Le stronzate di Pulcinella

Felice Cascione e Fischia il vento :un canto, un inno alla lotta

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view post Posted on 19/11/2014, 08:29
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Pulcinella291 Forum

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Quella che andrete ad ascoltare appresso fu una una celebre canzone partigiana italiana su aria russa scritto dal giovane poeta e medico ligure, neolaureato a Bologna prima dell'8 settembre 1943, Felice Cascione. La canzone, diffusa dopo l'8 settembre 1943 tra l'alta valle di Andora - Stellanello e successivamente sopra Curenna, nel Casone dei Crovi, nell'alta Valle di Albenga, divenne ben presto l'inno di battagglia di tutte le formazioni partigiane, un inno che soppianto' tutti gli altri canti socialisti e comunisti come l'Internazionale o bandiera rossa.


È la notte del Natale 1943, nel paese di Curenna, un grappolo di case sui costoni rocciosi dell’appennino ligure, provincia di Savona. Quando si apre la porta della chiesa, terminata la messa di mezzanotte, i partigiani cominciano a cantare il loro nuovo inno: Soffia il vento. La paternità di quelle parole spettano, per sentenza Siae, a Felice Cascione detto U Megu, imperiese, classe 1918.
Una sera che sente il partigiano Ivan, reduce dalla Russia, canticchiare Katiuscia, la canzone dell’esercito russo, Cascione guarda i suoi compagni di montagna e si mette a buttar giù due versi: «Soffia il vento, urla la bufera/ Scarpe rotte eppur bisogna ardir».
Antifascista attivo dal 1940, si laureò in medicina a Bologna nel 1943 (anno accademico 1942-43) e nello stesso anno si iscrisse, sempre a Bologna, al Partito Comunista Italiano clandestino.
Tornato ad Imperia, si fece in breve tempo la fama di un medico sensibile e pronto ad aiutare il prossimo. Era già soprannominato U megu, che in ligure significa medico, quando venne arrestato per qualche giorno perché assieme alla madre aveva manifestato per la caduta del Fascismo. C'era il Governo Badoglio e rimase in cella fin quasi all'armistizio. Quando l'8 settembre i nazisti occuparono l'Italia e crearono la Repubblica Sociale Italiana, Cascione entrò subito nella Resistenza contro i tedeschi. Si mise a capo di un'improvvisata brigata partigiana, la prima dell'Imperiese, in località Magaletto di Diano Castello. Il soprannome U megu divenne anche il suo nome di battaglia. Oltre a combattere contro i nazisti e i fascisti fece molta assistenza medica ai feriti e agli abitanti delle valli dell'entroterra. L'amico Alessandro Natta lo descrisse « bello e vigoroso come un greco antico ». Come comandante era solito imporre ai suoi sottoposti esercizi fisici per mantenerli in forma.
In uno scontro con i fascisti in quella che si ricorderà come la battaglia di Montegrazie i partigiani guidati da Cascione catturano un tenente e un milite delle brigate nere, tal Michele, detto Miro, Dogliotti. Dopo un processo sommario si decide di eliminare i due, ma interviene Cascione ed impedisce l'esecuzione cercando di avvicinarli alla causa partigiana: i due fascisti seguono da quel momento tutti gli spostamenti della banda partigiana.
Cascione si prende particolarmente cura di Dogliotti, che era alquanto malandato, dividendo con il fascista il rancio, le sigarette ma anche le coperte. Ai molti che diffidavano del suo comportamento rispondeva:
" Non è colpa di Dogliotti, se non ha avuto una madre che l'abbia saputo educare alla libertà ".
Tuttavia Cascione non fu ricompensato per la sua generosità. Dogliotti verso la metà di gennaio del 1944 riuscì a fuggire e guidò le brigate nere contro i partigiani guidati da Cascione che si nascondevano sulle alture di Ormea. Il 27 gennaio i fascisti intercettarono la brigata e l'assalirono con mezzi pesanti. Fu una battaglia che si spostò sulle alture di Nasino dove Cascione sperava di rifornirsi di munizione, ma senza avere successo. Arrivati sulle colline di Alto, Cascione allora, benché ferito ad una gamba, non volle essere aiutato né soccorso, obbligando i suoi a mettersi in salvo sotto la guida del cugino Vittorio Bartolomeo Acquarone, mentre lui tentò di coprirne la ritirata. Emiliano Mercati e Giuseppe Cortellucci non riuscirono a vedere la probabile fine del loro compagno e tornarono sui proprio passo ad aiutare il loro comandante. I nemici erano troppi e l'azione fallì subito. Mercati riuscì a fuggire ma Cortellucci fu preso e torturato per dire dove era il suo capo vicino alla località Case Fontane sotto il territorio del comune di Alto. Allora Cascione, ferito in maniera gravissima, si fece vedere e gridò "il capo sono io!". Morì crivellato di colpi, a soli 25 anni. Il comando della brigata, che prese poi il nome di Divisione Garibaldi "Felice Cascione", fu assunto da suo cugino e amico Vittorio Bartolomeo Acquarone.


 
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