Le stronzate di Pulcinella

Quando anche a Napoli c'era la Belle époque

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view post Posted on 12/9/2013, 12:23
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Pulcinella291 Forum

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Forse non tutti sanno che vi furono anni in cui Napoli fu al pari di Parigi capitale del divertimento e delle chanteuse . Analizzeremo qui, attraverso immagini e notizie, la Napoli della «belle époque, la città della mondanità, dell'arte, del giornalismo, quando era una capitale certamente in disarmo , ma alla ricerca di una funzione vitale nell'Italia unita.

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I Grandi Magazzini Mele, già dal 1889, portavano a Napoli tutto il glamour dell’epoca e dettavano le tendenze nella moda e nel lusso, entrando così nella storia del costume italiano.
La “Maison” napoletana prometteva il massimo dell’eleganza e della raffinatezza “a buon mercato”: ispirandosi al modello parigino degli empori La Fayette e Bon Marché, i fratelli Emiddio e Alfonso Mele avevano fatto dei loro magazzini – con sede nel Palazzo della Borghesia a via San Carlo – il punto di riferimento per le novità dell’abbigliamento proponendo vestiti, stoffe e accessori “all’ultimo grido” per signore, gentiluomini e persino bambini. Napoli diviene cosi', al pari di Parigi e Londra, capitale della moda e della raffinatezza.

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Il Gran caffè Gambrinus nato nel 1860, fondato dall'imprenditore Vincenzo Apuzzo, riscuoteva enorme successo non solo era il luogo di ritrovo di intellettuali, letterati, musicisti e sciantose, insomma vi si incontrava tutto il bel mondo cittadino . Arredato in stile Liberty, conservava e conserva ancora al suo interno stucchi, statue e quadri della fine dell'Ottocento realizzate da importanti artisti napoletani.
Sulla scia del successo dei cafè-chantant francesi di Mouline Rouge e Folies Bergere, da un'idea dei fratelli Marino il 15 novembre 1890 alla presenza della créme cittadina: principesse, contesse, uomini politici e giornalisti come Matilde Serao , fu inaugurato il Salone Margherita che divenne il simbolo della Belle époque italiana.Il Salone Margherita fu il primo in Italia ad esibire le ballerine del can can.

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L'idea fu vincente e ricalcò totalmente il modello francese, persino nella lingua utilizzata: non solo i cartelloni erano scritti in francese, ma anche i contratti degli artisti e il menu. I camerieri in livrea parlavano sempre in francese, così come gli spettatori. Gli artisti, poi, fintamente d'oltralpe, ricalcavano i nomi d'arte in onore ai divi e alle vedettes parigine. Solitamente gli spettacoli, che avevano inizio alle 21:00, erano presentati in successione, con un intervallo tra primo e secondo tempo del susseguirsi di rappresentazioni. Solo verso la fine del primo tempo qualche personaggio noto appariva in scena, ma il clou era raggiunto al termine, quando lo chansonnier eseguiva il suo numero.

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Importanti e famosi artisti che iniziarono la loro carriera proprio nei caffè-concerto furono Anna Fougez,

Lina Cavalieri,
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Amelia Faraone

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, Bernardo Cantalamessa

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Leopoldo Fregoli, Ettore Petrolini,


Ninì Tirabusciò, la donna che inventò "la mossa", Raffaele Viviani, che calcarono tutti le assi del Salone Margherita.

Tra le star internazionali non mancarono La Bella Otero

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Intanto vi furono altri locali che imitarono il Salone quali il “Circo del Varietà” a via Chiatamone e “L'Eldorado” a Santa Lucia che assolveva al medesimo tempo di stabilimento balneare e di caffè chantant.
Il Caffè Vacca venne impegnato come sala di posa per i primi film muti che si giravano a Napoli con Francesca Bertini e Leda Gy. La città pullulava di spettacoli e nel Salone si esibiva [color=red]Nicola Maldacea ,noto per aver diffuso il genere della “macchietta” cioè di brevi passi in prosa accompagnati da stacchetti musicali.
Napoli era invasa, insomma di femme fatale e soubrette seducenti.
Il 1898 fu l'anno del cinematografo che fu installato prima in una sala apposita, la “Sala Recanati”, in Galleria e poi successivamente fu possibile ammirarlo anche nel Salone.
Nello stesso anno un fatto di cronaca sconvolse il locale. [color=red]Lucy Nanon
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chantause francese, durante un'esibizione subì un attentato a mano armata che fu possibile sventare in extremis da uno spettatore. Si scoprì in seguito che l'attentato era stato ordito dal camorrista Raffaele Di Pasquale, detto “o'buttigliere”, al quale Lucy si era rifiutata di concedersi. L'evento ebbe tanta eco che la “sciantosa napoletana” divenne uno stereotipo, intesa come artista affascinante ma dal destino funesto, di origini umili ma dal talento innato.
Fu anche l'epoca degli amori folli , delle passioni travolgenti, patrimoni in fumo e suicidi. Fu l'epoca della vita tumultuosa e la fine drammatica di Blanche De Mercy,

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uccisa per gelosia nella stanza di una pensione a Posillipo.
Gabrielle Bressard si tolse la vita davanti alla porta dell'amante, Edoardo Scarfoglio, fondatore de "Il Mattino". Accusa di concubinaggio per Marianna Monti: finì in convento per evitare il carcere. Vedette straniere, parigine autentiche e "stelle" indigene col nome esotico. Amelia Faraone sposò un mister muscolo dell'epoca: una sua raccomandazione valeva per un posto di lavoro.
Furono anche i tempi del perbenismo ipocrita, tempi lunghi a dire la veritaà dove una fama di lussuria, se non di perfidia, inseguiva le canterine "sfasciafamiglie". Le chiamavano sciantose da "chanteuses". Napoli, appena sventrata dopo il colera nell'illusione di risanarla, viveva una stagione di divertimenti nei locali dirimpettai dei vicoli della miseria nera.Ma un'altra Napoli continuava a divertrsi con Yvonne De Fleuriel

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alias Adele Croce, casertana di Teano.Altri ammiratori sperperarono per lei i loro patrimoni. Yvonne cantava "'O scugnizzo" e tra una strofa e l'altra eseguiva una capriola, mostrando bianche promesse di paradiso. Le Folies Bergére mandarono a Napoli una parigina autentica, Armand'Ary.

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Quando intonò il motivo di Mario Costa, "Songo frangesa e vengo da Parigi", fu il delirio. Le dedicarono una canzone e un profumo. La sua parabola calò allo spuntare di Blanche Lescaut, all'anagrafe Emma Sorel, italianissima.
Le altre. Ester Bijou si chiamava Giovanna Santagata, veniva da Capua. Ninì Bijou era Anna Baldi, napoletana come Anita Chevry (al secolo Pescrilli) e Carmen Marini. Da Salerno veniva Ester Clary (Palumbo). Gina Chamery era nata a Milano con il nome di Luigia Pizzoni Negri; fu adottata da Napoli. Verace vesuviana, invece, Olimpia d'Avigny. Nina De Charny, ossia Giovanna Cardini, a Londra fu costretta a concludere il tris di "Marechiare". Vienna De Ruà era toscana. Qualcuna sapeva persino cantare. Ad esempio Emilia Persico,

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bionda napoletana dagli occhi azzurri, incantatrice del casto poeta Salvatore Di Giacomo.
Fu,pero', anche il periodo di donne che vissero una stagione troppo breve di lustrini e di lumi, troppo spesso finita nelle pagine di cronaca nera. Sembra chiaro, comunque, che la clientela che affollava l'elegante Gambrinus, l'Eden, il Rossini, l'Alambra, l'Eldorado, il Partenope, la Sala Napoli , non fosse gente del popolino ma gente benestante la stessa che in quel periodo i ritrovi e i bar cittadini piu' alla moda che poi diventarono i café-chantant , il simbolo della bella vita e della spensieratezza, nel pieno della coincidenza con la Belle époque.





Edited by Pulcinella291 - 18/4/2018, 19:18
 
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view post Posted on 21/11/2014, 14:10
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