Le stronzate di Pulcinella

Gi omicidi Gianpaolo Osio:l'amante della monaca di Monza

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view post Posted on 15/1/2015, 12:13
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Pulcinella291 Forum

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Gian Paolo Osio (vero nome Giovanni Paolo Osio) era un nobile milanese che ebbe una lunga e inquietnte relazione con suor Virginia Maria de Leyva, meglio nota come la Monaca di Monza.
Per nascondere l'amore clandestino si macchio' di numerosi delitti.L’Osio a quell’epoca, secondo alcuni indizi, doveva avere circa 25 anni. Il Ripamonti lo definisce “ricco e ozioso”. Il padre Giovan Paolo e il fratello Cesare erano molto noti a Monza per le loro ribalderie e i numerosi ferimenti.
Dobbiamo dire che nel 1597 suor Virginia Maria de Leyva era maestra delle educande (circa 20 ragazze) tra cui Isabella degli Hostesi. Dal Ripamonti conosciamo il primo episodio della tragedia. Giovanni Paolo Osio, la cui casa confinava con il monastero, sale su un albero del suo orto e scambia saluti con Isabella, che viene sgridata da suor Virginia., Tolta dal collegio e maritata. Poco tempo dopo, nell’ottobre 1597, viene ucciso l’ex soprastante a Monza dei de Leyva, il Molteno, che aveva circa 60 anni. L’uccisione è addebitata all’Osio. Le cause non sono chiare: forse una vendetta contro suor Virginia per lo sgarbo ricevuto oppure poteva anche essere un omicidio concordato con il Limiato per questioni di interesse. Entrambi i soprastanti erano dei furfanti che cercavano in tutti i modi di arricchirsi a spese dei signori assenti. La seconda ipotesi sembra più probabile tanto è vero che poco dopo - il 24 novembre 1597 - i De Leyva da Napoli sostituiscono il Limiato con Luigi Trezzo detto Perruccone.
L’episodio è raccontato anche da suor Virginia durante il processo in questi termini:
“Detto Gio. Paolo Osio faceva l’amore con la signorina Isabella Ortensia secolare la quale era nel monastero in dezena et havendo io trovato che stavano guardandosi l’uno e l’altro alla cortina delle galline gli feci un gran rebuffo che portasse così poco rispetto al monastero massime che detta giovane era data in mia custodia [...], et esso se n’andò via bassando la testa senza dire altro”.
Suor Virginia comunque è in questo periodo la Signora di Monza ed amministra la giustizia. Il giovane Osio da una finestra che guardava nel monastero cerca di contattare suor Virginia e le fa cenno di volerle mandare una lettera, forse per giustificarsi, ma la Signora, in collera con lui per l’omicidio, ne ordina l’arresto. L’Osio allora fugge da Monza e resta bandito per un anno. Poi, per intercessione di molti e su pressioni della superiora, ottiene la grazia.
L’Osio, forse per ringraziarla della grazia ricevuta o perché si era accorto di queste attenzioni, si avvicina a Marianna. Inizia uno scambio di lettere, recapitate in giardino tramite un filo calato dal finestrino, seguito poi da alcuni regali.
All'inizio la monaca rifiutò le avance, ma nell’agosto del 1599, forse liberata dagli scrupoli in seguito alla morte del padre, la suora accetta di avere un primo incontro con l’Osio sulla porta del convento. L’emozione è talmente forte da provocare nella giovane una forte malattia. A Natale l’Osio entra per la prima volta nel monastero ed ha un rapporto sessuale con Virginia. Nel processo, che si svolgerà al termine della vicenda, suor Virginia sosterrà di aver ceduto perché era stata stregata d’amore dall’Osio da quando aveva baciato una calamita nera legata in oro, che era stata battezzata dal prete Arrigone complice dell’Osio.Gli incontri tra i due, organizzati con la complicità di altre quattro suore amiche e succubi della Signora, si susseguono frequentemente. I vicini di casa avvertono la superiora di questo andirivieni, ma all’inizio senza creare troppo allarme perché si sparge la voce che l’Osio aveva una relazione spirituale con suor Virginia e che voleva farsi cappuccino.
Nel 1602 Marianna partorisce il “putto morto” che le complici Benedetta e Ottavia consegnano all’Osio. Dopo il primo “incidente” però suor Virginia è molto turbata. Nel vano tentativo di dimenticare l’Osio getta nel pozzo più di 50 chiavi che l’Osio continua a far rifare dal fabbro.
E’ sempre più convinta che si tratti di “mal d’amore” provocato da malefici. Infatti dice che si trovavano nel suo letto “osse dei morti ratti morti corde di ferro uncini...”. Ricorre allora anche lei a sortilegi per combattere la magia. Le consigliano di diventare “coprofaga” dell’amante, un rimedio considerato molto efficace contro il mal d’amore. Procuratasi gli escrementi dell’amante, li fa seccare e li beve per tre volte alla mattina dentro un brodo fatto con fegato e cipolle.

Malgrado tutti questi tentativi, i rapporti riprendono, anche se più saltuariamente anche perché per alcuni mesi l’Osio è a Roma e a Loreto, e nell’autunno del 1603 suor Virginia resta nuovamente incinta di una bambina che verrà partorita l’8 agosto 1604. Questa figlia che sarà chiamata Alma Francesca Margherita vive con l’Osio che la legittimerà il 17 aprile 1606 dicendo di averla avuta da una certa Isabella da Meda. Nel suo primo anno di vita viene allattata da diverse balie, una di queste è la figlia di Susanna, la serva del monastero. In corrispondenza a queste due gravidanze, Marianna chiede alla matrigna una rendita maggiorata di 20 ducati, forse per pagare chi la assisteva. Complici dei due parti sono suor Benedetta e suor Ottavia. Nel secondo parto anche suor Silvia Casati e suor Candida Colomba. Dopo il secondo parto, suor Virginia esce varie volte dal convento per vedere la bambina in casa dell’Osio. Altre volte invece gliela portano dentro il convento. Suor Virginia la accarezza e prepara dei vestiti per lei anche se la giudica brutta e non le sembra la bambina che lei ha partorito. Durante la gravidanza, per giustificare l’ingrossamento, si dice che è ammalata alla milza e che è idropica.

Nell’estate del 1606 la situazione, che sino ad allora era rimasta miracolosamente in equilibrio, inizia a precipitare. La conversa Caterina da Meda, in occasione della visita al convento di Mons. Pietro Barca, canonico di S. Ambrogio, vuole rivelare la relazione di suor Virginia. Caterina non era professa e era considerata inadatta a diventare monaca per il suo cattivo carattere e forse anche perché rubava nel monastero. Il 23 luglio, pochi giorni prima della temuta visita, Caterina viene chiusa per punizione nella legnaia su istanza di suor Virginia perché aveva sporcato il letto di suor Degnamerita che piaceva molto a suor Virginia perché suonava bene l’organo e cantava. La sera prima suor Virginia e le sue complici (suor Benedetta, suor Candida Colomba, suor Ottavia e suor Silvia) vanno da lei per imporle di non parlare ma lei non accetta. L’Osio allora è costretto ad ucciderla con tre colpi in testa. Viene nascosta nel pollaio mentre si apre un buco nel muro per far credere a una sua fuga. Il giorno dopo si svolgono le elezioni che vedono la vittoria del partito avverso alla Signora guidato da suor Angela Sacchi e dall’Imbersaga. L’Imbersaga sostituisce suor Virginia nella carica di vicaria, suor Angela sostituisce la precedente superiora Bianca Caterina Homati in carica dal 1603. Il giorno dopo l’Osio seppellisce il corpo di suor Caterina nella sua “neviera” mentre la testa è gettata più tardi nel pozzo di Velate. Suor Virginia minaccia le monache complici (“mi bravò su la vita”) di fare la stessa fine se avessero parlato.

Questo omicidio resta segreto perché tutti sono convinti che la conversa sia fuggita. Nell’autunno del 1606 però le voci sulle irregolarità del convento si fanno più frequenti anche se pronunciate con “trepidazione, esitazione e perplessità”, ma anche con un tono “più franco” e “più afflitto”, come racconta il Ripamonti. Sempre dal Ripamonti sappiamo che il fabbro che aveva contraffatto le chiavi (forse un certo Cesare Ferrari), parla in giro dei fatti del convento e viene ucciso dall’Osio, che tenta anche di uccidere Rainerio Roncino, il farmacista, ma quest’ultimo si salva perché il colpo di archibugio non va a segno. L’Osio avrebbe voluto uccidere anche il prete Arrigoni per far smettere tutte le chiacchiere con il terrore, ma suor Virginia glielo impedisce.
Tutto questo trambusto arriva alle orecchie del governatore di Milano. Nel carnevale del 1607 l’Osio è arrestato dal Fuentes e incarcerato a Pavia. L’operazione è condotta con discrezione per non sollevare scandalo, e non si sa se si riferisce agli omicidi o alla relazione con la monaca. Il 4 luglio l’Osio commette comunque un grave errore: scrive una supplica all’arcivescovo proclamandosi innocente di tutto e allega una dichiarazione medica del 5 maggio dove si afferma falsamente che il soggiorno in carcere avrebbe potuto aggravare la malattia del recluso mettendo in pericolo la sua vita.
La monaca durante un colloquio col cardinale Borromeo asseri' che la prigionia dell’Osio potrebbe mettere a rischio il suo onore.
Poco piu' tardi l’Osio fugge (?) dal castello di Pavia e torna segretamente a Monza e il 6 ottobre Camillo il Rosso, uno dei suoi bravi, uccide Rainerio Roncino che aveva parlato in giro di strane porcherie che avvenivano nel convento e che era scampato al precedente attentato. Mettendo una pistola a casa sua, viene fatto incolpare dell’omicidio il prete Paolo Arrigone, che è tradotto nell’arcivescovado di Milano. Inizia così il famoso processo, i cui Atti sono stati recentemente pubblicati dopo molti decenni di titubanze da parte della Curia milanese.
Al processo contro il prete Arrigone il portinaio del monastero, Domenico Ferrari, testimonia a metà ottobre che il vero omicida è il Rosso su mandato dell’Osio, furioso perché il Roncino aveva detto in giro che la bambina che viveva con lui era figlia di suor Virginia. Subito dopo il portinaio e la moglie vengono licenziati dal monastero per averlo diffamato.

Venuto a conoscenza di queste accuse, l’Osio prima si nasconde di notte nella vicina chiesa di S. Maurizio, poi dal 1° novembre si nasconde in convento, prima nella stanza di suor Ottavia e poi in quella di suor Benedetta. A metà novembre manda fuori dallo Stato (a Verona o a Bergamo) il suo fedele servitore e “bravo” Giuseppe Pesseno perché non venisse preso e costretto a confessare.

Le altre suore, vedendo le due complici girare per il convento con il cibo, si accorgono dell’”ospite” e avvisano subito il cardinale che il 25 novembre 1607 manda a prendere suor Virginia con la forza trasportandola di notte a Milano, nel monastero di S. Ulderico al Bocchetto. La cosa non risultò molto semplice perché, come racconta il Ripamonti, suor Virginia rompe i legami, elude la sorveglianza e afferrata una spada la brandisce minacciosa e furibonda e tenta di fuggire. Ripresa, “sbatté il capo contro la parete e, se non fosse stata disarmata e trattenuta da alcune mani, si sarebbe colpita da sè”.
Il giorno seguente l’Osio scappa del convento e si rifugia nei dintorni di Monza. Il 27 novembre iniziano gli interrogatori con quello della superiora. Il 28 parla il portinaio, la moglie e la vicaria suor Francesca Imbersaga, nemica di suor Virginia. Il 29 novembre, suor Benedetta riceve la visita in parlatorio di un certo fattore Damiano (da parte dell’Osio) che chiede notizie di Virginia. Spaventata dagli interrogatori delle suore avviati nel monastero, suor Benedetta fa chiedere all’Osio di farla fuggire dal convento assieme a suor Ottavia. Escono la sera stessa da un buco aperto nel muro, incontrano l’Osio e si avviano fuori città. Arrivati al ponte sul Lambro l’Osio tenta di uccidere suor Ottavia buttandola nel fiume e colpendola ripetutamente con l’archibugio sulla testa. La suora tuttavia riesce a salvarsi, viene soccorsa e trasportata nel monastero di S. Orsola in Monza dove però morirà per le ferite il 26 dicembre dopo aver confessato i delitti commessi. La sera del giorno dopo l’Osio tenta di uccidere anche suor Benedetta Felice Homata buttandola nel pozzone di Velate presso Vimercate dove si rompe due costole e il femore. Anche lei viene soccorsa e trasportata al monastero dove inizia a confessare. Questo duplice tentato omicidio, travisato dal tempo, si è trasformato in una leggenda secondo la quale l’Osio avrebbe gettato la monaca o addirittura la Signora nel cosiddetto “pozzo della Spagnola” che oggi è murato nella cinta del Regio Parco, presso al ponte sul Lambro, nella via per andare dalla città al convento delle Grazie.

Il 9 dicembre un’ispezione del pozzo di Velate fa saltare fuori la testa di Caterina da Meda. L’11 dicembre suor Ottavia confessa il delitto. Il 13 dicembre si scoprono nella neviera dell’Osio gli altri resti di Caterina, che vengono sepolti a Milano a S. Stefano in Brolo. Lo stesso giorno vengono carcerate nel monastero anche le altre due complici: suor Candida Colomba e suor Silvia Casati. L’Osio si rifugia nei territori di Venezia per sfuggire all’ira del governatore Fuentes che vuole a tutti i costi la sua testa. Su sentenza del Senato del 19 dicembre la sua casa a Monza viene prima devastata e poi demolita.
Il 20 dicembre l’Osio scrive una seconda lettera al cardinale Borromeo, lo ringrazia per l’aiuto prestato quand’era prigioniero a Pavia, dice che lui e suor Virginia sono innocenti e che la colpa di tutto è delle due “bestie” - suor Ottavia e suor Benedetta - che lui ha provveduto a “castigare” per conto di Dio, ma dalle deposizioni raccolte nel processo contro le suore emerge una verità ben diversa. Il 22 dicembre a conclusione della prima fase dell’inchiesta è interrogata a Milano suor Virginia che ammette la relazione e l’omicidio incolpando di tutto l’Osio e il prete Arrigone. Il 2 gennaio 1608 Gian Paolo Osio è citato per i due tentati omicidi e l’omicidio di Caterina e anche per aver tentato di incolpare il prete Arrigoni dell’omicidio Roncino. Il 25 febbraio è condannato in contumacia alla forca e alla confisca dei beni.
Nel 1607, l'Osio venne condannato a morte in contumacia e ricercato, si rifugiò a Milano presso i nobili Taverna suoi amici, ma essi lo tradirono e lo uccisero a bastonate e a pugnalate nei sotterranei del loro palazzo in corso Monforte, più che per incassare la taglia, che era stata offerta per la sua cattura, per opportunità politica. La sua testa mozzata fu poi gettata ai piedi del governatore spagnolo Fuentes.



 
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