Le stronzate di Pulcinella

L'omicidio di Pasolini:misteri e complotti?

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view post Posted on 17/10/2014, 09:30
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Pulcinella291 Forum

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Una donna, che si trova a passare sul lungomare di Ostia, vede, in via dell'Idroscalo, un cadavere disteso su una strada accidentata. È un uomo completamente sfigurato. Si scoprirà qualche ora più tardi che si tratta di Pier Paolo Pasolini.
Sul corpo gli investigatori trovano evidenti segni di pneumatici di un'auto, con la quale qualcuno era passato sul corpo di Pasolini (un'auto che risulterà poi essere quella della stessa vittima) e gravi ferite alla testa e al torace. La faccia deformata dal gonfiore è nera di lividi. Le dita della mano sinistra fratturate e tagliate. La mascella sinistra fratturata.
Il naso appiattito deviato verso destra. Le orecchie tagliate a metà, e quella sinistra divelta, strappata via. Secondo la perizia medico-legale la morte è sopraggiunta per lo sfondamento del torace all'altezza del cuore, dopo che era già in atto un'emorragia cerebrale provocata dalle violente percosse inferte alla vittima. Nell'area circostante vengono trovati i resti di alcuni attrezzi usati per il pestaggio: un paletto e una tavoletta di legno, macchiati di sangue, la camicia dello scrittore (anch'essa imbrattata di sangue), ciocche di capelli e altro. Alcuni reperti vengono scoperti a 90 metri dal corpo.

Nel corso della notte tra il 1° e il 2 novembre 1975, quella in cui viene barbaramente assassinato lo scrittore-regista,i carabinieri fermano Giuseppe Pelosi, un giovane di 17 anni, detto ''Pino la rana'', alla guida di un' Alfa 2000 Gt rubata, che poi risulterà di proprietà dello scrittore. La stessa con quale qualcuno aveva posto il sigillo finale alla sua vita. Pelosi viene portato in caserma. Interrogato dai carabinieri il giovane ammette il furto e fa cenno a un anello di sua proprietà, che gli investigatori troveranno vicino al corpo di Pasolini.

Arrestato il 2 novembre, Pelosi viene accusato di furto d'auto, ma in carcere si vanta subito, con un compagno di cella, di essere stato lui a uccidere Pasolini. Con il ritrovamento del cadavere e di fronte all'evidenza dei fatti, Pelosi il giorno stesso confessa l'omicidio. Il giovane dichiara di aver incontrato Pasolini la sera del 1° novembre a Roma presso la stazione Termini. Di essere salito in auto con lo scrittore e dopo una cena in una trattoria vicino alla Basilica di San Paolo, passata la mezzanotte, di aver raggiunto il luogo dove poi era stato trovato il corpo. Pelosi riferisce agli inquirenti -, avrebbe sulle prime accettato e poi rifiutato di avere un rapporto sessuale con lo scrittore. Sceso dall'auto, racconta durante l'interrogatorio di essere stato inseguito da Pasolini che vistosi respinto avrebbe reagito violentemente colpendolo con un bastone. A quel punto, secondo Pelosi, sarebbe scattata la sua reazione violenta. Il percorso processuale della vicenda è relativamente veloce. La sentenza di primo grado è datata 26 aprile 1976, quella d'appello 4 dicembre 1976. La Corte di Cassazione si esprimerà in modo definitivo il 26 aprile 1979: Pelosi se la cava con una condanna a nove anni. Ne sconterà soltanto sette, uscendo in semilibertà.

le teorie del complotto

Alcuni intellettuali e amici dello scrittore ritengono che le circostanze della morte di Pasolini non siano ancora state chiarite. Contraddizioni nelle deposizioni rese dall'omicida, un "chiacchierato" intervento dei servizi segreti durante le indagini e alcuni passaggi a vuoto o poco coerenti riscontrati negli atti processuali, sono fattori che – secondo alcuni tra gli amici più intimi di Pasolini (particolarmente Laura Betti) – lasciano aperte le porte a dubbi. Queste persone ritengono che il Pelosi fosse troppo minuto per massacrare Pasolini il quale, secondo loro, sarebbe stato fisicamente forte ed agile e praticava sport ad un livello quasi agonistico, senza recare sul proprio corpo segni della lotta ingaggiata e neppure tracce di sangue sui vestiti. A bordo dell'autovettura furono rinvenuti alcuni indumenti, tra cui un maglione ed un plantare, di una taglia che non era né di Pasolini né del Pelosi e la giovane cugina di Pasolini, con lui convivente e che aveva personalmente lavato e riordinato l'automobile il giorno prima smentì di aver mai notato quegli oggetti prima. Subito dopo l'arresto, il Pelosi chiese insistentemente ai carabinieri di portargli un anello di scarso valore a suo dire sfilatosi durante la lotta ed effettivamente rinvenuto vicino al cadavere di Pasolini nonché un pacchetto di sigarette ed un accendino da lui lasciati dentro il cruscotto dell'autovettura dove invece non furono rinvenuti. Fu appurato che l'anello di cui parlava il Pelosi gli andava stretto, tanto che al momento dell'arresto il giovane aveva ancora il segno dello stesso sul dito al quale abitualmente lo indossava, e pertanto i sostenitori del complotto ritengono impossibile che il monile gli fosse scivolato nel corso della colluttazione. I proprietari della trattoria Biondo Tevere, di cui Pasolini era cliente abituale, furono sentiti pochissime ore dopo l'identificazione del corpo ed entrambi descrissero il giovane con cui Pasolini s'era presentato la sera del delitto come "alto almeno 1,70 e forse di più, con capelli lunghi e biondi, pettinati all'indietro", ovvero completamente diverso da Pelosi, che era di bassa statura, fisicamente gracile e con folti capelli neri e ricci secondo la moda dell'epoca .
Due settimane dopo il delitto apparve un'inchiesta su L'Europeo con un articolo di Oriana Fallaci,[161] che ipotizzava una premeditazione e il concorso di almeno altre due persone.
Diversi abitanti delle numerose abitazioni abusive esistenti in via dell'Idroscalo confidarono in seguito alla stampa di aver sentito urla concitate e rumori - indizio della presenza di ben più di due persone sul posto - ed invocazioni disperare di aiuto da parte del Pasolini la notte del delitto, ma senza che alcuno fosse intervenuto. Sembra che la zona non fosse ignota al Pasolini, che già varie volte vi si era recato con altri partner e addirittura, stando a quanto la Fallaci affermò, avrebbe talvolta affittato per qualche ora una delle abitazioni del posto per trascorrervi momenti di intimità.Enzo Siciliano, amico dello scrittore, ha scritto una sua biografia, nella quale sostiene che il racconto dell'imputato presentava delle falle, fra l'altro, perché il bastone di legno - in realtà, una tavoletta di legno - a lui sembrava marcita per l'umidità e troppo deteriorata per costituire l'arma contundente che aveva causato le gravissime ferite riscontrate sul cadavere.
Quasi a suffragare i dubbi degli scettici, Pelosi, dopo aver mantenuto invariata la sua assunzione di colpevolezza per trent'anni, fino al maggio 2005, a sorpresa, nel corso di un'intervista televisiva,[168] ha affermato di non essere l'esecutore materiale del delitto di Pier Paolo Pasolini, e ha dichiarato che l'omicidio era stato commesso da altre tre persone che a suo dire parlavano con accento siciliano e avrebbero ripetutamente inveito contro il poeta gridandogli " jarrusu" (termine gergale catanese, utilizzato in senso dispregiativo nei confronti degli omosessuali). Ha poi fatto i nomi dei suoi presunti complici solo in un'intervista del 12 settembre 2008 pubblicata sul saggio d'inchiesta di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza "Profondo Nero" (Chiarelettere 2009). Ha aggiunto inoltre di aver celato questa rivelazione per timore di mettere a rischio l'incolumità della propria famiglia.
È da notare che, poco dopo la morte di Pasolini, un agente di polizia che operava sotto copertura in una indagine nel mondo della malavita romana avrebbe avuto modo di raccogliere le confidenze di due giovanissimi fratelli che si sarebbero vantati di aver partecipato al massacro. Tuttavia, le indagini non furono mai approfondite per mancanza di prove ed entrambi i giovani morirono all'inizio degli anni Ottanta.
A trent'anni dalla morte, assieme alla ritrattazione del Pelosi, è emersa la testimonianza di Sergio Citti, amico e collega di Pasolini, su una sparizione di copie dell'ultimo film Salò e su un eventuale incontro con dei malavitosi per trattare la restituzione. Sergio Citti morì per cause naturali alcune settimane dopo.
Un'ipotesi molto più inquietante lo collega invece alla "lotta di potere" che prendeva forma in quegli anni nel settore petrolchimico, tra Eni e Montedison, tra Enrico Mattei e Eugenio Cefis. Pasolini, infatti, si interessò al ruolo svolto da Cefis nella storia e nella politica italiana: facendone uno dei due personaggi "chiave", assieme a Mattei, di Petrolio, il romanzo-inchiesta (uscito postumo nel 1992) al quale stava lavorando poco prima della morte. Pasolini ipotizzò, basandosi su varie fonti, che Cefis alias Troya (l'alias romanzesco di Petrolio) avesse avuto un qualche ruolo nello stragismo italiano legato al petrolio e alle trame internazionali. Secondo autori recenti e secondo alcune ipotesi suffragate da vari elementi, fu proprio per questa indagine che Pasolini fu ucciso.
Altri collegano la morte di Pasolini alle sue accuse a importanti politici di governo di collusione con le stragi della strategia della tensione.



 
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