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Miracolo in corsia
Un lieve scatto dei teleruttori e l’intera struttura veste la luce tenue e giallastra della notte. Per una volta, non guardi l’orologio. Sono le ventidue in punto. Così ogni sera dall’inizio dei tempi, diresti, l’Ospedale imbocca la notte.
Una cosa reale, concretamente la vedi, la tua notte. Un infinito tubo nero di sofferenza e di attesa, un gesto innumerevoli volte ripetuto, senza costrutto. Sbircerai la sveglia digitale sul comodino, due occhietti verdi da gatto, che ogni volta ti diranno che sono passati altri pochi minuti, pochi altri dolorosi respiri verso quel punto laggiù, che intravedi lontano, quella luce del sole che ti porterà identica afflizione che ora, ancora penosi ansiti, ancora faticosi, stanchi battiti di questo cuore che vorrebbe fermarsi. In più,alla fine del calvario notturno, dovrai atteggiare le labbra al sorriso, rassicurare gioviale i mille che premurosi ti chiederanno ansiosi: “come va stamattina?... dormito sereno?... almeno un pochino?... suvvia che assomigli a un torello!...”. Dovrai ringraziare e rispondere qualcosa di spiritoso e gioviale… se l’aspettano da te, non puoi certo deluderli… Sarà peggio, domani, di quanto sia adesso, nel tubo oscuro e quieto della notte… ma ci sarà la luce e forse, chissà, potrebbe ripetersi il miracolo, il tuo Miracolo personale.
Ci ritorni con la mente, delicatamente, per non sciuparne il ricordo, ed assaporarlo piano, una goccia alla volta, in ogni suo istante… Non è certo il tempo che manca, con quell’occhio luminoso sul comodino, che sembra sempre più pigro, più lento…
Fu ieri, dopo la visita chiassosa del Primario, e del codazzo infinito dei suoi assistenti, caposala, infermiere… Quando ha trionfalmente annunciato che ormai… sei quasi guarito!, e puoi fare pian piano il corridoio camminando… fino alla sala medicheria, laggiù…, magari con un piccolo aiuto.
E lei, sollecita agli ordini del Dottore e felice per te e per sé di poterti rivedere in piedi, dopo tanto tempo!, si è caricata dell’onere di portarti a passeggio… pigrone!... Si, così ha celiato, chiamandoti “pigrone”; ma si vedeva che era contenta. E naturalmente hai ammorzato anche tu, mostrandoti allegro…
Il corridoio dell’Ospedale!... sapete quanto è lungo il corridoio di un ospedale per chi è stato prigioniero di quel lettuccio bianco ipertecnologico?... lo sapete quanto è lontana la medicheria dalla vostra stanzetta?... no, non potete saperlo, se non l’avete provato!... ha la lunghezza infinita delle cose che vorresti fossero già ieri; la lunghezza di questo tubo di buio che sto percorrendo, la lunghezza di una notte d’agonia….
“Facciamo un giretto fino là in fondo, alla medicheria, e torniamo indietro - cinguetta giuliva - ma piano piano, che il Dottore ha detto che non devi stancarti!... solo un’andata e un ritorno, ed io sto qui a darti la mano!...”
No, non ce la farò mai ad arrivare laggiù con le mie gambe, il Dottore ha sbagliato qualcosa… questa distanza è troppa, per me!... non è proprio pensabile!... Forse, avrà detto fino al deposito biancheria, che è subito qui… o forse alla doccia… la medicheria, laggiù in fondo è troppo, troppo lontana per i miei passi di sofferenza. Io lo so, stramazzero prima, mi lascerò andare fra poco, e getterò la spugna, finalmente rinunciando all’ostentata baldanza, perdendo la dignità. Posso abbandonarmi adesso, perché tormentarmi ancora nel calvario di un dolore superfluo?...
Mi sorride dalla porta semiaperta di una camera di degenza. Deve essere la 14… o la 16… Un sorriso luminoso, splendido, infinitamente sereno. Sorride, e guarda me, fissandomi negli occhi. La Madonna mi scruta nell’animo, toccando la paura, la vergogna che sento nel cuore per la mia debolezza. Devo darmi un contegno. Oziosamente mi chiedo se sono composto, se la mia veste da camera nuova (comprata apposta per questo intervento!) mi dia tono o mi renda ridicolo, manco me la sono provata!... e stizzosamente riesco a sorridere… Cosa vuoi che importi, alla Madonna, dello straccetto che indossi?... lei sta per dire qualcosa, non vedi?... genufletti dunque lo spirito ed ascolta le parole che vorrà donarti.
Ma la visione non muove le labbra. A Lei non occorre. Lei incide la mente ed il cuore soltanto con l’amore, acuto come stilo, bruciante di ferro infuocato:
“Non ti è dato fermarti, non è il tuo momento… non vedi che lei, tua moglie, ha ancora bisogno di te?... per oggi, dovrai solo andare laggiù, alla medicheria, e tornare affannando. Ma domani e poi ancora altre volte, ed altre che tu non conosci, dovrai superare le prove, e mostrarlo davvero, quell’amore che senti per lei. Allora cammina!... non vedi che lei ti è vicina?...”
Voi lo sapete quant’è lontana la medicheria, in un corridoio di Ospedale per chi si alza dal letto dolente e rassegnato?... no, non potete saperlo, se non avete già fatto quel percorso. Ma non datevene pensiero. A metà del cammino, o un poco più oltre, c’è la Madonna che vi aspetta, per darvi la forza e il coraggio di andare, tornare, e fare poi infinite altre cose. Per amore, in gratitudine del suo soffio divino.
Lucio Musto 14 aprile 2011 ------------------------------------
Leggendo “Miracolo in corsia”
Si è aperto l’uscio e ti ho scoperto vero. Stanco, malato abbandonato, sofferente, ferito nell’orgoglio. Solo per celia fiducioso, sorridente all’ottimismo dei dottori.
Il cuore non ci crede, eppure pulsa per amore. Lo sguardo è in cerca di sollievo. Inaspettata la luce della fede; un’aria surreale una certezza nuova. E t’incoraggi e prendi fiato, percorri piano il tuo sentiero.
RO - 16 aprile 2011
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