Le stronzate di Pulcinella

Curiosità, stranezze ed aneddoti sui calciatori di serie A

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Pulcinella291
view post Posted on 6/2/2015, 11:27 by: Pulcinella291
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Boninsegna da sempre odiato dai tedeschi perchè.....



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Roberto Boninsegna, ex centravanti dell’Inter, del Cagliari, della Juventus ed eroe dello squadrone azzurro secondo in Messico nel 1970, tanti anni fa andò a giocare in Germania, a Colonia, una partitella di "vecchie glorie", insieme al compianto Facchetti, Bellugi, Rosato, Altafini, Sala "il poeta" contro tedeschi gloriosi come Haller, Netzer, Vogts, Schutz. Una festa, una di quelle belle e sane rimpatriate che riconciliano con il calcio inteso finalmente solo come spettacolo e non "guerra" per i tre punti. Ma, se Facchetti, Rosato, Bellugi, Haller e Netzer furono accolti in campo da applausi e simpatia, lui, "Bonimba" venne invece subissato di fischi dal pubblico di Colonia da quando mise piede sul terreno di gioco, fino alla fine della partita.
Boninsegna sarà pure stato un grande cannoniere di Inter, Cagliari, Juve ed eroe azzurro, ma per i tedeschi è e resterà sempre "quello della lattina". Ecco come andò la storia.

Era il 20 ottobre del 1971. L’Inter, dopo aver vinto lo "scudetto del sorpasso" (quello che, sotto la guida di Invernizzi, aveva rimontato sette punti al Milan di Liedholm) era impegnata nel secondo turno della Coppa dei Campioni. Il sorteggio le aveva affidato una squadra tedesca, il Borussia di Moenchengladbach che non aveva una grande caratura internazionale, anche se nelle sue file allineava campioni come Netzer, Vogts, Wimmer, Bonhof ed Heynckes. I nerazzurri, invece, potevano contare sui vari Mazzola, Burgnich, Facchetti, Corso, Boninsegna, Jair, giocatori che avevano vinto su tutti i campi del mondo. Convinti di passare agevolmente il turno, i giocatori dell’Inter entrarono nel piccolo stadio di Moenchengladbach, davanti a ventimila spettatori, con una certa sufficienza.
Invece si sbagliavano di grosso, perché stavano andando incontro ad una delle più sonanti sconfitte della loro storia, un 7-1 umiliante e clamoroso che ancora adesso è tra le disfatte più vistose della società. Quel 7-1 però è stato cancellato dal tabellone della Coppa dei Campioni ed all’atto pratico è come se non fosse mai successo niente. Perchè?
Era il 29’ del primo tempo. Il Borussia conduceva per 2-1. Aveva segnato prima Heynckes, Boninsegna aveva pareggiato, ma l’ala sinistra danese Le Fevre aveva riportato in vantaggio i tedeschi. Il pallone era uscito in fallo laterale; Boninsegna era andato a raccoglierlo per effettuare la rimessa: stava per lanciarlo verso Jair, quando con un grido, piombò a terra. Una lattina di Coca-Cola l’aveva colpito alla nuca facendogli perdere i sensi. Successe il finimondo: Invernizzi scattò dalla panchina, giunsero medico e massaggiatore e tutti i giocatori, compagni e avversari, fecero cerchio attorno al centravanti svenuto. Una confusione enorme, un caos indescrivibile durante il quale soltanto due giocatori non persero la testa.
Uno fu Netzer, il biondo centrocampista del Borussia che poi sarebbe diventato un pilastro della nazionale, e l’altro Sandro Mazzola. Il primo pensò a far sparire la lattina lanciandola immediatamente fuori dal campo, il secondo corse a recuperarla conscio dell’importanza di poter esibire il corpo del reato nell’eventuale processo. Ma torniamo a "Bonimba".
Il centravanti restò intontito per qualche minuto. Poi l’arbitro olandese Dorpmans fu costretto ad ordinare la ripresa del gioco e l’Inter provvide alla sostituzione di Boninsegna. Entrò al suo posto Ghio. II Borussia riprese ad attaccare, i nerazzurri apparvero sempre più frastornati dal ritmo degli avversari e dall’urlo della folla... e fu un disastro: 4-1 alla fine del primo tempo e 7-1 il risultato finale.
Ma il giorno dopo si scatenò la battaglia legale ed entrò in campo l’avvocato Giuseppe Prisco, vicepresidente nerazzurro. Fece ricorso alla commissione disciplinare dell’Uefa, sostenendo che la partita non poteva essere giudicata regolare, in quanto l’Inter non aveva avuto la possibilità, per cause esterne, di tenere in campo fino alla fine il suo centravanti.
Si chiedeva quindi, visto che il regolamento delle coppe non prevedeva la sconfitta a tavolino per responsabilità oggettiva, almeno la ripetizione della gara. Dalla Germania piovvero insulti contro di noi. Boninsegna venne accusato di aver fatto una sceneggiata, il presidente Fraizzoli, l’allenatore Invernizzi e tutti gli altri di non saper perdere.
Furono otto giorni di fuoco, durante i quali l’Inter scoprì l’identità del lanciatore della lattina, l’operaio ventinovenne Manfred Kristein. Netzer disse che avrebbe venduto la sua "Ferrari Dino", perché non voleva avere niente a che fare con l’Italia, i nostri connazionali che lavoravano in Germania subirono angherie e soprusi dai compagni di lavoro tedeschi, ma alla fine la giustizia trionfò.
Il 28 ottobre 1971 la partita venne annullata dalla commissione disciplinare: il doppio confronto fra Inter ed il Borussia era da rifare. Non solo: il campo di Moenchengladbach fu squalificato per un turno, per cui l’Inter avrebbe usufruito del vantaggio di giocare la partita di ritorno in campo neutro. La prima scelta fu Berna, ma poi, per motivi di incasso, si scelse Berlino.
Tutta l’Inter esultò. Gli stessi giocatori furono felici di potersi confrontare di nuovo con i tedeschi. Soltanto uno non partecipò alle feste nerazzurre: Mariolino Corso, il mancino d’oro del centrocampo. Lui, infatti, fu l’unico interista a pagare: la commissione lo squalificò per un anno e due mesi ritenendolo colpevole di aver dato un calcio all’arbitro durante una mischia verificatasi a fine partita. Era tutto falso, perché il calcio l’aveva sferrato Ghio, ma non ci fu niente da fare. Corso fu sacrificato all’altare della giustizia sportiva ed obbligato ad assistere dalla tribuna alla ripetizione della sfida infuocata tra Inter e Borussia.
La partita di andata si giocò a San Siro il 3 novembre 1971. Lo stadio era pieno fino all’inverosimile, l’ambiente era surriscaldato come non mai. Forse soltanto ai tempi di Herrera, con la sfida Inter-Liverpool (il clamoroso 3-0 con goal-rapina di Peirò) si era arrivati a tanta agitazione. E l’Inter seppe regalare ai suoi tifosi una grande vittoria. Il risultato fu di 4-2, al termine di un incontro fantastico. Segnò per primo Mauro Bellugi, poi proprio Boninsegna, poi Le Fevre, Jair, Wittkamp e subito dopo, ormai allo scadere, Ghio.
Ma c’era ancora da giocare la partita di ritorno e non si sarebbe trattato certo di andare a fare una passeggiata dalle parti di Berlino. Ma stavolta l’Inter aveva un grande vantaggio: sapeva perfettamente cosa avrebbe incontrato, non avrebbe di certo sottovalutato la partita; per quasi un mese Invernizzi tenne in tensione i suoi ragazzi, e poi, all’ultimo momento, estrasse dal cilindro il colpo vincente. Mandò in porta un ragazzino di vent’anni, Ivano Bordon al posto di Lido Vieri. E Bordon, davanti ad ottanta mila spettatori e circa venti milioni di telespettatori italiani che videro la partita in diretta, disputò quello che può essere ritenuta il più bella partita della sua vita. Riuscì a parare tutto, tiri alti e tiri bassi, da lontano e da vicino, in mischia e su azione lineare. Parò anche un rigore, al cannoniere Hevcknes e fu eletto autentico eroe della serata.
Finì 0-0, furono grandi feste, e l’Inter poté così continuare la sua strada fino alla finale della Coppa dei Campioni. Non riuscì a vincere la coppa, perché si trovò di fronte l’imbattibile Ajax di allora, che vinse la partita con due goals del grandissimo Johann Crujiff, che si fece beffa della difesa interista.
Ma ora dobbiamo tornare alla partita di Moenchengladbach. Eravamo rimasti a quando Mazzola s’era diretto ai bordi del campo per recuperare "il corpo del reato". La lattina "vera", quella che colpì Boninsegna, non venne mai trovata. Netzer l’aveva lanciata verso un poliziotto che era stato sveltissimo ad infilarsela sotto il cappotto. Mazzola vide tutta la scena, provò a scuotere l’agente, ma dopo aver visto l’inutilità del suo tentativo non si perse d’animo. Si guardò intorno ed incrociò lo sguardo di due tifosi italiani attaccati alla rete di recinzione. Mazzola ed i tifosi si capirono al volo, non ci fu neppure bisogno di parole. Uno di questi stava sorseggiando una "Coca-Cola" da una lattina uguale a quella appena sparita. Se la staccò dalle labbra e la lanciò a Sandro che corse a portarla all’arbitro davanti allo sguardo sorpreso di Netzer.
Non si è mai saputo come se la cavarono i due tifosi italiani in mezzo alla folla di Moenchengladbach; ma, senza quel gesto e senza la presenza di spirito di capitan Mazzola, l’Inter non avrebbe mai potuto vincere la sua battaglia legale.
Ed i tedeschi continuano ad odiare Boninsegna ...

Maradona e Puzone un'amicizia molto particolare
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Pietro Puzone (Acerra, 1º febbraio 1963),cresciuto nelle giovanili del Napoli, esordisce in Serie A con i partenopei il 7 marzo 1982, entrando all'83º minuto in Napoli-Cesena (finita 2-2) al posto di Criscimanni, poi viene mandato in prestito in varie squadre di C, finchè nella stagione 1986-87 è quindi nella rosa del primo scudetto azzurro, anche se non giocherà nessuna gara ufficiale (solo qualche presenza in panchina).
Qui troverà nientemeno sua maestaì Diego Maradona col quale stringerà una grande amicizia.
A distanza di tanti anni , Puzone rompe il silenzio e durante un'intervista racconterà numerosi aneddoti.
"Era l'84, andammo in ritiro a Castel del Piano , c'era Marchesi in panchina. Diego andava spesso in una trasmissione a Teleoggi condotta da Antonio Corbo. Fu lì che dichiarò: 'Il mio migliore amico? Pietro Puzone'. Iniziammo così a frequentarci.In particolare è difficile parlare di un solo episodio, ce ne sono tanti. Andavamo spesso a mangiare a 'La Cantiella' e poi a ballare al 'Pinterrè.Ricordo che una volta andai a casa di Diego e c'era anche Ardiles con due ragazze. Restai per un po', poi non volevo mantenere nessuna candela e andai via.Fuori dal campo è sempre stato un gentiluomo, ci siamo divertiti tanto insieme. Un grande uomo, una generosità unica.Una volta con la Ferrari di Diego andammo a Roma e correvamo a 240 km orari, la Polizia ci fermò, ma era solo perchè voleva l'autografo di Maradona.Uscivamo sempre insieme, con Carnevale e Giordano. Con la Ritmo rossa di Diego non ricordo quante multe abbiamo preso a via Orazio perchè dovevamo scappare dai tifosi che ci accerchiavano. In un altro episodio ricordo che andammo a mangiare carne argentina su una nave, ma a me la carne argentina non piace. Al porto erano molto fiscali, chiedevano i documenti ogni 10 metri. Nel ristorante dissi: "Diego, a me questa carne non piace, è dolce!". E così mentre mangiavamo mi chiese di avviarmi in discoteca, allo Chez Moi, e lui mi avrebbe raggiunto lì. Una sera che andammo a cena fuori, Diego mi fermò e mi disse: 'Non ci dobbiamo vedere per un mese'. Io gli risposi: 'E perchè?'. E lui: "Devo allenarmi seriamente, devo andare a vincere il Mondiale in Messico'.Una volta mi chiamo' Ottavio Bianchi che mi disse: 'Tu sei amico di Diego, devi evitare di fargli fare le nottate!'. Da quel momento Bianchi non mi considerò più. ".
 
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