Le stronzate di Pulcinella

ecco chi era Carmine Schiavone il pentito dei casalesi

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view post Posted on 25/2/2015, 12:12
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Pulcinella291 Forum

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E' morto Carmine Schiavone il primo pentito del clan dei Casalesi. Era ricoverato in ospedale dal 10 febbraio, dopo essere caduto dal tetto della sua abitazione mentre stava effettuando dei lavori. Nell'impatto con il selciato, aveva riportato la rottura di una vertebra e altre lesioni. Otto giorni più tardi, era stato sottoposto ad un intervento chirurgico. All'improvviso il malore e poi l'arresto cardiaco.
Ma chi era questo personaggio che è stato anche ospite di molte trasmissioni televisive?
Era nato Casal di Principe (Caserta) 20 luglio 1943. Prima condanna nel 64 («legata a cose di ragazzi un po’ esuberanti che non pensavano a cosa potesse essere il domani»), da convinto fascista che era, nel 68 passa alla Democrazia Cristiana. Arrestato nel 72 per tentata estorsione, in carcere allarga la cerchia di amici, affezionandosi in particolare a Mario Iovine .
Assolto e scarcerato dopo pochi mesi, apre centri Aima di raccolta prodotti ortofrutticoli per la trasformazione conserviera e si mette in affari con Iovine («a noi interessava il business, che all’epoca erano le bische clandestine, le bollette false, e le truffe insomma»).
Arrestato nel 77 per rapina («ingiustamente»), resta in carcere sei anni. Mentre i camorristi si schieravano chi dalla parte di Cutolo chi dalla parte della Nuova Famiglia, «noi facemmo Cosa Nostra casalese, e fummo battezzati io e mio cugino Sandokan. Ciò avvenne nel 1981. Io ero già mafioso dal 1974, ma non ero mai stato affiliato formalmente». Insieme agli altri gruppi casertani si schierano contro i cutoliani: «Fino al 1983 ci fu proprio una guerra totale» (alle Iene ha raccontato che dovevano ammazzare almeno sei-sette cutoliani al giorno).
A conflitto ancora in corso, Carmine crea con Iovine il «sistema dei consorzi»: «Io contrattavo con le grosse imprese, con gli appalti, i subappalti. Tutte le attività che passavano attraverso la provincia di Caserta fino a Latina erano controllate dal clan, poi c’erano gli appoggi, a Firenze, a Bologna, a Reggio Emilia, a Roma». Si occupa anche della fornitura di droga, cocaina venduta ai grossisti di Napoli, Roma, Fondi, Milano, con assoluto divieto di spacciarla nel casertano.

«La politica che facevamo era: il popolo a noi ci deve amare per amore e non per terrore. Noi non dovevamo fare gli errori che Cutolo e altri avevano fatto. Si doveva capire che noi non portavamo droga a Casale, che noi non facevamo furti, non facevamo rapine. Fino al 1989-90 se qualcuno si è permesso di fare rapine è stato ammazzato, oppure è sparito».
• Arrestato nell’83, in primo grado viene condannato a 18 anni per associazione mafiosa, ridotti in appello a 5. «All’epoca avevo sette figli: cinque maschi e due femmine. E a un certo punto incominciai a dirmi: “Ho i figli sposati, sono nonno, invecchio, può continuare la vita in questa maniera?».
• Nel 90 apre un’impresa di calcestruzzo, ma incomincia a litigare coi cugini, per primo con Francesco Bidognetti: «Io gli imputavo che loro avevano inondato l’Agro aversano di fusti tossici e nucleari». L’idea in origine era sua, ma Bidognetti lo aveva scoraggiato per poi farlo di nascosto da lui («incassavano 600 milioni al mese e alla cassa ne davano 100 al mese»).
• Il 6 luglio 1991 viene arrestato (nell’impresa di calcestruzzo sono state trovate delle armi che in realtà, dice Carmine, lui aveva dato a suo cugino «Walterino»). Il 26 luglio ottiene gli arresti domiciliari (si è dato per cardiopatico), ma il 21 novembre, diventata definitiva la condanna a 5 anni per associazione mafiosa, si dà alla latitanza. Sentendosi lo scaricabarile del clan (per la faccenda delle armi), se la prende con Sandokan, rinfacciandogli pure di fare la cresta sulla cassa del clan: «Abbiamo fatto una guerra con i cutoliani, una con i Nuvoletta, una con i Bardellino, una coi De Falco, l’ultima la dobbiamo fare io e te?». Oltre ai risentimenti personali c’è che dal 90 i Casalesi hanno cominciato a spacciare anche a Casale, e hanno smesso di mantenere i familiari dei detenuti, finché, nel 91, viene ammazzato perfino un bambino di dieci anni. «Quella è un’altra goccia che fece traboccare il vaso. Mio cugino stava in carcere e un altro mo cugino prese la reggenza militare, cominciarono a sparare e dove andava andava. Mi accorgo che i fatti non quadrano più, erano diventati delle bestie. Mi fanno arrestare a Maglie». È il luglio 92, in Sicilia sono stati ammazzati il giudice Falcone e Borsellino, e Carmine si prende il carcere duro («pensai: i siciliani fanno i guai per i loro intrallazzi e noi ne paghiamo le conseguenze»).
• In carcere viene esautorato, con la scusa ufficiale che avendo l’amante non può più fare il capo. «Mia figlia Rosaria era l’unica di cui mi fidavo, a un certo punto le dissi: “Questi mi faranno pentire, questi non si rendono conto che mi faranno pentire, perché stanno perdendo tutto ciò che significa essere uomo, con questa gente non c’è futuro più per nessuno”».
• «Stetti quattro o cinque giorni sul letto con la testa sul cuscino. Ho analizzato tutta la mia vita, tutta la vita loro come un proiettore che proietta un film, e dissi: “Sono bestie, io mi sono trovato in mezzo a delle bestie e sono diventato più bestia di loro. Quanti altri morti innocenti ci dovranno essere! Quanta altra gente dovrà piangere i figli drogati!». Qualche giorno dopo riceve la visita della figlia Rosaria, e le dice testuali parole: «Tu gli vuoi bene al tuo fidanzato? Se gli vuoi bene sposati, perché io questa volta sparo la bomba atomica. Questa volta muore Sansone con tutti i filistei». A maggio 1993 si pente, facendo sequestrare beni del clan per 2.500 miliardi. Dalle sue dichiarazioni nasce il processo “Spartacus”.
Il 7 ottobre 1996 fu sentito dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti (verbale desecretato il 31 ottobre 2013), per spiegare come è stata avvelenata la Campania.
Intervistato da Radio 24 il 26 gennaio 2014: «Venivano da aziende del Nord e anche dall’ex Germania dell’est questi rifiuti tossici ancora interrati. Ci sono ancora tantissimi siti dove nessuno ha scavato, perché il popolo altrimenti farebbe la rivoluzione. Perché si è costruito sui rifiuti tossici. Per anni la gente del posto faceva a gara per vendere i terreni alla camorra, invece di denunciare [alla commissione parlamentare sui rifiuti aveva indicato in 7-10 milioni mensili a ettaro, il compenso garantito a chi dava in gestione i terreni, ndr]. Non ho niente da perdere, io sono l’ultimo mafioso dinosauro rimasto di quei casalesi, gli altri sono tutti o morti o in galera. E per questo parlo».
• Nel 2008 viveva sotto copertura nella Bassa Tuscia con moglie e due figli, quando fu arrestato per detenzione di un fucile e una pistola (scarcerato dopo poche ore). Lo aveva denunciato il figlio. Processo in corso a Viterbo. Tra i testimoni un assessore a cui il figlio di Schiavone aveva offerto un kalašnikov per andare a caccia. «Era seguito dai servizi sociali, a volte dormiva sulle panchine, lo abbiamo affidato più volte una struttura gestita dalle suore».
 
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