Le stronzate di Pulcinella

Metti un polpo nel piatto

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view post Posted on 28/2/2015, 23:32
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Sui tentacoli del polpo, al di là della dimensione (che siano gigantesche piovre o piccoli polipetti poco importa), ci sono sempre due file di ventose.

Se ce n'è una sola vi stanno vendendo un grosso moscardino o quella che, in alcune zone d'Italia, viene definita polpessa. In entrambi i casi si tratta

di un mollusco di qualità inferiore, meno saporito e meno tenero del polpo.

 
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view post Posted on 1/3/2015, 05:31
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Non per interferire sulla tua esatta informazione, ma per completarla, mi permetterò di riportare qui il testo di "Purprtielle"
traendolo dall'e.Book che come certo ricorderai offrimmo a SEB per il suo onomastico, due anni fa:
"" San Pullecenella Nuosto "

di libera consultazione qui

http://en.calameo.com/read/00188722236bd117f7110

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Purpetielle



Di polipi ce ne sono più di cento specie, dice il mio libro si scienza naturali edito da quel signore che fa pure, buonissime quelle!, le amarene sciroppate, ma noi a Napoli ne consideriamo solo cinque. ‘O purpo, ‘a purpessa, ‘o sinisco, ‘o moscardino e ‘o purpetiello.

Rapidamente:

‘O purpo è quello abbastanza grosso, da tre/quattrocento grammi fin oltre tre chili di peso, fornito di una doppia fila di ventose per ogni tentacolo. Il corpo è massiccio i tentacoli forti e brevi.
La “morte sua” è lesso. Ne parleremo diffusamente, perché merita un capitolo a parte.

‘A purpessa è un polpo di sabbia che si pesca di solito oltre i 100 metri di profondità. La si distingue per una borsa scura con verruche bianche e tentacoli esili decisamente lunghi.
Ha un buonissimo sapore, ma è tosta e coriacea. La difficoltà e lunghezza di cottura la rendono poco pregiata e poco interessante in cucina.


‘O sinisco è un polpetto marroncino chiaro con lunghi tentacoli ornati da una singola fila di ventose.
Saporito, coriaceo, di lunga cottura viene usato normalmente nelle insalate di mare, nelle zuppe, nei piatti misti in genere. Qualche volta viene spacciato anche per “purpetiello”… ma si tratta di appropriazione indebita (anche perché costa molto, molto meno).

Moscardini sono invece dei polpetti piccoli, bianchicci, dimessi. Coi loro corti tentacoli spesso arricciati a corona e la sacca compatta ed atticciata sono quelli che mostrano di essere: dei gregari. Merce di seconda scelta, dignitosa, adatta a sostituire il purpetiello nelle sue preparazioni ma senza pretese emulative. Sono buoni modesti e gradevoli… ma di serie B.
Nulla da criticare, purché siano pagati il giusto.
Purpetiello infine è il re di Mergellina e di Santa Lucia… cioè il re dell’universo.

Intenso nel colore, gagliardo nel movimento, guappo nella presenza, è un animale nato nobile e lo sa. Lui, è l’imperatore del mare, il piccolo sovrano che non deve chiedere nulla. Lui, è!

Piccolo, centocinquanta grammi al massimo, elegantissima doppia fila di ventose degradanti come le perle di un collier, proporzioni armoniche e grandi occhi neri, può essere vissuto fra gli scogli, sopravvivendo ad infinite insidie e trappole o aver trovato rifugio in una “mummarella”, i piccoli vasi di coccio che certi pescatori affondano, legate in lunghi rosari, alla base delle scogliere foranee. Rifugio ideale per questi piccoli principi del gusto, che assai volentieri le colonizzano… rigorosamente solitari, uno per mummera, e ne fanno la loro residenza. 
Sin troppo evidente che, quando catturati, spuntano sul mercato un prezzo notevole… ma ne vale la pena!...
Sono buoni, sono belli, teneri, eleganti… un piacere per gli occhi ed un arricchimento per la tavola.
Per il palato poi… un boccone di afromosia in pignatiello!

Ed allora andiamola a preparare, questa squisitezza, raccontandola, come fanno nei libri di cucina cominciando dagli ingredienti:

due purpetielli veraci a testa (si possono usare anche i moscardini, ma già si è detto che andiamo in serie B)
uno spicchio d’aglio piccolo (sempre a testa)

due pomodori sammarzano perfettamente maturi (o cinque o sei pomodorini pizzutelli del Vesuvio o del “piennolo”, ma attenzione che qui rimangono le pellecchie e possono non piacere)

un pezzetto piccolo di peperoncino forte (possibilmente fresco e verde)

alcune foglie di prezzemolo, olio, sale.

Un tegame di coccio col coperchio di coccio o di vetro. Attenzione al tegame di coccio, che è fondamentale. Deve essere “giusto giusto” per accogliere i polpi il pomodoro ed il resto rimanendone riempito fino ad un dito, un dito e mezzo massimo dal bordo.

Il perché lo diciamo subito.
I polpi cuocendo si “arricciano” sui tentacoli, aumentando alquanto di volume, ma devono cuocere senza acqua aggiunta. Per cui un tegame troppo piccolo non riuscirebbe a contenerli, mentre in un tegame troppo ampio i liquidi sarebbero insufficienti compromettendo la corretta cottura.

Preparato l’occorrente metteremo nel tegame di coccio un cucchiaio scarso di olio a persona, gli spicchi d’aglio ed il peperoncino mentre avremo già pelato i sammarzano (sapete come si fa, vero?... tuffati per un minuto in acqua bollente la pelle viene via molto facilmente) e li avremo tagliati grossolanamente e messi nel colapasta a perdere il liquido in eccesso.

Sul fuoco dolce faremo imbiondire l’aglio, ma solo un poco per non caricare troppo l’odore.
subito giù i purpetielli per un rapido stordimento. Vanno girati rapidamente (immediatamente cambiano colore e poi tenuti coperti per un minuto o due.
Riaperto il tegame aggiungiamo i pomodori o i pomodorini che abbiamo preparato ed i soli gambi del prezzemolo. Un pizzico (poco) di sale fino, una rapida rimescolata e di nuovo coperti.

La cottura del purpetiello verace, ed anche quella del moscardino è breve. Un quarto d’ora, venti minuti al massimo.
Se avete invece comprato (o vi siete fatti imbrosare) coi sinischi, dovrete pazientare anche cinquanta minuti per trovarli mangiabili, e forse dovrete aggiungere anche un poco di acqua… mi raccomando bollente!.

Solo qualche minuto prima della presunta fine della cottura si scoperchia, si controlla il sale, si aggiungono le foglioline di prezzemolo finemente tritate, si controlla la cottura. Una rapidissima rimescolata al tutto ed ancora incoperchiato. Qualche altro minuto, e spegnete il fuoco.

Ancora qualche minuto che il bollo piano piano si estingua… e i purpetielli affogati possono andare in tavola… rigorosamente nel loro tegame. vanno serviti su una fetta di pane abbrustolito caldo insieme al proprio sugo.

Una variante interessante, che fa risparmiare un polpo a persona, consiste nell’usare il sugo per condire gli spaghetti, o meglio, le linguine.
In questo caso io aggiungo ancora un poco di prezzemolo tritato ed un filo d’olio di oliva proprio a crudo direttamente sui piatti. Il purpetiello sarà appoggiato, trionfante, al centro della porzione di pasta.

Ultima variante:
Al momento in cui si mettono i purpetielli nell’olio, ci si possono aggiungere qualche oliva nera di Gaeta snocciolata e qualche cappero sottosale lavato nell’aceto e strizzato.
In questo caso avremo i “Purpetielli alla Luciana”, specialità del Borgo Marinaro, in fiero e nobile antagonismo coi “Purpetielli affogati (affucati)” che sono quelli in ricetta e sono rivendicati da Ciro a Mergellina.

Buon appetito a tutti!

Lucio Musto . 17 ottobre 2011
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