Le stronzate di Pulcinella

Gli omicidi italiani piu' famosi degli ultimi anni

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view post Posted on 16/3/2023, 17:48
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Il duplice omicidio di Gradoli

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Il 30 maggio del 2009 a Gradoli, tranquillo paesino nella provincia di Viterbo, affacciato sul Lago di Bolsena, scompaiono 2 donne: Tatiana Ceoban e sua figlia Elena. I loro corpi non verranno mai ritrovati.
Sono anni che Tatiana , una bella moldava, e sua figlia convivono con Paolo Esposito un elettricista informatico del luogo.
Tutto sembra andar bene tanto che dalla coppia nasce anche una figlia Erika, fino a quando Tatiana decide di far venire in Italia Ala , una sua sorella diciottenne.
Tra la giovane e Paolo nasce pero' una storia che viene scoperta dalla sorella . Lunghe discussioni e Tatiana caccia la sorella di casa.
La love story pero' non finisce, anzi continua in clandestinità. I due continuano a frequentarsi tanto che la piccola Elena scopre persino un video hard che ritraeva i due.
Il 30 maggio 2009 scompaiono Tatiana e la figlia tredicenne, studentessa modello, avuta da una precedente relazione. Poco dopo Ala e Paolo, gli amanti diabolici, vengono arrestati con l’accusa di duplice omicidio e occultamento di cadavere.
Negheranno sempre. La verità processuale definitiva dirà che l’autore materiale dell’omicidio è stato l’elettricista 50enne, condannato al carcere a vita. Ala, l’amante, si prende 8 anni per favoreggiamento e occultamento di cadavere. Cioè ha aiutato Paolo a far sparire le tracce del delitto e i corpi di sorella e nipote. Il movente? Liberarsi di chi poteva intralciare la loro relazione.

 
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Gelsomina Verde:la morte di una innocente

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Gelsomina Verde era una ragazza di 22 anni, una ragazza come tante, appartine ad una famiglia come tante , gente tranquilla .Lavora come operaia in una fabbrica di pelletteria eppure il 21 novembre 2004 fu una vittima della camorra, torturata e uccisa a 22 anni nel pieno della cosiddetta faida di Scampia; il corpo venne poi dato alle fiamme all'interno della sua auto.
Si è ipotizzato che il cadavere della giovane donna, uccisa con tre colpi di pistola alla nuca dopo ore di torture, sia stato bruciato per nascondere agli occhi della gente le tracce dello scempio inflittole. Infatti, l'omicidio di questa giovane, colpì notevolmente l'opinione pubblica per le sue modalità efferate e per il fatto che Gelsomina era del tutto estranea alle logiche dei clan:era solo stata legata affettivamente ad uno degli scissionisti, e la relazione si era interrotta alcuni mesi prima dell'assassinio della ragazza.Aveva frequentato un ragazzo, Gennaro Notturno, che aveva scelto di stare con i clan e poi si era avvicinato agli Spagnoli. Era stata con lui qualche mese, tempo prima. Ma qualcuno li aveva visti abbracciati, magari sulla stessa Vespa. In auto assieme. Gennaro era stato condannato a morte, ma era riuscito a imboscarsi, chissà dove, magari in qualche garage vicino alla strada dove hanno ammazzato Gelsomina. Non ha sentito la necessità di proteggerla perché non aveva più rapporti con lei. Ma i clan devono colpire e gli individui, attraverso le loro conoscenze, parentele, persino gli affetti, divengono mappe. Mappe su cui iscrivere un messaggio. Il peggiore dei messaggi. Bisogna punire. Se qualcuno rimane impunito è un rischio troppo grande che legittima la possibilità di tradimento, nuove ipotesi di scissioni. Colpire e nel modo più duro. Questo è l’ordine. Il resto vale zero. Allora i fedelissimi di Di Lauro vanno da Gelsomina, la incontrano con una scusa. La sequestrano, la picchiano a sangue, la torturano, le chiedono dov’è Gennaro. Lei non risponde. Forse non sa dove si trova, o preferisce subire lei quello che avrebbero fatto a lui. E così la massacrano. I camorristi mandati a fare il “servizio” forse erano carichi di coca o forse dovevano essere sobri per cercare di intuire il più microscopico dettaglio. Ma è risaputo quali metodi usano per eliminare ogni sorta di resistenza, per annullare il più minuscolo afflato di umanità. Il fatto che il corpo fosse bruciato mi è sembrato un modo per cancellare le torture. Il corpo di una ragazza seviziata avrebbe generato una rabbia cupa in tutti, e dal quartiere non si pretende consenso, ma certamente non ostilità. E allora bruciare, bruciare tutto.
Le indagini portano alla guerra tra scissionisti e il procedimento penale che si è concluso il 4 aprile 2006 vede con la condanna all'ergastolo di Ugo De Lucia (classe 1978, considerato uno dei più efferati sicari del clan Di Lauro) ritenuto l'esecutore materiale e la condanna ad anni sette e mesi quattro di reclusione del collaboratore di giustizia Pietro Esposito.
Il 13 dicembre 2008, Cosimo Di Lauro, 35 anni, è stato condannato all'ergastolo per l'omicidio di Gelsomina Verde, perché ritenuto mandante dell'omicidio.
L'11 marzo 2010, lo stesso Di Lauro, pur non ammettendo la responsabilità del delitto, ha risarcito la famiglia di Gelsomina Verde con la somma di trecentomila Euro, importo che aveva incassato da un premio assicurativo per un incidente occorsogli quando era adolescente. In seguito al risarcimento, la famiglia della vittima ha rinunciato a costitursi parte civile. Nel dicembre del 2010, Cosimo Di Lauro è stato assolto dall'accusa di essere il mandante dell'omicidio.



Annalisa Durante la ragazzina uccisa per sbaglio

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Annalisa non si trovava nel posto sbagliato, ma in quello giusto, dove una ragazza della sua età doveva stare: per strada insieme agli amici a vivere la vita.
Era il 27 marzo 2004 un sabato sera nelle vie di Forcella, uno dei quartieri più malfamati di Napoli, più vuota e silenziosa del solito per via di una partita del Napoli. In quel silenzio irreale e sinistro si scatenò il finimondo. Stava chiacchierando con un'amichetta quando arrivò uno scooter da dove due tizi spararono dei colpi diretti al boss Salvatore Giuliano. Annalisa era sulla traiettoria e un proiettile le arrivò in testa. Dopo tre giorni di coma irreversibile, morì. La famiglia autorizzò l’espianto degli organi grazie al quale oggi sette persone vivono.
Il 31 marzo 2006 il ventunenne Salvatore Giuliano venne condannato dalla quarta sezione della Corte d'assise del tribunale di Napoli a 24 anni di reclusione poi ridotta in appello a 18 anni, ed infine fissata a 20 anni dalla Cassazione.
 
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L'omicidio di Laura Ziliani ed il trio diabolico




Laura Ziliani, l’ex vigilessa di 55 anni, scomparve da Temù l’8 maggio 2021. Due mesi più tardi fu ritrovato il suo corpo. A settembre sono state arrestate due delle tre figlie e il fidanzato della maggiore
Ma analizziamo la storia.
7 maggio 2021. Laura decide di partire da Brescia alla volta di Temù. In quel piccolo paesino di appena 1.100 abitanti, la 55enne è proprietaria di diversi immobili, tra i quali una villetta. In quella casa, la aspettano due delle tre figlie – Silvia e Paola – e il fidanzato della prima. Per l'occasione – l'8 maggio è la Festa della Mamma – il trio ha preparato una torta per la donna. Il giorno dopo, Laura scompare misteriosamente. Le due figlie chiamano allarmate le forze dell'ordine: sostengono che la madre sia uscita per un'escursione, che sarebbe dovuta rientrare per un appuntamento che aveva con loro e che non rispondeva più al telefono. Immediatamente parte la macchina delle ricerche: le due figlie, come spesso accade, decidono di lanciare degli appelli in televisione: in lacrime e disperate, le ragazze chiedono a chiunque sappia qualcosa di rivolgersi alle forze dell'ordine.
Dopo giorni di ricerche, i soccorsi decidono di frenare con le operazioni. Il 26 maggio però viene ritrovata una scarpa. È quell'oggetto a destare i primi sospetti: il calzare – che le figlie affermano essere della madre – viene ritrovato nel letto del torrente Fiumeclo. Si accendono le prime lampadine: la posizione della scarpa e il luogo in cui è stata ritrovata, suggeriscono che non sia stato un incidente né un gesto estremo. Alcuni giorni dopo viene ritrovata l'altra scarpa e poi ancora dei jeans. Pantaloni che, come riferisce il compagno di Ziliani agli investigatori, non erano mai stati visti addosso a Laura. Gli inquirenti decidono quindi di fare un passo in avanti nelle indagini: mettono sotto la lente di ingrandimento Silvia e Paola, quelle due figlie che sembrano essere così legate alla madre e disperate per la perdita, e con loro anche Mirto.
Piano piano, i magistrati e gli investigatori mettono insieme tutti i tasselli di questo macabro puzzle: grazie alle geolocalizzazioni, scoprono che l'App contapassi del cellulare di Laura ne contava appena 38. Quelli che forse sono serviti a nasconderlo in cantina. Dalle celle telefoniche, si risale ai movimenti del trio: i tre si trovavano sempre nell'esatto luogo in cui poco dopo venivano ritrovati i vestiti di Ziliani. Due mesi dopo la scomparsa della donna, viene ritrovato un corpo vicino all'argine del fiume Oglio: è in avanzato stato di decomposizione, ma il Dna conferma che si tratta proprio di Laura. Inizia così l'autopsia: dagli esami si evince che la donna sia stata narcotizzata e poi soffocata. Non c'è alcuna frattura né acqua nei polmoni. L'unico dilemma è capire dove sia stata nascosta la salma prima del ritrovamento: agli atti compare una seconda fossa scavata, ma mai utilizzata.
24 settembre 2021. Silvia, Paola e Mirto finiscono in manette: per loro le accuse sono di omicidio e occultamento di cadavere. Da quel momento il trio decide di trincerarsi nel silenzio. Resta da capire il perché di questo gesto. Fondamentale, nelle ricostruzioni, è una quarta persona. Nell'ordinanza di custodia cautelare, il giudice per le indagini preliminari si riferisce più volte alla terza sorella di Silvia e Paola, Lucia: "Gli indagati hanno privato Zani Lucia, soggetto disabile e in tutto dipendente dalla madre, dell'unico genitore superstite". È la sua testimonianza a fornire nuovi elementi alle indagini della Procura: la ragazza racconta di non essersi più fidata delle due dopo che le avevano detto che la "nonna è perfida come un serpente" e altre "brutte cose degli zii". È lei a raccontare di un rapporto difficile che le due avevano con la madre: "Trattavano molto male la mamma, soprattutto Silvia, si arrabbiavano con lei – si legge nell'ordinanza – perché dicevano che lei non le manteneva e non gli dava abbastanza soldi".

È sempre dalle carte del giudice per le indagini preliminari, che emerge un altro dettaglio particolare: le due sorelle sarebbero state in parte manipolate da Mirto Milani che avrebbe avuto, secondo gli inquirenti, un ruolo chiave nell'omicidio. Il ragazzo – che avrebbe cercato anche in alcuni siti di crime come commettere il delitto perfetto – avrebbe in più occasioni detto alle due sorelle cosa fare durante i depistaggi. Secondo l'accusa, i tre avrebbero avuto un rapporto sentimentale. Paola e Mirto alla richiesta dei militari di consegnare i loro cellulari, li avrebbero dati completamente ripuliti perché si vergognavano all'idea che altre persone potessero venire a conoscenza della loro relazione segreta.
Arriviamo a maggio 2022. Alcune settimane fa la Procura, dopo mesi di lavoro, ha deciso di chiudere le indagini. , Mirto Milani ha chiesto di essere ascoltato dagli inquirenti. A loro ha confessato di aver ucciso, insieme alle due sorelle, Laura Ziliani. Dopo la sua confessione, avrebbe avuto un crollo emotivo ed è stato portato in ospedale. Anche le due sorelle Silvia e Paola hanno richiesto l'interrogatorio. Entrambe hanno confermato quanto detto dal 28enne.
Laura Ziliani, secondo la Procura di Brescia che ha coordinato le indagini condotte dai carabinieri della Compagnia di Breno, sarebbe stata stordita con un farmaco ansiolitico a base di Bromazepam (trovato nell’abitazione dove vivevano i tre) e poi uccisa con modalità che sono ancora ignote. Sul suo corpo, rinvenuto da un bambino ad agosto lungo la pista ciclabile, non sono stati trovati segni di violenza. I preliminari accertamenti tossicologici eseguiti dall’istituto di medicina legale di Brescia hanno riscontrato la presenza di benzodiazepine nel corpo dell’ex vigilessa.

I tre sono in questi giorni sotto processo.

 
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4 gennaio 2021, Benno Neumair, uccide i genitori.



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Il Delitto di Bolzano fu un caso di parricidio, commesso presumibilmente la sera del 4 gennaio 2021, presso una villetta di Bolzano, ai danni di una coppia, Peter Neumair e Laura Perselli. Responsabile dell'omicidio è Benno Neumair, figlio delle due vittime, che inizialmente si dichiarò innocente al fatto. I due corpi furono ritrovati circa 2 mesi dopo nel fiume Adige, il primo dei quali fu quello della Perselli, ritrovato un mese dopo adagiato sull'argine del fiume, e alla fine di aprile venne ritrovato anche quello di Peter Neumair sempre sul fiume. A seguito di ciò Benno Neumair venne accusato di duplice omicidio e occultamento di cadavere.
Il 5 gennaio 2021 Benno Neumair si recò presso la caserma dei Carabinieri per denunciare la scomparsa dei genitori, Peter Neumair e Laura Perselli, di anni 63 e 68. I due scomparsi erano entrambi insegnanti in pensione, e nell'ultimo periodo si dedicavano a praticare alcuni tipi di sport, oltre che passeggiare tutti i giorni. Per tale motivo in un primo momento si pensò che i due fossero rimasti vittime di qualche incidente proprio a causa della loro vita movimentata. Un ulteriore dubbio sorse proprio perché in quei giorni si verificò una frana che distrusse parte dell'Hotel Eberle, sito nei pressi della città. Dopo poco tempo i Carabinieri indagando più a fondo scoprirono che i cellulari delle vittime fossero spenti già dalla sera prima. Una volta giunti sul posto della frana non trovando nulla di sospetto, i Carabinieri iniziarono a indagare sul figlio Benno. Per accertarsi della veridicità del giovane, gli inquirenti iniziarono a raccogliere alcune testimonianze riguardo al carattere e alla personalità di Benno. Si scoprì subito che egli era da poco tornato a vivere con i genitori, e in precedenza in Germania aveva mostrato un grave episodio di tipo psichiatrico che finì a seguito di un ricovero. Inizialmente durante le ricerche, Benno collaborò con gli inquirenti, fornendo indicazioni sui sentieri che i genitori percorrevano regolarmente durante le loro passeggiate, inoltre acconsentì all'ingresso ai cani molecolari nella sua dimora.
Sin dall’inizio, e per oltre trenta giorni, Benno ha negato qualunque tipo di responsabilità in ordine alla scomparsa dei genitori. Poi, nella notte del 28 gennaio 2021, Benno si è costituito e nei suoi confronti è stata disposta la misura della custodia cautelare in carcere.
Il corpo della madre veniva rinvenuto il 6 febbraio 2021. Di conseguenza, quel ritrovamento avrebbe finito con il determinare la confessione da parte del giovane. Per dare una degna sepoltura ai coniugi, però, si doveva ancora attendere. Difatti, soltanto il 27 aprile 2021, era stato possibile recuperare il corpo di Peter Neumair. Anche quest'ultimo occultato nel fiume Adige.
A seguito dell'arresto, Benno Neumair venne sottoposto a perizia psichiatrica dai periti del GIP, i quali confermarono che durante l'esecuzione del primo omicidio, quello del padre Benno fosse seminfermo di mente, mentre nel secondo omicidio in cui uccise la madre era capace di intendere e di volere. Il 4 marzo 2022 iniziò il processo a suo carico, presso il tribunale di Bolzano, in cui venne accusato di duplice omicidio e occultamento di cadavere. Nonostante le difese dei suoi avvocati rischia l'ergastolo. La sentenza di condanna all'ergastolo viene pronunciata il 19 novembre 2022 dalla Corte d’Assise di Bolzano, presieduta dal giudice Carlo Busato, che per diverse ore si è riunita in camera di consiglio per deliberare sul caso di Benno. L’accusa – rappresentata dai pm Igor Secco e Federica Iovene – aveva chiesto l’ergastolo e un anno di isolamento diurno in carcere. Gli avvocati difensori Flavio Moccia e Angelo Polo hanno fatto leva sulla confessione dell’imputato per chiedere l’applicazione di attenuanti generiche.
 
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L'atroce omicidio di Antonella Lettieri

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CIRO' MARINA :Nel marzo 2017, la commessa 42enne Antonella Lettieri fu ritrovata in casa sua massacrata con due armi differenti.
Tracce ematiche della vittima furono ritrovate nell’auto e sui vestiti del bracciante agricolo Salvatore Fuscaldo che oramai incastrato, decise di confessare il delitto. Salvatore, uomo sposato, si sentiva ricattato dall’amante Antonella. I due avevano una relazione in essere da circa sei o sette anni. Aveva paura che lei ne parlasse in giro. E ha pensato di metterla a tacere uccidendola. Inizialmente l’uomo negò tutto, anche di aver avuto una relazione con lei. A colpire è la brutalità dell’assassinio, commesso a mente fredda dopo una nuova richiesta di denaro da parte della donna. Sul corpo furono rilevate dodici ferite da taglio, 21 inferte con un corpo contundente. Oltre alla brutalità, anche l’accanimento sul corpo della vittima.
Fuscaldo è stato condannato a 30 anni di reclusione.
Per gli investigatori l’omicidio di Antonella Lettieri sarebbe stato causato dall’intenzione della commessa quarantaduenne di accettare la corte di un suo assiduo corteggiatore.


 
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L'omicidio del veterinario Olindo Pinciaroli
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Osimo 21 maggio 2017, fece enorme scalpore l’uccisione di Olindo Pinciaroli, 53enne veterinario freddato a coltellate.
Dopo le indagini fu arrestato un giovane collaboratore del professionista , il 25 enne Valerio Andreucci.
Fu chiarito anche il movente :un debito di 3mila euro che il giovane aveva nei confronti del veterinario. Denaro che sarebbe stato usato per l’acquisto di droga da parte del giovane .
Contestata anche la premeditazione e la calunnia. Andreucci era stato arrestato dopo il ritrovamento dell’arma del delitto, un coltello dove c’erano le sue impronte.
L’omicidio si era consumato a bordo del furgone del veterinario, lungo la Chiaravallese, di mattina. I due quel giorno si erano incontrati e a breve avrebbero dovuto lavorare insieme per l’apertura di un maneggio nell’osimano. Poi l’aggressione, inizialmente scambiata per un tentativo di rapina ad opera di una banda di malviventi. Andreucci aveva fornito anche il nome di un abruzzese come autore dell’omicidio, pur sapendolo innocente, da qui l’accusa di calunnia. Questa era stata la prima versione fornita dal giovane che era fuggito nella campagna limitrofa dopo le coltellate.
Il giovane è stato condannato a 18 anni di reclusione.
 
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Luigi Chiatti: il mostro di Foligno

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Luigi Chiatti è noto alle cronache come il “Mostro di Foligno”. È stato condannato a 30 anni per l’omicidio di Simone Allegretti, 4 anni e di Lorenzo Paolucci, 13 anni. I delitti del “mostro”, avvenuti nel paesello in provincia di Perugia negli anni Novanta, hanno scosso profondamente l’opinione pubblica.

Per capire la storia di Luigi Chiatti bisogna fare un passo indietro. Nasce come Antonio nel 1972, a Narni, in Umbria. Sua madre è Marisa Rossi, una 24enne che per guadagnarsi da vivere fa la cameriera. La giovane si rende conto prestissimo di non essere in grado di prendersi cura del figlio e decide così di affidarlo a una struttura per minori. È tra quelle mura che il piccolo Antonio incontra il male e il male indossa l'abito talare. Antonio verrà abusato sessualmente da un prete fino all'età di sei anni, quando, finalmente, si presenta la prospettiva dell'adozione. I coniugi Chiatti gli danno stabilità, cure, affetto, ma il piccolo Antonio – cui daranno il nome di Luigi – non riuscirà mai a sviluppare un normale attaccamento alla coppia. Dopo un'infanzia segnata dalla solitudine, nel 1987, ormai diciottenne, prende il diploma di geometra e trova un lavoro. La sua vita sembra aver preso una piega stabile, ma resta inquieto. Luigi nasconde un inconfessabile segreto: è attratto irresistibilmente dai bambini. Il desiderio comincia a tradursi in propositi violenti fino al 4 ottobre del 1992. Quel giorno Luigi mette gli occhi su Simone, quattro anni e mezzo, che scompare nel nulla nella campagna fra Foligno e Bevagna.
Lo si cerca dappertutto, le autorità fanno un appello in TV esortando chiunque avesse notizie del sequestro a presentarsi. Ma appare evidente sin da subito che si tratta di un crimine a sfondo sessuale. Le speranze di ritrovare Simone vivo, nonostante tutto, non si spengono. A sorpresa, Stefano, un giovane agente immobiliare milanese si autodenuncia: appare chiaro ben presto che si tratta di un mitomane. Poche ore dopo, infatti, in una cabina telefonica di Foligno, viene trovato un biglietto scritto in stampatello con il normografo: Aiuto! Aiutatemi per favore. Il 4 ottobre ho commesso un omicidio. Sono pentito ora, anche se so che non mi fermerò qui. Il corpo di Simone si torva vicino la strada che collega Casale e Scopoli. È nudo e non ha l'orologio con il cinturino nero e quadrante bianco. P.s.: Non cercate le impronte sul foglio, non sono stupido fino a questo punto. Ho usato dei guanti. Saluti, al prossimo omicidio, il mostro. Il dettaglio dell'orologio, mai diffuso dai media, è la macabra conferma della veridicità di quel messaggio. Tra Casale e Scopoli le forze dell'ordine troveranno il corpo nudo del piccolo.
La questura di Perugia attivò un numero verde e sull'assassino venne emessa una taglia. Il 13 ottobre un uomo chiamò il numero verde più volte identificandosi come il Mostro di Foligno. Grazie a queste telefonate la sua utenza venne rintracciata, portando all'identificazione di Stefano Spilotros, un giovane agente immobiliare lombardo. A fronte di alcune incongruenze e testimonianze di amici e parenti dello Spilotros, che affermavano che quella domenica Spilotros si trovava con loro a Rodano, in provincia di Milano, venne disposta un'ulteriore autopsia sul corpo della vittima, che escluse la sua colpevolezza, rivelandolo poi solo un mitomane. Il forte clima di isteria creatosi attorno alla vicenda creò altre situazioni analoghe: un giovane operaio della provincia di Macerata si impiccò lasciando un biglietto con scritto "Sono io il mostro, perdonatemi".

Il 7 agosto 1993 il vero assassino tornò a colpire e il cadavere del tredicenne Lorenzo Paolucci venne ritrovato poco dopo il delitto a poche decine di metri dalla villetta abitata da Luigi Chiatti. Le tracce portavano dritte all'abitazione dei Chiatti dove Luigi venne arrestato. Il giovane confessò quasi subito l'omicidio, attribuendosi anche quello di Simone Allegretti.

Il 1º dicembre 1994 cominciò il processo a carico di Luigi Chiatti, accusato dell'omicidio di Simone Allegretti e Lorenzo Paolucci. Il 28 dicembre dello stesso anno, Luigi Chiatti venne condannato a due ergastoli.

L'11 aprile 1996 la corte d'Assise d'Appello di Perugia riformò la sentenza di primo grado, dichiarando Luigi Chiatti semi-infermo di mente e condannandolo a 30 anni di reclusione; il 4 marzo 1997, infine, la Corte suprema di cassazione confermò la sentenza d'appello, rendendo quindi definitiva la condanna inflitta in quella sede.
Ha scontato la pena nel carcere di Prato. Aveva chiesto due volte dei permessi premio, ma gli sono stati rifiutati. Si vociferò che nel giugno del 2009 fosse uscito per qualche ora dal carcere, ma gli avvocati smentirono la notizia. Il 3 settembre 2015 Luigi Chiatti ha terminato di scontare la sua pena in carcere, ed è stato disposto il suo internamento per almeno altri tre anni in una Rems (tipo di struttura che dal 2015 ha sostituito i vecchi ospedali psichiatrici giudiziari) in Sardegna. Nel 2018 e nel 2020, a seguito di valutazione del Tribunale di sorveglianza di Cagliari, la permanenza di Chiatti presso la Rems è stata entrambe le volte prorogata di due anni.
 
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L' assassinio di Erika Petri



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Quello di Erika Petri fu un delitto che fece molto scalpore.
E' accaduto nel giugno del 2017.
La ventottenne fu uccisa dal fidanzato Dimitri Fricano, allora trentenne, reo confesso di aver ucciso la ragazza durante una vacanza in Sardegna. Un delitto particolare, apparentemente senza un movente determinante. La coppia stava litigando, si trattava di un normale litigio tra due innamorati. Erika rimproverò Dimitri di aver lasciato delle briciole di pane sul tavolo. “Sei il solito fannullone”, gli disse. Poi, tutto ad un tratto, l’esplosione di violenza da parte dell’uomo. Sul luogo del delitto, presenti tutti i segni di una colluttazione: mobili rovesciati, ciocche di capelli qua e là, Dimitri con una ferita alla testa ed Erika con un coltello piantato nel collo. Dopo quaranta giorni di negazioni, Dimitri confessò il delitto. È probabile che la coppia non andasse più d’accordo da tempo, ma certo sembra una motivazione troppo banale e non affatto convincente per innescare una tragedia di questo calibro.
Per Dimirtri Fricano, dunque, la Corte d’Appello ha confermato la condanna a 30 anni.



 
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Marco Bergamo, il mostro di Bolzano


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Marco Bergamo (Bolzano, 6 agosto 1966 )è stato un serial killer italiano, noto come "mostro di Bolzano" che uccise tra il 1985 e il 1992 cinque donne;accoltellò a morte 5 una studentessa, una giovane insegnate e 3 prostitute venne condannato a quattro ergastoli e a trent'anni di reclusione.
Bergamo venne fermato da due agenti della polizia il 6 agosto 1992 alle sei del mattino mentre, armato, stava uscendo da via Volta, lasciando Bolzano a bordo della sua auto, una SEAT Ibiza di colore rosso, poco dopo l'ultimo assassinio. Gli agenti sospettarono subito che fosse lui il serial killer, in quanto sul sedile accanto a quello del guidatore riscontrarono macchie di sangue e la mancanza di imbottiture, oltre che il documento dell'ultima vittima nel baule della macchina; infine, vi era anche la mancanza di uno specchietto retrovisore, che venne ritrovato sul luogo del delitto.
Bergamo inizialmente ammise di aver assassinato solamente tre delle cinque vittime; negò quindi di aver ucciso la seconda vittima, Anna Maria Cipolletti, e la quarta, Renate Troger. Il tribunale, però, sulla base delle evidenti affinità nei modi in cui i delitti furono eseguiti, lo condannò comunque per ognuno dei cinque omicidi, di natura sadica secondo gli esperti, ma potenzialmente compiuti da una persona capace di intendere e volere. Non venne ravvisata alcuna affinità con l'uccisione della prostituta Anna Maria Ropele, avvenuta l'8 gennaio 1992 presso la sua abitazione a Trento, né con quello della turista fiorentina Adele Barsi, uccisa il 20 luglio 1984 nei pressi di Brunico; questi due omicidi rimasero insoluti.
La Corte d'assise di Bolzano affidò il compito di redigere una perizia a quattro differenti professionisti, i quali giunsero a conclusioni differenti. Venne quindi richiesta una nuova perizia a tre professori, Ponti, Fornari e Bruno, i quali giunsero alla conclusione che: "Bergamo è giunto alla perversione estrema: l'omicidio per godimento. Dopo il primo assassinio ha scoperto che uccidendo appagava il suo piacere, e nello stesso tempo distruggeva l'oggetto temuto e odiato: la donna. [...] Per Bergamo, uccidere rappresentava ormai l'estrema perversione sadica, la modalità più forte per possedere la donna".
La sentenza venne emessa l'8 marzo 1994, condannando Bergamo per i cinque omicidi.
E' morto nel 2017 in ospedale dove era stato trasferito da pochi giorni dal carcere di Bollate a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute.
 
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view post Posted on 24/11/2023, 12:04
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L’omicidio di Fortuna a Caivano: la bambina gettata dall’ottavo piano



Il Parco Verde di Caivano è un rione dove manca tutto, dove tutti si rinfacciano le colpe e dove è esplosa la rabbia nei confronti dell’uomo che ora si trova nel carcere di Poggioreale per presunti abusi su minori, in particolare su una delle tre figlie piccole della sua convivente, Marianna Fabozzi.
La compagna invece è nel palazzone di Caivano ai domiciliari dal novembre 2015 con l’accusa di aver lasciato che il compagno violentasse le sue figlie. Chicca l’avrebbe uccisa lui, gettandola dall’ottavo piano del palazzo perché avrebbe cercato di sottrarsi all’ennesimo stupro.
Il giorno in cui morì, Fortuna era andata a giocare dalla sua amichetta al piano di sopra e pochi minuti dopo il suo corpo è stato ritrovato sull’asfalto giù nel cortile.
I Carabinieri sono riusciti a risalire al presunto assassino grazie alle confidenze delle bambine vittime di abusi sessuali da parte di Caputo. Una in particolare avrebbe visto l’uomo violentare Chicca.
Durante l’interrogatorio di garanzia in carcere, condotto dal Gip Alessandro Buccino Grimaldi con il Pm di Napoli Nord Claudia Maone, Raimondo Caputo si è difeso “Non ho ucciso Fortuna, non ero lì quando lei è caduta, né ho mai commesso abusi sessuali”.
Fin da subito, il sospetto degli inquirenti era un coinvolgimento della piccola in vicende poco chiare, legate ad abusi sessuali. L’autopsia svolta sul cadavere della piccola Fortuna ha mostrato segni di violenze subite.
Sono state messe microspie anche nell’appartamento di Caputo, sapientemente dismesse da complici. È venuto fuori il clima di istruzioni meticolose alle bambine da parte della madre e della nonna, che le avrebbero indotte a mentire per coprire il responsabile.
Un segreto condiviso da adulti che è venuto meno una volta che le bambine si sono trovate con persone di cui si potevano fidare.
Disegni, immagini, parole e confessioni. Tutti pezzi di un puzzle che all’improvviso si incastrano alla perfezione e permettono di fare quadrato su una vicenda tutt’altro che risolta, dai contenuti omertosi e che porterà a galla altri particolari raccapriccianti.
Secondo il procuratore capo di Napoli nord Francesco Greco, questa inchiesta mette in luce “un quadro preoccupante in alcuni quartieri dell’area a nord di Napoli, dove l’infanzia non è tutelata”.
Dettagli e chiarimenti che potrebbero aprire scenari tutti nuovi sulla vicenda, a partire dalla morte di Antonio Giglio, figlio di Marianna Fabozzi, precipitato il 28 aprile 2013 dallo stesso piano dello stabile dal quale è precipitata Fortuna.
La procura di Napoli studia gli atti meticolosamente puntando l’attenzione su questa analogia che seppur casuale induce a riflettere. La mamma della piccola Fortuna si è battuta dall’inizio affinché la vicenda non passasse come semplice incidente.
Dal carcere dove è detenuto per aver venduto merce contraffatta, il papà di Fortuna Pietro Loffredo, chiede che giustizia sia fatta. Chiede che il colpevole paghi per la crudeltà degli atti commessi, non solo nei confronti di Fortuna.
Perché in questo caso, potrebbero venir fuori altre violenze. Nel frattempo risultano indagate anche due donne, inquiline del palazzo, per false dichiarazioni ai magistrati.
 
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view post Posted on 24/11/2023, 14:19
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Metto il link perche non ho il computer
 
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view post Posted on 6/12/2023, 11:26
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Miranda la Trans



Francisco Vecsley do Carmo arrivo' dalle favelas brasiliane in Italia con la speranza di tirarsi fuori dalla miseria. Era giovanissimo allora e comincio' a prostituirsi sui marciapiedi della Versilia.
Poi' incontra il grande amore, Sandro Grazzi, un bel giovanotto nativo di Castelfiorentino e residente a Massarosa (Viareggio), suo cliente.
Se ne innammora tanto da cambiar sesso per poi sposarlo. Ora si chiama Miranda Pereira e continua a prostituirsi per mantenere se stessa e suo marito. Poi nel febbraio 2008 la tragedia.
Durante un litigio Miranda uccide il marito con una coltellata in pieno petto. Sandro Grazzi non sembrava ferito gravemente: uscì di casa, salì in macchina per andare all’ospedale a farsi curare, ma riuscì a compiere solo alcune centinaia di metri. Poi accostò l’auto e chiese aiuto. Morì durante il trasporto in ospedale.In un primo tempo la trans dichiaro' che il marito si sarebbe ferito accidentalmente in un incidente domestico ma poi gli inquirenti contestarono alla donna i contenuti di una telefonata fatta alla madre in Brasile in cui avrebbe affermato di essere stata lei l'autrice dell'uccisione del marito. Nella stessa telefonata la donna avrebbe anche aggiunto che al fatto era presente, senza partecipare al delitto, la cugina.
L'arma del delitto sarebbe stato un coltello da cucina e il colpo sarebbe stato inferto durante una lite.
Dopo le contestazioni ufficiali, Adriana Miranda Pereira, assistita dai suoi avvocati, è stata arrestata con l'accusa di omicidio e di false dichiarazioni.

Il 15 novembre 2008 Miranda fu condannata a 16 anni con rito abbreviato mentre gli avvocati difensori della donna, Marcello Taglioli e Cristiana Francesconi, avevano chiesto l’assoluzione per legittima difesa e, in subordine, l’eccesso di legittima difesa o la derubricazione in omicidio preterintenzionale.
Poi in appello la derubricazione in omicidio preterintenzionale ed ebbe la pena ridotta a 12 anni, condanna confermata anche dalla Cassazione.
 
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