Le stronzate di Pulcinella

GENOVA per VOI: storia, arte, tradizioni, cultura, gastronomia, sport, entroterra

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view post Posted on 25/8/2021, 20:04
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Lo storico Monastero di Santa Maria in Valle Christi.

A 5 minuti da Rapallo, a 30 minuti da Genova


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Secondo alcuni documenti presenti nell’Archivio di Stato di Genova si è potuto scoprire che la fondazione del monastero abbia avuto origine dal volere di una nobildonna genovese, Altilia Malfanti e della sorella Tiba, all’inizio del 1200.
Pare che siano state le due sorelle, già proprietarie del terreno, a voler la costruzione di un convento di monache dell’Ordine dei Cistercensi, con l’intenzione poi di ritirarsi esse stesse alla vita monacale, , desiderose di poter disporre di un luogo di pace lontano dalle sanguinose lotte che, a Genova, opponevano le fazioni avverse a quelle favorevoli al Barbarossa. Il nome forse richiama quello di altri monasteri cistercensi, in quel periodo molto fiorenti, e che si erigevano in luoghi come Valleverde, Chiaravalle, Vallechiara, ecc. L’abbazia appartenne prima alle monache Cistercensi e poi alle Clarisse di Sant’Agostino. Nel 1535, per ordine di Papa Paolo III venne sconsacrata e quindi abbandonata dalle religiose. In seguito venne adibita ad uso abitativo e agricolo. L’architettura è quella tipica del gotico francese a navata unica.

Non si conoscono, però, i motivi del progressivo abbandono del monastero a fine dell’Ottocento… Le autorità non diedero più alcuna importanza all’edificio e pian piano gli edifici attornianti la chiesa ed il chiostro divennero il focolare ed il ricovero per le famiglie dedite al lavoro dei campi.

La svolta? Anno 1903: ciò che restava del monastero fu dichiarato monumento nazionale italiano, portando così i primi veri e concreti restauri.

Oggi sono visibili il campanile, in ottimo stato, che spicca sulla radura circostante il monastero, e quello che resta della chiesa, in particolare l’abside, in cui si può ancora ammirare il gioco architettonico degli archi che salgono lungo il soffitto a volta e quelli laterali all’abside stessa. All’esterno, nell’area delimitata da un basso muretto in pietra, è ben visibile il pozzo.

La particolarità del luogo ed il fascino che emana ne fanno la cornice ideale per spettacoli teatrali e concerti musicali, che in estate vengono qui rappresentati.


L'immancabile leggenda

Si narra che in tempi molto antichi, una suora, follemente innamorata di un pastore, abbia trasgredito alla regola di castità rimanendo incinta e che per punizione sia stata murata viva, con la sua bambina appena nata, in una cella del convento. Molti asseriscono che nelle notti senza luna un lamento struggente sale dalle antiche pietre e si diffonde nella campagna.

Come si arriva al Monastero di Valle Christi:

Autostrada A12 Genova – Livorno
Uscita Rapallo.
Appena fuori dall’autostrada, alla rotonda, prendere la strada che sale leggermente a destra, proseguire fino all’indicazione per Valle Christi. Qui si svolta a sinistra e si imbocca una strada stretta anche se a doppio senso, lunga circa 3 chilometri e senza sbocco, come indicato dal cartello al bivio e dopo circa un chilometro dal bivio stesso si incontrano i ruderi storici del Monastero.
E’ possibile usufruire di una visita guidata del luogo.

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Fonti: ilmugugnogenovese.it, buonviaggioitalia.it

Fotografie: web
 
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Il Cristo degli abissi di San Fruttuoso

La storia


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Il Cristo degli abissi è una statua bronzea messa lì abbastanza recentemente, nel 1954, sul fondale della baia di San Fruttuoso tra Camogli e Portofino, a 15 metri di profondità.
Quindi relativamente facile da raggiungere.

L’origine è collegata alla disgrazia di un Sub. E non uno qualunque!

In seguito alla morte di Dario Gonzatti (uno dei primi subacquei italiani, nonché inventore del primo autorespiratore ad ossigeno!) nel 1950, Duilio Marcante volle che una statua di Cristo fosse posta sul fondale marino; Così, dopo 4 anni, più precisamente il 22 agosto 1954 la statua del Cristo degli abissi sarebbe dovuta essere “ancorata” (si dice in questo caso? mah!) nella baia di fronte a San Fruttuoso, ma rinviata la posa al 29 agosto causa condizioni meteo marine avverse (cit. Navebus)

Sul suo basamento è anche presente la targa in memoria proprio di Marcante, aggiunta in seguito alla sua morte.

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Fonte: ilmugugnogenovese.it

Immagini: ilmugugnogenovese.it, web

Filmato: Aglaia Vanzetto You Tube
 
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Castello Raggio, una meraviglia perduta

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Il Castello Raggio di Genova è stato uno degli edifici storici del capoluogo ligure, apprezzato da Genovesi e turisti.

Situato nel quartiere di Cornigliano, già pesantemente danneggiato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, venne abbattuto il 14 aprile 1951.

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Vi chiederete perché, giustamente.
Per il Dio Denaro. Per lasciare il posto alla “Oscar Sinigaglia” dell’Italsider e all’aeroporto internazionale “Cristoforo Colombo”, inaugurato una decina di anni dopo.

Il promontorio su cui sorgeva il castello era sede di una comunità religiosa, le cui tracce risalgono al Medioevo. Dopo i monaci se ne impossessarono i nobili, con il Duca Pasqua e dopo i lui, solo nel 1881 la zona venne acquisita dalla famiglia Raggio.

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Il castello fu soggetto a numerosi restauri, cambiamenti e contese. Edificato in stile liberty a fine Ottocento dal ligure Edilio Raggio il quale spese seicentosessantamila Lire!

Proprio per la sua posizione suggestiva, dal castello Raggio si poteva ammirare la costa di Ponente, fino alla Lanterna. E non ebbe neanche ospiti di poco conto! Annoverò infatti esponenti della nobiltà e del mondo politico fra cui il re Umberto I d’Italia con la regina Margherita di Savoia, la contessa Fiammetta Doria (della potente dinastia dei Doria), il duca di Galliera, il principe di Napoli, il conte di Torino e il presidente del Consiglio di quel tempo Giovanni Giolitti.

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Ma la guerra non guarda in faccia nessuno e subito dopo la seconda guerra mondiale i danni erano talmente elevati che, aggiunti alle difficoltà con le quali l’Italia si trovò a confrontarsi una volta uscita dal conflitto, fu davvero un’impresa pensare di poter rimetterlo in sesto.
Quindi i proprietari cosa decidono di fare? Abbandonarlo e questo già durante la guerra. Dopo il conflitto mondiale, del Castello rimaneva lo scheletro ed un giardino ormai depredato da tutte le piante. Sulla spiaggia adiacente, inoltre, sorse una salina i cui fumi arrecarono gravi danni ai muri esterni e rovinarono irreparabilmente gli affreschi interni già messi a dura prova durante la Guerra.
Il 14 aprile del ’51 fu definitivamente abbattuto per l’industrializzazione selvaggia che ha coinvolto molto del ponente genovese.

Ancora una volta vien da mangiarsi le mani per l’ennesimo patrimonio artistico (e non solo!) perso. È anche vero che l’Italsider per molti anni ha dato lavoro a tantissimi genovesi. Visto, però, i recenti sviluppi dell’economia Ligure volta al turismo, vien proprio da rammaricarsi nell’aver perduto un gioiello come questo a pochi passi da una spiaggia, ai tempi, molto affollata!

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Fonte: ilmugugnogenovese.it
 
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I consigli del Touring Club per i turisti che volevano visitare Genova

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Siamo abituati alle guide e ai consigli del Touring Club Italiano specialmente quando vogliamo viaggiare e concederci una vacanza. Il Touring Club ha una storia antica: fondato l'8 novembre 1894 da un gruppo di 57 velocipedisti, aveva l'obiettivo di diffondere i valori ideali e pratici del ciclismo e del viaggio.

Ma cosa veniva consigliato ai turisti che volevano visitare Genova più di un secolo fa, a inizio '900?

Ecco alcune indicazioni riportate dalla "Guida d'Italia" del Touring Club Italiano del 1916, distribuita gratuitamente ai soci:

"Cose più interessanti: una rapida visita di Genova esige almeno tre giorni, se il tempo bello permette anche le passeggiate ai punti di vista: cattedrale, palazzo Municipale, Gallerie di Palazzo Rosso e di Palazzo Bianco, SS. Annunziata, Museo Chiossone, i vecchi quartieri con qualche chiesa, Palazzo Reale, corsi Andrea Podestà, Corsica e Circonvallazione a Mare, S. Maria Assunta di Carignano, Porto, Lido d'Albaro, Villetta Di Negro, Castellaccio, Circonvallazione a Monte, Camposanto di Staglieno. Si consiglia altresì la visita di qualcuna delle chiese indicate fra le più tipiche per la decorazione".

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Questo in sostanza l'elenco dei luoghi da non perdere. Ma poi c'è anche altro: "La visita di Genova deve essere fatta con criteri diversi da quelli tradizionali avuti fino a una decina di anni fa. Oggi la vita del Porto è tutta raccolta, per così dire, intorno alle banchine, ma queste sono state enormemente sviluppate dall'estensione dei nuovi moli e dei ponti Adolfo Parodi, Federico Guglielmo, Andrea Doria, Cristoforo Colombo, Biagio Assereto, Caracciolo, Pietro Paleocapa, cosicché occorre, per farsi un'idea del Porto senza perdi tempi eccessivi, seguire un itinerario che una volta sarebbe stato inutile. Inoltre bisogna tener presente che tutta la parte di Genova ad O della stazione di piazza Principe, dove il suo esclusivo carattere agli impianti portuali. Il turista vi impiegherà quindi brevissimo tempo".

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E poi le grandi novità cittadine: "La vita di Genova poi si è spostata verso oriente con la via XX Settembre, corso Buenos Aures ed i vasti e bei quartieri ad E del Bisagno, tanto che il centro di maggior movimento è diventata la piazza De Ferrari. La grande comunicazione dalla stazione di piazza Principe a piazza De Ferrari rimane la strada classica dei palazzi e dei musei ed il centro delle chiese principali, ma non conoscerebbe la parte veramente splendida di Genova chi non dedicasse nella visita della città il tempo necessario alla Circonvallazione a Mare, alla Circonvallazione a Monte, al Lido d'Albaro, a Staglieno e in genere alla parte un po' esterna di Genova, la quale è di un pittoresco inarrivabile e di una ricchezza impressionante".

Per quanto riguarda De Ferrari, la descrizione della piazza viene effettuata alcuni paragrafi dopo, senza fare alcun cenno alla fontana, perché non esisteva ancora: il bacile in bronzo fu completato e posizionato nel 1936, operazione non facile poiché era talmente imponente da non poter passare per i "caruggi".
È curioso infatti notare come nel 1916 a Genova non fossero ancora stati fatti alcuni importanti lavori che, nel tempo, hanno cambiato l'assetto urbano della città: non solo la fontana di De Ferrari, ma non esisteva neanche ancora piazza Piccapietra come la conosciamo adesso (a proposito, la celebre e malinconica canzone "Piccon dagghe cianin" si riferisce proprio alla rivoluzione di quel quartiere), e al posto degli edifici della Regione c'era un pezzo di centro storico. E tanto altro ancora.

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In sintesi, per concludere con le parole della guida, "il viaggiatore affrettato quindi terrà conto di queste indicazioni, naturalmente approfittando, nella distribuzione degli itinerari, dei momenti di bel tempo per tutto quanto ha interesse panoramico. È da notare che le comunicazioni con Genova Alta sono assai comode per l'ascensore di via XX Settembre al Ponte Monumentale, la funicolare di piazza del Portello (presso Fontane Marose), a corso Magenta, l'ascensore pure da piazza del Portello alla Spianata di Castelletto, la funicolare da piazza della Zecca alla Circonvallazione a Monte ed al Castellaccio e la dentiera di Granarolo".

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Fonte: a l.genovatoday.it

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Il Lanternino, il fratello minore della Lanterna

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La Lanterna, un simbolo, il faro più bello d’italia, nonché uno dei più antichi del mediterraneo.

Guardando in giro nel web, curiosando sui libri e antichi dipinti, molto spesso si può notare la presenza di un’altra “lanterna”. È presente in alcune foto (poche) e in alcuni dipinti (altrettanto pochi)…

Quella che si può notare nel dipinto precedente è la cosiddetta: Torre dei Greci! (Il suo nome derivò dal fatto che molti mercanti greci abitavano e commerciavano in zona Molo)
Fu eretta nel 1324 nella zona che oggi tutti conosciamo come i “Magazzini del Cotone”.
Cercando di immaginare come doveva esser l’ingresso al porto dell’antica Genova, avremmo varcato una sorta di “portale” composto, da un lato, con la Lanterna e dall’altra la Torre dei Greci. Un’entrata elegante e maestosa, tra due fari imponenti!

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Ciò che è certo è la funzione della Lanterna “tarocca“: avvistamento delle navi in arrivo nel porto. Proprio come quella originale.
Perché non c’è più? Fu abbattuta con l’ampliamento della Mura di Genova e del porto stesso.

Dopo fu costruito il Faro del Mandraccio. Già, perché il nome “Lanternino” gli fu dato direttamente dai genovesi, in modo affettuoso, nell’accostamento con la Lanterna proprio di fronte. Fu costruito ben dopo la Torre dei Greci, intorno al 1820! Durò poco più di un secolo, eretto proprio in concomitanza con l’ampliamento del Molo Vecchio.

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Anch’esso subì la sorte della Torre dei Greci e fu demolito nel 1929, quando fu deciso di “arretrare” Molo Vecchio per permettere l’ingresso nel porto ai grandi Transatlantici che iniziarono popolare una città sempre più rigogliosa ed il nostro “Lanternino” fu sacrificato dopo poco più di 100 anni di storia.

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Fonte: ilmugugnogenovese.it

Articolo di Gabriele Rastaldo
 
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La tradizione delle posate… nei cachi.



Una vecchia tradizione contadina (non solo ligure) racconta come i semi dei cachi rivelino che inverno sarà… come? Attraverso che “posata” uscirà.

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Eh sì, perché aprendo in due il seme al centro, verrà fuori una figura bianca molto riconoscibile… Se volete potete provare e… quest’anno ci prenderà come sempre?

Come interpretare la posata?

Il cucchiaio significa che arriverà tanta neve da spalare.
La forchetta indica un inverno mite, senza gelo particolare.
Il coltello è segno di freddo tagliente.

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Fonte: ilmugugnogenovese.it
 
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Quando Halloween ancora non esisteva, a Genova usava così

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Stoccafisso e bacilli e la tradizione delle menade



Dalle antiche tradizioni liguri, due sono le portate sulla tavola per le ricorrenze dei morti: stoccafisso e bacilli e le castagne.
I bacilli, piccole fave secche, erano il contorno per accompagnare lo stoccafisso [bollito] condito da olio, sale, pepe e succo di limone. Le castagne invece, venivano proposte in due modi: la piâ – bollita in acqua salata con il finocchio selvatico – e il balètto – bollita e arrostita.

“Ai Morti, bacilli e stocchefisce no gh’è casa che no i condisce”

Le nonne erano solite confezionare alcuni regali per i nipoti: la resta – una collana di spago con castagne bollite alternate a mele [10 castagne e 1 mela, esattamente come una decina del Rosario n.d.r] – e l’offiçieu – una candela multicolore e multiforme che doveva ardere durante l’immancabile recita del Rosario con la famiglia riunita davanti alle immagini dei propri cari defunti.

Sin dai tempi in cui Genova era la Superba era presente la tradizione delle menade: alla vigilia del giorno dedicato ai morti i bambini si recavano di casa in casa per ricevere fave, castagne e fichi secchi, proprio come il dolcetto scherzetto dell’Halloween americano.

Quasi ovunque in Liguria veniva offerto il bacillame (o bacilleria): le fave e le castagne dolci, prodotte con zucchero, farina, nocciole o mandorle e albume d’uovo. Le fave, che con il loro unico fiore nero simboleggiano la mestizia della giornata, venivano poste all’interno delle tombe sin dai tempi degli etruschi, mentre la tradizione di offrirle dolci si diffuse intorno alla metà del ‘700.
Il Pan dei morti è invece tipico della zona del savonese – in particolare in Val Bormida – e la tradizione risale all’antica usanza contadina di offrire dei dolci agli spiriti dei defunti che – come vuole la credenza popolare – tra il primo e il due novembre facevano visita alle famiglie.
L’antica ricetta, probabilmente, risale agli antichi greci che offrivano un pane dei morti alla Dea Demetra, per assicurarsi un buon raccolto.

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Un altro dolce tipico legato in particolar modo alla città di Genova è la Giardiniera, prodotta dalla Pasticceria Profumo di Vico Superiore del Ferro: gli scarti prodotti dalla lavorazione della frutta candita si mescolano con noci, pasta frolla, pasta di mandorle e qualche goccia di liquore – come da ricetta storica di Giuseppe Armando Profumo.

Ancora oggi, le vetrine delle botteghe storiche liguri si vestono a festa come da tradizione: tra le mie preferite c’è anche la Pasticceria Confetteria Romanengo, nel cuore dei vicoli, in centro storico.

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Fonte: quellochemifapru.it

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Piazza Fontane Marose. Perché si chiama così?

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Non tutti conoscono la storia di una delle Piazze centrali della vecchia Superba, a pochi passi da Piazza San Domenico (ops, scusate: Piazza De Ferrari!).
Fontane Marose è una piazza piena di storia, una sorta di libro aperto, a partire dal suo nome, alla storia dei suoi palazzi e… il suo lato nascosto sottoterra.
Un’enorme cisterna sta proprio sotto la strada!

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Giustamente qualcuno si sarà chiesto “Perché FONTANE Marose?”
Ci rispondono alla domanda queste tre lapidi (vedi qui sopra) che si trovano sul lato sinistro di palazzo Interiano Pallavicino.
In secoli diversi ci parlano di una fontana ormai scomparsa… Ed in particolare, noiatri, ci concentriamo sulla lapide centrale.

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Grazie a isegretideivicolidigenova, eccovi la traduzione del contenuto:

(NELL’ANNO DELLA NATIVITA’ DEL SIGNORE 1427 LEONARDO DEI CAMPIONI, ARAGONE GIUSTINIANO, GIOVANNI DE MARINI E GIOVANNI SCAGLIA, VENERANDI PADRI DEL COMUNE E CONSERVATORI DEL PORTO E DEL MOLO, UN TEMPO, PIENA DAL MESE DI DICEMBRE, FECERO EVACUARE E PULIRE DALLA MELMA QUESTA PRESENTE FONTE MAROSA DI CUI LA PROFONDITA’ E’ DI 652 PALMI GENOVESI.)

La prima targa, risalente al 1206, invece si riferisce ai lavori per la costruzione di una “fontis marosae antiquitus appallatae” ovvero “chiamata dall’antichità fonte marosa“.

Che ci fosse una fonte ancor prima della fontana e del palazzo? Con tutta probabilità sì!

Quando fu demolito tutto quanto descritto dalle lapidi? Nel 1849. Anni di grandi cambiamenti nei dintorni, come per Via Garibaldi.



Fonte ilmugugnogenovese.it articolo di Gabriele Rastaldo
 
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ANTICA DROGHERIA CASALEGGIO
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Nella città vecchia, in Vico delle Erbe, tra il caruggio detto "Canneto il lungo" e Piazza delle Erbe, si trova questa antica drogheria, presente da oltre un secolo, che ha cambiato solo tre proprietari ma che conserva la tradizione di famiglia.
E' un negozio come ce ne sono sempre stati e che, nonostante gli ormai imperanti e volgari, dispersivi e scadenti a livello qualitativo, centri commerciali, resiste come punto fermo per chi, come lo scrivente, cerca qualità, sicurezza, una sana gestione famigliare, baluardo di certezze.
La sua clientela è molto variegata, qui entrano persone di tutti i ceti sociali, per una età che parte dai quarant'anni, a salire.
Anche gli stranieri, in visita nella Superba non disdegnano di entrare e acquistare articoli tipicamente liguri ... esempio: i canestrelli, morbidi biscotti dell'entroterra o liquori tipici come il Corochinato o l'amaro Camatti ...
I prodotti, sia quelli dedicati all'igiene, al bucato, alla toilette, ai golosi, agli amanti dei liquori, sono artigianali in una percentuale di oltre il 95% e sono qualitativamente eccellenti.
Oltre alla produzione locale e nazionale, vi sono prodotti che, mantenendo fede alla più classica e sana genovesità (Genova è storicamente terra di navigatori e commercianti), provengono da Francia, Inghilterra, Germania, Siria e Palestina.
Non mancano, ad esempio, i caratteristici saponi di Nablus, Aleppo, di Marsiglia e alla glicerina britannici ...
Le possibilità che questo negozio prosegua la sua attività, a detta di Andrea, l'attuale proprietario/gestore sono probabili ma non certissime ...
e adesso, spazio alle immagini


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Foto 1 - la vetrina attigua all'entrata

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Foto 2 - tutti prodotti per la toliette, barba e profumi per signora

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Foto 3 - per tutti i golosi

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Foto 4 - Andrea, il gestore, serio e competente, all'interno del negozio; notare l'ordine e la perfetta disposizione degli articoli

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Foto 5 - all'interno del negozio è conservato questo articolo che, l'edizione genovese di Repubblica, dedicò allo stesso

NB: tutte le foto sono state eseguite dal sottoscritto
 
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Ottimo reportage, bravo Piero!
 
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... grazie Seb ...
tutto bene ?
saluti
Piero
 
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Pulcinella291 Forum

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Diciamo di si!
:hi: :hi:
 
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Quando l’idrovolante portava i turisti inglesi in Liguria

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Si chiamava “City of Funchal“: un idrovolante che, durante gli anni Cinquanta, portava i turisti inglesi in Liguria.
Siamo negli anni in cui Genova non aveva ancora l’aeroporto e questo rappresentava il modo più rapido e comodo a disposizione. La linea faceva “Southampton – Genova – Santa Margherita Ligure” e la compagnia, Inglese, si chiamava “Aquila Airways“.

I voli potevano portare 42 passeggeri con tutti i comfort a disposizione

ma… nel settembre del ’56 qualcosa andò storto.
Nella notte del 27 settembre 1956, il “City of Funchal” ruppe il cavo d’ormeggio e si arenò sulla spiaggia di “Ghiaia”.

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Il racconto sul sito di marenostrumrapallo.it di un noto ristoratore (Cesare Frati) di Santa descrive bene ciò che successe.

“ in arrivo c’era una perturbazione che i vecchi marinai usano chiamare rottura dei tempi. Il primo sintomo di una depressione in arrivo è di solito annunciato dal mare lungo e montagnoso […] Ricordo benissimo che l’aereo, nel pomeriggio, tentò di decollare, ma non riuscì a prendere velocità a causa del forte beccheggio. S’impennava e ricadeva tra un’onda e l’altra. La Capitaneria diede allora l’ordine di riportarlo al suo ormeggio abituale. Il continuo avanzare di onde gonfie fu la vera causa della rottura del cavo (forse troppo corto ed estivo…) che collegava l’aereo ad una boa posizionata circa cento, duecento metri al largo della “ghiaia […] Ricordo d’aver visto l’equipaggio abbandonare l’idrovolante con un gozzo e arrivare sulla spiaggia, dove rimase per molte ore, facendo base presso il bar più vicino per controllare l’evoluzione dell’incidente. In serata, credo intorno alle 23.00, le Autorità fecero evacuare gli abitanti dalle case più vicine alla zona dello spiaggiamento, e ne convogliarono una buona parte verso il sottopassaggio della Stazione FF.SS. L’ordine di rientrare nelle proprie abitazioni fu emesso la mattina seguente intorno alle 08.30, dopo che i pompieri avevano estratto il carburante dai serbatoi di bordo.

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Fonte: ilmugugnogenovese.it

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Questa sera un moto di orgoglio e una notizia di attualità

Genova premiata come 'Capitale europea del Natale'

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European Capital of Christmas,patrocinato da Parlamento eruropeo

Un prestigioso riconoscimento turistico per Genova che, insieme alla città spagnola di San Sebastián, si è aggiudicata il premio European Capital of Christmas 2022 patrocinato dal Parlamento europeo.

La decisione è arrivata ieri da Madrid, dove si è riunita la giuria internazionale del concorso Capitale Europea del Natale presieduta da José María Gil Robles, già presidente del Parlamento europeo.

Il premio Capitale Europea del Natale, istituito nel 2017, ha precedentemente premiato la città belga Lieja e le città spagnole Torrejón de Ardóz, Medina de Rioseco, Majadahonda, ricorda il Comune di Genova in una nota. I giurati, che hanno votato all'unanimità le città vincitrici di questa edizione del Premio, hanno espresso grande apprezzamento "per l'alto livello tecnico dei progetti presentati, per le proposte e l'impegno nel perseguire i valori europei del Natale, un momento di speciale significato in cui si rivelano i valori profondi dell'integrazione, della tolleranza, della convivenza e della pace che sono al centro e all'origine del progetto europeo. Promuovere una distinzione per le Capitali europee del Natale - ha detto ancora la giuria internazionale - significa promuovere la pace, la convivenza e l'armonia. Un potente elemento di integrazione e conoscenza dei valori dell'Europa tra i suoi cittadini".
"Un premio che ci riempie di orgoglio e che suggella l'impegno messo in campo da questa amministrazione per rendere Genova sempre più attrattiva, anche in occasione delle festività natalizie - commenta l'assessore al Turismo e Marketing territoriale Laura Gaggero - Genova si presenta come città sostenibile, accessibile e all'avanguardia anche per le nuove tecnologie che vengono utilizzate nelle esperienze turistiche.
Il risultato che oggi abbiamo raggiunto - continua Gaggero - conferma il forte legame di Genova col Natale, la nostra città ha infatti una forte tradizione presepiale, e sottolinea inoltre lo sforzo profuso da questa amministrazione per mettere a sistema l'offerta turistica della città, valorizzandone tradizioni e attrazioni, e per posizionarla sempre più come destinazione turistica, attrattiva in tutti i periodi dell'anno"

Fonte: ANSA

Edited by marmari - 14/12/2021, 20:48
 
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view post Posted on 15/12/2021, 08:03
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Scoperta a Erli (Albenga) la più antica sepoltura mai documentata in Europa

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Scavando in una grotta ligure del comune di Erli, nell’entroterra di Albenga, un team internazionale di ricercatori ha scoperto la più antica sepoltura fino a oggi mai documentata in Europa relativa a una neonata mesolitica risalente a 10 mila anni fa circa da oggi. La sepoltura ha restituito, insieme ai resti del piccolo corpo, un corredo formato da oltre 60 perline in conchiglie forate (Columbella rustica), quattro ciondoli, sempre forati, ricavati da frammenti di bivalvi (Glycimeris glycimeris) e un artiglio di gufo reale. La scoperta permette di indagare un eccezionale rito funerario della prima fase del Mesolitico, di cui sono note poche sepolture, che testimonia un trattamento apparentemente egualitario di un loro giovanissimo membro. La comprensione di come i nostri antenati trattassero i loro morti ha un enorme significato culturale e consente di indagare sia i loro aspetti comportamentali sia quelli ideologici.
La scoperta della prima sepoltura europea di una neonata mesolitica di 10.000 anni rivela una società di cacciatori-raccoglitori che teneva in particolare considerazione anche i suoi membri più giovani. La scoperta è avvenuta nel sito dell’Arma Veirana ed è oggi pubblicata su Scientific Reports – Nature: “An infant burial from Arma Veirana in northwestern Italy provides insights into funerary practices and female personhood in early Mesolithic Europe”.

L’équipe ha scoperto la sepoltura nell’estate del 2017, ma l’ha poi scavata completamente solo nel luglio dell’anno successivo. Il team è coordinato da ricercatori italiani, Stefano Benazzi (Università di Bologna), Fabio Negrino (Università di Genova) e Marco Peresani (Univerisità di Ferrara), nonché delle Università di Montreal (Canada), della Washington University (USA), dell’Università di Tubinga (Germania) e dell’Institute of Human Origins dell’Arizona State University (USA). Jamie Hodgkins, archeozoologa presso l’University of Colorado Denver, ha qui lavorato insieme a suo marito Caley Orr, anche lui paleoantropologo presso la stessa università.

Il team dedicò le prime due campagne di scavo (2015 e 2016) ad indagare il deposito prossimo all’imboccatura della cavità, mettendo in luce livelli che contenevano manufatti litici datati a oltre 50.000 anni fa e tipici degli uomini di Neanderthal. Furono trovati anche resti di cibo, come ossa fatturate e con tagli di macellazione attribuibili a cervi e cinghiali, nonché residui di grasso carbonizzato. Nella porzione sommitale inoltre vennero in luce livelli datati alla fine del Paleolitico superiore e relativi a frequentazioni di raccoglitori-cacciatori di 16-15.000 anni fa.

Nel 2017, ampliando le attività di scavo verso la parte più interna della cavità, apparvero alcune conchiglie forate; si iniziò quindi a sospettare la presenza di una possibile sepoltura. E così accadde. Pochi giorni dopo, scavando in maniera molto attenta e accurata, utilizzando strumenti per dentisti e un piccolo pennello, furono messi in luce quello che restava di una calotta cranica e i primi elementi di corredo.

Una volta estratti il corpo e il suo corredo, i reperti sono stati poi oggetto di analisi scientifiche effettuate da esperti appartenetti a diversi enti di ricerca; queste indagini di laboratorio hanno così permesso di ottenere preziose informazioni sulla sepoltura e sulla sua cronologia.
È stata infatti l’analisi dell’amelogenina, una proteina presente nelle gemme dentarie, e del genoma a rilevare che il neonato era femmina e che apparteneva a un lignaggio di donne europee noto come aplogruppo U5b2b. La datazione al radiocarbonio ha inoltre permesso di stabilire che la neonata, che il team ha quindi soprannominato “Neve“, era vissuta 10.000 anni fa circa, durante il Mesolitico antico, nella prima fase dell’Olocene.

L’istologia virtuale delle gemme dentarie della neonata, realizzata presso il laboratorio di luce di sincrotrone Elettra a Trieste, ha stabilito la sua età di morte, avvenuta 40-50 giorni dopo la nascita; ha inoltre evidenziato come la madre di Neve avesse subito alcuni stress fisiologici, forse alimentari, che hanno interrotto la crescita dei denti del feto 47 e 28 giorni prima del parto. L’analisi del carbonio e dell’azoto, sempre estratto dalle gemme dentarie, ha inoltre evidenziato che la madre si nutriva seguendo una dieta a base di prodotti derivanti da risorse terrestri (come ad esempio animali cacciati), e non marine (come la pesca o la raccolta di molluschi).

Lo studio degli ornamenti, costituiti da conchiglie cucite su di un abitino o un fagotto in pelle, ha evidenziato la particolare cura che era stata investita nella loro produzione; inoltre, diversi ornamenti mostrano un’usura che testimonia come fossero stati prima indossati per lungo tempo dai membri del gruppo e che solo successivamente fossero poi stati impiegati per adornare la veste della neonata. Neve testimonia dunque che anche le femmine più giovani erano riconosciute come persone a pieno titolo in queste antiche società.

Fonte: liguria.bizjournal.it
 
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