Le stronzate di Pulcinella

Come e perchè fu ucciso il fratello del Presidente Mattarella

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view post Posted on 1/2/2015, 11:00
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Pulcinella291 Forum

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La foto che vedete rappresenta un momento drammatico , il presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella è stata appena colpito da numerose pallottole.
E' il 6 gennaio, poco prima delle 13, Mattarella esce da casa, in via Libertà, il salotto buono di Palermo; è con moglie e figli e sta andare a messa. La famiglia sale a bordo della Fiat 132. Non c'è scorta: il presidente la rifiuta nei giorni festivi, vuole che anche gli agenti stiano con le loro famiglie. Si è appena seduto alla guida della vettura, quando si avvicina il killer che spara uno, due, tre colpi. Poi fugge, mentre Irma Chiazzese, moglie del presidente, gli prende la testa tra le mani, piange, lo scuote. Mattarella spira mezzo'ora dopo in ospedale; accanto a lui il fratello Sergio, accorso per strada appena sentite le detonazioni.


Ma chi era Piersanti Mattarella e perchè fu ucciso?


Era nato a Castellammare del Golfo nel 1935 .Figlio di Bernardo Mattarella, uomo politico della Democrazia Cristiana, e fratello di Sergio Mattarella odierno presidente della Repubblica.
Negli anni '60 divenne consigliere comunale di Palermo, eletto nella lista DC.

Fu eletto nel 1967 deputato all'Assemblea regionale siciliana, nel collegio di Palermo, rieletto per due legislature (1971 e 1976). Dal 1971 al 1978 fu assessore regionale alla Presidenza in diversi governi. Fu eletto dall'Ars presidente della Regione Siciliana nel 1978, alla guida di una coalizione di centro-sinistra con l'appoggio esterno del partito comunista italiano. Nel 1979 dopo una breve crisi politica, formò un secondo governo.
C'è da dire che a Palermo dominava la gestione commissariale di Vito Ciancimino e i suoi signori delle tessere: niente riunioni di direttivi, niente incontri con l'elettorato, niente manifestazioni popolari. A Piersanti viene persino rifiutata l'iscrizione al partito di Palermo, costringendolo a rivolgersi al segretario provinciale di Trapani. Nel 1964 si candida e viene eletto al Comune di Palermo con più di 11 mila preferenze ma per tutti è il figlio di papà (il padre Bernardo era stato ministro della Repubblica).
Sono gli anni delle concessioni edilizie contraddistinte da enormi irregolarità con Vito Ciancimino assessore ai Lavori Pubblici. In tutto questo Mattarella è in minoranza sia in Comune che nel comitato provinciale del partito; prova ad ostacolare giochi di potere e comitati di affari senza risultati.
Capisce di non riuscire ad incidere su una situazione incancrenita e decide di spostarsi in regione dove invece qualcosa stava cambiando. Nel 1967 Piersanti viene eletto in Regione con oltre trentaquattromila preferenze. Negli stessi anni si guadagna consensi anche all'interno della Dc siciliana: nel 1968 Moro rompe con la corrente dorotea dando vita ad un suo gruppo e l'anno dopo è a Palermo per inaugurare la sua componente siciliana, accanto al giovane Mattarella che da lì a poco viene nominato vicesegretario della DC provinciale e poi chiamato a far parte della direzione.
E' deciso a voler rinnovare la Dc siciliana .
La sua grande intuizione così, è quella di riunire centinaia di giovani studenti per fare corsi di politica. Nasce così il gruppo dei salesiani, un laboratorio di politica siciliana, un punto di riferimento a Palermo e provincia di giovani, universitari e militanti delle associazioni cattoliche.
Nel 1971 Mattarella alle elezioni regionali prende oltre quarantamila preferenze; in campagna elettorale divulga un libretto di circa quaranta pagine, curato da alcuni ragazzi del Gruppo politica e nell'ultimo capitolo chiede il voto per continuare l'azione di rinnovamento delle istituzioni siciliane e della Dc .
Dopo l'elezione diventa Assessore alla presidenza con delega al Bilancio, un Assessorato senza portafoglio, un incarico di serie B che lui invece fa diventare nel giro di pochi anni una delle deleghe più importanti. Anche perché il bilancio fino a quel momento non era mai stato approvato nei tempi e si procedeva sempre con quello provvisorio. Soldi che andavano e soldi che venivano senza alcuna programmazione ma soprattutto senza alcun controllo.
Lui si lega alla corrente di Aldo Moro e il 9 febbraio del 1978 viene eletto Presidente della Regione.
Tra le sue priorità in campo legislativo c'era la legge urbanistica, la normativa sugli appalti, tutte iniziative che dovevano assicurare la piena conoscenza da parte dei cittadini anche in funzione di controllo sulla spesa regionale. Poi arriva il 9 maggio del '78, l'uccisione di Moro, quella di Peppino Impastato. Durante la sua presidente, Mattarella riesce comunque a far approvare la legge urbanistica che riduce gli indici di edificabilità dei terreni, un colpo micidiale per i palazzinari e speculatori e quindi per la mafia. Ma anche per tanti politici locali che proprio grazie a varianti e deroghe si assicuravano rielezioni facili. Riforma anche la normativa sugli appalti e Mattarella inizia a ricevere lettere minatorie. La sua politica di trasparenza dava evidentemente fastidio a coloro i qua,li fino a pochi mesi prima, la facevano da padrone in tutta l'isola.
E poi, dopo l'omicidio di Aldo Moro, Piersanti Mattarella stava crescendo tantissimo anche a livello nazionale. Questo probabilmente farà parte dei tanti altri misteri italiani, ma probabilmente lui avrebbe potuto ricoprire anche incarichi a livello nazionale, già si parlava della sua candidatura alla Camera .
Teniamo presente che l'omicidio di Mattarella era stata preceduto alcuni mesi prima da un altro omicidio in pregiudizio di un uomo politico, Michele Reina, segretario provinciale della Democrazia Cristiana, assassinato a Palermo il 9 marzo 1979. La democrazia cristiana stava cambiando, e questo in Sicilia non si poteva sopportare.


La figura e lo spessore politico di Mattarella stava diventando sempre piu' ingombrante. A questo si deve aggiungere che il Presidente della Regione si scaglio' pure contro la gestione dei contributi agricoli regionali,
dando pienamente al ragione deputato Pio La Torre, presente in quanto responsabile nazionale dell'ufficio agrario del Partito Comunista Italiano (sarebbe divenuto dopo qualche mese segretario regionale dello stesso partito). Un senatore comunista e il presidente democristiano della regione si erano, di fatto, esposti alle pesanti reazioni della mafia. Dunque doveva morire.

Le indagini contorte sulla sua morte
Inizialmente fu considerato un attentato terroristico, poiché subito dopo il delitto arrivarono rivendicazioni da parte di un sedicente gruppo neo-fascista.
Le indagini giudiziarie procedettero con difficoltà e lentezza, anche se una chiara linea interpretativa del delitto si rileva negli atti giudiziari che portarono la Procura di Palermo a quella corposa requisitoria sui "delitti politici" siciliani (le uccisioni di Michele Reina, segretario provinciale della Democrazia Cristiana, dello stesso Mattarella, di Pio La Torre e del suo autista Rosario Di Salvo) che, depositata il 9 marzo 1991, costituì l'ultimo atto investigativo di Giovanni Falcone. Questi, che la sottoscrisse nella qualità di procuratore aggiunto, puntava fermamente sulla colpevolezza dei terroristi di estrema destra Giuseppe Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini, membri dei NAR, quali esecutori materiali del delitto, in un contesto di cooperazione tra movimenti eversivi e mafia siciliana. Nell'ipotesi accusatoria di Falcone e della Procura della Repubblica il Fioravanti, di cui risultava accertata la presenza a Palermo nei giorni del delitto, avrebbe goduto dell'appoggio di esponenti dell'estrema destra palermitana quali Francesco Mangiameli, dirigente siciliano di Terza posizione poi ucciso dallo stesso Fioravanti il 9 settembre del 1980, e Gabriele De Francisci, militante del FUAN, che avrebbe messo a disposizione un appartamento nei pressi dell'abitazione della vittima.

Le rivelazioni di Buscetta


Solo dopo la morte di Falcone nella Strage di Capaci l'uccisione di Mattarella venne indicata esclusivamente come delitto di mafia dal collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta, che fino ad allora non aveva fornito indicazioni in proposito. Buscetta, in particolare, dichiarò che «[Stefano] Bontate e i suoi alleati non erano favorevoli all'uccisione di Mattarella, ma non potevano dire a [Salvatore] Riina (o alla maggioranza che Riina era riuscito a formare) che non si doveva ammazzarlo [...] In ogni caso [...] fu certamente un omicidio voluto dalla "Commissione"».
Ad ordinare la sua uccisione fu Cosa Nostra perché Mattarella voleva portare avanti un'opera di modernizzazione dell'amministrazione regionale e per questo aveva iniziato a contrastare l'ex sindaco Vito Ciancimino per un suo rientro nel partito con incarichi direttivi;


Ciancimino infatti era il referente politico del clan dei Corleonesi. Per queste ragioni, alla fine del 1979 Mattarella aveva deciso di chiedere al segretario nazionale del partito, Benigno Zaccagnini, il commissariamento del Comitato Provinciale di Palermo della Democrazia Cristiana, perché aveva visto «ritornare con forte influenza Ciancimino», il quale aveva siglato un patto di collaborazione con la corrente andreottiana, in particolare con l'onorevole Salvo Lima.

Il processo


Nel 1995 vennero condannati all'ergastolo i mandanti dell'omicidio Mattarella: i boss mafiosi di Cosa nostra Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, Francesco Madonia e Nenè Geraci.
Durante il processo, la moglie di Mattarella, testimone oculare, dichiarò inoltre di riconoscere l'esecutore materiale dell'omicidio nella persona di Giuseppe Valerio Fioravanti, che tuttavia sarà assolto per questo crimine poiché la testimonianza della signora Mattarella e le altre testimonianze contro di lui (quella del fratello Cristiano Fioravanti e del criminale comune pluriomicida Angelo Izzo) non furono ritenute abbastanza attendibili. Gli esecutori materiali non sono mai stati individuati né risultano, a più di tre decenni dal delitto, piste investigative che facciano sperare nella possibilità di acclarare compiutamente l'accaduto.
Secondo il collaboratore di giustizia Francesco Marino Mannoia, Giulio Andreotti era consapevole dell'insofferenza di Cosa Nostra per la condotta di Mattarella, ma non avvertì né l'interessato né la magistratura, pur avendo partecipato ad almeno due incontri con capi mafiosi aventi ad oggetto proprio le azioni politiche di Piersanti Mattarella.Questo fatto viene riportato nella sentenza di assoluzione del giudizio di Appello del lungo processo allo stesso Giulio Andreotti.


Edited by Pulcinella291 - 2/2/2015, 13:02
 
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view post Posted on 7/2/2015, 17:45
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