Le stronzate di Pulcinella

Curiosità, stranezze ed aneddoti sui calciatori di serie A

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view post Posted on 26/1/2015, 10:41
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Pulcinella291 Forum

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I Calciatori piu' protetti dagli arbitri


Che esista da parte degli arbitri un timore reverenziale nei confronti delle grandi squadre è un fatto risaputo tanto che anche il buon Trapattoni, da sempre allenatore di grandi squadre ha ammesso la sudditanza. Ma la stessa sudditanza esiste anche nei confronti di alcuni calciatori mammasantissima del calcio italiano mentre i poveri sfigati - al primo fallo che commettono - si vedono sventolare in faccia il cartellino dell’espulsione da direttori di gara diventati improvvisamente inflessibili e severi:stiliamo qui una classifica.

Al primo posto troviamo TOTTI.

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Al capitano della Roma è permesso di tutto e lui lo sa. Appena viene sfiorato si butta e arriva puntuale la punizione, protesta continuamente con gli arbitri che spesso non sanzionano falli plateali dello stesso con cartellini rossi ma solo con ammonizioni verbali o al massimo con i gialli .Qualche esempio per tutti?

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Quando colpi' con un pugno Taider del Bologna e venne solo ammonito dall'arbitro Guida oppure quando entro' a gamba tesa sul ginocchio di Pirlo o quando insultò senza remore l'arbitro Russo durante Bari-Roma, finita 2 a 3 per i giallorossi. Il capitano della Roma avrebbe detto testualmente all'arbitro: "a fracico, pezzo di m...". Il fischietto campano avrebbe fatto finta di non sentire, Ma se ne potrebbero citare tantissimi altri. Il pupone merita senza dubbio il primo posto.

Al secondo posto CHIELLINI



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Commette ad ogni partita dai tre ai quattro falli come minimo da ammonizione non sempre sanzionati dagli arbitri. Un fallo gravissimo lo compi' ai danni di Bergessio che procuro' all'attaccante del Catania la frattura del perone.Il presidente degli etnei, Antonio Pulvirenti defini'" il fallo di una violenza inaudita, spocchioso e vigliacco, commesso da uno che sa di godere dell'impunità".
Non parliamo delle gomitate e delle spinte e trattenute spesso da rigore, mai punite.

Al terzo posto DE ROSSI


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E' spesso autore di falli plateali di reazione che gli arbitri non possono fare a meno di sanzionare, ma ancora piu' spesso è autore di entrate pericolosissime a gamba tesa, il piu' delle volte non viste o sanzionate con una semplice ammonizione.


I Calciatori piu' brutti della serie A


Esistono anche loro! Sfatiamo il mito dei giocatori stupendi e diamo spazio proprio a coloro che fanno da eccezione a questa regola. Tutti siamo abituati a conoscere, magari anche grazie agli spot pubblicitari - che aumentano ancor di più i loro stipendi già altissimi - uomini tipo Cristiano Ronaldo, David Beckham (e le sue doti) e Marco Borriello, senza dimenticare quel gran maschio di Fabio Cannavaro, la cui bellezza dagli occhi azzurri è stata meravigliosamente ereditata da Claudio Marchisio; eppure, il calcio non offre sempre e solo bellezze accompagnate da fisici perfetti. Anzi, per meglio dire, sono questi ultimi che spesso non sono accompagnati, o perfezionati, dalla bellezza del viso!

Al primo posto CHIELLINI

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al secondo posto TEVEZ


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Al terzo posto:MUNTARI

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I calciatori piu' belli della serie A



Al primo posto BORRIELLO

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Secondo posto MATRI

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Terzo posto MARCHISIO

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Il caso strano di Kazuyoshi Miura:primo giapponese del nostro calcio


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L’operazione di acquisto del giapponese Kazuyoshi Miura, giunto alla corte del Presidente Spinelli nel 1994, possiamo considerarla come un’autentica bufala presa dal Genoa per biechi motivi di sponsorizzazione, ma anche per incrementare il turismo nipponico in Italia. In Giappone era infatti un idolo: giocava come seconda punta, fu eletto “Giocatore dell'anno 1993” e con i suoi gol aveva portato la sua Nazionale a un passo dalla qualificazione per USA 94, senza contare che aveva anche impalmato una modella e cantante famosa. La sua sfida in Italia nacque come un vero e proprio business: infatti arrivò in prestito gratuito per un anno con una opzione per il secondo ed il suo ingaggio fu pagato da un gruppo di sponsor giapponesi interessati al mercato occidentale. L’affare era così impostato: i rossoblu avrebbero fatto giocare il giapponese ogni tanto, ed in cambio la Fuji Television avrebbe acquistato in esclusiva per la cifra di un miliardo di Lire i diritti di tutte le partite del Genoa per rivenderle in Giappone. Definiti tutti i dettagli del trasferimento, il suo esordio non è dei più fortunati: subisce una grave frattura al volto dopo una brutta entrata di Franco Baresi nei primi minuti del primo tempo della prima partita di campionato contro il Milan. E’ diventato famoso nel vecchio continente unicamente per essere stato il primo giocatore giapponese a giocare in Italia e in Europa, poiché, a conti fatti, in quel di Marassi non ne azzeccò una. O quasi: a fine campionato aveva collezionato 21 presenze (quasi tutte sostituzioni) ed un solo gol, che comunque lo consegnò alla storia del derby ed alla memoria della tifoseria: “Kazu” lo realizzò il 4 Dicembre 1994, nella partita d’andata contro la Sampdoria (grande cruccio di Walter Zenga), finita 3-2 per i blucerchiati. Miura, che aveva rinunciato a metà del suo ingaggio per giocare in Italia – che in Giappone sfiorava i tre miliardi e mezzo di Lire all'anno – a fine stagione rifece le valige e se ne tornò a casa lasciando pochissimi ricordi e moltissime recriminazioni


Christian e Massimiliano Vieri :hanno giocato per 2 nazionali diverse


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Pur essendo fratelli hanno giocato in 2 Nazionali diverse: Christian nell'Italia e Massimiliano nell'Australia



Massimo Margiotta


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Dopo aver giocato nell'under 21 italiana [con cui ha partecipato alle Olimpiadi del 2000], ha giocato nella nazionale maggiore del Venezuela, in cui vanta 11 presenze e 2 reti.


Christian Karembeu:non canto' mai l'inno francese


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Con la nazionale francese ha giocato 53 partite, segnando un gol; l'ultima sua apparizione internazionale risale al 27 marzo 2002. Pur vestendo la maglia della nazionale, Karembeu non ha mai cantato l'inno nazionale francese in campo, ricordando che due suoi zii furono esposti in uno zoo umano nell'Esposizione Coloniale di Parigi del 1931.

Nicola Berti e il cazzotto di Zenga


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La leggenda vuole che Nicolino Berti fosse molto narciso, a tal punto da curare l'acconciatura durante l'intervallo. Pare che addirittura, nell'intervallo di un derby in cui l'Inter era in svantaggio per 1-0, Zenga gli diede un cazzotto perchè Berti era tutto preso a ingelatinarsi il ricciolo piuttosto che a trovare la concentrazione giusta.


Javier Zanetti.il piu' vincente


è il capitano più vincente della storia dell' Inter, con 16 trofei in 16 stagioni giocate.




Clarence Seedorf Champions League con 3 squadre diverse.

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È l'unico calciatore ad aver vinto la Champions League con tre squadre diverse: Ajax, Real Madrid e Milan in due occasioni, per un totale di quattro edizioni vinte.[3][4] È inoltre il terzo giocatore con più presenze nelle competizioni UEFA per club (163) alle spalle di Xavi (168) e Paolo Maldini (174)


Il cuore grande di Gargano


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Walter Alejandro Gargano Guevara è un calciatore uruguaiano, centrocampista del Napoli e della Nazionale uruguaiana. Viene soprannominato Uragano.
Grazie ad un cuore più grande della media, le frequenze dei battiti cardiaci di Walter Gargano non raggiungono mai valori elevati.

Messi fu scartato dal Como


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forse non tutti sanno che Lionel Messi nel 2002 sostenne un provino con la squadra italiana del Como, come dichiarato da Enrico Preziosi, allora presidente della squadra lariana: «Venne da noi per un provino: aveva 15 anni e lo scartammo».

RECORD: 9 PALLONI SUI PALI DEL NAPOLI (1939-40)

- Il Napoli stabilì un record molto particolare , sia pure al passivo. Durante il derby Lazio-Napoli del 1 dicembre 1939, il dominio laziale sugli azzurri si concretizzò con una doppietta di Silvio Piola e ben nove tra pali e traverse, colpiti dai capitolini nella porta difesa da Sentimenti II. Ben 32 furono i tiri in porta dei romani (e due soli del Napoli). Alla fine la Lazio fu costretta ad accontentarsi di un successo per 2-0, netto ma non roboante.

Canè fu acquistato in fotografia


E’ accaduto anche questo: Faustinho Canè, l’attaccante brasiliano diventato napoletano d’adozione dopo tanti anni di successi in maglia azzurra, fu acquistato in fotografia dal Comandante, senza chiedere consiglio a nessuno. Andò così. Lauro chiamò Gigino Scuotto e gli disse che un procuratore di giocatori brasiliani, tale Josè de Gama, gli aveva scritto proponendogli l’acquisto di alcuni calciatori carioca, inviandogli anche delle foto, come fossero delle pin-up girl. Sarebbero venuti a Napoli a provare senza alcun impegno, con la sola spesa della metà del prezzo del viaggio. Lauro mostrò a Scuotto le foto dei giocatori e indicandogli quella di Canè, gli disse : “Vedi, Gigì, io voglio prendere chisto, perché è ‘o cchiù brutto. Chist’è niro, gli avversari si spaventeranno e lui farà i gol. Pigliàmmelo”. Fu così che Canè (che era sì di colore nero, ma non era per niente brutto nei suoi lineamenti) venne a provare col Napoli. Convinse l’allenatore Pesaola e fu acquistato per 40 mila dollari. Ma ebbe un avvio difficile: nelle prime sette gare non segnò un solo gol e subì molte critiche. Poi convinse tutti. Era il secondo coloured del Napoli, dopo il boliviano La Paz. Alla fine della sua carriera napoletana, dopo aver giocato dieci stagioni in azzurro, totalizzò 217 presenze e 56 gol. Pochi sanno che il nome Canè è solo il nomignolo datogli in Brasile quando era piccolo e che vuol dire proprio “piccolo”. Il suo vero nome è Jarbas Faustinho.


Lo spagnolo di Panucci


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Panucci alla prima partita col real segna il goal decisivo e i giornalisti gli dicono"Panucci veni vidi vici??"Christian risponde"Mi spiace,sono appena arrivato non parlo spagnolo"


Saadi Gheddafi :il primo giocatore libico in Italia


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Oltre alla politica ed agli incarichi di governo, ha coltivato altri interessi, come il calcio: è stato infatti un calciatore professionista ed è stato presidente della Federazione calcistica libica e capitano della Nazionale del suo paese. Inizialmente milita nell'Al-Ittihad, per poi passare nella stagione 2003-2004 al Perugia di Luciano Gaucci. Con la maglia del Perugia ha giocato soltanto una partita, contro la Juventus (di cui era socio e tifoso) diventando il primo calciatore libico a giocare in serie A.Successivamente è risultato positivo al controllo antidoping dopo la partita Perugia-Reggina (durante la quale era rimasto in panchina) ed è stato squalificato per 3 mesi

Nella stagione 2005-2006 è passato all'Udinese, giocando anche qui una sola partita. Nella stagione 2006-2007 è infine passato alla Sampdoria, senza disputare alcuna partita, terminandovi la sua esperienza calcistica in Italia.

Ezio Vendrame :tutti gli aneddoti

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Vendrame rappresenta uno dei più grandi talenti inespressi che il calcio italiano abbia prodotto negli anni settanta, alla stregua di un George Best italiano. L'allora presidente della Juventus, Boniperti, lo avrebbe paragonato all'argentino Kempes. Con il suo modo di fare scanzonato, l'aria da hippie, i capelli lunghi, il suo spiccato anticonformismo, si accattiva subito le simpatie dei tifosi biancorossi, per i quali sarà un idolo indimenticato.Ritiratosi a vita privata nella campagna friulana, dedicandosi ai suoi hobby (tra cui suonare la chitarra e scrivere poesie), ha pubblicato alcuni libri nell'ultimo decennio in cui raccoglie le sue esperienze di vita e di calciatore (fra i quali "Se mi mandi in tribuna godo"), nel quale ricorda fra i suoi pochi rammarichi, il tunnel fatto al suo idolo, Gianni Rivera, quasi come una mancanza di rispetto verso il grande campione del Milan.
Racconta anche numerosi aneddoti .
Quando giocava in Serie C con la maglia del Padova in una partita, a dir suo combinata e destinata allo 0-0, contro la capolista Cremonese per dare una scossa ai presenti dribblò la sua intera squadra da un lato all'altro del campo senza che nessuno potesse fermarlo, fino a fintare il tiro davanti al proprio portiere, che si tuffò inutilmente su di lui cercando di levargli il pallone, per poi fermarsi in prossimità della linea di porta e ritornare indietro ("così l'emozione era salva" racconterà poi Vendrame nel suo libro autobiografia Se mi mandi in tribuna godo): in quell'occasione un tifoso sugli spalti morì d'infarto e quando questo gli fu riferito, Vendrame rispose chiedendo come fosse possibile che un debole di cuore lo andasse a vedere giocare.
Sempre con il Padova, l'episodio del suo cedimento, poi rientrato, dinanzi alle proposte di giocare male la partita contro l'Udinese (sua ex squadra) che stava lottando per la promozione dalla C alla B: in quell'annata il Padova, che navigava in cattive acque finanziarie, pagava ai suoi giocatori i premi partita "minimi" stabiliti dalla FIGC: 22.000 lire a punto. L'emissario della squadra friulana gli offrì 7.000.000 di lire per una "prestazione scadente". Vendrame inizialmente accettò ("avevo giocato male molte altre volte...e gratis), ma una volta entrato in campo, sentendo che il pubblico friulano fischiò sonoramente il suo nome pronunciato dagli altoparlanti ad inizio partita, cambiò idea e decise che doveva".. punire quel pubblico di ingrati...affanculo i sette milioni, viva le 44.000 lire" dirà anni dopo. Il Padova vinse 3-2 con una sua doppietta e memorabile fu il secondo gol, segnato direttamente da calcio d'angolo: prima di tirare fece il gesto di soffiarsi il naso sulla bandierina del corner e di dichiarare - a gesti - polemico ai tifosi avversari che da lì avrebbe realizzato direttamente, cosa che puntualmente accadde.

Francois Zahoui:primo calciatore africano in Italia


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Il primo calciatore africano ad approdare in sere A fu un certo Francois Zahoui, trequartista della Costa d'avorio, che fu ingaggiato dall'Ascoli del patron Rozzi neil'estate del 1981 , quando aveva solo vent'anni .

Il club bianconero pagò circa 25 milioni di lire per il trasferimento, con parte della somma investita per dare attrezzature ed abbigliamento sportivo alla società africana di Zahoui, che approdò nel campionato italiano agli ordini di mister Mazzone, il quale lo fece giocare con il contagocce .

Alcuni aneddoti furono narrati sul calciatore ivoriano, ad esempio che Zahoui si presentò scalzo al suo primo allenamento, come era abituato nel suo paese d'origine , inoltre nelle poche volte che scese in campo nell'Ascoli (11 presenze in 2 stagioni, senza goal), finiva spesso in fuorigioco, non abituato ai concetti tattici della serie A .

I calciatori simulatori e cascatori



C' era una volta Chiarugi... Era un' ala veloce e concreta. Firmo' un' epoca non solo per i gol e i meriti che aveva, ma per l' attivita' alternativa che praticava: i tuffi. Cosi' narrano le cronache di allora. Oggi la pratica del tuffo e' all' ordine del giorno e sono in molti coloro che, per innate qualita' o per allenamenti meticolosi, possono evidenziare, a piu' riprese, gli enormi passi compiuti dalla tecnica in questo settore. Attualmente si possono avere in offerta diversi soggetti: cascatori classici, ricercatori di impatto, folgorati e, l' ultima scoperta, i fai da te. In questa ipotetica classifica io metterei al

primo posto:Gilardino



secondo posto:Pinilla
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terzo posto Pazzini



quarto posto Vidal



Quando un sud americano truffo' il Napoli
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Nell’aprile del 1955, con Jeppson e Vinicio temporaneamente malandati, si presentò in prova a Napoli un sudamericano, un certo Malandrino, di nome e di fatto. Chiese un ingaggio di cinque milioni per due anni. Il Napoli prima tergiversò dubbioso sul valore dello straniero, poi accettò di sganciare i cinque milioni. Malandrino incassò e nella terra dei furbi, prima di dimostrare il suo vero valore, nel timore di un fallimento, fece il “colpo”. Mise in tasca l’ingaggio e scomparve. Dove? Non si è mai saputo.


Aneddoti su Platini e Maradona raccontati da Massimo Mauro

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Com'era Platini visto da vicino? «A volte sembrava quasi presuntuoso. Arrivava lì e ti diceva: se arrivo davanti alla porta dieci volte, segno nove gol, qui dentro sono il migliore. Faceva tutto questo per affermarsi come leader, ma alle parole faceva seguire sempre i fatti e così capivi che la sua non era presunzione, era pura consapevolezza dei suoi mezzi. Così alla fine i compagni gli erano sempre riconoscenti, perché effettivamente risolveva tanti problemi con il suo genio. Altro che presuntuoso».
E Maradona? «Maradona non faceva mai discorsi di questo genere nello spogliatoio. Anche perché nello spogliatoio lo vedevamo di rado... (ride, ndr ). La cosa più grande di Diego, per me, è il fatto che non ha mai chiesto che la squadra si adattasse a lui, ma si è sempre adattato lui alle esigenze della squadra Un autentico fenomeno in questo, oggi non ci sono grandi fuoriclasse che ci riescono, gli allenatori devono studiare il modo per metterli nelle condizioni di esprimersi, Diego quelle condizioni se le creava da solo.

Taribo West e Marcello Lippi

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Si narra che una volta Taribo West andò da Marcello Lippi, suo allenatore all’Inter, e gli comunicò: «Dio ha detto che devo giocare». Senza scomporsi, l'allenatore rispose: «Strano... a me non ha detto niente».


Renato Portaluppi e la dolce vita romana


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Era chiamato "er mandrillone" eppure era arrivato a Roma con l'aureola del campione.
Liedholm lo presenta con poche ma esplicite parole: «E’ secondo solo a Gullit». Il “Barone” ci aveva visto giusto, anche se molto probabilmente non si riferiva alle doti calcistiche. Come l’olandese del Milan, il brasiliano è un vero mandingo e non c’è donna che non si porterebbe a letto, come confessò apertamente anche il diretto interessato: «Più che i terzini, dovranno essere le loro mogli a stare attente a me». Fisico da culturista, chioma fluente e temperamento assai caliente, Renato si getta a capofitto nella “dolce vita” romana. Tra l’altro, entra nel giro di Maradona e consuma le sue nottate brave tra femmine e droga. Bacco, tabacco e venere: il rendimento sul campo è conseguente, ovvero una pena. In campionato 23 presenze e nessun gol, 3 partite e 1 rete in Coppa Uefa, 6 partite e 3 reti in Coppa Italia. Non contento della propria fama di indomito playboy e nottambulo, si mette in mostra anche per il carattere assai collerico: fa a botte con Daniele Massaro. Di Giannini disse:"in Brasile non giocherebbe manco in terza divisione".
Dopo poco all’Olimpico appare uno striscione con la scritta: «A’ Renato, ridacce Cochi».

Eriberto o Luciano questo è il dilemma

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Forse solo il suo talento avrebbe potuto strapparlo alla povertà da cui cerca in ogni modo di fuggire. All’epoca Luciano aveva 19 anni, era senza lavoro e dipendeva totalmente dalla sorella ed dal cognato, che si presero cura di lui. Però giocava bene a pallone, pertanto un giorno gli si presentò un faccendiere senza scrupoli, che gli disse di essere un procuratore, proponendogli dei provini presso delle prestigiose squadre brasiliane. L’unico problema era la sua età: troppo “vecchio” per poter essere ingaggiato da un club professionista. Quindi ecco la proposta di falsificare i suoi documenti: in cambio, la promessa di sostenere con successo alcuni provini e di sfondare nel calcio. In caso di rifiuto, sarebbe dovuto tornare a casa con le “pive nel sacco” e con la magra prospettiva di fare qualsiasi altra cosa tranne che il calciatore. Fu così che nell’Aprile del 1996 Luciano Siqueira De Oliveira divenne Eriberto Da Conceicao Silva, la cui data di nascita era il 21 Gennaio 1979. Ringiovanito di colpo di 4 anni: gli effetti si fecero sentire presto, visto che dopo pochissimo il “giovane” Eriberto venne tesserato dal Palmeiras di Rio De Janeiro.
Da allora, per lui una carriera quasi tutta in discesa, con la convocazione nell’Under 21 brasiliana e poi il fulmineo passaggio in Italia, al Bologna. Il nuovo Eriberto giunge nel capoluogo emiliano nell'Estate del 1998, per la modica cifra di 5 miliardi di Lire. Tuttavia, pare che il denaro gli abbia dato alla testa. Tanto, troppo. Infatti, in rossoblu viene ricordato più che per le sue giocate, visto che spesso si intestardisce in dribbling impossibili, per le sue avventure extracalcistiche: in più di un’occasione viene fermato dalla Polizia ubriaco alla guida e perdi più contromano sui viali della circonvallazione, inimicandosi così buona parte della tifoseria. Pertanto, dopo due mediocri stagioni, durante le quali gioca ad intermittenza, è scontata una sua cessione, che avviene nel 2000, quando passa al Chievo, in Serie B, conquistando immediatamente la promozione nella massima Serie, la prima nella storia del piccolo club clivense.
Nel 2001 diventa così parte integrante del cosiddetto “Chievo dei Miracoli” che, sorprendendo tutti, riesce ad arrivare quinto in classifica alla fine del torneo, costituendo, assieme a Christian Manfredini, la migliore coppia di esterni del campionato. Era giunto quindi all’apice della carriera, visto che aveva tutto: aveva finalmente coronato il suo sogno, aveva denaro a palate e la notorietà. Forse per questo l’unica cosa che gli mancava era il suo cognome, visto che era diventato prigioniero di un nome che non gli apparteneva, che dentro di lui risuonava come un corpo estraneo. Pertanto, dopo mille dubbi e tanti notti tormentate, nell’Agosto del 2002 Eriberto decide di autodenunciarsi, rivelando pubblicamente il segreto della sua vera identità. Alla base della decisione, presa insieme alla compagna Raquel, la voglia di regolarizzare la sua posizione: «Non mi chiamo Eriberto ma Luciano, non ho 23 anni ma 27, non posso più fingere e voglio che mio figlio, almeno lui, si chiami col suo vero nome.Alla fine, dopo tante chiacchiere, il 18 Settembre dello stesso anno, la Commissione Disciplinare della F.I.G.C., riunita appositamente, decise di sospenderlo da ogni attività sportiva per un periodo di 6 mesi, “per avere volontariamente tenuto una condotta non conforme ai principi della lealtà, della probità e della rettitudine, nonché della correttezza morale e materiale”.

Caio chi era sto tizio?

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Faccia da perenne bambino, sguardo sorridente e apparentemente rassicurante, in campo si dimostrò l’esatto contrario di quel che poteva far trasparire con la sua innocente tranquillità., Caio (Ribeiro Decoussau) fu uno dei primi, magrissimi acquisti dell’era Moratti.Il suo score con la squadra meneghina si riduce alla sei apparizioni in campionato più due misere comparsate in Coppa Italia, senza riuscire ad adattarsi ai ritmi del campionato italiano. Ciononostante, il “bambinello” viene girato in prestito al Napoli, che promette di farlo giocare titolare in coppia con Nicola Caccia, nella speranza che riesca, con una magia, a segnare gol con continuità. Purtroppo per lui però, dopo aver visto di cosa era capace, ben presto lo staff tecnico dei partenopei lasciò il suo posto ad Alfredo Aglietti, che giocò titolare fino alla fine del campionato. Per lui venti fugaci apparizioni, nessun gol, il resto della stagione in naftalina ed il mesto ritorno in Brasile in estate dove, tra l’altro, non riuscirà mai ad affermarsi pienamente.

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color=blue]Il suo acquisto fu il record assoluto


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Luglio del 1975: Beppe Savoldi passò dal Bologna al Napoli per un miliardo e 400 milioni in contanti, piu' l'attaccante Clerici e la comproprietà del centrocampista Rampanti, che erano stati valutati complessivamente 600 milioni. Due miliardi, dunque, record mondiale assoluto per quei tempi.
Ma rivediamola quella storia che incendiò l'estate. La scintilla l'accende il presidente del Bologna, Luciano Conti, durante la finale di coppa Italia del 28 giugno, all'Olimpico. Avvicina in tribuna il presidente del Napoli, Corrado Ferlaino e gli dice: "Se mi porti Clerici e una barca di solidi, dico una barca, ti do Savoldi". Conti sa bene che i pensieri di Ferlaino sono combustibili. Il Napoli ha finito il campionato a 2 soli punti dalla Juve. Cerca l'uomo per il definitivo salto di qualità. Quel Napoli giocava una zona modernissima: 3 attaccanti, difesa in linea senza fuorigioco esasperato, zona elastica capace di trasformarsi in base agli avversari. Prima che arrivasse Sacchi, Vinicio era già andato oltre. Gli serviva un centravanti e Savoldi era l'uomo giusto, veniva da una stagione da 15 gol in 28 partite.E i napoletani erano certi che con Savoldi, ribattezzato "ò Marajà", l'avrebbero ottenuta. Trecento milioni di abbonamenti in un giorno dopo l'annuncio del colpaccio, la Celere deve accorrere a presidiare gli sportelli delle agenzie; si mette in fila anche un cieco che spiega: "Allo stadio si va anche per sentire la partita".

Quando Giampiero Gasperini fu preso dalla Juve

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A nove anni, partecipò ad un provino per la Juventus insieme ad una miriade di ragazzini. Il teatro del batticuore era proprio il Combi e, come principale esaminatore, il mitico Pedrale, scopritore di tanti talenti. Fu scelto, ma nacque subito un problema a causa dell’età, in quanto il tesseramento al NAGC era possibile soltanto a dieci anni. Il piccolo Gasperini si era presentato, spavaldamente, con un anno di anticipo; era, però, troppo bravo per essere lasciato in pasto alla concorrenza e fu preso ugualmente e tesserato la stagione successiva. Nel settore giovanile della Juventus, rimarrà per nove anni; una costante, questi tempi lunghi di appartenenza, che si ripeterà più avanti anche da professionista

Le notti brave di Ronaldo e Vieri

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Vieri lo confesso' al Chiambretti Night". Quando giocavo all'Inter, Ronaldo era il giocatore che si allenava di meno perché era il più forte del mondo ed è vero che tornavamo di notte alle 5/6 del mattino, perché andavamo per locali, poi però io dormivo due ore ed andavo sul campo a correre, mentre lui si metteva sul lettino a mangiare brioche e cappuccino. Il problema è che la sera dopo, a mezzanotte, si presentava sotto casa mia e suonava il clacson dell'auto fino a quando non scendevo ed uscivamo nuovamente".

I calciatori italiani piu' fallosi di sempre

il primo posto spetta a Romeo Benetti


Era un toro, dal fisico scolpito nella roccia. Grazie alle immense cosce alla ‘Javier Zanetti’, la potenza era il suo punto di forza. Classico centrocampista difensivo, coriaceo, irruento, capace anche di segnare con tiri forti e tesi da fuori area.
Non è un caso se il ‘Sun’ lo elegge ‘giocatore italiano più duro di sempre’. Il 10 Gennaio 1971 stronca la carriera del giovane Franco Liguori, centrocampista del Bologna: con un intervento in gamba tesa, gli spacca i legamenti crociati, i collaterali, il menisco interno e la capsula posteriore del ginocchio destro. Insomma, un lavoro coi fiocchi. Benetti viene denunciato alla procura della Repubblica di Milano…per la serie, ‘un intervento da galera’.

secondo posto:PAOLO MONTERO


in campo era capace di trasformare tutta la sua voglia di vincere in cattiveria agonistica e, grazie a questa, arrivare a vincere campionati e a disputare finali di Champions. Era quasi sempre ammonito e spesso espulso.

MARCO MATERAZZI al terzo posto


Fisicamente è un armadio (92 kg x 193 cm), difensore centrale dalle lunghe leve e con il vizio del gol. La carica agonistica mischiata a più di un pizzico di scoordinatezza fanno sì che più della metà dei suoi interventi siano in ritardo. Calci in faccia, entrate scomposte e a piedi pari, scivolate direttamente su caviglie e ginocchia, ‘Marco Macellazzi’ dava il meglio di sé nelle grandi partite, in particolare quando vedeva la maglia rossonera degli odiati ‘cugini’ (per informazioni, chiedere a Inzaghi e Shevchenko).
Un provocatore, costringe Zidane alla famosa testata nella finale dei Mondiali nel 2006. Nel Febbraio 2004, dopo averlo preso in giro per un’intera partita da bordo campo, nel tunnel per gli spogliatoi, spacca la faccia al difensore avversario Bruno Cirillo (altro gran macellaio della Serie A), giustificandosi dicendo ‘mi sono solo difeso’. Storiche anche le ‘sportellate’ con Ibrahimovic.

quarto posto Pasquale Bruno


Pasquale Bruno (San Donato di Lecce, 19 giugno 1962 è ricordato per essere stato uno dei calciatori più duri della storia del calcio italiano.Personaggio molto discusso, era soprannominato O' Animale per la sua grinta agonistica — più volte tramutatasi in violenza, caratteristica che gli fece collezionare in sedici anni di calcio italiano oltre cento ammonizioni, numerosi cartellini rossi e una cinquantina di giornate di squalifica, e per la quale era anche apprezzato dai tifosi, i quali lo incoraggiavano ad interventi rudi.


I Calciatori che non brillano per simpatia



Con la partenza di Ibra si è perso un bel punto di riferimento , quindi l'OSCAR dell'antipatia spetta a

1)CHIELLINI


Degno compare del suo ex allenatore. Scorretto, poco leale con gli avversari, meriterebbe una squalifica o almeno un'ammonizione ogni domenica, ma forse puo' contare sul fatto che gioca nella Juve.

2)Lichsteiner


Si dibatte, si dimena, commette continui falli e protesta pure. Antipatico da quando sta alla Juve.

3)DE ROSSI

E' l'idolo delle pischelle de Roma ma è anche er bulletto della squadra capitolina. Certi atteggiamenti, lui, capitan futuro, certi falli potrebbe pure risparmiarseli.

4)PAZZINI

Come attaccante lo ritengo uno dei piu' bravi sopratutto nell'area piccola, ma risultano antipatici certi sui atteggiamenti, certe simulazioni e i suoi tuffi . Se solo lo guardi gia' lo trovi a terra in area di rigore



continua

Edited by Pulcinella291 - 23/10/2018, 13:08
 
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Perchè Omar Sivori lascio' l'Italia



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Nella stagione 1968/69 Omar Sivori, dopo una lunga squalifica in seguito alla maxi-rissa di un Napoli Juventus, decide di prendere armi e bagagli e tornare in Argentina, ma ci furono dei retroscena che vanno raccontati .
Il fuoriclasse italo-argentino dopo due stagioni fantastiche, che ne avevano fatto il "re" del San Paolo, Sivori si infortunò a un ginocchio e giocò pochissimo nel torneo 1967-68, entrando in collisione con l'allenatore Bruno Pesaola, che a fine stagione, nonostante il brillante secondo posto alle spalle del Milan, fu ben lieto di accettare le proposte della Fiorentina, dove avrebbe vinto subito lo scudetto.
Sivori restò a Napoli e la società ingaggiò l'allenatore Carlo Parola per curarne in esclusiva il recupero e mandò il giocatore a Grado a curarsi. Al ritorno, Sivori mise le carte in tavola, dichiarando polemicamente che avrebbe rifiutato ogni impiego come tredicesimo. Non accettava l'alternativa con Barison per la maglia numero 11 e voleva giocare titolare, perché si sentiva ancora il migliore di tutti. Il 27 ottobre, al San Paolo, un violento alterco tra Omar, Parola e il medico sociale Corvino e poi con l'amministratore delegato Roberto Fiore fa scoppiare il bubbone: l'allenatore sostiene che il giocatore ha nelle gambe solo sessanta minuti, il campione sostiene di voler giocare e di poter essere utile al Napoli. Viene convocato il consiglio di amministrazione e si decide per una multa di un milione.
Dopo alterne vicende e qualche go,l si giunge alla partita con Juventus allenata da Heriberto Herrera. Il tecnico paraguaiano del "movimiento" (una sorta di teorizzazione ante litteram del pressing e del gioco a tutto campo) aveva a suo tempo preteso la cacciata dal club bianconero del "boss" Omar, che vi aveva dettato legge per otto campionati, grazie alla predilezione degli Agnelli. Insomma, la partita scotta, anche per la posizione precaria del Napoli. Favalli, l'uomo dedicato alla marcatura dell'argentino, non fa complimenti, cercando scopertamente di innervosirlo. Sivori cade nella trappola e all'ennesimo colpo non si trattiene, reagendo con violenza. Favalli crolla a terra, come folgorato.

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L'arbitro Pieroni indica a Sivori la via degli spogliatoi mentre si scatena la rissa, al termine della quale vengono espulsi il napoletano Panzanato, l'allenatore Chiappella e lo juventino Salvadore.

La Conferenza stampa di Sivori contro lo spogliatoio Juventino

I precedenti purtroppo sono contro Omar, recordman di squalifiche, e il giudice sportivo ci va pesante, appiedandolo per sei turni (nove peraltro se li becca lo stopper Panzanato). Infuriato, il 5 dicembre l'argentino negli spogliatoi del San Paolo chiama i cronisti e improvvisa una arringa terrificante contro il "nemico" Heriberto: «Penso che il presidente Catella dovrebbe occuparsi di più di ciò che accade nella Juventus. Dieci giorni prima della partita con il Napoli, per esempio, Salvadore e Del Sol hanno fatto a pugni e a Torino nessuno ha parlato. Così come non hanno parlato di altri incidenti, quando Salvadore prese un ferro dal bagno degli spogliatoi per darlo in testa a Heriberto e fu trattenuto da Del Sol, o quando Combin prese a pugni Heriberto, il quale, almeno una volta la settimana, lo sfidava a battersi fuori dallo stadio; o quando Dell'Omodarme scagliò una sedia nella schiena di Heriberto o quando ancora Del Sol ruppe una bottiglia di acqua minerale per poi darla in testa allo stesso Heriberto. Inoltre Herrera rimproverava sempre Sacco in questi termini: «Sei buono solo ad ammazzare ì vecchi!», perché Sacco aveva avuto un tragico incidente d'auto. Questa è la Juventus, una squadra che scende in campo con i nervi tesi. Una squadra che non scende in campo tranquilla, perché Heriberto più che al calcio la prepara a fare a pugni!».
Il clamore, ovviamente, è enorme. Dalla Juventus arrivano reazioni indignate. Il giorno dopo, venerdì 6 dicembre, mentre viene deferito assieme ai presidenti di Juve e Napoli, Catella e Fiore, Sivori annuncia, dopo un lungo colloquio con lo stesso Fiore, di aver deciso di abbandonare il calcio e di apprestarsi a tornare definitivamente in Argentina di lì a venti giorni, «per protestare contro le sei giornate di campionato ingiustamente inflittemi: una forzata pausa che compromette irrimediabilmente il mio campionato». Così Sivori lascia l'Italia. Approdato in Argentina, dichiara: «Se mi sentirò capace di sacrificarmi, di ritornare al mio miglior stato di forma per rendere al massimo, giocherò nel River Plate».



La lunga guerra di Zeman con Vialli e Del Piero

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Era il 25 luglio del 1998 quando Zeman affermo' che il calcio era nelle mani dei farmacisti: "Le esplosioni muscolari di alcuni calciatori? E' uno sbalordimento che comincia con Gianluca Vialli e arriva fino ad Alessandro Del Piero. Io che ho praticato diversi sport pensavo che certi risultati si potessero ottenere soltanto con il culturismo, dopo anni e anni di lavoro specifico. Sono convinto che il calcio sia tutto un altro tipo di attività, almeno il mio, che in una sola parola definirei positivo".
"Nel calcio non c'è ancora stato lo scandalo esplosivo. Ma tanto più uno sport è importante, tanto più si addensano i pericoli, tanto più conviene a tutti chiuder un occhio sugli aspetti negativi. So di molti medici passati passati dalla bicicletta al pallone, di molte società di serie A che si avvalgono di farmacologi. Bisogna evitare che il campionato diventi come il Tour. Sì, anch'io ho ricevuto molti depliants pieni di farmaci. Farmaci che forse non provocano danni, ma chi può escludere che le conseguenze per gli atleti non si manifestino a distanza di anni? Il problema è che i giocatori sono condizionati dagli interessi del momento e non si preoccupano della loro salute. E i dirigenti pensano solo a sfruttarli al massimo, senza andare troppo per il sottile. Insomma, da un po' di tempo è sempre più difficile resistere alla tentazione della pillolina magica. Sarò anche un romantico, legato a una concezione del calcio in cui i giri di campo contano più della chimica, ma non sono un ingenuo. Sono certo che molti giocatori della serie A, forse anche nella Roma, non sappiano rinunciare a certe sostanze". L’allenatore boemo da quelle prese di posizione ha avuto solo penalizzazioni. E’ stato a lungo un emarginato dal giro che conta, perché molti presidenti prima di chiamarlo pensavano ai fulmini che sarebbero caduti sulle loro squadre.
Ancora oggi la polemica non è mai stata chiusa. Vialli recentemente ha affermato:""E' una persona molto intelligente, ma è anche un grandissimo paraculo, combatte le battaglie che gli convengono e le altre se le dimentica. Io non l'ho mai perdonato: ha gettato un'ombra sulla carriera mia e di Del Piero, e non mi ha ancora chiesto scusa".


Quando Carnevale e Peruzzi furono squalificati per doping

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Si era settembre del 1990 :gara della Roma il Bari: i giallorossi si impongono 1-0, ma nella rete dei controlli antidoping cadono Peruzzi e Carnevale. Agli onori della cronaca sale il "Lipopill", che all'epoca nella Capitale divenne più famoso dell'Aspirina.
Peruzzi e Carnevale, che si beccarono un anno di squalifica a testa, la colpa fu data ad una abbondante cena seguita ad una gara di coppa Uefa contro il Benfica. Una abbuffata, per limitare gli effetti della quale fu assunto il famigerato Lipopill, composto, tra le altre sostanze, anche dalla fentermina.
Dopo tanti anni Peruzzi confesso:'""Io, Carnevale e il presidente Viola dicemmo moltissime bugie alla giustizia sportiva - ha detto a "Roma Uno" - e credo che prendemmo un anno di squalifica per questo, lo fecero apposta per massacrare Viola. La pasticca? Non la presi in famiglia, come avevo detto, ma me la diede un giocatore".
Carnevale, forse sentitosi tirato in ballo, ebbe a dire:"''è un'immagine brutta e dolorosa quella che conservo della vicenda del Lipopill, altri hanno usato doping vero e sono stati puniti diversamente. Era meglio evitare di tornare 15 anni dopo su questa storia che è passata, mi è dispiaciuto leggere queste cose perchè mi hanno riportato alla memoria quel che successe: sembravamo due killer del doping in quel periodo. Si poteva evitare di dire che quelle pillole ce le aveva date un calciatore. Ognuno deve assumersi le proprie responsabilità''.


La rivalita' tra due grandi portieri


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Erano i tempi in cui in Italia trionfava il "rivalismo" (il più famoso, quello in campo operistico tra la Callas e la Tebaldi e Di Stefano e Del Monaco). In ambito sportivo c'era lo scontro Coppi-Bartali;anche in ambito calcistico c'era un binomio che divideva i tifosi italiani.
Nelle cronache sportive (e non) del decennio dei Cinquanta , infatti, è rimasta memorabile la rivalita' tra Lorenzo Buffon e , Giorgio Ghezzi, soprattutto perché entrambi beniamini della piazza milanese.
La rivalità duro' poco anche perché alle loro spalle (e in taluni casi accanto) a Buffon e Ghezzi c'era innanzi tutto Giuliano Sarti, quindi in momenti differenti Bugatti, Lovati e, nei primi anni Cinquanta, Viola.

Perchè litigarono Totti e Cassano:le ipotesi

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Pare sia stata tutta colpa di Maria De Filippi .E' il 13 ottobre 2001. Come riportava Repubblica del giorno dopo "il bomber giallorosso, in gran segreto, aveva contattato la trasmissione della De Filippi per 'dare una lezione' allo scapestrato ma amatissimo compagno di squadra. È stata la postina Rossella Brescia a raggiungere l'ex giocatore del Bari nella splendida villa dove abita con la madre e a consegnargli la fatidica lettera di C'è posta per te. Con qualche imbarazzo Cassano è arrivato al cospetto della De Filippi, in elegante blazer blu. È arrossito quando la conduttrice ha ipotizzato che potesse essere stata l'iniziativa di un'ex fiamma. Ma è bastato aprire la busta per dissipare i dubbi: dall'altro lato del muro c'era un casco, uno di quelli che si portano per andare in moto, uno di quelli cui Cassano è allergico. Il giovane barese, evidentemente con la coscienza sporca, ha sussultato: 'Non è che mi ha mandato a chiamare la polizia?'. E infatti ecco spuntare due 'vigili' che gli fanno una specie di esame: qual è la velocità massima consentita in città? Che cilindrata occorre per andare in due in moto? Antonio arrossisce sempre più, non sa rispondere. Ma ecco il colpo di scena: compare il 'capo dei vigili' che l'ex del Bari immediatamente riconosce: è Francesco Totti, il suo capitano, il suo eroe, il suo idolo da sempre. Il volto fino ad allora corrucciato, quasi contrito, si illumina di un sorriso immenso. Anche Totti non riesce a rimanere serio come si converrebbe ad un capo dei vigili. Tra gli applausi e le risate del pubblico, il capitano riesce a far giurare solennemente a Cassano che d'ora in avanti rispetterà le norme del Codice della strada. Il rapporto tra Cassano e il casco non è certo idilliaco. Così come, di conseguenza, quello tra il fantasista della città vecchia e i vigili baresi.Da quel momento, in poi, però le cose sono cambiate e, secondo quanto raccontato da Cassano nell'autobiografia, il cachet di quella trasmissione diviso iniquamente (8 per Totti e 2 per lui) aprì le prime "crepe" nel rapporto di amicizia.
Secondo altre fonti L' ipotesi più accreditata è legata ad una dichiarazione del capitano. La sera prima si era giocata Italia-Slovenia. Gli azzurri avevano vinto e avevano guadagnato la qualificazione al Mondiale con una partita di anticipo. Nel dopo-gara, parlando con i giornalisti, alla domanda «Cassano può trovare ancora spazio in questa Nazionale?». Totti aveva risposto: «Non lo so; l' Italia adesso è questa, senza Cassano». Cassano la prese male, si sentì escluso dal giro azzurro proprio da Totti, da quello che era stato il suo idolo, dal quale si fece regalare la maglietta la prima volta che lo affrontò da avversario, il 14 gennaio 2001 all' Olimpico, Roma-Bari 1-1, e non gli parlò più.




Nel Napoli due grandi viveur




Era il 1981, ceduti Filippi, Tesser e Bellugi, il rinforzo difensivo fu Luciano Marangon. Lasciarono il Napoli
anche Improta ed Agostinelli. La riapertura delle frontiere, portò sotto il Vesuvio l’olandese
Rudy Krol, ex colonna del grande Ajax e della nazionale arancione, considerato un “nobile decaduto”
dopo essere finito in prestito al Vancouver, nel piccolo soccer canadese. L’orange arrivò a settembre,
quasi per il rotto della cuffia.
Dopo tanti anni Marangon , da sempre riconosciuto play boy ha dichiarato:"“Quando io e Rudi Krol uscivamo era sempre lui ad essere avvicinato dalle ragazze. Però tra i due quello sposato era lui, quindi alla fine ero sempre io a portarmele a letto“.In un'altra intervista pero' :" "Era sposato e diceva alla moglie 'vado a far compagnia a Luciano che è solo'. E io stavo in giro tutta la notte per farlo divertire a casa mia con le mie amiche"

I calciatori piu' alti della serie A
l giocatore più alto della serie A è l’attaccante dell’Udinese Eric Mathias Ranegie, svedese originario della Guadalupe. Divide il podio con Stojanovic, portiere del Bologna. Entrambi toccano quota 196 centrimetri. Oltre si entra in territorio pallacanestro. Nella top ten degli spilungoni la farebbero da padroni i portieri, ormai quasi tutti oltre il metro e novanta. Ecco invece la classifica “depurata” dai numeri uno.

196 centimetri Ranegie (Udinese) attaccante,



194 centimetri Salamon (Sampdoria)



193 centimetri Spolli (Catania)



Toni (Verona) attaccante



Ed ecco la classifica dei portieri piu' alti :

196 centimetri Stojanovic (Bologna)



195 centimetri Kelava (Udinese), Aldegani (Livorno), Rosati (Fiorentina)

194 centimetri Brkic (Udinese), Berisha (Lazio), Mihaylov (Verona), Andujar (Catania)

193 centimetri Mirante (Parma), Handanovic (Inter), Gabriel (Milan)


I calciatori piu' bassi della serie A



160 centimetri Moralez (Atalanta) attaccante



163 centimetri Lorenzo Insigne (Napoli) attaccante



164 centimetri Giovinco (Juventus) attaccante



Edited by Pulcinella291 - 31/1/2015, 08:50
 
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Curiosita' su Gigi Riva


A Gigi Riva, unanimemente considerato uno dei migliori giocatori italiani di ogni epoca, sono legati alcuni aneddoti e curiosità.
Cominciamo col dire che con la Nazionale italiana di cui detiene il record di marcature con 35 gol (tutti in gare ufficiali).Oltre ad essere stato calciatore e capitano del Cagliari è stato, anche se per pochi mesi, pure il presidente della società.Una leggenda, un mito, uno dei calciatori più forti della storia italiana, il più grande marcatore della storia della Nazionale. In Sardegna è un dio, in Italia anche, nel mondo è ancora ricordato e conosciuto anche dai più giovani, nonostante si sia ritirato nel 1976. Gigi Riva appartiene a quel movimento di vecchi giocatori romantici che rappresentano un calcio ormai perduto, con i suoi comportamenti umili fuori dal campo, con la sua grinta mentre giocava, con la sua vita riservata e sportiva.
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Gigi Riva fu ribatezzato da Gianni Brera, nel suo linguaggio immaginifico, “Rombo di Tuono”. I tifosi sardi lo chiamavano Giggirriva, mentre i compagni lo ribattezzarono Hud (il selvaggio), da un film con Paul Newman.
Spesso faceva gol straordinari.Nell’incontro decisivo contro il Bari fu in assoluto uno dei più spettacolari segnati dall’attaccante rossoblù: in tuffo, al volo, colpì di testa uno splendido cross dalla destra, battendo imparabilmente Spalazzi. Un gol simile lo realizzò in Nazionale, a Napoli, contro la Germania Est



Il pubblico dello Stadio Olimpico tributò dieci minuti di applausi a Riva, dopo una tripletta messa a segno contro il Galles.

Riva e gli altri scapoli della squadra alloggiavano in una pensione sociale in Via Sanna Randaccio. A tutte le ore giocavano con una pallina di carta e un magistrato, che abitava al piano inferiore, pensò addirittura di denunciarli.

Un codice non scritto voluto da Scopigno diceva: “Mai far marcare Riva in allenamento da Mario Martiradonna”. La Roccia, anche in allenamento, non tirava mai indietro la gamba…


Durante un allenamento, Riva con un tiro ruppe un braccio al raccattapalle Danilo Piroddi. Il giovane cagliaritano ricevette per risarcimento un autografo sul gesso, un pallone, l’ingresso allo stadio Olimpico e la dedica del gol del bomber alla Lazio.


Nella stagione 1966/1967 vinse il titolo di capocannoniere saltando le ultime 13 giornate per l’infortunio subito in Nazionale .

Nel giorno in cui compì 40 anni, andò al Sant’Elia, mise gli scarpini, mise l’allora portiere del Cagliari Minguzzi in porta, fece 10 gol su 10 tiri dal limite dell’area e commentò: “Che c’è da stupirsi, fossero stati 30 su 30 potevo anche capire, ma così è facile”. Aveva smesso di giocare da 8 anni.

E’ stato l’unico giocatore per il quale la Juventus ne ha offerti addirittura sette (tra cui i nazionali Cuccureddu, Gentile e Bettega) oltre a un miliardo nel 1973. Lui rispose sempre picche, voleva “restare in Sardegna”.

Rifiutò ogni convocazione con il Resto del Mondo dicendo: “non sono partite vere” nonostante ci giocassero Pelè, Beckenbauer, Bobby Charlton e molti altri -


IL PELE' BIANCO


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Cosi' fu soprannominato Angelo Benedicto Sormani (Jaú, 3 luglio 1939) appena arrivo' in Italia ingaggiato dal Mantova. Aveva giocato con il Santos di Pelé, calciatore che ricopriva la sua medesima posizione, costringendolo quindi ad agire da ala destra.Arrivo' in Italia su segnalazione di un cugino del presidente Giuseppe Nuvolari, corrispondente di un quotidiano sportivo italiano, e l'allenatore Edmondo Fabbri, che lo vide in azione durante una tournée del Santos in Europa, si convinse della bontà del giocatore, dando il suo consenso all'acquisizione.Fu poi ceduto alla Roma per la cifra record di 500 milioni di lire, 250 in contanti cui si aggiunsero i cartellini dei calciatori Jonsson, Salvori e Schnellinger.In ragione delle sue origini italiane e grazie alla stima che nutriva verso di lui Fabbri, già suo allenatore al Mantova e entrato nel giro della squadra, Sormani venne convocato dalla Nazionale di calcio italiana per i Mondiali del 1962.

Maradona arrivo' a Napoli grazie all'on Vincenzo Scotti.


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Sull'arrivo di Maradona a Napoli se ne sono dette tante , l'intuito di Ferlaino, la caparbietà di Juliano ecc, ma da piu' parti si è detto che il merito fu tutto dell'on, Vincenzo Scotti.
Erano tempi democristiani e Corrado Ferlaino aveva bisogno di soldoni per arrivare al Pibe, e solo un politico poteva smuovere le banche. L’ex ardente sindacalista Vincenzo Scotti conta nella Dc, ne è il vicesegretario, e conta a Napoli . Corrado il furbacchione va a fare una capatina alla Festa dell’amicizia a Milano, meeting democristiano. E’ il 31 maggio. Scotti lo ascolta. Scotti è disponibile. Scotti dice: “Farò di tutto per assicurare Maradona al Napoli. Perché un giocatore così dovrebbe averlo soltanto l’Avvocato?”.
Campanilismo, orgoglio, pubblicità. Il sogno si muove. Scotti allerta le banche: il Banco di Roma, il Banco di Napoli, il Banco di Santo Spirito, il Monte dei Paschi di Siena e l'acquisto di Maradona fu effettuato.

Incredibile: Nicola Pozzi passa dal Parma al Chievo prestito con diritto di riscatto fissato alla cifra irrisoria di 1.000 euro.

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Eppure Nicola Pozzi (Rimini, 30 giugno 1986)è stato sempre un attaccante dotato di una buona tecnica, velicita', tiro e colpo di testa, doti che gli hanno sempre permesso , infortuni permettendo di segnare numerose reti, ieri 2 febbraio 2015 è passato dal Parma al Chievo in prestito con diritto di riscatto per soli 1000 euro. Una ulteriore beffa per i tifosi del Parma che sta smobilitando o una vergogna per il pur bravo calciatore?

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Edited by Pulcinella291 - 3/2/2015, 11:21
 
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il bomber dagli occhi spiritati

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Chiaramente stiamo parlando di Toto' Schillaci che pure partendo come riserva di Andrea Carnevale diventò ben presto cannoniere indiscusso della spedizione azzurra ai mondiali del 90 , vincendo il titolo di miglior goleador del torneo con 6 reti e venendo eletto miglior calciatore del torneo.
Le sue reti e la sua combattività leonina lo ergeranno a simbolo di una competizione che nel nostro Paese è diventata storia, con le indimenticabili emozioni legate ad un Mondiale giocato in casa, accomunate dalle note dell’ormai leggendaria “Un’estate italiana”, inno di quella edizione del torneo iridato, cantato dal duo Nannini-Bennato. Con la maglia della Nazionale giocherà relativamente poco, solo 16 partite con 7 gol, 6 dei quali, come detto, realizzati a Italia ’90.
Durante un intervista dira':"Da noi, per emergere, devi avere la fortuna che qualcuno venga a scovarti. Non ci sono scuole calcio, i club investono poco nel settore giovanile. Ho conosciuto tanti ragazzi che potenzialmente sarebbero stati dei talenti e che si sono scoraggiati. Io ce l'ho fatta perchè ho avuto il coraggio, magari l'incoscienza, di puntare tutto sul calcio: dopo un anno e mezzo che aggiustavo le gomme, e dopo, sfinito, mi andavo ad allenare, ho deciso che dovevo scegliere. E ho scelto il calcio, dandomi una scadenza. Se non avessi sfondato mi sarei rimesso a bottega"-

Il peso di essere figlio di un grande calciatore


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Sandro Mazzola ha oramai 70 anni suonati , ne sono passati 50 dai giorni in cui si è conquistato un posto da titolare nell'Inter. Era il 4 novembre 1962, Inter-Venezia 2-0.
Quelli che non tutti sanno che Sandrino, cosi' era chiamato il figlio del grande Valentino, aveva quasi deciso di smettere col calcio e darsi al basket.Per fortuna il fratello Ferruccio intervenne: ma dove vuoi andare? Noi siamo fatti per giocare con i piedi, quelli invece lo fanno con le mani... È stata la svolta della sua vita.
A chi glia ha chiesto del suo primo contratto da professionsta ha detto:"Indimenticabile. Il presidente Moratti era venuto a Bologna a vedere una partita del campionato riserve. Io avevo fatto un grande gol e lui mi aveva imposto a Herrera. Guadagnavo 40.000 lire al mese e in casa di soldi ce n'erano pochi, nonostante i sacrifici del mio patrigno, una persona eccezionale e di mia mamma. Dopo le prime partite da titolare mi chiamò la segretaria del presidente per il contratto. Moratti sapeva tutto di me e alla fine mi disse: tredici milioni di ingaggio vanno bene? Stavo per svenire. Mi dette anche sette milioni di conguaglio per il pregresso. A casa, mia mamma mi disse: te capì mal, te se sunà come una campana"


continua
 
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Boninsegna da sempre odiato dai tedeschi perchè.....



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Roberto Boninsegna, ex centravanti dell’Inter, del Cagliari, della Juventus ed eroe dello squadrone azzurro secondo in Messico nel 1970, tanti anni fa andò a giocare in Germania, a Colonia, una partitella di "vecchie glorie", insieme al compianto Facchetti, Bellugi, Rosato, Altafini, Sala "il poeta" contro tedeschi gloriosi come Haller, Netzer, Vogts, Schutz. Una festa, una di quelle belle e sane rimpatriate che riconciliano con il calcio inteso finalmente solo come spettacolo e non "guerra" per i tre punti. Ma, se Facchetti, Rosato, Bellugi, Haller e Netzer furono accolti in campo da applausi e simpatia, lui, "Bonimba" venne invece subissato di fischi dal pubblico di Colonia da quando mise piede sul terreno di gioco, fino alla fine della partita.
Boninsegna sarà pure stato un grande cannoniere di Inter, Cagliari, Juve ed eroe azzurro, ma per i tedeschi è e resterà sempre "quello della lattina". Ecco come andò la storia.

Era il 20 ottobre del 1971. L’Inter, dopo aver vinto lo "scudetto del sorpasso" (quello che, sotto la guida di Invernizzi, aveva rimontato sette punti al Milan di Liedholm) era impegnata nel secondo turno della Coppa dei Campioni. Il sorteggio le aveva affidato una squadra tedesca, il Borussia di Moenchengladbach che non aveva una grande caratura internazionale, anche se nelle sue file allineava campioni come Netzer, Vogts, Wimmer, Bonhof ed Heynckes. I nerazzurri, invece, potevano contare sui vari Mazzola, Burgnich, Facchetti, Corso, Boninsegna, Jair, giocatori che avevano vinto su tutti i campi del mondo. Convinti di passare agevolmente il turno, i giocatori dell’Inter entrarono nel piccolo stadio di Moenchengladbach, davanti a ventimila spettatori, con una certa sufficienza.
Invece si sbagliavano di grosso, perché stavano andando incontro ad una delle più sonanti sconfitte della loro storia, un 7-1 umiliante e clamoroso che ancora adesso è tra le disfatte più vistose della società. Quel 7-1 però è stato cancellato dal tabellone della Coppa dei Campioni ed all’atto pratico è come se non fosse mai successo niente. Perchè?
Era il 29’ del primo tempo. Il Borussia conduceva per 2-1. Aveva segnato prima Heynckes, Boninsegna aveva pareggiato, ma l’ala sinistra danese Le Fevre aveva riportato in vantaggio i tedeschi. Il pallone era uscito in fallo laterale; Boninsegna era andato a raccoglierlo per effettuare la rimessa: stava per lanciarlo verso Jair, quando con un grido, piombò a terra. Una lattina di Coca-Cola l’aveva colpito alla nuca facendogli perdere i sensi. Successe il finimondo: Invernizzi scattò dalla panchina, giunsero medico e massaggiatore e tutti i giocatori, compagni e avversari, fecero cerchio attorno al centravanti svenuto. Una confusione enorme, un caos indescrivibile durante il quale soltanto due giocatori non persero la testa.
Uno fu Netzer, il biondo centrocampista del Borussia che poi sarebbe diventato un pilastro della nazionale, e l’altro Sandro Mazzola. Il primo pensò a far sparire la lattina lanciandola immediatamente fuori dal campo, il secondo corse a recuperarla conscio dell’importanza di poter esibire il corpo del reato nell’eventuale processo. Ma torniamo a "Bonimba".
Il centravanti restò intontito per qualche minuto. Poi l’arbitro olandese Dorpmans fu costretto ad ordinare la ripresa del gioco e l’Inter provvide alla sostituzione di Boninsegna. Entrò al suo posto Ghio. II Borussia riprese ad attaccare, i nerazzurri apparvero sempre più frastornati dal ritmo degli avversari e dall’urlo della folla... e fu un disastro: 4-1 alla fine del primo tempo e 7-1 il risultato finale.
Ma il giorno dopo si scatenò la battaglia legale ed entrò in campo l’avvocato Giuseppe Prisco, vicepresidente nerazzurro. Fece ricorso alla commissione disciplinare dell’Uefa, sostenendo che la partita non poteva essere giudicata regolare, in quanto l’Inter non aveva avuto la possibilità, per cause esterne, di tenere in campo fino alla fine il suo centravanti.
Si chiedeva quindi, visto che il regolamento delle coppe non prevedeva la sconfitta a tavolino per responsabilità oggettiva, almeno la ripetizione della gara. Dalla Germania piovvero insulti contro di noi. Boninsegna venne accusato di aver fatto una sceneggiata, il presidente Fraizzoli, l’allenatore Invernizzi e tutti gli altri di non saper perdere.
Furono otto giorni di fuoco, durante i quali l’Inter scoprì l’identità del lanciatore della lattina, l’operaio ventinovenne Manfred Kristein. Netzer disse che avrebbe venduto la sua "Ferrari Dino", perché non voleva avere niente a che fare con l’Italia, i nostri connazionali che lavoravano in Germania subirono angherie e soprusi dai compagni di lavoro tedeschi, ma alla fine la giustizia trionfò.
Il 28 ottobre 1971 la partita venne annullata dalla commissione disciplinare: il doppio confronto fra Inter ed il Borussia era da rifare. Non solo: il campo di Moenchengladbach fu squalificato per un turno, per cui l’Inter avrebbe usufruito del vantaggio di giocare la partita di ritorno in campo neutro. La prima scelta fu Berna, ma poi, per motivi di incasso, si scelse Berlino.
Tutta l’Inter esultò. Gli stessi giocatori furono felici di potersi confrontare di nuovo con i tedeschi. Soltanto uno non partecipò alle feste nerazzurre: Mariolino Corso, il mancino d’oro del centrocampo. Lui, infatti, fu l’unico interista a pagare: la commissione lo squalificò per un anno e due mesi ritenendolo colpevole di aver dato un calcio all’arbitro durante una mischia verificatasi a fine partita. Era tutto falso, perché il calcio l’aveva sferrato Ghio, ma non ci fu niente da fare. Corso fu sacrificato all’altare della giustizia sportiva ed obbligato ad assistere dalla tribuna alla ripetizione della sfida infuocata tra Inter e Borussia.
La partita di andata si giocò a San Siro il 3 novembre 1971. Lo stadio era pieno fino all’inverosimile, l’ambiente era surriscaldato come non mai. Forse soltanto ai tempi di Herrera, con la sfida Inter-Liverpool (il clamoroso 3-0 con goal-rapina di Peirò) si era arrivati a tanta agitazione. E l’Inter seppe regalare ai suoi tifosi una grande vittoria. Il risultato fu di 4-2, al termine di un incontro fantastico. Segnò per primo Mauro Bellugi, poi proprio Boninsegna, poi Le Fevre, Jair, Wittkamp e subito dopo, ormai allo scadere, Ghio.
Ma c’era ancora da giocare la partita di ritorno e non si sarebbe trattato certo di andare a fare una passeggiata dalle parti di Berlino. Ma stavolta l’Inter aveva un grande vantaggio: sapeva perfettamente cosa avrebbe incontrato, non avrebbe di certo sottovalutato la partita; per quasi un mese Invernizzi tenne in tensione i suoi ragazzi, e poi, all’ultimo momento, estrasse dal cilindro il colpo vincente. Mandò in porta un ragazzino di vent’anni, Ivano Bordon al posto di Lido Vieri. E Bordon, davanti ad ottanta mila spettatori e circa venti milioni di telespettatori italiani che videro la partita in diretta, disputò quello che può essere ritenuta il più bella partita della sua vita. Riuscì a parare tutto, tiri alti e tiri bassi, da lontano e da vicino, in mischia e su azione lineare. Parò anche un rigore, al cannoniere Hevcknes e fu eletto autentico eroe della serata.
Finì 0-0, furono grandi feste, e l’Inter poté così continuare la sua strada fino alla finale della Coppa dei Campioni. Non riuscì a vincere la coppa, perché si trovò di fronte l’imbattibile Ajax di allora, che vinse la partita con due goals del grandissimo Johann Crujiff, che si fece beffa della difesa interista.
Ma ora dobbiamo tornare alla partita di Moenchengladbach. Eravamo rimasti a quando Mazzola s’era diretto ai bordi del campo per recuperare "il corpo del reato". La lattina "vera", quella che colpì Boninsegna, non venne mai trovata. Netzer l’aveva lanciata verso un poliziotto che era stato sveltissimo ad infilarsela sotto il cappotto. Mazzola vide tutta la scena, provò a scuotere l’agente, ma dopo aver visto l’inutilità del suo tentativo non si perse d’animo. Si guardò intorno ed incrociò lo sguardo di due tifosi italiani attaccati alla rete di recinzione. Mazzola ed i tifosi si capirono al volo, non ci fu neppure bisogno di parole. Uno di questi stava sorseggiando una "Coca-Cola" da una lattina uguale a quella appena sparita. Se la staccò dalle labbra e la lanciò a Sandro che corse a portarla all’arbitro davanti allo sguardo sorpreso di Netzer.
Non si è mai saputo come se la cavarono i due tifosi italiani in mezzo alla folla di Moenchengladbach; ma, senza quel gesto e senza la presenza di spirito di capitan Mazzola, l’Inter non avrebbe mai potuto vincere la sua battaglia legale.
Ed i tedeschi continuano ad odiare Boninsegna ...

Maradona e Puzone un'amicizia molto particolare
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Pietro Puzone (Acerra, 1º febbraio 1963),cresciuto nelle giovanili del Napoli, esordisce in Serie A con i partenopei il 7 marzo 1982, entrando all'83º minuto in Napoli-Cesena (finita 2-2) al posto di Criscimanni, poi viene mandato in prestito in varie squadre di C, finchè nella stagione 1986-87 è quindi nella rosa del primo scudetto azzurro, anche se non giocherà nessuna gara ufficiale (solo qualche presenza in panchina).
Qui troverà nientemeno sua maestaì Diego Maradona col quale stringerà una grande amicizia.
A distanza di tanti anni , Puzone rompe il silenzio e durante un'intervista racconterà numerosi aneddoti.
"Era l'84, andammo in ritiro a Castel del Piano , c'era Marchesi in panchina. Diego andava spesso in una trasmissione a Teleoggi condotta da Antonio Corbo. Fu lì che dichiarò: 'Il mio migliore amico? Pietro Puzone'. Iniziammo così a frequentarci.In particolare è difficile parlare di un solo episodio, ce ne sono tanti. Andavamo spesso a mangiare a 'La Cantiella' e poi a ballare al 'Pinterrè.Ricordo che una volta andai a casa di Diego e c'era anche Ardiles con due ragazze. Restai per un po', poi non volevo mantenere nessuna candela e andai via.Fuori dal campo è sempre stato un gentiluomo, ci siamo divertiti tanto insieme. Un grande uomo, una generosità unica.Una volta con la Ferrari di Diego andammo a Roma e correvamo a 240 km orari, la Polizia ci fermò, ma era solo perchè voleva l'autografo di Maradona.Uscivamo sempre insieme, con Carnevale e Giordano. Con la Ritmo rossa di Diego non ricordo quante multe abbiamo preso a via Orazio perchè dovevamo scappare dai tifosi che ci accerchiavano. In un altro episodio ricordo che andammo a mangiare carne argentina su una nave, ma a me la carne argentina non piace. Al porto erano molto fiscali, chiedevano i documenti ogni 10 metri. Nel ristorante dissi: "Diego, a me questa carne non piace, è dolce!". E così mentre mangiavamo mi chiese di avviarmi in discoteca, allo Chez Moi, e lui mi avrebbe raggiunto lì. Una sera che andammo a cena fuori, Diego mi fermò e mi disse: 'Non ci dobbiamo vedere per un mese'. Io gli risposi: 'E perchè?'. E lui: "Devo allenarmi seriamente, devo andare a vincere il Mondiale in Messico'.Una volta mi chiamo' Ottavio Bianchi che mi disse: 'Tu sei amico di Diego, devi evitare di fargli fare le nottate!'. Da quel momento Bianchi non mi considerò più. ".
 
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Nel Milan c'è stato un Trapattoni e un Trabattoni


Forse non tutti sanno che alla presidenza del Milan nel 1940 in veste di Commissario straordinario ci fu
Umberto Trabattoni (Seregno, 28 novembre 1885 – Varese, 18 ottobre 1963) fino all'avvento di Antonio Busini nel 1944, per poi riprendere la presidenza all'indomani della Liberazione, nell'aprile del 1945. Mantenne la presidenza fino al 1954, per poi passarla nelle mani di Andrea Rizzoli. Fu lui ad acquistare i giocatori che costituirono al Milan il trio svedese Gre-No-Li, formato da Gunnar Gren, Gunnar Nordahl e Nils Liedholm e a riportare lo scudetto al Milan dopo 44 anni.

le natiche piu' chiacchierate nel nostro calcio



Alcuni calciatori di cui si narrano avventure gay: Rafael Martin Vazquez (Torino, Real Madrid), Dino Baggio (Torino, Juve, Parma e altre amico del precedente), Luca Fusi (Torino, Napoli, Juventus, amico del precedente), Vladimir Jugovic (Samp, Lazio, Juventus), Glenn Peter Stromberg (Atalanta, pare che al suo arrivo a Bergamo si portò il convivente svedese. Peraltro la cosa venne utilizzata nel filme “Mezzo destro, mezzo sinistro” con il calciatore danese gay Kekkunen), Aldo Serena (ha giocato in troppe squadre, fra cui Torino, Juve, Milan, Inter), Nicola Berti (Inter, amico del precedente), Giampietro Boniperti (Juventus, calciatore e presidente, soprannominato Marisa).

Il pacco di Copparoni


Pare che Renato Copparoni (San Gavino Monreale, 27 ottobre 1952)portiere tra l'altre di Cagliari, Torino e Verona sia talmente superdotato che Rocco Siffredi arrossirebbe per la vergogna.

 
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Gli aforismi strani di Walter Zenga


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I miei giocatori sono mentalizzati per vincere lo scudetto

Il giorno in cui l'Inter mi chiamerà, potrò pure morire

Nella mia carriera di allenatore ho sempre preferito non il portiere che fa il miracolo ogni tanto ma chi dà tranquillità sempre. Handanovic ha semplicità e serenità, è efficace, ha presenza e personalità.

[Dopo Atalanta - Inter 2-1 del 26 novembre 1989] Potrei discolparmi per i due gol ma dovrei citare un proverbio cinese che non si può dire in televisione

"Speriamo" è un aggettivo che non voglio utilizzare .


 
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I contorni misteriosi della vicenda Zigoni



La vicenda Zigoni è un vero e proprio mistero del nostro campionato di calcio che non è mai stato risolto.
Siamo a Torino nella stagione 76-77, quando alla fine del primo tempo di Juventus-Verona, l'attaccante dei veneti, Gianfranco Zigoni, cade improvvisamente a terra mentre sta per raggiungere il sottopassaggio che porta agli spogliatoi.
Dalla dinamica della caduta, pare che sia stato colpito da un oggetto contundente come una bottiglietta. Al rientro in campo delle due formazioni per il secondo tempo, Zigoni rimane negli spogliatoi, la partita termina 2-1 per i padroni di casa.

L'arbitro della partita, il Signor Serafino di Roma e i suoi due assistenti, Berto e Ambrosio, non avevano notato niente di irregolare, tanto che, nel referto di gara, veniva precisato che non c'erano stati lanci di oggetti dagli spalti, così come non era stato rinvenuto nessun oggetto a terra, nella zona dove il calciatore è caduto a terra privo di sensi.

Zigoni dichiarò che sentì un colpo secco alla parte sinistra della fronte e che dopo un paio di passi ha sentito girare la testa, poi non ricordava più nulla. Il fatto è che non presentava segni di contusioni alla testa. Portato negli spogliatoi in uno stato di semi incoscienza, accennò nausea e vomito.

La teoria del lancio della bottiglietta era stata avanzata da due compagni di Zigoni: il capitano Sirena e Franzot. La società Verona calcio, successivamente, inviò una lettera al giudice sportivo chiedendo la vittoria a tavolino.
Il reclamo venne respinto perché considerato senza una prova certa che l'attaccante del Verona fosse stato realmente colpito e, quindi, partì un'inchiesta approfondita su questa vicenda.

I primi ad essere interrogati furono: Zigoni, Sirena, Franzot, poi la terna arbitrale, i medici sociali del Verona Calcio e i due allenatori: Trapattoni e Valcareggi.

Dopo due mesi l'inchiesta sulla vicenda Zigoni presa una brutta piega per i giocatori del Verona, i quali vennero accusati di simulazione. Sirena e Franzot furono incolpati di aver rilasciato dichiarazioni false. Mentre Zigoni, che probabilmente era stato colpito da un malore, era responsabile di aver avallato la tesi dei suoi compagni, per provare a vincere la partita a tavolino.

I contorni misteriosi della vicenda Zigoni appaiono due mesi più tardi dall'ultima sentenza, quando è la stessa commissione disciplinare a cambiare il verdetto, assolvendo tutti e tre i tesserati del Verona per assoluta mancanza di prove circa la simulazione. In definitiva, non è mai stato chiarito cosa sia realmente accaduto a Gianfranco Zigoni in quel lontano 21 novembre 1976. Malore o colpo da lancio di un oggetto?
In quella stagione la Juve vinse il campionato con un punto di scarto sul Torino e ebbe inizio un ciclo di successi lungo un decennio.

Il gesto di Chinaglia in nazionale


E’ il 69’ minuto di Italia-Haiti, la prima partita della nazionale ai mondiali in Germania. Chinaglia viene sostituito da Valcareggi con Anastasi. Passando accanto la panchina Giorgione manda a quel paese il commissario tecnico. E’ l’inizio dei complotti che sfasciarono l’Italia nel 1974.
L'immagine raffigura il momento in cui il centravanti laziale viene sostituito da Anastasi. Uscendo dal campo lancia un gestaccio a Valcareggi (di spalle), in seguito lancerà pesantissime accuse che divideranno lo spogliatoio.

Il gesto viene visto da milioni di telespettatori e non può passare in silenzio!

Il mistero di questa vicenda è che Giorgio Chinaglia avrebbe dovuto rientrare in Italia per insubordinazione. Ma il comunicato dell'espulsione non venne mai eseguito perchè ci fu una vera e propria rivolta.

Una parte dello spogliatoio prese le difese del centravanti, minacciando di lasciare il ritiro azzurro se Giorgio Chinaglia fosse stato richiamato in Italia.
 
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Bob Vieri e Brocchi "Bancarotta da 14 milioni di euro"



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Hanno tentato di diversificare i propri investimenti: da calciatori, fare il grande passo nel mondo della finanza. Un modo per fare fruttare i lauti guadagni incassati in anni trascorsi a inseguire un pallone, prima con il marchio di moda casual, Baci & Abbracci, poi spingendosi oltre, fondando l’ambiziosa Bfc&co, specializzata nel mondo degli arredi di lusso importati da mezzo mondo. Missione naufragata sotto i colpi di un fallimento da 14 milioni di euro. I sogni di un futuro da manager per Christian Vieri e Cristian Brocchi si sono infranti contro un provvedimento firmato dal pm milanese Maurizio Ascione.
Nei guai anche le madri dei due calciatori, Christiane Rivaux e Rossella Cerruti — entrambe con una carica sociale — e l’amministratore di fatto della società, Fabio Arcuri (manager anche del marchio Baci & Abbracci).


Altonen il giocatore preso come contorno, non come primo piatto

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Correva l’anno 1987 e nei Sedicesimi di Finale di Coppa UEFA l’Inter ospita a San Siro una squadra di dilettanti finlandesi, il Turun Palloseura, club sportivo della città di Turku. Sul risultato di 0-0, al minuto 11 del secondo tempo la palla arriva ad un giovane centrocampista mingherlino e biondo, per l'appunto Mika Aaltonen, che da una trentina di metri fa partire una specie di missile terra-aria che lascia di stucco Walter Zenga, portiere della Nazionale: si tratta di un tipico caso di quello che, in gergo, viene definito “eurogol”. Fu così che l’allora Presidente dell’Inter Ernesto Pellegrini si innamorò subito del ragazzo autore del gol-partita di quella gara giocata al “Meazza” e lo acquistò immediatamente. Ma a quel tempo nell’Inter c’erano già Passarella e Scifo e quindi Mika viene spedito in prestito al Bellinzona e l'anno dopo al Bologna. Maifredi allenatore dei felsinei dirà :"l'abbiamo preso come contorno".
Giocò in tutto tre spezzoni di partita, tutti nel mese di Ottobre, per un totale di 37 minuti complessivi. Ad Aprile senza dire niente a nessuno se ne tornò in Finlandia: nessuno se ne accorse.
Attualmente è docente presso l'Università di Turku e il Dipartimento di Scienze Tecnologiche di Helsinki.

Jorge Caraballo:fini' per fare il tassista.
Arrivo' in Italia nel 1982 al Pisa . Si autodefini' il nuovo Schiaffino.Ci vuole poco perché gli applausi che accompagnarono il suo arrivo si trasformino in sfottò: “Caraballo, gioha bene nell’intervallo” .
L’allenatore del Pisa, Vinicio, dall’alto della sua esperienza, si rese subito conto con chi aveva a che fare, e da subito lo confinò in panchina, concedendogli pochissime chanches. L’episodio simbolo della sua disavventura italiana si racchiude nella partita di Coppa Italia Pisa-Bologna: mancano pochi minuti alla fine della gara, il risultato è inchiodato sullo 0-0 e l’arbitro ha appena concesso un calcio di rigore ai toscani. A quel punto Jorge, con una determinazione mai vista in lui, si avventa sulla palla, la stringe fra le mani con rabbia, e guarda la panchina in cerca di un cenno di assenso dell’allenatore, che, seppur controvoglia, approva, alla fine forse convinto dalla grande sicurezza che paventa il giocatore in quel preciso momento. Ottenuta l’approvazione, si avvia verso l’area di rigore, deposita accuratamente la passa sul dischetto, prende la fatidica rincorsa e al fischio dell’arbitro parte con il tiro: la realizzazione è a dir poco impietosa, appena il suo piede colpisce la palla parte una “ciabattata” che termina direttamente in Curva Sud. Inevitabili le risate dell’intero Stadio.
Lasciata in tutta fretta l’Italia, dopo sette partite che il compianto Romeo Anconetani bolla come “oscene”, si trasferì in Ecuador nel Machala. Una leggenda metropolitana racconta che oggi, per sbarcare il lunario, faccia addirittura il tassista tra Caracas e Montevideo: sono voci però non confermate ufficialmente. Circa la sua presunta attuale occupazione (tassista o camionista), ne ha parlato invece Darwin Pastorin in un suo libro, dove è riportato questo lapidario ma azzeccato commento: “Deve usare lo stesso i piedi, ma pazienza”.
 
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Antonio Cassano:tutte le cassanate

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Forse qualcuno non lo sa ma Antonio Cassano con l'aiuto di Pierluigi Pardo scrisse un libro, dove senza alcuna remora racconta tutte le sue cassanate, rivelando aneddoti e insulti per tutti e su tutto: l'adolescenza ("sono un delinquente mancato"), i soldi, le donne, le auto, le liti con gli allenatori, gli ammutinamenti, le risse negli spogliatoi.

Leggiamone qualcuna.

La dolce vita di Cassano e Totti.

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Antonio ripercorre la loro storia, dalle scorribande notturne (prima che il capitano si fidanzasse con Ilary) al gelo finale. Narra di festini in ville della Roma bene con "bonazze e donne della tv" fino alle 9 del mattino, andando poi direttamente all'allenamento, e di raid a Napoli o a Milano ("con tre ore e mezza si arriva"): "Se c'era una festa, partivamo". La sua dolce vita romana stava anche per costargli la pelle: svela di aver fatto un incidente alle 4 del mattino a 180 all'ora perché guidava telefonando con una mano e mandando sms con l'altra. Chiamò suo cugino, lo imbrattò di sangue e lo mise al volante al posto suo prima di chiamare i soccorsi. La patente, in fondo, confessa di averla comprata a Bari a "buon prezzo". Il primo dissapore con Totti risale al dicembre 2002 per una questione di soldi (un cachet di "C'è posta per te" diviso iniquamente: 8 a 2) fino all'ultimo anno nella Roma, giocato senza parlarsi, senza abbracciarsi dopo i gol, ma "la rivalità che c'era nella vita non entrava in campo". Dopo Euro 2004, Antonio dice che Totti gli ha dato una spintarella per buttarlo giù dalla torre. "Se voleva salvarmi, poteva farlo". Ma cosa s'è strappato tra i due? "Avevo fatto un grande campionato e un ottimo Europeo, questa mia maturazione aveva finito per turbarlo. Altrimenti faccio fatica a spiegare certe dichiarazioni contro di me che hanno fatto finire l'amicizia".

Antonio Cassano e il sesso

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Si vanta di aver avuto 6-700 donne nel carniere, una ventina dello spettacolo. Non la Hunziker. "Ho lo stesso vizio di Michael Douglas. L'unica differenza è che lui è stato ricoverato, io ancora no". Molte di queste "conquiste" le ha consumate alla vigilia di grandi match nei "blindatissimi" ritiri. "Ne ho trombate molte, anche in ritiro. E' piuttosto facile. A Trigoria, che è enorme, ero riuscito a procurarmi la chiave dell'ultimo cancello, quello che dava sul retro. Le facevo entrare da lì. Andavamo negli spogliatoi delle giovanili, spesso usavamo i lettini dei massaggi, ogni tanto se ne spaccava uno. Anche se lo scoprivano, non mi dicevano nulla, chiudevano un occhio. Anche perché spesso ho giocato grandi partite dopo aver fatto sesso. Andatevi a rivedere Roma-Juventus 4-0, quella della bandierina spezzata. Avevo fatto le 6 la domenica mattina, con una delle tante amiche che avevo in quel periodo. L'1-1 con la Lazio è un altro esempio. Ero in panchina, sono entrato a 20' dalla fine e ho segnato il gol del pareggio".

Non andò altrettanto bene prima della finale di ritorno di Coppa Italia a Milano: "Passo una notte di sesso leggendario con una soubrette della tv. Alle 6 del mattino mi ordina di rifarlo. Mi ricatta, minaccia di dirlo a tutti se non avessi fatto ancora il mio dovere. Io eseguo. Arrivo a San Siro piuttosto carico, ma stavolta non basta. La coppa se la prende l'Inter".

A Madrid invece prima di ogni gara prenotava una stanza nel piano di sotto dell'hotel della squadra, dove ospitava le sue amiche in piena notte e poi le faceva sparire grazie alla complicità di un cameriere che, per 50 euro, gli portava anche quattro cornetti per rifocillarsi.


Cassano e i litigi con tutti

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Cassano si dice pentito solo di aver dato del "pezzo di merda" anche a Franco Sensi. Racconta di aver picchiato il direttore sportivo Pradé negli spogliatoi, di aver gridato a Capello, davanti a tutto il Real, "sei un uomo di merda, falso come i soldi del Monopoli".

Non c'è allenatore, a parte Fascetti, che si salvi. Claudio Gentile, al tempo ct della Under 21 ("la nazionale degli sfigati e dei rimbambiti"), è il più bistrattato: "Viscido". Fino a Spalletti e agli ultimi mesi romani: "Davanti sembravano amici miei, ma appena mi giravo mi pugnalavano. Del resto non me ne fregava un cazzo di loro, io pensavo a me stesso e basta".

Quando ando' al real Madrid


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"Muchas gracias, hala Madrid!". Quattro parole in uno spagnolo appena accennato diedero il via all'esperienza "galactica" di Antonio Cassano, che il 4 gennaio 2006 sbarcò a Madrid e firmò con il Real. Sembrava poter essere il picco della carriera per FantAntonio, da lungo tempo in rotta con la Roma e finalmente arrivato dove aveva sempre sognato di poter stare, ovvero in una squadra di campioni del calibro di Zidane, Raul, Ronaldo, Robinho, Beckham, Roberto Carlos e via così. E invece fu quasi un calvario.
Fu una trattativa anomala per il mese di gennaio: non si trascinò fino agli ultimi giorni di mercato. In una settimana di febbrili trattative e di notti insonni, Roma e Real Madrid trovarono l'accordo su tutto: Cassano, in scadenza con la Roma nel 2006, passò al Real per 5 milioni di euro. Il 4 gennaio Antonio fece le valigie e volò a Madrid. Arrivò all'aeroporto assieme a Rosaria Cannavò, sua compagna dell'epoca. Ad accoglierli centinaia di tifosi impazziti di gioia, un clima elettrizzante.
Antonio indossava una giacca con un collo di pelo memorabile, accanto a lui l'appariscente compagna, ex di Panucci.
L'allenatore era Juan Ramon Lopez Caro, da poco subentrato a Vanderlei Luxemburgo. Non era una stagione epica per il Real. Cassano, però, iniziò col piede giusto: debutto il 18 gennaio contro il Celta, gol quattro minuti dopo essere entrato dalla panchina. Il bis qualche settimana dopo, nel derby con l'Atletico. Ma i chili erano troppi, e i minuti pochi. Per la stampa spagnola era "il gordo". Florentino Perez nel frattempo se ne andò, in estate arrivò come tecnico Fabio Capello. "È come un padre, lui mi ha gestito bene, sono contento", disse Antonio, che intanto aveva visto da spettatore il trionfo azzurro al Mondiale.
A ottobre la prima "Cassanata". Litigio plateale con Capello, che lo mise fuori rosa per 40 giorni. Qualche mese dopo, prima di un match, FantAntonio si improvvisò imitatore, emulando gesti e movimenti del suo allenatore, che ovviamente non la prese bene. Qualche spezzone di partita, con il picco dell'assist decisivo nel derby, poi tante tribune. A marzo fu di fatto messo fuori squadra: non giocò più un solo minuto. E mentre il Real vinceva la Liga, Antonio era a Bari, a riflettere sul proprio futuro e ad aspettare una chiamata dall'Italia, andrà alla Sampdoria




 
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view post Posted on 28/4/2015, 19:30
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Franck Ribery e lo sfregio


- All'età di due anni rimane coinvolto in un incidente automobilistico mentre si trova in macchina con i genitori: sfonda il parabrezza e riporta gravissime lesioni al massiccio facciale; sopravvive, ma si porta dietro, oltre ad evidenti irregolarità facciali e dentarie, una vistosa cicatrice sulla parte destra del viso e sulla fronte, motivo per cui da molti è chiamato "Scarface".
- Si è convertito alla fede islamica dopo il matrimonio con Wahiba Belhami, da cui ha avuto due figli: Hizya e Shakinez.

L'ustione di Carlos Tevez


La sua cicatrice, invece, è dovuta a un'ustione avuta da bambino con l'olio bollente... questa è la versione della madre.
Altri invece sostengono che qualcuno colpì l'ex giocatore dello United sempre con dell'olio bollente, conoscendo anche la famiglia di Carlitos ed il Barrio [Fort Apache] dal quale proviene.


Le scopate di riflesso di Costacurta


Fu confermata dallo stesso Costacurta anche la leggenda che circolava anni fa, ovvero che Ale i primi anni al Milan girava con Maldini per trovare da scopare, perchè cosi le ragazze che volevano farsi Paolino si facevano anche lui.


Ecco perchè Dino Baggio .....


fu estromesso dal giro che conta, compresa la Nazionale, per aver fatto gesti nei confronti dell'arbitro Farina:
"Negli ultimi anni di carriera, tra il 2000 e il 2005, ha giocato solo sprazzi di 66 incontri, contro le 276 partite, quasi tutte da titolare, dal 1990 al 1999. Lo stesso Baggio, in un' intervista del maggio 2006, fa risalire questa svolta negativa della sua carriera alla partita Parma-Juventus del 9 gennaio 2000, in particolare a un gesto insulso (pollice e indice sfregati a mo' di contasoldi accompagnati da uno sputo a terra) diretto all'arbitro Farina, per averlo, a suo avviso, ingiustamente espulso per un fallo su Gianluca Zambrotta.

Quando la nazionale italiana gioco' con la maglia rossa per mancanza di divise

L'Under-21 italiana è la Nazionale europea più titolata a livello Under-21, avendo vinto 5 campionati europei, l'ultimo dei quali nel 2004.[1] Fatto curioso, nel 1994 l'Under-21 a causa di un disguido tecnico giocò una partita indossando una maglia rossa (primo e finora unico caso nella storia delle nazionali calcistiche italiane). Ciò avvenne durante una gara contro i pari età croati a Caltanissetta, in occasione della quale entrambe le formazioni si presentarono con la sola divisa bianca: gli Azzurrini scesero così in campo indossando la seconda divisa rossa della Nissa, la squadra cittadina.


Edited by Pulcinella291 - 15/5/2015, 11:11
 
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5 curiosità su Tevez
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la vita di Tevez non è mai stata facile tra cicatrici, abbandoni e malavita Argentina. Oggi, sposato con Vanessa dopo diversi tradimenti, e padre Tevez sembra aver trovato la felicità non solo calcistica. Ecco alcune curiosità sull’apache della Juve:

- Si chiama Carlos Martínez. Viene abbandonato dalla madre biologica, Fabiana Martínez, a soli tre mesi.

- Le cicatrici. A dieci mesi è vittima di un grave incidente domestico: gli cade sul viso l’acqua bollente di un bollitore. Viene portato in ospedale avvolto da una coperta di nylon che, scioltasi, aggrava ancora di più le ustioni di primo e secondo grado. Rimane in terapia intensiva per due mesi, e porta ancora oggi i segni dell’incidente sul viso e sul collo.

- Perchè lo chiamano l’apache. Quando si riprese, Tevez venne affidato agli zii materni, Adriana Martínez e Segundo Tevez. Insieme vivevano al primo piano della Torre 1 a Fuerte Apache, a pochi metri dal temuto Nudo 14. Tevez ha iniziato a giocare a pallone al Club Santa Clara. All’età di cinque anni il padre biologico, Carlos, che non lo aveva mai riconosciuto, viene ucciso nel corso di una sparatoria con 23 colpi d’arma da fuoco. Nell’estate del 1989 viene notato da un osservatore del Club Atlético All Boys venuto a Fuerte Apache alla ricerca di nuovi talenti, Carlitos aveva solo cinque anni. A quindici anni venne ufficialmente adottato da Segundo Tevez, prendendone il cognome, per ottenere un nuovo cartellino e passare al Boca Juniors.

- Il carcere dei parenti. Durante gli anni al Manchester United, Tevez viene informato che Juan Alberto, l’unico fratello biologico con il quale aveva mantenuto i contatti, e suo cognato Carlos Avalos erano stati arrestati per l’assalto a un furgone blindato; da quel momento Tevez deciderà di troncare ogni rapporto con il fratello. I rapporti con la famiglia adottiva invece si sono mantenuti molto bene tanto che ogni mese Tevez invia del denaro ad Adriana e Segundo.

- Il rapimento del padre adottivo. Il 29 luglio 2014, Segundo Tevez viene sequestrato da un gruppo di tre uomini mentre era alla guida della sua macchina a El Palomar, nel dipartimento di Morón, in Argentina. Segundo è stato rapito tra le cinque e le sette di mattina e liberato alle 13:40, ora argentina.


Quando Maradona gioco con il numero 9
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Era il 1991, Pisa-Napoli. Una delle ultime gare di Maradona con la maglia azzurra, dove il Pibe de Oro concesse a Zola l'onore di indossare la numero 10 mentre lui indossò la numero 9. E' raro vedere immagini di Maradona in maglia Napoli senza il suo 10, visto che non lo indossava solo quando subentrava a gara in corso.

Turista finlandese ritrova le carte di credito di Zlatan Ibrahimovic
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Di passaggio a Malmoe con la sua nazionale, Zlatan Ibrahimovic perde le sue carte di credito e ringrazia un turista finlandese... Ma andiamo con ordine.
Mentre accompagnava suo marito in alcuni spostamenti con la nazionale, Helena Seger, alias la signora Ibrahimovic, avrebbe commesso una dimenticanza che sarebbe potuta costare cara. Secondo quanto riportato dalla stampa svedese, infatti, la Seger avrebbe semplicemente dimenticato i suoi documenti sul sedile posteriore di un taxi di Malmo. Qualche minuto dopo, il veicolo ha tirato su un turista finlandese, che ha trovato documenti e carta di credito a nome di un certo Zlatan Ibrahimovic. In totale erano cinque, di cui una American Express Centurion nera Amex, una carta molto rara e riservata a pochi fortunati. Il giovane uomo si è dimostrato molto onesto e ha avvisato la banca del calciatore svedese.Helena Seger si è messa subito in contatto con il turista finlandese per incontrarsi e avere indietro i documenti. Promettendogli una ricompensa come ringraziamento. Ibra gioca, lei spende: scene di ordinaria vita calcistica.

tutte le curiosita' sui cannonieri di serie A

Enrique Guaita (Roma) nel 1934-35 con 28 reti in 29 presenze ha stabilito il record per i campionati a 16 squadre (media per partita: 0,965).
Antonio Valentín Angelillo (Inter) nel 1958-59 con 33 reti in 33 presenze ha stabilito il record per i campionati a 18 squadre (media per partita: 1); tuttavia le migliori prestazioni sono quelle di Felice Borel II (Juventus) e Christian Vieri (Inter), i soli due giocatori in grado di segnare un gol in più rispetto alle presenze, rispettivamente 29 reti in 28 presenze (nel 1932-33, media per partita: 1,036) e 24 reti (2 su rigore) in 23 presenze (nel 2002-03, media per partita: 1,043).
Gunnar Nordahl (Milan) nel 1949-50 con 35 reti in 37 presenze ha stabilito il record per i campionati a 20 e 21 squadre (media per partita: 0,945); l'unico campionato a 21 squadre fu giocato nel 1947-48 e il capocannoniere fu Giampiero Boniperti (Juventus) con 27 reti in 40 presenze (media per partita: 0,675).
Giuseppe Meazza, Felice Borel, Gunnar Nordahl (due volte), Istvan Nyers (due volte), John Hansen, Antonio Valentín Angelillo e Luca Toni sono i soli calciatori ad aver realizzato almeno 30 reti in un campionato.
Gabriel Batistuta (Fiorentina) nel 1994 ha stabilito il record di segnature consecutive per le prime 11 giornate di campionato (detenuto fino ad allora da Ezio Pascutti) segnando 13 reti.
Luca Toni (Fiorentina) nel 2006 e Francesco Totti (Roma) nel 2007 sono i soli due cannonieri ad essersi aggiudicati la Scarpa d'oro.
Gunnar Nordahl e Michel Platini sono stati finora i soli calciatori ad aver vinto la classifica dei marcatori della Serie A per tre stagioni consecutive.
Oltre a Giuseppe Meazza, capocannoniere del primo campionato a girone unico, altri 8 calciatori si aggiudicarono il titolo di capocannoniere al loro esordio in Serie A: Pedro Petrone, Felice Borel II, Ettore Puricelli, Istvan Nyers, Gunnar Nordahl, John Charles, Michel Platini e Andriy Shevchenko. Alberto Orlando, Filippo Inzaghi e Ciro Immobile sono i soli calciatori ad aver vinto la classifica dei marcatori avendo militato un solo anno nella squadra con cui hanno conquistato il titolo di capocannoniere. Enrique Guaita si è aggiudicato il titolo di capocannoniere al suo ultimo campionato di Serie A.[1]
Volk, Manfredini, Vinicio, Virdis, Protti e Hübner sono i soli 6 vincitori della classifica dei marcatori di serie A a non avere mai militato nella propria nazionale maggiore.
Alessandro Del Piero e Paolo Rossi sono i soli calciatori ad aver vinto la classifica dei marcatori in Serie A dopo averla vinta l'anno precedente in Serie B.
Zlatan Ibrahimović e Luca Toni sono gli unici calciatori ad aver vinto la classifica dei marcatori con due squadre diverse (Ibrahimovic con l'Inter nel 2008-09 e con il Milan nel 2011-12; Toni con la Fiorentina nel 2005-06 e con il Verona nel 2014-15).
Negli 83 campionati a girone unico finora disputati, 26 volte ha vinto la classifica dei marcatori un giocatore della squadra che si è aggiudicata il titolo. In un caso il titolo di capocannoniere è stato vinto da un calciatore di una squadra retrocessa (Igor Protti del Bari nella stagione 1995-96).
5 dei 20 migliori marcatori di tutti i tempi del campionato italiano non hanno mai vinto il titolo di capocannoniere: Roberto Baggio (sesto), Kurt Hamrin (ottavo), Amedeo Amadei (tredicesimo), Alberto Gilardino (quattordicesimo) e Roberto Mancini (ventesimo).




Edited by Pulcinella291 - 17/6/2015, 10:09
 
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Riccardo-
view post Posted on 17/6/2015, 11:05




Molto bene. Ovviamente essendo io il più grande appassionato ed esperto di calcio di tutti i tempi le conoscevo già
 
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view post Posted on 17/6/2015, 11:28
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Pulcinella291 Forum

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... e scusate tanto, sig. maggiore esperto di tutti i tempi. La prossima volta le chiedero' qualche illuminante e considerevole consiglio.
 
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Riccardo-
view post Posted on 17/6/2015, 14:04




A questo punto,il nostro giudizio sulla persona Cassano dev'essere totalmente negativo
 
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14 replies since 26/1/2015, 10:41   18159 views
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