosi quello squisito ovale di porcellana.
Per contro, quel suo corpo stupendo si è raggrinzito e disseccato e le sesti vi si appendono come ad una gruccia di legno troppo piccola.

Ancora mi guarda serena e di nuovo sorride:

«L'amore, ricorda, vive, ma non ha età. A presto!... »

Voglio fuggir via, tutto l'universo mi è esploso dentro stordendomi delle mille trombe dell'Apocalisse…

Ma no… è solo lo stridente, impudente ed inopportuno trillo meccanico del telefono che mi butta giù dal letto…


Lucio Musto 16 settembre 2014
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view post Posted on 19/9/2014, 09:51
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Questa Laura deve essere assai importante, la nominiamo spesso.
Perchè non ci racconti qualcosa della signora Ro' invece?
 
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view post Posted on 19/9/2014, 10:46
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e che vuoi che ti racconti della signora RO?... quella è mia moglie!!!!! :lol: :lol: :lol: :lol: :lol: :lol: :lol: :lol: :lol: :lol: :lol: :lol: :lol: :lol: :lol: :lol: :lol: :lol: :lol:
 
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view post Posted on 19/9/2014, 10:48
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... e tu piense che vulesse sape' 'e cose intime? Pe carita' ...ma sulo comme l'hai conosciuta, il primo"vaso" dicimme e cose coppa coppa! :D :D :D :D :D
 
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view post Posted on 19/9/2014, 12:52
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va bene... te lo racconterò!... pure pecché fuje na'sciorta nera chella notte... ma alla lunga ha dato i suoi buoni frutti.

Comm'a n'ostreca!... ca brutta e scuntrafatta 'a fora... si la riesce ad aprire...
 
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4 replies since 19/9/2014, 07:41   48 views
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