Le stronzate di Pulcinella

contrade e citta' di fondazione fascista:divisi per regioni

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 18/12/2014, 10:56
Avatar

Pulcinella291 Forum

Group:
AMMINISTRAZIONE
Posts:
42,032

Status:


Quello che cominceremo oggi è un lavoro frutto di reminiscenze storiche e di ricerche fatte sul web e su qualche libro in mio possesso, riguardante le cosiddette città di fondazione, vale a dire i centri urbani fondati durante il Ventennio in alcune zone del territorio nazionale del regno d'Italia .
(Mi premurero' di inserire alla fine la bibliografia e qualche fonte)
Il regime oltre alle opere nelle grandi citta' aventi specifici caratteri dell'ideologia fascista, fondo' anche numerosi paesi aventi carattere di piccoli centri rurali, nell'ottica di un tradizionalista ritorno alla terra e alla civiltà contadina, che il fascismo mostrava di preferire alla grande urbanizzazione.
I nuovi centri, in particolar modo i più grandi, erano costruiti a partire da un modello base: una piazza centrale, nella quale era presente una "Torre Littoria", attorno alla quale venivano eretti gli edifici pubblici principali (il municipio, la chiesa, la casa del fascio, la caserma della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MVSN), l'ufficio postale, la scuola) e così via. Intorno a questo nucleo centrale si estendevano, nei centri più grandi, i quartieri abitati veri e propri, mentre nei centri rurali si passava direttamente alle campagne appoderate.
Per le aree rurali si parla di "colonizzazione", specialmente nel caso di aree paludose bonificate o di ex latifondi, appoderate secondo il modello "a poderi diffusi": queste nuove aree rurali furono popolate principalmente da cittadini provenienti da zone dell'Italia settentrionale caratterizzate da un'agricoltura tradizionale più avanzata, ma depresse dalla crisi economica: in particolare da Friuli, Veneto, Emilia, Romagna e Marche; v'erano però anche famiglie autoctone o prossime dell'area appoderata, come accadeva in modo particolare per le bonifiche dell'Italia meridionale, ossia del foggiano, del Metapontino e del latifondo siciliano. A tal proposito, senza voler, in nessun modo, fare alcuna apologia, mi è d'uopo spingere il lettore ad una considerazione:il regime fascista è durato 20 anni se pensiamo al tempo che occorre oggi per costruire un'autostrada o un ospedale si ha un'idea di come allora ci fosse, quantomeno, piu' impegno.
Cio' detto, passiamo qui a delineare il quadro generale in maniera sintetica dividendo i nuovi centri regione per regione.

LAZIO
Dobbiiamo, giocoforza , partire dalle bonifiche nell'Agro Pontino , in verita' gia' iniziate sotto il governo Nitti,
Le città edificate nell'Agro Pontino furono cinque: Littoria (poi Latina)

th_879972248_800px_Littoria_122_460lo



Sabaudia,

th_883815277_800px_Sabaudia_122_559lo



Pomezia

th_889243390_1_122_15lo



Aprilia

th_891535691_WEBOK_15__Aprilia___Set_122_107lo



Pontinia

th_888789333_1_122_1105lo


Questi centri sorsero senza un ordine prestabilito, piuttosto seguendo le esigenze che ponevano la bonifica, la creazione delle infrastrutture e l'insediamento agricolo. A chi sosteneva che i paesi sorgevano nel centro stesso della palude e che gli stessi presentavano l’inconveniente di essere troppo lontano dalla ferrovia Roma-Napoli che taglia le Pontine a Nord, Mussolini rispose che “il nemico va colpito a cuore!”.

Acilia


th_881765618_1_122_149lo


Il progetto dell'attuale Acilia fu redatto nel 1939 e terminato dopo 8 mesi con una prima realizzazione nel 1940 a poche settimane dall'ingresso dell'Italia nella seconda guerra mondiale. Il governo fascista, su interessamento della principessa Jolanda di Savoia, decise di dare un alloggio alle famiglie numerose e più indigenti di Roma. Erano stati compiuti i famosi sventramenti in centro città per cui molte famiglie furono collocate nelle borgate ufficiali volute dal regime, ma non fu questo il caso di Acilia, in quanto quest'ultima sorse anni dopo tali sventramenti.

Maccarese fraz.di Fiumicino

th_885837489_1_122_532lo

Fu un ampio territorio bonificato negli anni venti da coloni provenienti prevalentemente dal Veneto.Da sempre territorio molto umido, (in passato palude, bonificata negli anni del fascismo), è il miglior territorio per l'agricoltura.

San Cesareo

th_894663950_1_122_200lo


Nel 1928, l’Opera Nazionale Combattenti che aveva espropriato la tenuta già nel 1921, concluse i lavori per la costruzione del paese per ospitare gli ex combattenti di Capranica Prenestina che popolavano la baraccopoli di Colle Marcelli.

Colleferro
th_894048634_1_122_468lo

Colleferro, il cui territorio apparteneva originariamente ai comuni di Valmontone (zona dello Scalo), di Roma (zona dove sorge l'attuale capoluogo comunale) e di Genazzano (alcune aree rurali nei pressi della "via Palianese"), continuò la propria espansione urbana per tutti gli anni venti e trenta, fino a divenire comune autonomo nel 1935. Successivamente il comune di Colleferro aggiunse al proprio territorio limitate porzioni di quello dei comuni limitrofi di Segni e di Paliano.

EUR
th_891206312_1_122_61lo


L’EUR (anche noto come Eur o E.U.R., in origine acronimo di Esposizione Universale di Roma) è un complesso urbanistico e architettonico di Roma, identificato per antonomasia con il trentaduesimo quartiere di Roma, oggi denominato quartiere Europa.Il progetto iniziale risale al 1935: Roma si preparava in quel tempo ad accogliere l’Esposizione Universale, prevista per il 1942, e quindi necessitava di uno spazio monumentale adeguato, che non andasse ad intaccare la città storica.
L’evento aveva chiare volontà propagandistiche: s’intendeva infatti dimostrare a livello internazionale, in occasione del ventennale della Marcia su Roma ad opera di Benito Mussolini, la superiorità storica, artistica, scientifica e politica dell’Italia fascista.Luogo prescelto per l’Esposizione fu un’ampia zona a sud della città, a metà strada fra il nucleo centrale e il Lido di Ostia: questo per accondiscendere ai desideri del Duce, che immaginava una “Roma porto di mare”.
La sigla iniziale era in realtà E42, poi modificata in EUR, a significare “Esposizione Universale di Roma”.
A causa del sopraggiungere della guerra, il quartiere non poté mai ospitare il tanto agognato evento.

Guidonia, comune di Guidonia Montecelio,
th_887778529_1_122_71lo


th_889202598_2_122_874lo


Attualmente è il terzo comune più popoloso del Lazio dopo Roma e Latina e il terzo comune non capoluogo di provincia più popoloso d'Italia dopo Giugliano in Campania e Torre del Greco.
Nacque, al contrario delle altre città fuori dall'Agro Pontino e per finalità resedenziali a servizio del personale militare e civile dell'aeroporto di Monte Celio. Fu inaugurata nel 1937 e prevedeva 4000-5000 abitanti, con un impianto urbanistico ortogonale, ed architetture moderatamente moderne di Alberto Calza Bini. Con la nascita del nuovo comune, avvenuta per regio decreto del 21 ottobre 1937, si inglobava la preesistente giurisdizione di amministrativa di Montecelio, paese antico di almeno un millennio, posto su due colli.


continua


Edited by Pulcinella291 - 18/12/2014, 11:17
 
Web  Top
view post Posted on 18/12/2014, 13:31
Avatar


Group:
AMMINISTRATORE
Posts:
45,008
Location:
ARMIA - Be-Be[17]

Status:


Ti ringrazio Pullecenè per la puntuale, precisa, asettica, esposizione e soprattutto per aver evitato di fare parallelismi
su quell'Italia di allora e quella che ci ospita oggi.
 
Top
view post Posted on 18/12/2014, 16:42
Avatar

Pulcinella291 Forum

Group:
AMMINISTRAZIONE
Posts:
42,032

Status:


Paesi e contrade del Trentino-Alto Adige fondate dal fascismo.

Nel gennaio del 1923 l’Alto Adige insieme al Trentino fu incorporato nella Venezia Tridentina e il prefetto di Trento ebbe il compito di attuare il programma di Mussolini che prevedeva la completa italianizzazione del territorio sudtirolese con massicci insediamenti italiani; la snaturalizzazione dei sudtirolesi e l'allontanamento di questi dalla propria terra. Nelle scuole della Provincia fu proibito l’insegnamento della lingua tedesca, tutti i dipendenti pubblici dovettero essere licenziati, furono proibite tutte le federazioni, i sindacati tedeschi, le associazioni; la lingua italiana divenne la lingua ufficiale e tutto ciò che era "tedesco" fu completamente bandito.
Tutte queste proibizioni non riuscirono però a trasformare il Tirolo in un’area italiana. E così il 20 febbraio del 1935 Mussolini, per favorire l'immigrazione italiana nella regione, invitò le grandi industrie lombarde e piemontesi a creare delle filiali a Bolzano. Gli stabilimenti Lancia di Torino, le Acciaierie di Milano e altre industrie accettarono l’offerta e diedero inizio alla produzione in Alto Adige. Migliaia di famiglie italiane s’insediarono in tutto il Sudtirolo, dove trovarono occupazione in queste fabbriche nelle quali era proibita l’assunzione di lavoratori sudtirolesi.
Si punto' sulla costruzione di alcuni "villaggi" per ospitare i lavoratori immigrati da altre regioni d'Italia. Quindi, a Merano con la costruzione di alcuni villaggi periferici e qualche fabbrica, mentre a Bolzano con un piano regolatore che prevedeva l'ingrandimento della città dai 30 000 ai 100 000 abitanti circa con la costruzione di una zona industriale, e tre rioni ospitanti gli operai (Dux e Littorio) e la classe dirigente (Venezia).


Quartiere littorio

Negli anni trenta del Ventesimo secolo, nel pieno della dittatura fascista, il Municipio di Trento decise di procedere allo «sventramento» del centro della città, il suo cuore medioevale.
Il quadrilatero compreso tra via San Pietro, via Manci, via Oss Mazzurana e largo Carducci (l’area dell’attuale piazza Cesare Battisti) era allora completamente diverso dalla situazione odierna: stretti vicoli, chiamati fossati, attraversavano un dedalo di palazzi antichi e cadenti, una roggia era utilizzata dalle lavandaie, piccoli cortili oscuri si aprivano dietro i portoni.
La zona era malsana, gli edifici trascurati. La motivazione dell’operazione fu la necessità di risolvere un problema igienico: demolire il vecchio e malato per edificare un vuoto luminoso e sano.
Il risultato fu un cambiamento radicale del centro storico della città, una metamorfosi fisica e sociale.
Il paesaggio urbano della piazza si impose sulla memoria del quartiere precedente, che dalle testimonianze ritrovate doveva essere ricco di vita sociale.
La piazza, originariamente chiamata «del Littorio», cancellò edifici e relazioni umane, provocando quel vuoto di memoria, a cui allude il titolo dell’esposizione.

Il "Rione Dux"

th_912552506_1_122_538lo


Erano sempre di più le famiglie contadine che dalle altre regioni dell'Italia settentrionale (soprattutto da Veneto, Trentino e Friuli Venezia Giulia) emigravano verso l'Alto Adige con la prospettiva di un lavoro, spinte anche dalla "pubblicità" che il governo fascista faceva per incrementare il numero di italiani in questa terra. Dopo la costruzione del quartiere Littorio (ora Europa-Novacella), si pensò all'edificazione di un rione che potesse ospitare gli operai con le loro famiglie, ma in costruzioni che ricordassero i territori e le campagne di provenienza. Si ideò così il rione delle "Semirurali" (chiamato all'epoca fascista "Dux"), costituito da casette multifamiliari di aspetto rurale a due piani, disegnata sul modello della casa natale di Mussolini a Predappio, con piccolo orto annesso da coltivare. La costruzione del rione iniziò nella primavera nel 1938 e terminò circa un anno dopo.



Paesi e contrade del Veneto fondate dal fascismo


Borgo rurale Fratelli Grinzato, comune di Vigonza.


Fu creato nel 1937 dall'architetto Quirino De Giorgio .Costruito nell'ambito dei programmi di sviluppo rurale di epoca fascista, era un omogeneo nucleo urbanistico comprendente le case a schiera, il teatro che vediamo nella foto, la scuola, la palestra, l'aia e il pozzo; gli alloggi erano destinati a famiglie abitanti nei casoni, considerati malsani.

Candiana-Borgo Littorio, (provincia di Padova)

Candiana ha visto sorgere parte del suo attuale corpo centrale durante l'epoca fascista, a partire dal complesso parrocchiale (prima Casa del Fascio), ma soprattutto da una delle sue vie principali, Via Borgo (già Borgo Littorio) inaugurata nel 1938 dal Duce in persona. Zona paludosa, fu infatti completamente bonificata e vi furono costruite una strada e un'intera via con 27 abitazioni bifamiliari che favorirono il graduale abbandono e la scomparsa degli ormai malsani casoni, le tipiche abitazioni contadine con il tetto di paglia, il pavimento di terra battuta e le pareti in pietra o prevalentemente in canne.
Fu un'opera dell'architetto Quirino De Giorgio.

Villaggio Costanzo Ciano, località di Cortellazzo, Jesolo
th_902798324_1_122_3lo
th_906627747_1_122_1085lo


Era un vero e proprio villaggio dipescatori augurato nel 1940 da Galeazzo Ciano.

Brentella, frazione presso Mestre, Venezia


th_911371535_1_122_31lo


Era in realta' un villaggio dove le abitazioni venivano chiamate “casette del Duce” . Le autorità, nei giornali dell’epoca, celebravano il villaggio come esempio di “redenzione urbanistica” e parlavano di case “sane e ridenti”, “edifici spaziosi, asciutti, robusti” attorniati da “verdi distese",in sostanza erano costruzioni fatte al risparmio, costituite da un piano terra con due alloggi abbinati, una muratura composta da forati di 8 cm, latrine esterne, fontanelle e lavatoi comuni, con uno spazio esterno di pertinenza, destinato a un orto familiare.

Sabbioni, frazione presso Mestre, Venezia

th_912109431_1_122_597lo


Nel 1933 venne costruito il Ponte della Libertà a Mestre e con esso il tratto stradale che portava all'odierna autostrada per Padova. Per unirla a Mestre fu costruito il Corso del Popolo e, per dare più spazio a tale strada, fu interrato un tratto del Canal Salso.


Borgo Roma quartiere di Verona

th_904515463_1_122_143lo




Negli anni trenta la crescita industriale continuava con la costruzione dei magazzini generali e della nuova stazione. Nel quartiere però mancavano ancora abitazioni perciò iniziarono svariati progetti residenziali soprattutto nei quartieri di Tomba e Tombetta.

Pasubio, presso Schio, in provincia di Vicenza

continua
 
Web  Top
view post Posted on 19/12/2014, 09:02
Avatar

Pulcinella291 Forum

Group:
AMMINISTRAZIONE
Posts:
42,032

Status:


Contrade e paesi fondati dal fascismo in Friuli-Venezia Giulia



Torviscosa
th_971490770_1_122_532lo


Tristemente famosa come area malarica, la zona vide sporadici tentativi di bonifiche parziali ad opera degli agricoltori locali, scoraggiati peraltro dalla bassissima fertilità del terreno, sino all'opera di risanamento conclusiva avvenuta in epoca fascista nell'ambito di un grande progetto di espansione industriale che le trasformò completamente.
Sono di quest'epoca il razionale assetto viario, arredi, edifici pubblici e abitativi, impianti sportivi e strutture produttive che ne fanno uno degli esempi più interessanti di pianificazione urbanistica del Ventennio
L' area paludosa di Torviscosa, prospicente le lagune di Grado e Marano, fu bonificata a partire dal 1927.
L'attuale centro nacque tra il 1937 ed il 1938 e cosi' pure la fondazione di una fabbrica per la produzione di cellulosa, ricavata dalla lavorazione della canna gentile (Arundo donax) di cui il territorio è ricco, che viene poi utilizzata nella fabbricazione di fibre artificiali; il tutto nel quadro della politica di autarchia inaugurata dal Fascismo negli anni trenta. Nel 1940 fu istituito il nuovo comune di Torviscosa, separandone il territorio da quello di San Giorgio di Nogaro.

Grado :la costruzione del ponte


th_971019584_1_122_542lo



Nel 1936 Grado fu collegata alla terraferma con un ponte che pose fine al secolare isolamento dell'isola. Una rapida espansione urbanistica, accompagnata da opere di bonifica e di contenimento delle acque, ha quindi notevolmente ampliato le dimensioni dell'abitato, che ora si estende anche sulla vicina Isola della Schiusa.
Sempre nel Friuli furono poi costruite borgate con l'aiuto dall'Istituto Autonomo Fascista delle Case Popolari.


Contrade e paesi dell'Emilia Romagna



Bologna:Villaggio della Rivoluzione
th_965327190_1_122_663lo


Nell'area del parco dell'antica villa De Lucca, nei pressi del nuovo Littoriale, viene inaugurato il Villaggio della Rivoluzione, una piccola "città giardino" voluta dal segretario federale Cesare Colliva e costruita dall'Istituto delle Case Popolari (IFACP). E' destinato alle "famiglie dei caduti, feriti e mutilati per la causa della rivoluzione fascista". Il progetto di Francesco Santini (1904-1976) prevede 56 alloggi, 11 villette, un asilo nido e un rifugio antiaereo. Le strade del "quartiere dei gerarchi" (via delle Camicie Nere, via del Legionario, via dello Squadrista, ecc.) cambieranno denominazione nel dopoguerra: verranno intitolate a partigiani caduti.

Predappio nuova

th_970112672_1_122_21lo



Una frana avvenuta nell'inverno a cavallo fra il 1923 ed il 1924 rese indispensabile, per mettere in sicurezza la popolazione e fornire un tetto a chi lo aveva perduto, lo spostamento dell'abitato di Predappio in una posizione più sicura. L'occasione che si presentava alle autorità del nascente regime era più che unica: da una parte, con la creazione di un nuovo centro abitato, era possibile fornire alla popolazione nuove case e migliori condizioni igieniche, dall'altra si presentava la preziosa opportunità per creare una cornice adeguata alla celebrazione del mito delle origini del duce.

th_962978665_1_122_348lo


Per la ricostruzione dell'abitato si scelse, per diverse ragioni, la località di Dovia: la zona era infatti più sicura, sul piano geologico, rispetto a Predappio: sorgeva lungo la valle, lontano da potenziali eventi franosi. Era ben collocata, al contrario di Predappio che era arroccata sulle colline, rispetto al tracciato della strada provinciale che congiungeva Forlì a Premilcuore e era la località che aveva dato i natali a Mussolini.
Il 30 agosto 1925, accompagnato da Italo Balbo, giunse in Romagna il segretario del partito fascista Roberto Farinacci con il mandato di fondare Predappio Nuova. Il momento culminante della visita furono l'inaugurazione di una targa celebrativa in bronzo sulla facciata della casa natale di Mussolini (che egli stesso volle, più tardi, che fosse rimossa) e la posa della prima pietra sia delle case popolari sia della chiesa di Santa Rosa da Lima (oggi Sant'Antonio da Padova), che diverrà poi nota per la celebre Madonna del fascio. Alla cerimonia di inaugurazione non partecipò invece Mussolini che decise di non intervenire per evitare che fossero mosse accuse di favoritismo, in un momento delicato della vita politica del Paese, quando ancora il regime non aveva raggiunto un pieno controllo sui sistemi di informazione


Anita villaggio rurale frazione di Argenta

th_974679700_1_122_566lo

th_975643109_1_122_134lo


La frazione venne fondata come "villaggio rurale", inaugurato il 20 dicembre 1939 con la presenza di alti gerarchi del Fascismo. La fondazione era stata preceduta da una serie di bonifiche della zona a partire dal 1921 che avevano portato all'appoderamento del terreno e alla conseguente necessità di un centro abitato.
 
Web  Top
view post Posted on 22/12/2014, 08:27
Avatar

Pulcinella291 Forum

Group:
AMMINISTRAZIONE
Posts:
42,032

Status:


Contrade e paesi fondati dal fascismo in Toscana



Alberese: frazione di Grosseto
th_229113952_2_122_225lo

th_226216585_1_122_537lo


Fu una frazione che il governo fascista creo' come la realizzazione di una parte del programma per favorire lo spostamento di popolazioni dalle zone più povere e meno produttive, verso quelle bonificate, all'inzio degli anni trenta.L’arrivo dei coloni veneti mise in moto l'economia della zona .


Albinia, frazione di Orbetello

th_230709347_1_122_259lo


Albinia è situata in Maremma lungo la costa tirrenica, presso la foce del fiume Albegna – da cui il toponimo – all'estremità settentrionale del tombolo della Giannella, che collega la terraferma con il promontorio dell'Argentario. La frazione dista circa 30 km da Grosseto e poco più di 10 km dal capoluogo comunale.
Il centro abitato di Albinia nacque negli anni del fascismo come frutto di un intervento di pianificazione territoriale che incluse la bonifica delle paludi del fiume Albegna. Il nucleo originario era costituito da una serie di abitazioni residenziali ad un piano, fatte costruire dall'ingegnere Bartolini per i propri operai, dalla stazione ferroviaria, da un'osteria, una dispensa, l'edificio del Consorzio di bonifica Osa-Albegna e l'imponente struttura del silo del Consorzio agrario provinciale. Il primo nome dato al paese fu Albegna, ma confuso troppe volte con il fiume omonimo fu cambiato in Albinia.

th_222332249_1_122_1161lo




Furono anche creati a Niccioleta e Ribolla alcuni villaggi minerari
th_231426881_1_122_128lo

In queste due frazioni furono creati negli anni trenta villaggi per i minatori estrattori di carbone di proprieta' della Montecatini.


Calambrone frazione di Pisa e le colonie estive
th_220618226_1_122_182lo


Fino ai primi anni del XX secolo la costa del Calambrone era suddivisa tra le amministrazioni comunali di Pisa, Livorno e Collesalvetti, ma successivamente, per favorire lo sviluppo del porto di Livorno, i confini del comune di Collesalvetti furono spostati nell'entroterra, verso l'abitato di Stagno e l'amministrazione livornese ottenne l'intera fascia compresa tra la foce del torrente Ugione e il Fosso Reale (attuale Scolmatore dell'Arno).
La fondazione di un vero e proprio nucleo urbano nella zona di Calambrone risale tuttavia agli anni trenta, quando, nel comune di Pisa, furono innalzate numerose colonie estive parallelamente alla fondazione del nuovo abitato di Tirrenia; una linea ferroviaria, oggi scomparsa, collegava Calambrone e le altre località del litorale alle città di Pisa e Livorno. Fu così che il termine "Calambrone", sino allora utilizzato per identificare il tratto di costa compreso tra le aree portuali livornesi e il litorale pisano, divenne ufficialmente il nome della nuova località
All’inizio del Novecento Calambrone (da Caput Labronis) era una vasta area paludosa e disabitata che si estendeva a nord del confine fra il Comune di Pisa e quello di Livorno, segnato dal Fosso omonimo. A partire dal 1925 Calambrone, che faceva parte della Tenuta Reale di Tombolo, fu oggetto di una vasta opera di bonifica. Negli anni successivi si realizzò a Calambrone il progetto di città elioterapica fortemente voluto dall’Ospedale di Livorno e che aveva trovato il potente l’appoggio di Costanzo Ciano, Ministro degli Esteri del governo fascista. Calambrone, nell’arco di pochissimi anni, si trasformò un prestigioso Centro di Colonie e Istituti per cure marine, destinato essenzialmente ai bambini. Nacque, così, fra la spiaggia e il Viale XXVIII ottobre, oggi Viale del Tirreno, una piccola Città dell’infanzia, isolata dal tessuto edificato circostante e resa autonoma grazie ad un proprio Centro di Servizi con annessi Chiesa, direzione sanitaria, ambulatori medici, uffici, lavanderia, magazzini, centrale termica e autorimessa. Dal Telegrafo del 4 agosto 1932: “Sorge la città del Calambrone, come Venere dalle acque, tutta bella, ridente e nuova, e schiere di bimbi la popoleranno.
Le colonie di Calambrone nacquero anche per volontà del medico fiorentino Giuseppe Barellai (1813-84) il quale propugnava la talassoterapie e la elioterapia come le uniche forme a quei tempi disponibili per la cura di rachitismo, scrofola, malattie tubercolari (fra le maggiori cause dell’altissima mortalità infantile): Le sue teorie avevano incentivato la costruzione di Istituti marini terapeutici e ospizi nonché di stabilimenti e centri climatici lungo i litorali toscani, intesi come luoghi ricreativi (villeggiatura), ma anche di cura.



 
Web  Top
view post Posted on 22/12/2014, 09:50
Avatar


Group:
AMMINISTRATORE
Posts:
45,008
Location:
ARMIA - Be-Be[17]

Status:


Pullecenè, la posso fare una domanda impertinente?...

Ma tutti questi fatti che tu dici, e che credo siano veri, ma perchè non escono MAI fuori in TV nelle trasmissioni fiume
"Per non dimenticare" patrocinate dal Capo Dello Stato e scagnozzi al seguito?...
pecchè ce avimma arrecurdà sulo certe ccose ca diceno lloro e non tutto?...

Accussì, a uòsemo... ma ce pigliassero pe' culo?
 
Top
view post Posted on 22/12/2014, 10:00
Avatar

Pulcinella291 Forum

Group:
AMMINISTRAZIONE
Posts:
42,032

Status:


Forse perchè si perse la guerra o forse perchè non si voluto avere la capacità logico-critica superando il facile nozionismo accettando la versione dei fatti fornita dai mass media o degli storici del dopoguerra che avevano l' interesse di servire i vincitori.
 
Web  Top
view post Posted on 22/12/2014, 10:22
Avatar


Group:
AMMINISTRATORE
Posts:
45,008
Location:
ARMIA - Be-Be[17]

Status:


ah!... ho capito!... stai dicenno ca tutti 'sti scienziati e studiose e mo' so' 'na maniata 'e pappavalle ignorante?...
e diceno chello ca vonno l'americane?... me ne era sorto un legittimo dubbio!
 
Top
view post Posted on 23/12/2014, 09:11
Avatar

Pulcinella291 Forum

Group:
AMMINISTRAZIONE
Posts:
42,032

Status:


Marche


A Sud della città di Fano, oltre il fiume Metauro, sorse dal 1934 al 1940 la "Borgata rurale di Metaurilia". Detta borgata interessò i terreni fiancheggianti il primo tratto di strada che dalla Statale Adriatica volge all'interno parallelamente alla sponda destra dei fiume (in vocabolo "Marotta prima" e "Marotta seconda") e soprattutto il territorio che, dal Metauro a Torrette, prospetta sulla Strada Statale Adriatica.

th_309813342_1_122_431lo


Unico esempio nella Provincia di Pesaro e Urbino, Metaurilia si sviluppò in applicazione delle leggi di bonifica integrale varate dal governo fascista (dicembre 1928, giugno 1930, febbraio 1933).La borgata era costituita da abitazioni di uguale tipologia, costruite in tre successivi lotti rispettivamente di 51 - 40 - 24 unità per un totale di 115 case. Ognuna, con circa un ettaro di terreno coltivabile a ortaggi, fu assegnata alla famiglia di un bracciante con pratica in agricoltura. Complessivamente vi si stanziarono 591 persone. La proprietà, che dal 1934 era del Comune di Fano, fu poi trasferita ai capifamiglia nel dopoguerra.Metaurilia nel 1939 ebbe la sua chiesa che è dedicata a San Benedetto ed è capellania della parrocchia di Torrette; nel 1946 ebbe l'asilo e la scuola elementare.


Abruzzo


Salle del Littorio oggi Salle nuovo

Salle, situata alle pendici del monte Morrone, ad ovest del massiccio della Majella, appartiene alla provincia di Pescara da cui dista 47 Km. ed ha un territorio comunale di 21,61 Kmq; ospita la parrocchia del SS.mo Salvatore con il santuario del Beato Roberto e un castello medioevale, sede di incontri e di un museo civico. Nel 1933, in seguito al terremoto della Marsica, che gli aveva inflitto il colpo definitivo, veniva ricostruita più a valle con il nome di "Salle del Littorio" in memoria dell'impegno fascista. Dopo la fine della II Guerra Mondiale fu semplicemente chiamata Salle. Sull'origine del nome Salle si sono succedute nel tempo varie ipotesi, alcune molto fantasiose, altre più verosimili: una prima parla di derivazione dal sostantivo "Acelle" che indicava una contrada con numerose piante di salice. Una seconda ricollega il nome Salle alla parola longobarda "sala" cioè stanza, dimora; una terza, infine, faceva riferimento a "Salla", nome gotico di un signore insediatosi sul posto nel periodo della dominazione longobarda.

Aielli Stazione (frazione di Aielli)
th_930724167_1_122_239lo


è fermata ferroviaria sulla ferrovia Roma-Pescara a servizio della frazione di "Aielli Stazione" nel comune di Aielli. Fu fondato anch'esso in sostituzione di un nucleo antico.


th_311358153_1_122_234lo

Nel 1927, con la soppressione di otto comuni per la formazione della cosiddetta Grande Aquila, venne riunificato al capoluogo e rigenerato dallo sviluppo, promosso sotto il fascismo, del turismo montano e sportivo legato al suo territorio. Nel 1934 venne edificata la località Fonte Cerreto, a poca distanza dal nucleo storico di Assergi, che costituisce la stazione di valle della Funivia del Gran Sasso d'Italia.

Celdit, Villaggio operaio presso Chieti

Fu un villaggio nato nel 1938.Tre anni prima il regime aveva deciso che a Chieti sarebbe nata una fabbrica per la produzione di cellulosa dalla paglia. Nella terra del francavillese ingegner Ottorino Pomilio, che brevettò il procedimento per fare a meno del legno. Nacquero solo due stabilimenti del genere in Italia. L'altro era a Foggia, nel mezzo del Tavoliere delle Puglie, riserva naturale di grano. «La fabbrica aprì nel 1938 dove prima c'erano solo campi coltivati», «si chiamava Celdit, come il quartiere residenziale per i dipendenti, ancora esistente, e contava oltre mille dipendenti». Durante la guerra lo stabilimento chiuse. Riaprì nel 1950 con una linea produttiva acquistata con i fondi americani del piano Marshall.


Molise



Nuova Citernia:fraz. di Campomarino
th_313637434_1_122_402lo

L'abitato di Nuova Cliternia si è formato negli anni venti del XX secolo, con le abitazioni erette dal regime fascista. Il nuovo insediamento prese il nome dell'abitato frentano di Cliternium o Cliternia, situata tra il Fortore e il Biferno. L'abitato si è in seguito sviluppato senza alcuna regolamentazione urbanistico-architettonica, soprattutto lungo le preesistenti vie di comunicazione




 
Web  Top
view post Posted on 24/12/2014, 09:43
Avatar

Pulcinella291 Forum

Group:
AMMINISTRAZIONE
Posts:
42,032

Status:


Contrade e paesi fondati dal fascismo in Puglia



In Puglia oltre a contrade e frazioni furono anche realizzate strade ed altre infrastrutture, l'appoderamento di circa 40.000 ha da assegnare a mezzadri, la realizzazione di due nuovi centri abitati (Segezia e Incoronata) ed altri borghi minori tra cui Borgo Giardinetto (presso Troia), Borgo Cervaro, Loconia (Canosa di Puglia), Borgo Mezzanone (Manfredonia) e Tavernola (presso Foggia).] Altri insediamenti sorsero anche fuori dal Tavoliere.

Borgo Mezzanone fraz di Manfredonia
th_395155398_1_122_161lo


Pur facente parte del comune di Manfredonia dista circa 40 km dalla città sipontina e 10 km da Foggia, per cui è considerata una frazione particolare.
La sua fondazione risale al 1934 durante la bonifica condotta dal Regime fascista, e poteva ospitare 700 abitanti; in origine il nome era Borgo La Serpe in ricordo del giovane fascista cerignolano Raffaele La Serpe morto durante il tentativo di occupazione della Camera del Lavoro di San Severo. Ad occuparsi delle opere furono l' Ing. Giovanbattista Canevari e l'Arch. Domenico Sandri. Settanta ettari assegnati a venti famiglie - tre per ciascuna - sistemate in dieci casette doppie intorno a un vero e proprio square,un giardino pubblico all’inglese, cinto da una cancellata, davanti a una grande piazza quadrata dominata dalla chiesa, circondata dai suoi portici e protetta dall’alta torre della casa del fascio.
Il borgo fu inaugurato dal Duce al quale viene offerta, a nome di tutta la Capitanata, una targa d'argento, sul cui piano è presente una visione dei campi del Tavoliere, dominata dalla figura di un seminatore.
L’ONC incomincia a espropriare 29.000 ettari - su un totale di 452.00: 36.500 costituiti dalla piccola proprietà intorno ai pochi centri abitati, gli altri 400.000 per metà da latifondi e per metà da proprietà fino a 250 ettari – e li ridistribuisce in poderi sufficientemente estesi, da 15 a 30 ettari a seconda del tipo di coltura, che assicurino davvero il mantenimento di una famiglia, cui viene offerta una casa situata in un vero e proprio borgo, corredato da un nucleo di servizio centrale con il palazzo comunale, la chiesa, la casa del fascio, la caserma dei carabinieri, le scuole, l’ufficio postale, la sede e i magazzini dell’azienda agraria ONC, il dopolavoro, il cinema, la locanda e qualche bottega, quasi tutto intorno a una piazza, e qualche casa a più piani per i commercianti e gli artigiani. Tra questi nuovi borghi dobbiamo ricordare :

Segezia, frazione di Foggia
th_400920732_1_122_396lo



La sua fondazione risale al 1938 durante la riforma agraria del Fascismo. Ideato in epoca fascista voleva essere, nei progetti, la Littoria del Tavoliere dauno. Una nuova città fascista, come l'architettura del campanile e della piazza stanno a dimostrare, che fosse a imperitura memoria delle opere di bonifica del regime nella piana della Capitanata. Cominciati i lavori di costruzione negli ultimi anni di regime, il progetto è stato abbandonato al sorgere della Repubblica. Il suo nome deriva dalla dea greca Segesta, divinità che si invocava per la raccolta dei campi. Il progetto è opera dell'architetto Concezio Petrucci.
voleva essere, nei progetti, la Littoria (odierna Latina, fondata nel 1932) del Tavoliere dauno. La pianura, in effetti, subì i medesimi interventi di bonifica che interessarono l'Agro Pontino, e il nuovo capoluogo laziale fu scelto come modello urbanistico per la fondazione di questo borgo. Una nuova città fascista, come l'architettura del campanile e della piazza stanno a dimostrare, che fosse a imperitura memoria .
L’estetica dell’opera è legata all’autarchia dell’epoca, e fu pensata, a differenza delle città e borghi nuovi dell’Agro Pontino, come luogo ideale per l’insediamento di coloni locali.
La forma è particolare. La descrive con un lessico tecnico lo storico dell’architettura Piacentini nel 1943: «si estende secondo due direttrici ortogonali di sviluppo, assumendo la forma un po’ rigida di una croce, che si riallaccia all’antica tradizione della città romana».

Borgo Cardigliano, frazione di Specchia


Nel 1921 il territorio di Cardigliano appartenne a Giulia Zunica fu Antonio in Paternò; ma negli anni fra la prima guerra mondiale e l'avvento del fascismo viene acquistato da un ricco commerciante di Castrignano dei Greci, Giovanni Greco, sposato con Teresa Potenza di Alessano.
Forte della sua stretta amicizia con il gallipolino Achille Storace, uno dei gerarchi fascisti più in vista, Giovanni Greco ottiene di poter trasformare Cardigliano in un'aziende agricolo-industriale per la lavorazione dei tabacchi levantini. Così, grazie a nuovi interventi di edificazione effettuati tra il 1920 ed il 1930 Cardigliano si trasforma in un vero villaggio.
L'ultima opera edilizia realizzata nella nuova Cardigliano è infine la Chiesa, terminata nel 1929. Così il villaggio comincia a vivere un periodo di intensa autonomia:viene aperta una scuola elementare per i bambini che vi abitano stabilmente, c'è il forno, il frantoio, un piccolo spaccio di generi alimentari, il 'dopolavoro'

Borgo Grappa oggi Frigole frazione di Lecce

th_405944570_1_122_117lo


prima della fondazione, la localita' era ricoperta da un bosco ceduo che faceva parte della “Macchia della Vozza”, per cui si dovette, per prima cosa, procedere allo sgombero del terreno dalle piante e dalle relative ceppaie e aprire il tracciato della Strada Litoranea nel rettifilo, di oltre tre chilometri, che dalla località Segheria di Fogliano portava in prossimità del Rio Martino. Questo tracciato risultò molto laborioso in quanto doveva essere effettuato per tutta la sua lunghezza attraverso la Macchia della Vozza, la quale, ricoperta come era dal bosco ceduo, sembrava al primo esame pianeggiante, mentre in realtà era molto accidentata per la presenza di avvallamenti marcati, che formavano le piscine e di alcuni valloni molto incisi, entro i quali defluivano le acque che dalla Duna Quaternaria scendevano verso il Lago di Fogliano. Si procedette ai lavori necessari tra enormi difficolta'.
Si deve tener presente che tutta la zona attorno a Casale dei Pini era scarsamente abitata, anche nei mesi durante i quali il pericolo della malaria era meno da temere; i pochi abitanti erano dediti, per la quasi totalità, all'allevamento del bestiame, che pascolava nella boscaglia.
I lavori di costruzione dei fabbricati vennero iniziati nella primavera del 1929 e furono eseguiti direttamente dal Consorzio di Bonifica, interessando la mano d'opera con piccoli cottimi fiduciari.
Il nucleo centrale del villaggio fu costituito dai seguenti fabbricati:
Casa del Capo Azienda con annesso fabbricato rustico;
casa del medico con annesso ambulatorio e fabbricato rustico;
casa per i guardiani idraulici con annesso fabbricato rustico;
dispensa;
Ufficio postale e salone per il dopolavoro con annessi alloggi;
forno con alloggio e annesso rustico;
caserma dei Carabinieri con annesso rustico.
Tutti questi edifici furono di tipo analogo a quello dei fabbricati costruiti con uguale destinazione a Passo Genovese, ossia Borgo Sabotino.
Nel nucleo centrale furono comprese anche la Chiesa, la scuola e la cabina elettrica con soprastante serbatoio per l’acqua potabile.
Merita uno speciale accenno la Chiesa, che fu costruita su progetto dell'Architetto Tirelli ed i cui prospetti di tufo, che alternano i toni chiari a quelli scuri, risultarono di un bell'effetto estetico.
Per il fabbricato scolastico, comprendente due aule e due appartamenti per alloggio insegnanti, venne adottato un progetto più moderno di quelli eseguiti negli altri villaggi.
Le linee architettoniche della torretta del serbatoio idrico, che al piano inferiore ospitava la cabina elettrica di trasformazione, ricalcavano in miniatura quelle della torre corsara di Fogliano, situata sulla spiaggia a sinistra della foce de Rio Martino, che venne distrutta durante la guerra nella primavera del 1944.

Borgo Piave fraz. Di Lecce
th_403594493_1_122_592lo


Piccolo centro rurale vicino Frigole, a circa 8 km dal capoluogo . Furono create infrastrutture e una grande caserma della Marina Militare soprannominata “Case della Marina".
Un passato prestigioso, dal punto di vista militare, per l’imponente complesso edilizio, un casermone di grandi dimensioni che si sviluppa su due piani al cui interno, nella parte retrostante, constava di estesi campi e ampi spazi adibiti a depositi dei mezzi pesanti. Ora completamente abbandonato:

th_399557658_1_122_481lo


continua sotto.


Edited by Pulcinella291 - 25/12/2014, 09:37
 
Web  Top
view post Posted on 25/12/2014, 10:37
Avatar

Pulcinella291 Forum

Group:
AMMINISTRAZIONE
Posts:
42,032

Status:


Contrade e paesi fondati dal fascismo in Basilicata




A Potenza nei primi anni del fascismo furono realizzate 8 unità residenziali contadine con annesso forno e scuola ed altri 2 fabbricati con alloggi per agricoltori ed operai. A promuoverne la costruzione furono il ministro Giurati, i prefetti Reale e Bianchetti ed il provveditore alle OO.PP. Tizzano e fondamentale fu la figura del commissario prefettizio comunale Antonucci. Le opere era a carico dello stato come anche l’infrastrutturazione in base al piano di risanamento, mentre il comune avrebbe provveduto alle altre opere, compresa la sistemazione di una prevista area industriale. Nonostante le difficoltà economiche si calcolò in 17 anni il tempo necessario a realizzare le opere così come quello di godimento da parte del comune delle pigioni degli alloggi dei villaggi, considerando che a Potenza nel 1928 vi erano 1.086 vani di case contadine e 544 di case operaie, capaci di garantire al comune
sufficienti entrate da impiegare nei lavori per i nuovi villaggi.
Collaudati nell’agosto del 1928 dal podestà Giocoli, nel successivo marzo erano in ultimazione e sistemazione 2 fabbricati del villaggio Francioso che avrebbero accolto gli sfollati delle abitazioni malsane abbattute nei centrali largo Liceo, cortile delle Gerolomine e vicoli Falcinelli, Josa e San Bartolomeo. In novembre giunsero i primi residenti del villaggio comunale Francioso
composto da più unità abitative in 2 edifici su 2 piani, mentre di un terzo fabbricato ancora da costruire ne fu sollecitata la realizzazione per fronteggiare l’emergenza sfollati .
Il villaggio Francioso si trovava lungo la strada per la stazione inferiore, presso il costruendo seminario, ed era dotato di scuola elementare, ma la particolarità era quella di essere definito un villaggio misto ‘agricolo-operaio’ che al suo interno riproduceva una divisione spaziale e sociale attraverso una strada ed una gradinata.
Il villaggio, infatti, si articolava in una parte settentrionale, alta, con gli alloggi per operai, piccoli commercianti ed impiegati, mentre nella parte meridionale, a valle, erano presenti gli alloggi per contadini, con annesse stalle e concimaie, più vicini ai fondi presenti lungo la valle del Basento lavorabili dai braccianti. La modernizzazione fascista in chiave industriale ed agricola utilizzò anche i nuovi e più igienici insediamenti con cui esercitare un controllo sociale dei contadini, riducendo possibili tensioni urbane ed assecondando la politica demografica fascista che fece proprio della Basilicata il modello della rinnovata ‘natalità’ rurale italiana.
Nel dicembre 1925 il commissario Antonucci scrisse al provveditorato alle OO.PP. e
all’ingegnere capo del Genio Civile, Rotondo, sulla costruzione del villaggio rurale in contrada Sant’Antonio La Macchia, località Betlemme, come area adatta per l’intensità della coltivazione, la presenza di acqua, la salubrità e la vicinanza alla città. Il vice prefetto Giuseppe Giordano nel 1927 decretò così l’occupazione permanentemente a favore del provveditorato alle OO.PP. dei seminativi privati in contrada Betlemme confinanti con le strade Chianchetta e Nazionale Appulo-Lucana e terzi. Nel 1929 il prefetto decretò una nuova occupazione permanente di seminativi, di un fabbricato ed un forno privati che sommati ai precedenti ammontavano a circa 3 ettari espropriati, a fronte di indennizzi di oltre 115 mila lire.
Il villaggio Betlemme, costruito dal comune e del provveditorato per una spesa di 720
mila lire, fu consegnato nel luglio 1927 e si articolava in 5 fabbricati ognuno dei quali composto da 2 unità abitative dotate ciascuna di fienile superiore e stalla esterna ad uso d’ovile.


Dopo l’attentato a Mussolini, il 31 ottobre 1926 a Bologna, il governo fascista promulgò le nuove leggi di pubblica sicurezza con il Regio Decreto n. 1848 del 6 novembre dello stesso anno, istituendo il confino di polizia, misura di carattere politico-amministrativo.
A partire da questo momento, chiunque fosse ritenuto pericoloso per la sicurezza pubblica poteva essere allontanato dalla sua abituale residenza e inviato coattivamente in località sperdute dell’Italia centro meridionale. Di fatto venivano colpiti anche coloro che avevano semplicemente manifestato la propria contrarietà al regime, qualsiasi antifascista o presunto tale.
In Basilicata fu creata la colonia confinaria di lavoro di Bosco Salice di Pisticci che fu unica nel suo genere.
Il regime con la colonia confinaria di lavoro si volevano bonificare le grandi paludi malariche, caratterizzate da miseria e da povertà atavica. Si diede così avvio nel 1938 a vari lavori di bonifica e agricoli; nel 1940 vi lavoravano già 500 confinati. Il risultato finale fu 750 ettari di terreno acquitrinoso messi a coltura, la realizzazione di case coloniche, di un centro agricolo e di un villaggio.

La colonia che fu chiamata Marconia che dipendeva direttamente dal Ministero degli Interni, nel 1939 divenne il primo vero campo di concentramento in Italia. Erano addetti al servizio d’ordine: militi, ufficiali, carabinieri, ecc.e fu attiva dalla primavera del 1939 al settembre del 1943.
Nella zona erano già presenti dal 1927 dei capannoni in muratura, otto precisamente, che avrebbero potuto ospitare dopo la ristrutturazione circa duecento persone e con altri fabbricati si sarebbe potuto arrivare alla capienza di circa cinquecento confinati. Di proprietà demaniale del comune di Pisticci, l’area era soggetta a vincolo forestale e a uso civico di pascolo e legnatico. Fu necessario quindi prendere accordi con le autorità locali per liberarla da questi legami, infatti nel novembre del 1938 con un decreto, il ministero dell’Agricoltura autorizzò la trasformazione a coltura agraria dei terreni del demanio di Pisticci. I terreni non furono più affidati al comune ma a un privato, l’industriale Eugenio Parrini, a cui fu affidata la progettazione esecutiva dei lavori. Gli otto capannoni furono sistemati e poiché la zona sorgeva nel comprensorio di bonifica di Metaponto, Parrini poté usufruire di provvidenze statali grazie alle leggi sulla bonifica integrale e sull’olivicoltura. I confinati svolsero in tre anni sia lavori agricoli che di costruzione occorrenti per la colonia. Finiti i lavori di disboscamento e bonifica, sorse intorno agli otto capannoni un villaggio agricolo, con le case per i carabinieri, il comando della Mvsn, l’ufficio postale, le botteghe, la chiesa, il carcere, il magazzino, lo spaccio, e naturalmente l’edificio adibito ai confinati.

Venusio fraz. di Matera


a pochi chilometri da Matera fu fondato il borgo di Venusio progettato da Luigi Piccinato, dove tra gli ex combattenti furono sorteggiati lotti di terra da coltivare e case coloniche.
La cerimonia di assegnazione si tenne nell'ottobre del 1929.
Il regime ci tenne a precisare che la concessione poteva essere revocata a coloro i quali non seguissero quanto prescritto nel coltivare e trasformare i terreni.
I contadini dovettero anche acquisire un minimo di istruzione frequentando la scuola istituita nel villaggio stesso.

Nel ventennio ci fu anche la ricostruzione di Policoro, ricostruito su preesistenza e già frazione di Montalbano Jonico

continua
 
Web  Top
view post Posted on 26/12/2014, 12:44
Avatar

Pulcinella291 Forum

Group:
AMMINISTRAZIONE
Posts:
42,032

Status:


Contrade e paesi fondati dal fascismo in Calabria



I paesi della Calabria prima dell'avvento fascista erano amministrati da molte famiglie, a loro credere, per diritto ereditario o da professionisti, tra l'altro pochissimi, a corto di clienti.
Con l'avvento del regime le cose cambiarono anche se continuo' la chiusura verso la popolazione rurale i cosiddetti "tamarri"a favore di una minuscola borghesia artigiana (gli «operai»), che amplia radicalmente
il fronte sociale coinvolto nella politica amministrativa. L'immissione, però, di nuovi ceti, che godono di una «maggiore indipendenza economica », nella battaglia municipale, scatena ambizioni e nuove battaglie individualistiche, che si pongono, ancora una volta, sul terreno dello scontro personalistico e interfamiliare.
E per tali ragioni che dai vertici del fascismo provinciale calano, talvolta, sulle amministrazioni comunali e sugli stessi direttori dei fasci inchieste e decreti di scioglimento.
L'istituzione dei'podestà, che accompagnerà, nel 1926, l'abolizione delle libere elezioni non portera' grandi mutamenti sulla situazione preesistente ma qualcosa sul piano delle riforme urbanistiche sara' fatto.
Nell'estate del 1926 vengono nominati, nella provincia di Cosenza, 92 podestà, destinati ad amministrare 130 comuni. Si tratta, per lo più, di centri addirittura minuscoli, per la maggior parte dei quali si tenta di effettuare un'operazione di accorpamento, che rientra in un progetto di ristrutturazione e riduzione delle unità amministrative, promosso personalmente da Mussolini su tutto il territorio nazionale.
I comuni più piccoli e tra loro più vicini, a gruppi di due o tre, vengono affidati ad un unico podestà, che è spesso un funzionario retribuito, estraneo all'ambiente locale. Tali accorpamenti si hanno, nella provincia di Cosenza, per 75 comuni, pari al 57,7% delle 130 unità amministrative inferiori ai 5000 abitanti, alle quali viene temporaneamente limitato l'istituto podestarile'.
Alla fine dell'anno viene formalizzata la nomina del podestà di Cosenza e nel marzo del 1927 anche quella dei rimanenti 23 comuni della provincia di più cospicue dimensioni, in seguito alla generalizzazione a
tutti i comuni italiani della nuova istituzione podestarile.
Si mette in opera, visibilmente, un processo di accentramento ammi nistrativo, secondo le linee deliberate a livello nazionale. La manovra viene realizzata non solo attraverso l'accorpamento dei comuni più piccoli, ma anche tramite la più marcata dipendenza delle amministrazioni
comunali dal prefetto, inteso come la più alta autorità dello Stato nella provincia e il responsabile diretto del potere esecutivo, alla cui approvazione saranno subordinate le deliberazioni podestarili. Quest'ultimo
aspetto è fortemente accentuato dalla trasformazione del segretario comunale da funzionario del comune a funzionario statale, che risponde delle sue azioni non più al sindaco - da cui in età liberale era nominato
- ma al prefetto'. In piu' verra' nominato per la Calabria il nuovo provveditore alle opere pubbliche è l'ingegnere Orazio Lepore, ispettore generale del Genio civile'. Il funzionario, appena insediato, riceve dal ministro dei Lavori pubblici Giuriati precise disposizioni, « attesa la necessità di sottrarre i Provveditorati alle
OO.PP. del Mezzogiorno e delle Isole ad ogni influenza politica o particolaristica». La circolare ministeriale, in effetti, dispone «che i Provveditori si astengano dal riscontrare le lettere di uomini politici e di aspiranti alle cariche pubbliche, ma le mandino con le loro osservazioni al Ministro»; e inoltre «che alle pressioni e alle domande verbalmente fatte dai predetti elementi i Provveditori non rispondano mai con promesse od impegni ma pregando i sollecitatori di rivolgersi al Ministro».
Furono, cosi,' avviati lavori relativi a 183 tronchi di strade, per upa spesa di 141 625 000 lire, alla cui rea
lizzazione sono impegnati, nell'estate del '25, 5700 operai'.
Tale inedita struttura viene, però, riassunta, emblematizzata e personalizzata, dalla e per l'opinione pubblica regionale, nelle scelte impo ste dal «calabrese» Bianchi in materia di opere infrastrutturali (strade
e ferrovie) e di edilizia pubblica: prima come uomo di potere del partito, poi come sottosegretario e infine come ministro dei Lavori pubblici.
Sul piano locale, poi, l'immagine di Bianchi, 'uomo politico, che si mostra capace di suscitare finalmente una nuova presenza e operatività dello Stato, viene trionfalisticamente riassunta ed esaltata nell'opera di trasformazione dell'altopiano della Sila, grazie alla costruzione di laghi artificiali finalizzati all'allestimento dei più importanti impianti idroelettrici del Mezzogiorno e ad una incipiente e concomitante valorizzazione turistica'.
In provincia e a Cosenza, constatate le deficienze della cassa comunale, Mussolini dispone l'invio immediato di un contributo a fondo perduto di 900 000 lire, per sanare il deficit e porre cosi le basi per una politica dei lavori pubblici che, col concorso decisivo dello Stato, modificherà profondamente il volto della città. Nei primi sei anni di amministrazione saranno impegnati quasi 22 milioni di lire soltanto per i lavori pubblici, gran parte dei quali destinati alla costruzione del nuovo acquedotto del Merone (che convoglia in città le acque del Merone dalla Sila Piccola con una canalizzazione lunga 30 km), e alla sistemazione igienico-stradale dei quartieri vecchi e nuovi (vengono aperte al transito e pavimentate
45 nuove strade e 6 piazze). Nel nuovo quartiere Rivocati viene, inoltre, costruito un grande edificio scolastico e, più in periferia, un nuovo campo sportivo; mentre nel centro storico, sulla piazza XV Marzo, si avvia la costruzione dell'edificio destinato a sede della Biblioteca civica e dell'Accademia cosentina. Agli «istituti di educazione e di cultura», infine, si assegnano contributi per quasi due milioni di lire.
Si tratta, dunque, di un programma a vasto raggio che mira a gestire ed esaltare l'espansione del centro abitato con massicce opere di urbanizzazione, tali da consentire la definizione del primo, vero piano regolatore della città. Esso verrà redatto, nel 1936, dall'ingegner Gualano, capo dell'ufficio tecnico del comune, il quale aveva già eseguito, nel 1929, il progetto dell'acquedotto del Merone. Il piano Gualano, anche se sarà attuato solo parzialmente, costituirà «il primo vero momento di programmazione dello sviluppo» urbano. In esso si appronta un «tentativo di creare zone di espansione a bassa densità edilizia» e «consistenti spazi di verde pubblico»; si individua nell'attuale corso Mazzini la sede della zona commerciale e, più in generale, si ipotizzano lungo la direttrice nord « alcune coordinate fondamentali della futura configurazione della città », che saranno seguite, ma senza più alcun serio criterio di pianificazione, nel secondo dopoguerra, col risultato di produrre i guasti attualmente visibili.'
In quasi tutta la Calabria ci sara' un graduale svuotamento urbanistico dei vecchi centri storici, spesso arroccati su montagna e colline , a favore di un graduale slittamento verso la Marina, intorno alle stazioni ferroviarie, favorito dall'intrapresa dei lavori di bonifica in pianura e rimboschimento sui monti circostanti.
Bisogna osservare, a questo proposito, che mentre Cosenza è protagonista di un vigoroso processo di espansione urbana, che consente al capoluogo di esercitare per la prima volta nella sua storia le funzioni di
effettivo polo di attrazione sull'enorme territorio della provincia; mentre, inoltre, a Castrovillari si configurano vistosi elementi di urbanizzazione; a Rossano, invece, il 52,4% della popolazione attiva, nel '36, è occupato nel settore primario e definisce il volto di un grosso centro agricolo, privo ancora di spiccate propensioni urbane. Le novità sono in un certo senso «esterne»: mentre la popolazione complessiva presente addirittura cala, già nel 1936 il 26,7% dei residenti è defluito verso la stazione ferroviaria, posta nella pianura costiera, a diversi chilometri dall'antico centro abitato'. L'intervento dello Stato, conl'intrapresa della bonifica e la costruzione delle prime arterie stradali nella piana.Al governo fascista stava a cuore la soluzione del problema agrario meridionale quanto la penetrazione dell'ideologia di regime nelle stesse campagne del Sud. Cosicché con le Leggi del '28 e del '33 iniziò la Bonifica Integrale per prosciugare i terreni paludosi, eliminando la malaria e rendendoli atti alle colture. Allo stesso tempo vennero forniti ai coloni i mezzi necessari alla coltivazione, vennero costruite strade interpoderali e abitazioni rurali.



Verranno fondati :
Villaggio Frasso, centro della Bonifica di Sibari, frazione di Corigliano Calabro
Villapiana Scalo, centro della Bonifica di Sibari, frazione di Villapiana
Sibari, centro della Bonifica di Sibari, frazione di Cassano all'Ionio
Thurio, centro della Bonifica di Sibari, frazione di Corigliano Calabro
Cantinella, centro della Bonifica di Sibari, frazione di Corigliano Calabro1931
Villaggio Piana di Sibari 1, comune di Cassano all'Ionio
Villaggio Piana di Sibari 2, comune di Cassano all'Ionio
Villaggio Piana di Sibari 3, comune di Cassano all'Ionio
Negli anni trenta il consenso intorno al regime si realizzò anche attraverso una serie di forme di assistenza e previdenza sociale, quali INPS, INAIL, ONMI ed inoltre con la distribuzione di pacchi dono (befana del soldato ecc...). Nell'intento di migliorare le condizioni di vita della popolazione il Regime curò in modo particolare l'assistenza all'infanzia con le colonie marine e montane per i figli dei lavoratori; istituì L'Opera Nazionale Dopolavoro e curò le organizzazioni sportive.Durante gli anni Trenta il Regime perseguì un ambizioso progetto di bonifica su un territorio di circa 140.000 ettari, dalle falde del Pollino alla Sila greca, dove dominava la grande proprietà estensiva: si trattava di terreni tenuti in fitto dai coloni che li facevano lavorare, utilizzandomanodopera salariata o li subaffittavano per un tempo determinato ai contadini, in "terraggera".


La piana di Sibari delimitata a nord dal torrente Saraceno e a sud dal Coriglianeto, divisa in due dal grande fiume Crati con vari affluenti, in vari punti straripanti, si estendeva per 32.000 ettari in preda agli acquitrini, priva di strade e spopolata dalla malaria. Anche il territorio appartenente ai Comuni di San Lorenzo del Vallo, Spezzano Albanese, Terranova e Tarsia che si estendeva per circa 16.000 ettari era in preda alla malaria.(19) In questi comprensori, soprattutto, operò dal 1928 al '35 la Società Anonima Bonifiche del mezzogiorno. Nella sola piana di Sibari furono realizzati lavori di arginamento e canalizzazione delle acque irrigue, costruite strade e case coloniche per una spesa di circa cento milioni di Lire. Quasi 1.500 ettari di terreno di proprietà dei Toscano furono coltivati e strappati alle paludi, portatrici di malaria. Proprio nella zona di Cassano lo Stato non trovò la resistenza dei grandi proprietari alla realizzazione del suo progetto di bonifica, come in altre zone della Calabria dove il ceto dirigente locale si oppose alla trasformazione dell'agricoltura che il Regime imponeva. Le trasformazioni agricole e i lavori di bonifica operati dal Fascismo furono interrotti dall'avvento della guerra e finirono nel totale disinteresse.


In provincia di Catanzaro fu fondata Lamezia divenendo comune autonomo scindendosi da Nicastro con disposizione legislativa dell'8 aprile 1935 (con decorrenza 1º gennaio 1936), con il nome di Sant'Eufemia Lamezia, alla cui guida veniva chiamato Francesco Cordaro. Concepita come uno dei fiori all'occhiello dell'azione governativa fascista, Sant'Eufemia usufruì di risorse finanziarie cospicue e fu posta al centro di interventi riformatori che si espressero con pregevoli opere di architettura rurale.
Continua sotto
 
Web  Top
view post Posted on 27/12/2014, 10:31
Avatar

Pulcinella291 Forum

Group:
AMMINISTRAZIONE
Posts:
42,032

Status:


Contrade e paesi fondati in Sicilia dal regime




Una delle più importanti imprese del regime in Sicilia fu certamente la ricostruzione della città di Mascali (CT), interamente distrutta dall'eruzione dell'Etna del 1928. Il Governo, su impulso dello stesso Mussolini, diede inizio ai lavori di ricostruzione immediatamente dopo la catastrofica calamità naturale, decidendo di spostare la nuova città più a valle, a ridosso della strada statale che collega Messina a Catania, e a metà strada tra i Comuni di Giarre e Fiumefreddo di Sicilia.
“I mascalesi che romanamente sopportarono grave sciagura e silenziosi come troiani -recita una lettera inviata nel 1929 al Duce da un notabile mascalese- non domandano nulla, perché assai sperano nella volontà del Vostro Governo nel sostenere lo sforzo d’onore e d’amore di un popolo laborioso che tutto vuole tranne che l’infausta resa”. Ed entro un anno dalla catastrofe fu rifondata un'intera città, una delle più importanti imprese del regime in Sicilia.


Le prime opere finanziate furono l'acquedotto, il cimitero, la casa comunale, le scuole, la Chiesa. Congiuntamente fu predisposta la costruzione di un primo nucleo di abitazioni denominate "ricoveri stabili" (ancora oggi abitati come normali abitazioni civili) da destinare alle famiglie bisognose. Inoltre, per favorire la ripopolazione della città si provvide alla concessione di un lotto di terreno e di un contributo statale (dal 40 al 60%) per la ricostruzione delle case dei cittadini più abbienti. Solo per la costruzione delle opere pubbliche lo Stato impegnò la ragguardevole somma di 12 milioni di lire. Lo Stato fu sempre vigile sui criteri di costruzione dei privati, dando ad essi dei precisi obblighi da seguire, specialmente dopo l'emanazione delle nuove norme di sicurezza ed antisismiche volute dal legislatore. Il grosso dei lavori fu ultimato entro il 1937.rchitettonicamente, Mascali esprime tutto lo sviluppo e l’inquietudine artistica di quegli anni, divisa a metà, tra edifici ispirati alle linee taglienti del futurismo e del razionalismo, ed edifici di stampo conservatore volgenti ancora ad uno stile ottocentesco. Gli edifici pubblici sono espressione della cosiddetta “architettura di Stato”, ovvero un razionalismo che fa da compromesso tra conservatorismo e modernità. Per l’urbanizzazione e la progettazione architettonica della città di Mascali, il regime si avvalse della consulenza di illustri architetti, tra i quali spicca Camillo Autore (allievo di Ernesto Basile), famoso per la risistemazione del lungomare di Reggio Calabria e la progettazione del monumento dedicato a Vittorio Emanuele III che troneggia sul sopracitato lungomare.

Per il resto, la pianificazione di nuovi insediamenti in Sicilia avvenne in due fasi. La prima a cavallo degli anni venti e trenta, nell'ambito delle campagne di bonifica di aree incolte e malsane, dopo la legge n. 3134 del 1928 “Provvedimenti per la bonifica integrale” con la fondazione di diversi villaggi operai di bonifica. Due villaggi agricoli furono dovuti all'iniziativa privata (Villaggio Santa Rita e Libertinia). La seconda, intorno al 1939 a seguito dell'"assalto al latifondo" che portò alla legge 2/1/1940 di riforma agraria, alla nascita dell'ECLS (Ente di Colonizzazione del Latifondo Siciliano), ed alla fondazione di una quindicina di borghi agricoli di servizi in aree desolate dell'isola.


Libertinia fu voluto dal barone Gesualdo Libertini, da cui ne derivò il nome.La costruzione delle prime case coloniche avvenuta sin dal 1922, accanto ad una preesistente masseria, si avvalse poi di una legge sulla bonifica del 1924, e nel 1928 continuò la costruzione fino all'edificazione del villaggio con i suoi depositi, case coloniche, chiesa e piazza.

Nessuno di questi insediamenti ebbe carattere di centro urbano, anche se alcuni di essi furono in seguito riconvertiti ad insediamenti abitativi o agricoli come (Borgo Sferro, 1927) e Pergusa (1935) che attualmente è il centro che ha avuto il maggior sviluppo demografico. Molti insediamenti, invece, sono stati abbandonati ed in stato di rudere.

Le opere di Pergusa

Nel 1923 il Regio Commissario Benedetto Fragapane progettò una quotizzazione del bosco con la creazione di una città giardino che avrebbe dovuto assumere il nome di Mussolinia. Il progetto, ispirato alle architetture romane antiche, venne redatto dall'architetto Saverio Fragapane ed approvato dallo stesso Benito Mussolini. Esso prevedeva un impianto urbano radiale, incentrato su una piazza circolare (denominata piazza XXX Ottobre) marginata da otto edifici porticati, tutti uguali, ciascuno con due torrette ai lati coperte da cupole. Il 12 maggio 1924, con una fastosa cerimonia, lo stesso Mussolini posò la prima pietra.


In realtà i lavori erano già iniziati prima e a quella data erano già stati costruiti la banchina della piazza, una parte del portico e due delle sedici torrette previste. La maglia urbana a strade radiali, che assegnava alla città una superficie di 400.000, mq venne pure parzialmente tracciata, mediante la posa dei frantoni dei marciapiedi. Nonostante Mussolini seguisse personalmente e costantemente il prosieguo dei lavori, questi non superarono mai lo stato iniziale, a causa di brogli amministrativi e di una faida interna ai fascisti di Caltagirone, che si concluderà con l'abbandono dell'impresa e l'allontanamento dalle cariche pubbliche degli attori coinvolti.


Una decina di nuovi borghi accolsero gli operai occupati nelle opere di bonifica ed erano destinati, in seguito, a divenire nuovi insediamenti abitativi o agricoli , anche se non sempre il processo di riconversione fu attuato (Borgo Recalmigi, oggi abbandonato, nei pressi di Castronovo di Sicilia).
Altri siti di bonifica furono il lago di Lentini (Villaggio Bardara) e le aree umide intorno a Siracusa.
Intorno al 1939 la fondazione di una quindicina di borghi, alcuni molto piccoli, destinati a diventare centri di servizi del futuro appoderamento delle aree incolte circostanti, secondo un modello consueto. I borghi, più o meno grandi, furono costruiti in aree sperdute e desolate e comprendevano alcuni edifici pubblici come la scuola rurale, la chiesa, l'infermeria ed altri ancora, e vennero progettati da giovani progettisti con intenti pienamente funzionalisti. Realizzati intorno al 1940 furono


Borgo Lupo (Mineo),



Borgo Giuliano (San Teodoro),



Borgo Portella della Croce (Tra Prizzi e Vicari), Borgo Petilia (Caltanissetta), Giacomo Schirò (tra Corleone e Monreale), Borgo Vicaretto (Castellana Sicula), Borgo Baccarato (Aidone), Borgo Antonio Cascino (Enna), Borgo Domenico Borzellino (Monreale),



<p align="center">[URL=http://it.tinypic.com?ref=20fpbg6]


Borgo Antonio Bonsignore (Ribera).


Ad ogni villaggio fu dato il nome di un “eroe” caduto durante l’età del Ventennio e prima del secondo conflitto mondiale vennero completati i borghi Bonsignore ( Ribera ), Gattuso ( Caltanissetta ), Cascino ( Enna ), Fazio ( Trapani ), Giuliano ( Messina ), Lupo ( Mineo ), Rizza ( Carlentini ) e Schirò ( Monreale ).
continua sotto


Edited by Pulcinella291 - 11/7/2016, 08:11
 
Web  Top
view post Posted on 27/12/2014, 18:44
Avatar

Pulcinella291 Forum

Group:
AMMINISTRAZIONE
Posts:
42,032

Status:


Contrade e borghi fondati dal regime in Sardegna



Anche in Sardegna dopo il celebre "Discorso dell'Ascensione" (pronunciato a Milano nel 1927), e un articolo opportunamente intitolato "Sfollare le città" (pubblicato nel 1928), il fascismo poneva le basi per una politica di "disurbanizzazione" che voleva controllare la crescita urbana, ma allo stesso tempo mantenere popolate le campagne, in un momento nel quale si delineava uno svuotamento progressivo degli insediamenti rurali. Fu così avviato il provvedimento per la "bonifica integrale": promuovere il risanamento economico e sociale del paese attraverso la realizzazione di grandiose opere pubbliche finanziate quasi interamente dallo Stato e destinate a mutare profondamente il territorio italiano grazie a lavori di bonifica, prosciugamento, elettrificazione, anche con lo scopo di occupare manodopera non specializzata.
La Sardegna si mostra in perfetta linea con la tendenza nazionale non soltanto per la crescita urbana, ma anche e soprattutto per la fondazione delle tre città nuove (Mussolinia, Fertilia e Carbonia), che a varie tappe testimoniano la presenza determinante del regime nell'isola, rendendola una sorta di "laboratorio per l'architettura italiana".
Per la storia,la prima grandiosa opera di bonifica,realizzata dal regime fascista, fu quella del Campidano in provincia di Cagliari, ove diciottomila ettari di terreno vennero unificati e appoderati con moderne e razionali case coloniche. Al centro di questa bonifica sorse Mussolini,il 28 ottobre 1928 col primo esperimento di colonizzazione interna con l’immissione di quaranta famiglie polesane. Fertilia invece è nel comprensorio di bonifica della Nurra ed è sorte il 7 ottobre del 1932. Ferrara trasfuse nel nuovo centro energie e attivi nuclei familiari della sua provincia. Numerosa fu anche l’immissione di profughi giuliani. Trieste offrì le campane per la chiesa.


Indubbiamente fra le città sorte in Sardegna Carbonia è la più significativa. Inaugurandola il 18 dicembre 1938 – terzo anniversario della “giornata della fede” contro le sanzioni – Mussolini fra l’altro disse: “Carbonia ha nel nome la sua origine, il suo compito, il suo destino e avrà nel suo stemma una lanterna da minatore.Il centro nacque negli anni trenta del Novecento a circa 65 km a ovest di Cagliari per ospitare le maestranze impiegate nelle miniere di carbone che furono avviate in quegli stessi anni nel territorio dal regime fascista, per sopperire alle necessità energetiche dell'Italia negli anni dell'autarchia. In particolare Carbonia, il cui nome indica letteralmente il luogo o la terra del carbone a testimonianza della sua vocazione mineraria, fu costruita a ridosso della miniera di Serbariu, sostituendo l'omonimo comune ottocentesco.
Precisamente il giorno della fondazione del centro comunale viene fatto risalire al 9 giugno di quell'anno, anniversario della prima visita del capo del governo fascista, Benito Mussolini, al centro carbonifero di Bacu Abis (destinato a divenire frazione mineraria di Carbonia, molto simile ad Arsia, in Istria), avvenuta due anni prima nella stessa data (le due città, oltre all'altro centro minerario istriano di Albona, sono oggi gemellate).


La rituale cerimonia della fondazione di Carbonia, con le tipiche celebrazioni del regime di quel periodo, si realizzò, in presenza delle diverse autorità civili, militari e religiose, con la posa della prima pietra e di un astuccio contenente una pergamena (con i nomi dei partecipanti al rito battesimale della nuova città) nel fosso delle fondamenta della torre Littoria, ora torre Civica, primo edificio costruito in città sul monte Fossone.


La costituzione del comune di Carbonia fu stabilita con Regio Decreto numero 2189 del 5 novembre 1937. Secondo l'articolo 1 del suddetto Decreto si prevede l'istituzione del comune di Carbonia con capoluogo nel villaggio minerario in località monte Fossone, la cui circoscrizione comprende l'intero territorio del comune di Serbariu (che fu soppresso), nonché alcune parti dei territori dei comuni di Gonnesa e di Iglesias. I lavori, costati circa 325 milioni di lire dell'epoca, vennero completati nel 1938, sebbene parecchi quartieri sarebbero stati costruiti negli anni successivi. I lavori si basarono sui progetti realizzati dall'ingegner Cesare Valle e dall'architetto Ignazio Guidi.
Oltre alla costruzione di Carbonia presso la nuova miniera di Serbariu, il progetto prevedeva il potenziamento altri centri in prossimità di miniere di carbone, come Bacu Abis, Cortoghiana, Portoscuso.

Arborea, originariamente Mussolinia di Sardegna,


fu il centro di una vasta area di bonifica non lontano da Oristano ed una delle prime significative realizzazioni di nuova fondazione. La struttura urbana era a maglie ortogonali. Vi si insediarono quattromila abitanti provenienti da varie parti d'Italia, nel centro abitato, negli insediamenti sparsi e nei centri di servizi sorti nell'area di bonifica (Linnas, Pompongias, Sassu, S'Ungroni, Tanca Marchese, Torrevecchia).

Il progetto della nascita di questo centro nacque dalla necessita' di rendere produttive le terre strappate alla palude, creare una nuova e redditizia agricoltura. Da tutto il circondario accorsero operai a giornata per la costruzione di strade e canali, ponti ed argini, pozzi e serbatoi, officine e ferrovie, ambulatori e case coloniche. In questa fase il ruolo dei sardi fu essenziale. La certezza di un guadagno sicuro richiamava giornalmente centinaia di muratori, fabbri, falegnami, operai generici, abituati fra l’altro a convivere con la malaria, inquadrati nei vari comparti aziendali come la cava, la bloccheria, l’edilizia civile, i lavori di prosciugamento o di rimboschimento.
Più complesso era il discorso relativo alla creazione delle aziende familiari contadine. In questo caso si preferì ricorrere a coloni continentali – padani specialmente – che avrebbero assicurato all’impresa un maggior attaccamento al fondo assegnato ed una più matura dimestichezza con il patto di mezzadria sottoscritto e con i ritmi produttivi richiesti.

Attorno ai vari centri colonici, spiccavano – giorno dopo giorno – nuove case e nuove stalle, appena imbiancate e pronte ad accogliere i nuovi arrivati ed il bestiame assegnato. Il 29 ottobre 1928 veniva inaugurato il “Villaggio Mussolini”, assurto a comune autonomo due anni dopo con il nome di Mussolinia di Sardegna. Questa fu la prima città di fondazione creata dal fascismo, dotata di tutte le principali strutture amministrative e politiche ed abitata da un numero crescente di residenti: oltre tremila, ad appena sei anni dalla fondazione. Il nome della città muterà per decreto il 17 febbraio 1944: “nasceva” così Arborea, una comunità certo molto giovane ma non per questo priva di storia.

Fertilia


la sua vicenda inizia nel 1933 con la bonifica integrale della Nurra da parte dell'Ente di Colonizzazione Ferrarese (poi Ente sardo di colonizzazione). In realtà l'interesse per quella zona risale almeno al 1898 con la bonifica dello stagno del Calik, realizzata con la manodopera dei forzati, per continuare con i villaggi operai posti sulla strada tra Alghero e Porto Conte e l'azienda agricola Barezza, legata al lago artificiale di Baratz, entrambi del 1927. Tra le città nuove del Ventennio Fertilia è certamente quella rimasta più vicina al borgo rurale originario.
Il piano urbanistico, predisposto nel 1935 dall'ingegnere Arturo Miraglia, era basato sul modello della città diffusa nel territorio, ripreso dalle esperienze inglesi della città giardino, ma successivamente fu affidato l'incarico per un nuovo piano a quattro architetti raggruppati sotto la sigla 2PST (Concezio Petrucci, Emanuele Filiberto Paolini, Riccardo Silenzi, Mario Tufaroli Luciano).
Il nuovo strumento di pianificazione, approvato nel 1937, usava lo schema semicircolare di Miraglia quale spunto iniziale, affiancandogli però una maglia ortogonale con una separazione netta degli spazi pubblici relativi ai tre ambiti religioso, civico e commerciale. Anche la parte residenziale passava dalla proposta di case disseminate nel verde ad un nucleo autonomo, peraltro mai realizzato.


Dopo l'avvio del progetto esecutivo nel 1939 i lavori continuarono, prima di bloccarsi nel 1942 per la situazione sempre più tragica della seconda guerra mondiale, e furono ripresi soltanto negli anni cinquanta, quando l'insediamento di Fertilia si preparò ad accogliere i profughi dalle terre italiane passate a quella che frattanto era divenuta la repubblica federativa di Jugoslavia.
L'unico edificio di Miraglia realmente costruito tra il 1935 e il 1936, anno della inaugurazione del nuovo insediamento, è la scuola elementare, che risente di richiami precisi ad esperienze internazionali e ricorre all'uso di volumi con linee curve e a finestre a nastro con fasce di mattoni alternate a fasce di intonaco.
Le altre architetture sono invece nettamente differenti e più tradizionali, a cominciare dalla chiesa che riprende il modello dell'edificio già costruito dallo stesso gruppo 2PST ad Aprilia, una delle città nuove dell'Agro Pontino. Presenta una facciata chiusa da un profondo incavo che include l'ingresso e una vetrata, e viene raccordata a due elementi simmetrici più bassi mediante archi disposti su linee curve. L'alto campanile fu aggiunto solo nel 1955. L'edificio è situato in una piazza ed è il fulcro visivo della strada principale.
Questa strada attraversa tutto il centro ed è fiancheggiata da edifici a portico che in prossimità del mare si aprono in uno spazio prospiciente la casa comunale, anch'essa dai volumi netti e squadrati, il dopolavoro, l'albergo.
Tutti gli edifici principali di Fertilia utilizzano il mattone a vista o intonacato e la pietra, riprendendo elementi formali assai diffusi nel Ventennio fascista e presenti anche nelle città di fondazione dell'Agro Pontino.


Bibliografia:

Il presente topic è tratto da :
Wikipedia
Guidonia, Pomezia. Città di fondazione, a cura di Antonio Pennacchi
Antonio Pennacchi, Fascio e martello. Viaggio per le città del Duce
Architettura e città durante il fascismo
Fascismo e spazio urbano
La bonifica in Italia: Legislazione, credito e lotta alla malaria dall'Unità al fascismo, Franco Angeli:Novello Elisabetta


Edited by Pulcinella291 - 28/12/2014, 10:25
 
Web  Top
Vox Humana
view post Posted on 19/8/2016, 19:34




La foto di Recalmigi è mia, e tratta dal mio blog; non che non si possa fare, ma, come ivi specificato a chiare lettere, avrei gradito che la fonte venisse citata.

In realtà anche le foto di Borgo Lupo, Borgo Bonsignore, etc. sono tratte dal mio blog; la foto di Borgo Bonsignore era stata "tagliata" in una particolare maniera, ed in quella di Borgo Lupo è stata malamente cancellata la freccia blu che indicava le impalcature. Poichè però in realtà sono foto di Bronzetti (con l'eccezione di quella di Libertinia), non si possono accaparrare diritti.

Cosa che non avrei in ogni caso; il problema non è questo.

Se oltre a scopiazzare senza citare aveste anche letto, avreste almeno appreso che il fondatore di Libertinia di nome faceva Pasquale e non Gesualdo, e che Baccarato, Portella della Croce e Vicaretto hanno a che fare con il fascismo tanto quanto un imam ha a che fare con la chiesa cattolica.

Avete perso un occasione per imparare...

Edited by Vox Humana - 8/19/2016, 10:07 PM
 
Top
14 replies since 18/12/2014, 10:56   3873 views
  Share