Le stronzate di Pulcinella

GENOVA per VOI: storia, arte, tradizioni, cultura, gastronomia, sport, entroterra

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view post Posted on 24/5/2021, 15:04
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E oggi una ricetta

Totani ripieni in umido

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Ingredienti:
6 totani
mezzo panino secco
15/20gr di pinoli
2 cucchiai di parmigiano grattugiato
1 uovo
qualche rametto di maggiorana
1 spicchio d’aglio
latte q.b.
vino bianco
sale
olio extra vergine di oliva
Passata di pomodoro
Stecchini

In una tazza ,mettere a bagno nel latte il pane raffermo

pulire i totani ,staccando i tentacolini

in una pentola con acqua fare bollire per alcuni minuti i tentacoli, scolarli e lasciarli raffreddare

tritare le foglie della maggiorana con l’aglio e i pinoli

tritare i tentacoli ormai freddi

unire i tentacoli al trito con i pinoli, sminuzzare il pane bagnato nel latte e mescolarlo al composto, aggiungere l’uovo e un poco di sale

con un cucchiaino riempire i totani e chiudere con uno stecchino

in una casseruola mettere un poco di olio e uno spicchio d’aglio , lasciarlo imbiondire e toglierlo

mettere i totani cuocerli per alcuni minuti
sfumare con il vino bianco

quando il vino sarà consumato aggiungere alcune cucchiaiate di passata di pomodoro

coprire e cuocere lentamente per circa un’ora, regolando di sale.


Buon appetito!



Fonte: ilmugugnogenovese.it
 
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view post Posted on 26/5/2021, 17:51
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Muro o non muro...TRE PASSI AVANTI!

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AGGIADDA



Oggi si va in cucina con questo condimento da usare con varie pietanze, noi lo usiamo con il fegato e posso garantire che è davvero squisito

INGREDIENTI :

8 Spicchi Aglio
3 Panini Mollica
2 bicchieri Aceto bianco
1/2 bicchiere Vino bianco
1 Cucchiaio Olio di oliva extravergine
q.b. Sale da cucina

NOTE:
Salsa rustica, forse precedente al pesto, viene abbinata ai lessi di magro e al pesce.
Deve essere versata calda sulla pietanza.
Ne vengono riconosciute le proprietà disinfettanti e corroboranti oltre che alla regolazione dell'ipertensione.
Consigliato prepararla nel mortaio di marmo.

PREPARAZIONE

Sbucciati gli spicchi d'aglio, vengono messi nel mortaio assieme alla mollica di pane, precedentemente bagnata in aceto, e alla giusta quantità di sale, quindi il tutto viene pestato amalgamandolo ed aggiungendo eventualmente altro aceto , vino bianco e olio.
Fatto bollire l'amalgama in una piccola pentola per pochi minuti, versare ben caldo direttamente sulle pietanze.

DA UN MANUALE DI CUCINA DEL XIV SECOLO

" Agliata a ogni carne, toy l'aglio e coxilo sotto la braxa, poi pestalo bene e mitili aglio crudo, e una molena de pan, e specie dolce, e brodo; e maxena ogni cossa insema e fala un pocho bolire e dala chalda."




alla prossima
saluti
Piero
 
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view post Posted on 29/5/2021, 14:15
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Oggi una carrellata di foto.
Io sono della parte di Genova in cui c'è la sede dei cantieri navali (Fincantieri)
Sui muri esterni di un supermercato c'è una galleria fotografica di navi nate ai cantieri di Sestri. Eccole qui di seguito

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Foto pubblicitaria di Italia Navigazioni

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Il Rex in fabbricazione
Paricolare della prua
In navigazione
Interno

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Il Duilio

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L'Andrea Doria

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La prua della Michelangelo

IMG-20210529-WA0011di queste non so dire, tranne che sono in porto, pronte alla partenza transoceanica.

E per finire

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Questa è quella attualmente in lavorazione per la Virgin

 
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view post Posted on 30/5/2021, 16:08
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“A me le torte di Zena”

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Certo le scuole napoletane e siciliana, di chiara impronta araba, per non parlare di quella asburgica mitteleuropea (austriaca e svizzera) sono tra le più celebrate ed apprezzate. Ma Genova non rimane indietro anche la Superba infatti può vantare una tradizione pasticcera di tutto rispetto segnalandosi per alcune rinomate ed esclusive preparazioni.
Ad esempio, all’incirca a metà del ‘700, il giovane pasticcere Giovanni Battista Cabona, al seguito dell’ambasciatore genovese a Madrid il marchese Domenico Pallavicino, inventò per un ricevimento di rappresentanza una particolare e assai leggera tipo di base per torte. L’innovativa pasta viene lavorata a caldo senza lievitazione. Realizzata per la prima volta quindi in Spagna ne prese il nome.



Nel 1800 Chiboust, il celebre pasticcere parigino di Rue Saint Honorè, per omaggiare l’eroica resistenza del connazionale Massena impegnato nella strenua difesa di Genova assediata dagli austriaci, ne elaborò una variante, ottenuta a freddo battezzata la “Genoise”.

Su questa base a metà del secolo successivo, con l’aggiunta di creme e farciture liquorose, nel laboratorio della Pasticceria Preti sarebbe nata la Sacripantina, brevettata poi nel 1875.

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Se il Pan di Spagna divenne la base imprescindibile di numerose torte, grande successo ebbe la Sacripantina sulle cui scia, poco dopo, nacque su creazione di Klainguti, la torta Zena. Pensata dai fratelli svizzeri per omaggiare la città che li aveva ospitati, adottati e resi famosi. Insieme ai Falstaff, le brioches preferite di Verdi e alla torta Engandina (così chiamata in onore della loro valle di provenienza), preparata con farina di mandorle e crema di latte, divenne la specialità più ricercata della casa.

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Dal 1965 la ricetta viene portata avanti con passione dai successori:

Di forma quadrata anch’essa parte da una base di Pan di Spagna con zabaione (leggermente alcolico) e pasta di mandorle.

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Che dire poi dell’arte confettiera in cui i Romanengo eccellevano già dal 1780: frutta candita, confetteria varia, gocce di rosolio, confetture, marmellate sciroppi alle viole e di rose. Queste sono solo alcune delle preparazioni più apprezzate con le quali si deliziavano le principali corti europee.

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Tornando alle torte come non citare quella, a base di pasta di mandorle, tanto cara a Giuseppe Mazzini. E’ l’apostolo della libertà stesso a raccontarcelo trascrivendone ricetta al tempo in cui, negli anni ’30 dell’ottocento, era in esilio in Svizzera in una lettera indirizzata alla madre Maria Drago:
“Prima di dimenticarmi, voglio mantenere la mia promessa. Eccovi la ricetta che vorrei faceste e provaste, perché a me piace assai, traduco alla meglio, perché di cose di cucina non m’intendo, ciò che mi dice una delle ragazze in cattivo francese: Pelate e pestate fine fine tre once di mandorle, tre once di zucchero fregato prima ad un limone, pestato finissimo. Prendete il succo di un limone, poi due gialli d’uovo, mescolate tutto questo e muovete, sbattete il tutto per alcuni minuti, poi sbattete i due bianchi di uovo quanto potete: “en neige”, dice essa, come la neve, cacciate anche questi nel gran miscuglio, tornate a muovere. Ungete una “tourtiere”, cioè un testo da torte, con butirro fresco, coprite il fondo della tourtiere con pasta sfogliata, ponete il miscuglio nel testo, su questo strato di pasta sfogliata, spargete sopra dello zucchero fino e fate cuocere il tutto al forno”.

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A riproporre la gustosa e risorgimentale ricetta è dal 1906 la Liquoreria Marescotti, incastonata nella duecentesca Loggia dei Gattilusio in Via del Fossatello. Fondata in Genova nel 1780, con il nome di “Cioccolateria Cassottana” e rilevata dalla famiglia Cavo nel 2008, inventrice a fine ‘800 degli Amaretti di Voltaggio.

In cucina funziona come nelle più belle opere d’arte: non si sa niente di un piatto fintanto che si ignora l’intenzione che l’ha fatto nascere
(Daniel Pennac).

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Fonte: amaezena.net
 
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view post Posted on 7/6/2021, 21:26
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A Tanna da Dragunea - Le grotte del Righi

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Ad Oregina/Righi abbiamo anche questo. Vi riporto in fondo a questo articolo alcune foto, pubblicate da Giovanni D’Antonio, una grotta chiamata “Grotta della Dragonaria” (Tanna da Dragunea).

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La cavità è facilmente percorribile senza attrezzatura alcuna fino a quello che è stato per anni il sifone terminale.
Da qui in periodi di siccità è possibile oltrepassare il sifone, strisciando per una ventina di metri in una galleria quasi comletamente allagata che lascia spazio appena sufficiente per poter respirare.
In alto a sinistra dietro i depositi di fango defluisce l’ acqua che percorre perennemente la grotta e causa il sifonamento di questo tratto. Durante la stagione invernale l’ acqua in eccesso percorre invece il tratto iniziale della Dragunea uscendo dall’ ingresso principale.
Il sifone condice una salettina molto fangosa per poi proseguire ancora fino ad un punto dove la grotta cambia completamente aspetto.
La galleria si fa ora più ampia, concrezionata e priva di fango.
La grotta curva ora a sinistra per immettersi in un tratto caratterizzato da profonde vaschette.
Dopo pochi metri, una nuova curva a destra costringe ad immergersi fino alla vita in una vaschetta concrezionale che porta ad una galleria piuttosto alta larga circa un metro ancora percorsa dall’ acqua.
Qui occorre risalire in contrapposizione per poi proseguire orizzontalmente fino ad arrivare grazie ad un passaggio quasi verticale ad a due passaggi sovrapposti dove si erano interrotte le esplorazioni fino al 2006.
Il passaggio inferiore è un po’ più agevole ma conduce ad una profonda vaschetta concrezionale che costringe ad un bagno quasi completo.
Oltre la galleria si allarga e prosegue rettilinea fino al lago che si trova in corrispondenza di una sala quasi circolare alta circa 7 metri.
Per ora questa sala rapresenta il punto più ampio della Grotta. Risalendo sul soffitto si intravede alla sommità tra le colate stallattitiche una possibile prosecuzione purtroppo per ora impraticabile. Oltre la sala sulla destra la galleria continua allagata fino astringere in una alta fessura percorsa dall’acqua.

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ITINERARIO

Si raggiunge in auto il parco del Peralto di Genova (monte Righi) e si parcheggia nei pressi del locale “La Polveriera”.
Partendo dal cancello di ingresso di quest’ultimo si scende per circa mt. 30 la stradina asfaltata e si imbocca l’evidente sentiero sulla destra.
Lo si percorre per circa mt. 200, finchè non inizia a salire e ad allargarsi, quindi si prende la diramazione a destra ed in ripida salita.
La biforcazione è segnata su di una roccia a terra poco visibile (freccia nera con nome della cavità).
Si sale per una distanza complessiva di circa mt. 130 (in linea d’aria) ed un dislivello di mt. 50, seguendo la debole traccia di sentiero da noi in parte rinfrescata.
Poco prima di attraversare una grossa lastra di roccia, si scende a precipizio (a sinistra) nel letto di un corso d’acqua, spesso secco, e ci ritrova dinnanzi al discreto ingresso della grotta.

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Fonte: ilmugugnogenovese.it
 
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view post Posted on 10/6/2021, 16:24
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Quando a Brignole c’erano le mongolfiere

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Quando, agli albori del ‘900, davanti alla stazione Brignole a quel tempo in costruzione, gli appassionati assistevano all’ardimentoso spettacolo dei palloni aerostatici…

… quando si costruivano addirittura tribune per permettere al numeroso pubblico di ammirare curioso con il naso all’insù le ardite manovre degli impavidi piloti delle mongolfiere.

Quando nel 1903 in scio pròu sul campo chiamato”Velodromo” che occupava la zona dell’odierna Piazza Verdi vi fu l’ascensione del Pallone “Centauro”.

La struttura venne smantellata poco dopo appena terminata la costruzione della Stazione nel 1905.

In quello stesso spiazzo ma con il terreno di gioco disposto in maniera diversa nel 1913 verrà costruito, per ospitare l’Expo internazionale dell’Igiene, della Marina e delle Colonie dell’anno successivo, lo Stadium.

Tale impianto fu per un paio di partite, causa squalifica del campo di Via del Piano (il futuro Ferraris), lo spelacchiato terreno di gioco del Genoa per la 7^ volta campione d’Italia.

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Fonte: amaezena.net
 
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view post Posted on 14/6/2021, 18:06
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E oggi una piccola novità curiosa.

Parliamo un po' di
Lucapixar

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Luca è un film d'animazione del 2021 diretto da Enrico Casarosa.
Il 30 luglio 2020, la Pixar ha annunciato un nuovo film intitolato Luca, basato su "una storia ambientata in Italia", diretto da Enrico Casarosa e prodotto da Andrea Warren. Casarosa ha dichiarato che Luca rappresenta una "storia profondamente personale" ispirata alla sua infanzia a Genova, in Italia, e che il protagonista era basato su se stesso, mentre Alberto sul suo migliore amico. Ha inoltre affermato: "Le mie estati sono state trascorse sulle spiagge... è stato lì che ho incontrato il mio migliore amico quando avevo 11 anni. Nel film voglio rappresentare quel tipo di amicizie che ti aiutano a crescere". Infine ha dichiarato che il film combina elementi dei registi Federico Fellini e Hayao Miyazaki.

«Le amicizie dell'infanzia spesso determinano il corso di chi vogliamo diventare, e proprio questi legami sono al centro della storia in Luca. Quindi, oltre alla bellezza e al fascino del mare italiano, il nostro film presenterà un'indimenticabile avventura estiva che cambierà radicalmente il protagonista.»

(Il regista Casarosa sul film)


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Per il film, la Pixar ha inviato diverse persone nella Riviera ligure per un viaggio di ricerca, durante il quale sono state scattate fotografie al paesaggio e alla popolazione locale.[14] I mostri marini presenti nel film sono ispirati a delle "leggende locali sui draghi marini"

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Fonte: wikipedia
Immagini: web
 
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view post Posted on 18/6/2021, 08:39
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Ho ricevuto da un'amica e voglio condividere.
Non sono sicura dell'attribuzione, visto che l'ha presa da Facebook, probabile di Antonio Soragni

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I GENOVESI

È Gente strana
Mai domi e mai servi
Lì in fila indiana
Da Voltri a Nervi


Gente di arsura
Di sale e di pesto
Senza paura
Senza pretesto


Gente di lotte
E nel cuore una fitta
Le guerre le botte
Ma MAI fu sconfitta


Gente che guarda
I giorni di morte
La vita bastarda
La malasorte


Gente di scoglio
Sorrisi accennati
Gente d’orgoglio
Di luoghi incantati


Gente di canto
Che è nostalgia
Con quel rimpianto
Se poi vanno via


Gente di porto
E di superbia materna
Viscerale rapporto
Con quella Lanterna


Gente di “Coglia”
E di odor di bucato
Con quella voglia
Di un mare infinito


Gente di artisti
E caligo avvolgente
Nei giorni tristi
Dell’era del niente


Gente più dura
Del duro granito
Tra pioggia e calura
Di un tempo impazzito


Gente che viaggia
E che mai se ne è andata
Da quella spiaggia
Dall’aria salata


Gente che avanza
Dai monti difesi
Son fiera arroganza
Son I GENOVESI

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view post Posted on 18/6/2021, 08:53
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view post Posted on 19/6/2021, 18:34
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I quartieri di Genova: Prè

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Prè (pron. /ˈprɛ/; Pre /ˈpre/ in ligure) è un quartiere del centro storico di Genova. Era anticamente uno dei sestieri in cui era suddivisa la città di Genova e confinava a levante con quello della Maddalena, a ponente con quello di San Teodoro e a nord con quello di San Vincenzo.
Situato a ridosso dell'area portuale più antica, è probabilmente il più conosciuto tra i quartieri storici del capoluogo ligure. La zona di via Prè, che con il suo intrico di vicoli offriva opportunità di protezione e fuga, nel secondo dopoguerra divenne emblema di una piccola criminalità che viveva soprattutto di contrabbando di sigarette, prostituzione e ricettazione. Il quartiere dagli anni novanta è sottoposto a profondi lavori di restauro e conservazione degli stabili.
L'origine del nome deriva da praedia (poderi) o Borgus Praedis, termine con il quale è nominato in alcuni documenti risalenti al 1131, perché in quell'epoca era ancora una zona prettamente agricola.

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La costruzione delle mura dette “del Barbarossa” (1155) aveva incluso nella cerchia cittadina l'area del cosiddetto Burgus, corrispondente all'incirca all'attuale quartiere della Maddalena, già in buona parte urbanizzata dalla comunità monastica di San Siro, portando il limite di ponente dell'area urbana alla porta di Santa Fede o Sottana, oggi conosciuta come "Porta dei Vacca".

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I primi insediamenti nella zona risalgono proprio a quella seconda metà del XII secolo, quando all'esterno della porta dei Vacca iniziò a svilupparsi un borgo lungo il tracciato della strada costiera che uscendo dalla città conduceva a ponente e che, molto probabilmente, altro non era che il tratto iniziale dell'antica Via Postumia.
Prè, come altri quartieri genovesi (ad esempio San Vincenzo, al limite orientale della città) nasce come centro di via, legato cioè ai servizi forniti ai viaggiatori che percorrevano la via di accesso alla città o arrivavano via mare; come spesso accadeva in epoca medievale furono gli ordini monastici a favorire l'urbanizzazione della zona, con i loro ospitali, creati per fornire alloggio e assistenza ai viaggiatori che transitavano per il porto di Genova diretti in Terra santa e in oriente: crociati, pellegrini e mercanti. Il primo e più conosciuto di questi fu la Commenda di San Giovanni di Prè dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme, o Cavalieri gerosolimitani, costruito nel 1180, ma nella zona, appena fuori dalle mura, sorsero anche quelli di Sant'Antonio Abate, Santa Fede, alla foce del rio Carbonara e l'Ospedale dello Scalo.
Quasi contemporaneamente, a partire dal 1163, nella zona portuale antistante furono concentrati gli scali di riparazione delle navi, mentre nella seconda metà del XIII secolo, ad opera di frate Oliverio e di Marino Boccanegra fu costituita una darsena con attiguo arsenale. Quel primo terminal portuale garantì l'impulso economico allo sviluppo del borgo.

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Con la costruzione delle nuove mura di ponente, nel 1347, tutto il quartiere fu inglobato nel perimetro cittadino e la sua via centrale (l'attuale via Prè) divenne l'arteria principale di uscita dalla città verso ponente, attraverso la porta di San Tommaso, che sorgeva nell'attuale piazza del Principe.

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Diversamente dal Burgus, dove lungo l'asse formato da via del Campo, via S. Luca, piazza Banchi si aprono numerose piccole piazze sulle quali si affacciavano insediamenti nobiliari, il quartiere di Prè ha mantenuto nel tempo un carattere popolare, benché non siano mancati anche qui alcuni insediamenti di famiglie patrizie. Tra queste gli Adorno, i Balbi, i Cybo, i Fregoso, i Lomellini e i Vachero (detti anche Vacca), al cui nome è legata l'omonima porta cittadina, ma anche la fallita congiura di Giulio Cesare Vachero.
Nel 1493, a seguito dell'editto dei sovrani di Castiglia che dopo la ‘'Reconquista'’ sancì l'espulsione degli ebrei sefarditi dalla Spagna, la Repubblica di Genova accolse una comunità (circa 300 persone) di questi esuli, che secondo la mentalità dell'epoca, permeata da pregiudizi religiosi verso gli ebrei, vennero confinati in un'area nei pressi di via del Campo, all'interno delle vecchie mura del Barbarossa. Nonostante le restrizioni, agli ebrei fu concesso di aprire una sinagoga, ma oggi non resta traccia di questo edificio. La zona intorno alla metà del Seicento divenne un vero e proprio ghetto, recintato e con gli accessi sorvegliati per evitare contatti tra ebrei e cristiani, ma già nel 1674 fu trasferito in piazza dei Tessitori, nella zona di Sarzano. A quell'epoca la comunità ebraica genovese contava 174 persone.
La prima rivoluzione urbanistica del quartiere avvenne all'inizio del Seicento quando vi si insediarono alcune nobili famiglie genovesi, tra cui i Durazzo e i Balbi. E saranno proprio questi ultimi a modificare il tessuto urbano con l'apertura a monte della Strada Balbi e la costruzione lungo essa di sontuosi palazzi.

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La nuova strada, oltre a celebrare la potenza della città e della sua oligarchia aveva un utilizzo pratico. Infatti essendo per l'epoca molto larga e rettilinea rendeva finalmente agevole il transito delle merci dirette a ponente e a nord che fino ad allora avevano dovuto passare, con gran difficoltà, per lo stretto budello di via Prè.
Un'altra svolta, sempre legata allo sviluppo della viabilità urbana legata al porto, fu l'apertura della strada carrabile litoranea voluta dal re Carlo Alberto (oggi via Gramsci), che collegava piazza Principe con piazza Caricamento. Con la realizzazione della nuova strada la storica via medievale perse definitivamente la sua funzione di arteria di uscita dalla città che comunque, in realtà, aveva già perso da tempo, visto che ormai il trasporto delle merci e dei passeggeri tra il porto antico e i nuovi moli sorti a ponente avveniva via mare all'interno del porto stesso.

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La costruzione della nuova stazione ferroviaria di Genova Piazza Principe, realizzata tra il 1854 e il 1860 modificò profondamente la zona nord-occidentale del quartiere. Per far spazio alla nuova stazione vennero abbattuti due monasteri e la porta di San Tommaso, che già dal 1632, con la costruzione delle Mura nuove sui colli intorno alla città, aveva perso il suo ruolo di accesso alla città.
Nel Novecento il riordino urbanistico continuò senza sosta con altre demolizioni nella zona della stazione per far posto a grandi alberghi, alcuni dei quali ancora in attività.

Il quartiere storico nel secondo dopoguerra e negli anni del boom economico divenne il centro della prostituzione e del contrabbando di sigarette. Nell'immediato dopoguerra fu la piccola malavita di origine napoletana ad insediarsi nei caruggi per gestire questi traffici, sfruttando soprattutto i vizi di marinai e militari: celebri nelle cronache di quegli anni furono le figure di Francesco Fucci detto "Mano ‘e pece" e di sua moglie Carmela Ferro, detta "Marechiaro" A partire dagli anni settanta, con il massiccio diffondersi dell'eroina presero il sopravvento gruppi di origine siciliana e calabrese legati alle organizzazioni criminali che fecero enormi profitti con lo spaccio degli stupefacenti. Dalla fine degli anni ottanta questo traffico è invece gestito soprattutto da immigrati extracomunitari. L'insediamento della malavita nei vicoli ha determinato sin dall'immediato dopoguerra l'allontanamento di molti degli originari abitanti (solo in parte sostituiti da immigrati, dapprima provenienti dalle regioni del Sud Italia e negli ultimi decenni soprattutto dal Nord Africa e dal Sud America) e il degrado del patrimonio edilizio.

Sul piano della viabilità, l'intervento più importante nel dopoguerra è stato la realizzazione della Sopraelevata (1963), che correndo al margine dell'area portuale collega il casello autostradale di Genova Ovest a piazza Caricamento e alla Foce. Per realizzare la strada fu demolito il passaggio sopraelevato che collegava direttamente il Palazzo Reale con il porto. Pur non avendo accessi nel quartiere l'apertura di questa arteria ha decongestionato il traffico in transito nella via Gramsci.

Oggigiorno, dopo un secolo di costante e progressivo degrado, il quartiere di Prè registra i primi timidi segni di ripresa. Ma mentre sia la zona a monte, via Balbi e i suoi palazzi, che quella a mare, con il porto antico, sono state negli ultimi anni riportate a nuova vita, via Prè rimane ancora assai indietro, nonostante i vari progetti di riqualificazione, alla faticosa ricerca di un recupero di stabili al limite della fatiscenza.

Prè è sicuramente uno dei luoghi più interessanti di Genova, visto che comprende il porto antico con la darsena e il museo Galata, via Balbi (la strada di parecchie facoltà universitarie) piazza dell'Annunziata, venti palazzi del sistema dei rolli, una fitta rete di caruggi, comprendenti la via omonima, via del Campo, via Lomellini, la Commenda, numerose chiese, la stazione Principe, Palazzo Reale e tutti i relativi monumenti.
Certamente molto sfugge, le vie strette esigono attenzione per vedere i tesori che racchiudono.

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Oggi un detto che è più una leggenda metropolitana, ma essendo vicina la data e siccome è una curiosità...

Non si fa il bagno a San Pietro!

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C’è un detto che, chi ha genitori zeneixi, probabilmente avrà già sentito:

San Pé u ne veu un pe lê (San Pietro ne vuole uno per lui)
San Pé te tia pe’ i pê (San Pietro ti tira per i piedi)


Quindi il 29 giugno non si deve fare il bagno.

Quando andavi al mare, mamma ti diceva “OGGI È SAN PÉ: BAGNATI SOLO I PIEDI, EH MERACOMANDO!“… E, belin, era una roba che proprio non riuscivi a capacitartene!
Ecco spiegato il motivo… e, in origine, questa “leggenda” era ancor più severa! Possiamo dire che, col tempo, si è “affievolita”, ma pensate che, anni fa, il 29 giugno era addirittura la data ufficiale di apertura degli stabilimenti balneari! Prima di allora nessuno faceva il bagno!

Secondo l’originale credenza, un po’ lugubre, Pietro, ex pescatore e, nonostante la Santità, nell’immaginario popolare fornito sempre di una buona dose di cattiveria, avrebbe voluto una preda per sé.

Il detto ovviamente è assurdo, ma è rimasto ancora in auge fino a non molto tempo fa (nella sua forma più leggera, raccontata all’inizio)…

San Pietro è comunque una giornata ricca di usanze e credenze. Un’altra? LA BARCA DI SAN PIETRO!

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Fonte: ilmugugnogenovese.it
 
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Fantasmi!

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I vicoli ne son pieni, ma un po’ tutta Zena a dir la verità! Dal fantasma della vecchina di Vico dei Librai, a varie presenze che appaiono in determinate ricorrenze, come il carro spettrale che passa per Porta dei Vacca in occasione del Venerdì Santo. Tutte storie molto affascinanti e suggestive che ci portano dai vicoli più famosi, a quelli più oscuri e sconosciuti…

Del fantasma della vecchina di Vico librai ne abbiamo parlato, quindi passo a

Il Fantasma di Stefano Raggi

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Coloro che girano spesso nei vicoli o che, semplicemente, hanno passato qualche serata nei pressi di piazza delle Erbe, non possono non essersi mai fermati vicino la chiesa di San Donato (Quella che vedete dai giardini Luzzati per capirci). Stefano Raggi era un nobile del 1600 che viveva a poca distanza dalla Chiesa in questione. Accusato di preparare un Colpo di Stato, si rifugiò per alcuni giorni nella torre nolare della Chiesa di San Donato, difendendosi da solo senza far avvicinare nessuno.
Fu successivamente catturato e portato nella Torre Grimaldina di Palazzo Ducale in attesa di esser giustiziato. Da qui, la storia si divide in due versioni.
C’è quella che vuole Raggi suicida grazie ad un pugnale segretamente portato con sé, mentre c’è chi sostiene che il Raggi abbia tentato il suicidio, soltando ferendosi, per poi esser giustiziato alla forca. Ad ogni modo, il suo corpo, fu esposto davanti al Palazzo Ducale i giorni seguenti come monito di cosa veniva fatto ai traditori della Repubblica.
Dopo la sua morte, i figli furono privati dei loro titoli nobiliari e la casa rasa al suolo. Al suo posto venne eretta una colonna infame (oggi non più presente). Si dice che il fantasma di Stefano Raggi vaghi ancora oggi per San Donato e che lo si possa intravedere in autunno, al tramonto, avvolto in una tunica rossa, scendere da Vico San Donato per dirigersi al “suo campanile”…

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La ragazza del Carlo Felice

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“Sotto” il Carlo Felice vive il fantasma di una bellissima ragazza bionda, innamorata della musica. Era la figlia di Battista Carbone, un liutaio famoso . Fu accusata di stregoneria e poi sepolta sotto il convento di San Domenico. Il Convento in questione si trovava esattamente dove ora sorge il teatro che tutti possiamo ammirare da Piazza De Ferrari. Si dice che ella suoni il liuto nei sotterranei.
La ballerina Morgat Fonteyn, senza conoscerne la storia, disse di aver sentito suonare un liuto nel silenzio di un Carlo Felice, ancora vuoto, prima del suo spettacolo. C’è chi l’ha vista passeggiare lentamente nel foyer del teatro: raccontano di lei come di una donna bellissima con un vestito di velluto.


I costruttori di San Lorenzo e la necropoli.

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Una leggenda, spesso raccontata dalle guide che presentano ai turisti la nostra cattedrale, racconta che nella notte di San Giovanni si raduni un gruppo di fantasmi di fronte al Duomo. Essi sarebbero una parte di coloro che hanno contribuito nei secoli alla costruzione della Cattedrale di San Lorenzo. Dopo essersi riuniti, passano per la navata centrale e lentamente si avviano alla cupola. Alle prime luci dell’alba, poi, scompaiono.
Inoltre, sempre davanti a San Lorenzo, son state viste altre strane presenze: dovete sapere che, in epoca romana, dove ora vi è la piazza controllata dallo sguardo dei leoni, vi era una necropoli. Questa fu scoperta durante la costruzione della Cattedrale ed alcuni dei sarcofagi furono utilizzati per la facciata della chiesa stessa. Da allora, i fantasmi della necropoli, popolano la piazza dove riposavano ancor prima che sorgesse San Lorenzo.


Gli spettri delle Anime Purganti

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Quella che vi stiamo per narrare è forse una delle storie di spettri meno conosciute nel genovese. Un racconto andato quasi perso, ormai.
Vi siete mai chiesti cosa vi fosse prima della Fiera del Mare (zona Foce)? Beh, ora non siamo qua per spiegarlo nel dettaglio, ma vi basti sapere che dove ora sorge tutta la zona della Fiera, i vari padiglioni e compagnia cantando, prima non vi era nulla se non: mare, spiaggia e… l’Oratorio dei Purganti, con annesso “cimitero dei poveri”. State già intuendo la presenza di spettri, no l’è veo?

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Nel 1602, proprio sotto la prima curva di Corso Aurelio Saffi che da sul mare, venne costruito questo Oratorio, denominato “dei Purganti”, a poca distanza dal già presente “cimitero dei poveri” (dove vi era circa 2/3 della popolazione totale!). Ormai più di un secolo fa, vi erano persone pronte a giurare d’aver visto una serie di spettri incappucciati aggirarsi tra il cimitero e l’Oratorio, nelle ore più buie della notte. Altri invece erano a tal punto spaventati da star alla larga dalla zona anche nelle ore diurne, intimoriti dalla possibilità d’esser di disturbo alle anime.

Articolo di Gabriele Rastaldo

Fonte:ilmugugnogenovese.it
 
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view post Posted on 29/7/2021, 20:02
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Maccaia

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« A Genova non si può giocare bene al calcio perché c’è la macaia »
(Gianni Brera)

Macaia o maccaja è una parola della lingua ligure che vorremmo non esistesse, di origine stronza, o forse inglese (“muggy air”). Indica una particolare condizione meteorologica (di merda) che si verifica SOLO nel Golfo di Genova (o belin che te neghe) quando spira vento di scirocco, un vento caldo proveniente da ovunque purché sia caldo, il cielo è coperto e il tasso di umidità è ai massimi tollerabili.
D’inverno questo fenomeno può creare uno stato di grazia, rendendo in taluni casi e a determinate condizioni eoliche e igrometriche quella di Genova la zona in quel momento più mite d’Italia (ad esempio la sera del 18/1/2012).
Tuttavia in primavera, quando una massa di aria calda passa sopra il mar Ligure ancora freddo, può causare giornate con cielo coperto, fredde e uggiose, con temperature più basse di quelle che si registrano nella notoriamente più fredda pianura padana.

Vista la sua specificità, la parola “maccaja” è subentrata nella terminologia nautica e meteorologica, in particolare per le zone prospicienti il golfo ligure. Il termine ha assunto nel tempo anche un significato metaforico, indicando un particolare stato d’animo melanconico e cupo = IL GIRAMENTO DI BELINO CRONICO


ORA VI SPIEGO D’ESTATE COSA CAMBIA:
Dalle ore 00:00 alle ore 24:00 temperatura percepita 40° gradi.
Umidità al 99% che se sposto qualsiasi cosa per casa creo una scia di acqua dalla ignota provenienza
Sudore, tanto sudore.
Picchi di scciupon de fotta che levati, è meglio
MAI e dico MAI una brezza d’aria FRESCA, ma CALDA. Calde come le pezze sotto ascella che inevitabilmente ti verranno dopo la prima colazione. (forse le hai anche di notte ma al buio preferisci non indagare)


Ora, invece, vi do una spiegazione più tecnica ed efficiente.

La Macaia è una parola della lingua ligure, di probabile origine araba o forse inglese (“muggy air”) che indica una particolare condizione meteorologica che si verifica in Liguria quando l’umidità dell’acqua del mare viene trasportata da venti meridionali e va a sbattere contro l’Appennino ligure: il cielo rimane così coperto e con un tasso di umidità elevato

Quel muro di nuvole sul mare ieri? La Maccaja!

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Ieri certamente molti liguri, soprattutto della riviera di ponente, si saranno accorti che il cielo era coperto da nubi basse, e l’umidità era ed è tuttora elevata.
Chi, invece, abita da Genova verso est ha visto cambiare le condizioni atmosferiche più o meno dalla tarda mattinata con il cielo che da nuvoloso ha abbozzato qualche raggio di sole fino a divenire soleggiato con nubi anche consistenti sul mare che lambivano ma non attraversavano la costa.

Ebbene, questo fenomeno si chiama “maccaja” o “macaia” e ne abbiamo già parlato spesso in passato, difatti ogni tanto torna a dare spettacolo e incupire le nostre giornate.

È un fenomeno tipicamente ligure che si verifica proprio in questo periodo, in primavera, quando una massa d’aria calda, con venti di scirocco, passa sopra ad un mare più freddo, in questo caso il Mar Ligure.

Quali sono le conseguenze?


Sicuramente un bel cielo nuvoloso, che sovrasta le zone interessate, con le nubi che rimangono “bloccate” dai monti liguri (infatti oltre l’appennino il cielo è terso), poi umidità relativa elevata con valori anche sopra 70-80 %, e temperature che rimangono con valori più contenuti rispetto alle zone adiacenti non interessate dal fenomeno, ma che durante la notte possono mantenersi miti complice il cielo coperto.

Perché allora chi si trovava a Genova e ancora più nel levante ligure è riuscito a scorgere il sole già dall’ora di pranzo?

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Nella figurasi è cercato di rappresentare il meccanismo con il quale si è potuta manifestare la maccaja oggi, usando l’immagine odierna del satellite MODIS della NASA.

Articolo di Gabriele Rastaldo

Fonte: ilmugugnogenovese.it
 
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view post Posted on 2/8/2021, 13:51
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Nicolò Barabino

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Nicolò Barabino (San Pier d'Arena, 13 giugno 1832 – Firenze, 19 ottobre 1891) è stato un pittore e scenografo italiano.

Nativo di San Pier d'Arena (l'odierna Sampierdarena, all'epoca comune indipendente da Genova), dopo aver iniziato gli studi a Genova all'Accademia Ligustica di Belle Arti (dove fu compagno di studi di Maurizio Dufour, col quale rimase sempre in rapporto) vinse una borsa di studio per studiare all'Accademia di Belle Arti di Firenze (1857), dove maturò il suo stile pittorico.

Ricevette numerose commissioni in Italia e all'estero: nelle chiese della riviera ligure (Sampierdarena, Santa Margherita, Sestri Levante, Rapallo, Camogli), in Francia, Spagna, Belgio e Paesi Bassi. Dipinse soprattutto affreschi di grandi dimensioni di soggetto storico, secondo la moda dell'epoca, o religioso.

Tornato a Firenze, partecipò alla decorazione della nuova facciata del duomo di Santa Maria del Fiore, disegnando i cartoni per i mosaici delle lunette dei portali.

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Nicolò Barabino, nonostante si fosse trasferito a Firenze, non dimenticò mai la città natale, per la quale eseguì varie opere.

A lui è dedicata una piazza di Genova-Sampierdarena dove è posto a raffigurarlo un monumento, opera in bronzo dello scultore Augusto Rivalta. Inoltre gli fu dedicato il Liceo Artistico Nicolò Barabino che ha sede a Genova dal 1932.

A Genova-Sampierdarena sono anche altri interventi pittorici di Barabino nelle varie chiese, tra cui San Martino e San Gaetano, nella quale ultima collaborò con Maurizio Dufour (chiesa però ricostruita a seguito dei bombardamenti della seconda guerra mondiale).

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Fonte: web
 
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view post Posted on 20/8/2021, 19:38
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I Cadrai, antico mestiere scomparso

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Dal basso medioevo e fino al 1960 erano presenti in zona porto. I ristoratori inviavano i “cadrai” su chiatte, o gozzi, che dovevano accostarsi ai bastimenti appena giunti e ancorati alla fonda, per vendere, ai marinai, vivande e vino, ma più che altro scodelle con il tipico minestrone alla genovese ancora caldo e fumante, che, da grossi paioli di rame, veniva versato in scodelle poggiate su cestini di paglia poi issati sulla nave.
Naturalmente i cadrai portavano da mangiare anche ai lavoranti stabili del porto che non potevano perdere tempo e scendere al molo per il pasto. Nel porto era frequente, non appena le grosse navi attraccavano, sentire urlare “Cadrai, cadrai, gh’emmo ‘n minestron speçiale!”.

I cadrai fornivano minestrone, ma anche altre specialità genovesi: stokke, fugassa, torte savuie, fainâ, caffè e quarche bottiggia de gianco.

Dal 1895 al 1900, periodo di maggior fulgore dell’attività, risulta la presenza di circa 40 chiatte e gozzi da “cadrai”.

Fonte: ilmugugnogenovese.it
 
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