Le stronzate di Pulcinella

Gli omicidi italiani piu' famosi degli ultimi anni

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view post Posted on 7/12/2023, 12:28
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Una storia strana: voleva solo donne magrissime




Marco Mariolini aveva una strana ossessione: impazziva per le donne magrissime fino ad essere anoressiche. L’uomo, di 39 anni faceva l’antiquario a Pisogne, in provincia di Brescia, ed ammetteva che era in preda di una vera e proprio perversione: non riusciva a vivere senza avere al fianco una donna simile ad uno scheletro. Per molti anni era stato sposato e la moglie, pur di assecondarlo era diventata quasi anoressica fino a quando, disperata per la situazione aveva chiesto il divorzio. Mariolini era ossessionato nella ricerca di una nuova compagna. Incontra Monica Calò di 29 anni, una studentessa di Domodossola. Si innamorano e i due convivono per un breve periodo. Mario Mariolini pretende dalla sua nuova compagna di sottoporsi a continui digiuni per farla dimagrire. Ma la ragazza non vuole, ha fame. Esasperata per la stretta “morsa” alla quale era costretta, decide di liberarsi del compagno e lo prende a martellate nel sonno. Ma Mario non muore. Monica viene arrestata e trascorre un anno agli arresti domiciliari. Mario non si da pace, rivuole Monica, scrive anche un libro “Il cacciatore di anoressiche”, in cui racconta la sua ossessione, la sua perversione e si dichiara anche pronto ad uccide Monica e chiunque gli impedisse di incontrarla. Ossessionata dalle mille telefonate e dalla pressione di Mario Mariolino, Monica decide di incontrarlo. E’ il 14 agosto 1996. Per l’appuntamento sceglie un luogo molto affollato, una spiaggia di Intra, sul lado d’Iseo, perchè lei, di quell’uomo ha paura. Non serve a nulla.Dopo l’ennesimo rifiuto di Monica di tornare con lui, Mario Mariolino la ammazza con 22 coltellate, poi si getta nel lago forse perchè voleva suicidarsi, ma lo salvano.
Sottoposto a perizia psichiatrica l’omicida viene guidicato capace di intendere e di volere e viene condannato, il 30 marzo 2000, a trenta anni di carcere.
 
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view post Posted on 12/12/2023, 13:38
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Avveleno' il marito per stare con l'amante

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Sebastiano Rosella Musico,il pizzaiolo di Termini Imerese (Palermo) , mori' a gennaio 2019 nella sua abitazione, apparentemente per infarto.
Solo che dopo qualche anno di quella morte è stata ritenuta colpevole la moglie Loredana Graziano di 35 anni, a denunciarla è stato il suo ex amante Fabio D'Angelo con il quale i rapporti si erano incrinati da tempo perché la Graziano avrebbe iniziato a frequentare un altro uomo, ed aveva denunciato il D'Angelo per stalking.
A distanza di oltre due anni la verità è venuta fuori anche grazie al ruolo fondamentale avuto dall’autopsia effettuata riesumando la salma.
Proprio l’ex spasimante di Loredana Graziano, al termine della loro relazione, aveva rivelato ai carabinieri i dettagli del piano omicida,fornendo agli inquirenti anche una serie di conversazioni con la donna che aveva registrato al termine della loro relazione.
Loredana Graziano, venne arrestata il 14 aprile scorso, ma essedo incinta, forse del secondo amante, ma essendo incinta, il gip le ha concesso i domiciliari.

 
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SGOZZO'LA MOGLIE E I FIGLI

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Maria Cristina Omes e Carlo Lissi erano sposati da sei anni ed avevano due figli Giulia e Gabriele.
Vivevano a Motta Visconti (Mi) dove Maria Cristina lavorava in un’agenzia di assicurazione, lui era impiegato in una società di software.
Poi Carlo si infatuo', pare anche non corrisposto di una sua collega
e, credendo che l'ostacolo fossero la moglie e i figlioletti, il 14 giugno del 2014 sterminò a colpi di coltello la sua famiglia.
Fu una delle stragi familiari più efferate degli ultimi anni. Un orrore senza fine, che aveva spinto lo stesso killer a rinunciare all’appello dopo la sentenza dei giudici di primo grado, che lo avevano condannato al carcere a vita.
Così in tre righe scritte alla Corte d’Appello di Milano, infatti, il 34enne chiese, considerando congrua la condanna in primo grado . chiese la conferma dell'ergastolo.
il 14 giugno 2016, sono state rese note le motivazioni della sentenza di primo grado del gup di Pavia Luisella Perulli. Motivazione nelle quale si parla di “feroce annientamento” dei suoi “legami più forti” e si smentisce la versione dell’uomo, secondo cui a scatenare la follia omicida sarebbe stato un litigio avuto con la donna dalla quale voleva separarsi. Invece il gup ha ricordato che Lissi “la indusse a consumare un rapporto sessuale”, per poi scendere in taverna, prendere un coltello e approfittare “dello stato di abbandono della moglie, seduta inerme e inconsapevole sul divano dopo aver fatto l’amore con suo marito”. Lissi “l’aggredì selvaggiamente, accoltellandola una prima volta alle spalle”. E poi salì al piano superiore. Sgozzò i suoi figli, prima Giulia e poi Gabriele che dormiva nel letto matrimoniale. I bambini, colti nel sonno, non hanno avuto nemmeno la possibilità di difendersi. Il padre ha affondato a entrambi il coltello nella gola. Poi è sceso in cantina, ancora in mutande dopo il rapporto con la moglie, si è fatto una doccia, è risalito e si è vestito. Per andare a vedere la partita.
In un primo momento sostenne la tesi di una rapina, poi incalzato dagli inquirenti, 48 ore dopo, confesso' il triplice omicidio.
Ora il mostro di Motta Visconti, si è laureato in carcere in filosofia e mantiene in carcere una condotta irreprensibile.

 
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L'omicidio Ziliani1-17026593714689


Laura è una donna di 55 anni che, prima della morte del marito avvenuta nel 2012 per un incidente in montagna, vive a Villa Dalegno, frazione di Temù. Conosciuta in paese per essere stata agente di polizia locale, dopo il lutto si trasferisce a Brescia mentre lavora in Comune a Roncadelle. L'8 maggio 2021, Laura scompare misteriosamente: il suo corpo viene ritrovato due mesi più tardi. A fine settembre, due delle figlie e il fidanzato della maggiore vengono arrestati con l'accusa di omicidio e occultamento di cadavere. A otto mesi di distanza dall'arresto, tutti e tre hanno deciso di confessare e ammettere di essere stati loro a uccidere Laura.
il 7 maggio 2021. Laura decide di partire da Brescia alla volta di Temù. In quel piccolo paesino di appena 1.100 abitanti, la 55enne è proprietaria di diversi immobili, tra i quali una villetta. In quella casa, la aspettano due delle tre figlie – Silvia e Paola – e il fidanzato della prima. Per l'occasione – l'8 maggio è la Festa della Mamma – il trio ha preparato una torta per la donna. Il giorno dopo, Laura scompare misteriosamente. Le due figlie chiamano allarmate le forze dell'ordine: sostengono che la madre sia uscita per un'escursione, che sarebbe dovuta rientrare per un appuntamento che aveva con loro e che non rispondeva più al telefono. Immediatamente parte la macchina delle ricerche: le due figlie, come spesso accade, decidono di lanciare degli appelli in televisione: in lacrime e disperate, le ragazze chiedono a chiunque sappia qualcosa di rivolgersi alle forze dell'ordine.
Dopo il ritrovamento del corpo, ilvia, Paola e Mirto finiscono in manette: per loro le accuse sono di omicidio e occultamento di cadavere. Da quel momento il trio decide di trincerarsi nel silenzio. Resta da capire il perché di questo gesto. Fondamentale, nelle ricostruzioni, è una quarta persona. Nell'ordinanza di custodia cautelare, il giudice per le indagini preliminari si riferisce più volte alla terza sorella di Silvia e Paola, Lucia: "Gli indagati hanno privato Zani Lucia, soggetto disabile e in tutto dipendente dalla madre, dell'unico genitore superstite". È la sua testimonianza a fornire nuovi elementi alle indagini della Procura: la ragazza racconta di non essersi più fidata delle due dopo che le avevano detto che la "nonna è perfida come un serpente" e altre "brutte cose degli zii". È lei a raccontare di un rapporto difficile che le due avevano con la madre: "Trattavano molto male la mamma, soprattutto Silvia, si arrabbiavano con lei – si legge nell'ordinanza – perché dicevano che lei non le manteneva e non gli dava abbastanza soldi".
La Corte d'assise di Brescia ha accolto le richieste del pubblico ministero Cary Bressanelli condannando all'ergastolo tutti e tre gli imputati al processo per l’omicidio di Laura Ziliani, l’ex vigilessa di Temù uccisa l’8 maggio 2021 dalle due figlie Paola e Silvia e da Mirto Milani, fidanzato della maggiore, tutti rei confessi.
 
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Sonya Caleffi:l'infermiera e i pazienti uccisi
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Quello della Caleffi fu un caso che suscito' enorme clamore.
Ripercorriamone brevemente la storia.
Sonya Caleffi Tra il 1990 e il 1993 frequenta corsi di infermiera professionale all'Ospedale Valduce di Como. Nel 1993 si sposa con un falegname di Cernobbio dopo 6 mesi di fidanzamento, ma i continui litigi la portano a divorziare dopo appena un anno. Successivamente conosce un radiologo e va a convivere con lui a Tavernerio, dove finito il lavoro vive in uno stato di reclusione in casa.

Dal 1993 al 2000 lavora all'Ospedale Valduce di Como nei reparti di chirurgia generale, endoscopia e pronto soccorso. Dal 2000 al 2001 lavora al pronto soccorso dell'ospedale Sant'Anna di Como. Nell'ottobre 2001 torna per un mese all'Ospedale Valduce di Como. Dal 2 al 13 novembre lavora alla casa di riposo e clinica Le Betulle di Appiano Gentile. Nel 2002 lavora in due diversi periodi alla casa di riposo di Albese con Cassano, anche nel reparto di psichiatria. Il 4 agosto 2002 tenta di suicidarsi con la sua auto, lanciandosi contro un muro a Salita Cappuccini a Como. Poi tenta il suicidio per altre tre volte tra il 2002 e il 2004 (in una di queste occasioni si taglia superficialmente ad entrambe le tempie). Tra il settembre e il novembre 2003 lavora al reparto di medicina generale dell'ospedale Sant'Anna, dove si verificano per causa sua 8 decessi di malati terminali, uccisi a causa dell'iniezione di aria e quindi di embolia. Da settembre all'8 novembre 2004 lavora all'Ospedale Manzoni di Lecco, dove avrebbe provocato la morte di 18 persone. Viene scoperta dalla direttrice medica del presidio che informa la Procura.
Il 15 dicembre 2004 viene arrestata, ma confessa solo 6 omicidi, 4 accertati e 2 sospetti.
Il 14 dicembre 2007 viene condannata per 5 omicidi (di Maria Cristina, Biagio La Rosa, Teresa Lietti, Ferdinando Negri ed Elisa Colomba Riva) e 2 tentati omicidi (di Giuseppe Sacchi e Francesco Ticli) a scontare 20 anni di reclusione nel carcere di San Vittore suscitando rabbia da parte delle famiglie delle vittime. Il 3 marzo 2008 la Corte d'assise d'appello di Milano le conferma la condanna di primo grado a 20 anni di reclusione, anche se il procuratore generale aveva chiesto l'ergastolo, ma il rito abbreviato ha ridotto la condanna.
l 25 ottobre 2018, dopo aver scontato 14 anni di carcere, viene liberata.
 
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view post Posted on 25/12/2023, 14:44
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Sto leggendo un libro sul femminicidio in capitolo si tratta di caleffi
 
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Mi fa piacere così hai qualche riscontro Buon Natale a te.
 
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I due fidanzati uccisi a Cori:suscito' un forte impatto emotivo in tutta Italia

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Il fatto che Marco Canale , l’uomo condannato per il delitto dei fidanzatini di Cori sia uscito dal carcere qualche giorno fa, dopo di aver scontato la sua pena e svolgerà un tirocinio presso il comune di Cisterna, con l'aiuto dell'immancabile Wikipedia, qualche ricordo e la lettura di giornali dell'epoca, mi spinge a raccontare quello che avvenne il 9 marzo del 1997, in un appartamento di via Fortuna, nel centro storico di Cori.
Verso le 23:30, vennero ritrovati i cadaveri dell'operaio ventitreenne Patrizio Bovi, detto Gianni, appassionato di musica leggera e con piccoli precedenti per spaccio di droga, e della sua fidanzata, la studentessa diciassettenne Elisa Marafini. A scoprire i cadaveri furono il fratello quindicenne e il padre di lei, Angelo Marafini, maresciallo dei carabinieri in pensione, e Massimiliano Placidi, amico degli assassinati. Le vittime furono uccise tramite un accoltellamento impressionante: 51 coltellate furono sferrate su Patrizio Bovi e 124 su Elisa Marafini. Come arma del delitto fu usato un coltello da cucina che i carabinieri trovarono qualche giorno dopo in quella casa ripulito dalle impronte.
Secondo le indagini,la dinamica dovrebbe essere stata questa: le due vittime cenarono insieme al piano inferiore della casa, dopo arrivò qualcuno che voleva parlare con Patrizio Bovi da solo, i due salirono al piano superiore e dopo una discussione l'assassino accoltellò ripetutamente Patrizio; Elisa Marafini, rimasta di sotto, sentendo un trambusto tra la musica a tutto volume, salì di sopra e il carnefice infierì con maggiore ferocia anche su di lei.
Le forze dell'ordine che indagavano sul delitto, escludendo l'ipotesi dell'omicidio - suicidio per mano di Patrizio Bovi, si concentrarono su due piste: lo spaccio di droga e il delitto passionale. Alcuni giorni prima al Bovi erano stati venduti 200 grammi di cocaina che venduta al dettaglio, avrebbe fruttato 40 milioni di lire.
In particolare furono interrogate sette persone: oltre Angelo Marafini, Piero Agnoni, Marco Canale, suo fratello Massimo, suo padre Angelo, Massimiliano Placidi e Mauro Meloni che aveva venduto la cocaina a Gianni Bovi.
Meloni fu arrestato per spaccio di droga, mentre Angelo e Massimo Canale furono denunciati per possesso illegale di armi. Il cerchio dei sospettati si ridusse ulteriormente; questi la sera del delitto erano stati invitati ad una festa da Patrizio Bovi nella sua casa, ma tutti declinarono l'invito.
Meloni fu arrestato per spaccio di droga, mentre Angelo e Massimo Canale furono denunciati per possesso illegale di armi. Il cerchio dei sospettati si ridusse ulteriormente; questi la sera del delitto erano stati invitati ad una festa da Patrizio Bovi nella sua casa, ma tutti declinarono l'invito.
Successivamente le attenzioni degli inquirenti si concentrarono su uno degli scopritori dei cadaveri dei fidanzatini, Massimiliano Placidi, 28 anni, aspirante infermiere, la cui forte amicizia con Patrizio Bovi era determinata dallo stesso destino di figlio adottivo: sui suoi pantaloni furono trovate alcune macchie rosse, venne quindi arrestato e tenuto in carcere per 24 giorni. Secondo l’accusa, sotto l’effetto della droga, sarebbe stato colto da un raptus di gelosia perché invaghito di Patrizio Bovi, a conferma di questa tesi c'era anche una lettera di Elisa Marafini che parlava di un amico geloso che si frapponeva tra lei e Patrizio Bovi.
Il Placidi in un primo momento confessò, successivamente negò ogni accusa, sostenendo che nell'ora del delitto era nel suo studio, sotto la propria abitazione, a farsi la doccia e di essere stato costretto a confessare perché sottoposto a potenti pressioni psicologiche e a ricatti durante gli interrogatori, venendo perfino picchiato.
Tuttavia le macchie rosse sui suoi pantaloni e sul tappetino della sua doccia, dopo accurate analisi, risultarono essere solo muffa e ruggine e Placidi venne scarcerato. Al momento della scarcerazione Placidi lanciò accuse contro Angelo Marafini, il padre della ragazza uccisa, e i carabinieri e venne querelato.

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Gli investigatori seppero che Canale, alcuni giorni prima del delitto, aveva litigato violentemente con Bovi perché gli doveva dei soldi, forse era un suo complice nel traffico di droga ed aveva partecipato ad un festino a casa dello stesso. L'incriminato negò ogni accusa nei suoi confronti, sostenendo che nel primo pomeriggio del 9 marzo si era fatto accompagnare in auto da Cisterna a Cori da alcuni amici (che andarono subito via) e di non essere stato a casa di Bovi, di aver più volte provato a chiamare col cellulare i propri familiari, di essere sceso da Cori Monte a Cori Valle a piedi poco dopo le 16:00, di aver raggiunto il podere del nonno, dove aveva consumato uno spinello, di aver fatto l'autostop alle 18:00 per tornare a Cisterna, al quartiere San Valentino; da lì chiese un altro passaggio ad una coppia di conoscenti (che confermarono) per recarsi a casa sua al centro di Cisterna ed esserci arrivato alle 18:40. Qualcuno vide Canale alle 21:00 nel balcone di casa.
A sorpresa durante il processo l’imputato Marco Canale dichiarò di essere stato due volte nell'appartamento di Via della Fortuna a metà pomeriggio di quel 9 marzo: la prima volta non entrò, più tardi, trovando aperta la porta, lo fece e vide Patrizio Bovi ed Elisa Marafini già morti, poi scappò via senza avvisare nessuno, ma ben 7 testimoni lo smentirono, dichiarando di aver visto le due vittime camminare in Piazza Signina a Cori Monte verso le 19:30. Più di qualche testimone dichiarò inoltre di aver visto un uomo dell'altezza di Marco Canale gettare un sacco dei rifiuti in un cassonetto vicino Via della Fortuna il pomeriggio del 9 marzo intorno alle ore 18:20, cioè quando l'imputato sosteneva di essere a Cisterna. A casa di Patrizio il secchio dell'immondizia fu trovato senza busta. Neanche lo zainetto che aveva sulle spalle Elisa Marafini fu più trovato.
A causa delle prove schiaccianti (le macchie di sangue sui pantaloni e le testimonianze) Marco Canale venne condannato in Primo Grado di giudizio a 30 anni di reclusione nel dicembre 1998 con risarcimento di 250 milioni di lire alla parte civile, rappresentata dalla famiglia di Elisa Marafini. La pena venne confermata dalla Corte d’Appello e da quella di Cassazione.
Come abbiamo già riferito, ora Marco Canale è libero.
 
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view post Posted on 3/1/2024, 17:13
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Si amavano, ma non potevano e la camorra li uccise

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Alberto Beneduce narcotrafficante internazionale, soprannominato "’a Cocaina, fu uno dei principali attori nel panorama mondiale del traffico internazionale di cocaina il quale arrivo' a trattare personalmente con Pablo Escobar. Alla fine del '89, fu ucciso dal gruppo criminale La Torre di Mondragone ed Esposito di Sessa Aurunca che miravano ad acquisire il ruolo di Beneduce.
Sua moglie Paola Stroffolino che aveva poco più di trent' anni, rispettò il lutto per quattro anni, ben conoscendo le regole secondo le quali la vedova di un boss non è una donna qualunque, il suo lutto è per sempre.
Poi cominciò a frequentare Luigi Griffo. In paese, a Casal di Principe, già si conoscevano di vista. Lui era un uomo fuori dagli affari criminali, di poco più grande di lei. Lavoretti saltuari, appassionato di calcio, per il resto schivo. Era molto amico, invece, di Dario De Simone, che allora stava già entrando nelle grazie di Sandokan, il sanguinario boss. Paola e Luigi si nascondevano, all' inizio. Lei conosceva abbastanza le logiche della famiglia da sentirsi a disagio, anche se era passato tanto tempo dall' uccisione di don Alberto Beneduce. Nel '93 il legame diventò una cosa seria, il gotha dei Casalesi li vide uscire insieme, li osservò passeggiare mano nella mano, seppe che avevano passato anche qualche giorno fuori, in gita.
E non perdonò nessuno dei due. I mandanti - ha ricostruito il pm della Direzione distrettuale antimafia, Federico Cafiero de Raho - furono Walter e Francesco Schiavone, rispettivamente fratello e cugino del capocosca Sandokan. Altri due fedelissimi, Giovanni Pirozzi e Domenico Lama, procurarono la pistola, l' auto, il supporto logistico. A Dario De Simone, invece, che allora era poco più di un ragazzo e aspirava a fare carriera, fu affidato il ruolo di giuda.
Voleva diventare uno buono? Il clan lo mise di fronte alla prova più dura: assassinare gli amici. E lui obbedì. Un ricordo che, come ha raccontato ai magistrati napoletani, non smetterà mai di tormentarlo.
Quando parla della coppia eliminata e gettata nel pozzo, il pentito cambia faccia, non trattiene la commozione, si insulta.
Ecco la sua confessione. "Li invitai a cena in una masseria di Villa Literno. Li feci entrare e sedere. Poi, dopo pochi minuti, non ce la facevo più a parlare con loro. Pensavo solo a fare quello che dovevo fare. Li ho uccisi con una sola pistola, prima lui e poi lei. Una pallottola alla tempia, un colpo alla fronte. Mi aiutarono Vincenzo Zagaria e Sebastiano Panaro, insieme trasportammo i due cadaveri a Giugliano e li scaraventammo in fondo a un pozzo". Per tutto il paese, Paola e Luigi scomparvero da un giorno all' altro. Solo un anno fa, grazie al racconto di De Simone, la magistratura ne ha recuperati i resti.
Poche ossa.

fonte :Repubblica.it.
 
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view post Posted on 17/1/2024, 19:01
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L''omicidio del tassista Luca Massari,

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Milano dieci ottobre 2010 , il tassista Luca Massari viene massacrato per aver investito accidentalmente un cagnolino che portavano a spasso senza guinzaglio e che era fuggito sulla strada.
Dopo l’incidente il taxista, 45 anni, si e’ fermato ed e’ sceso per scusarsi ma, spinto a terra, ha sbattuto la testa e perso i sensi dove sara' poi massacrato.
Il poveretto morirà per le lesioni dopo un mese di agonia.
Verranno ritenuto colpevoli del brutale pestaggio i fratelli Pietro e Stefania Citterio, nonchè un terzo complice, Morris Ciavarella che dopo i tre gradi di processo saranno cosi' condannati:
per Pietro e Stefania Citterio (14 anni al primo e dieci mesi alla seconda). Ciavarella - fidanzato della Citterio, condannato con rito abbreviato a 16 anni)


l'ex bidella accusata di pedofilia si suicido'


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Cagliari.
La bidella di 64 anni Agnese Usai, si è suicidata nella sua abitazione dopo essere stata accusata di abusi sessuali dai genitori di una bambina di quattro anni. La donna, in pensione dopo 40 anni di carriera nelle scuole materne di un centro del Cagliaritano, aveva ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini avviate dalla Procura due anni fa. In un biglietto ha scritto: "La gente è solo capace di giudicare. Sono innocente".L'accusa di violenza era stata formulata circa due anni fa, quando l'ex bidella era andata in pensione. I genitori di una bimba di quattro anni delle materne avevano fatto scattare le indagini, quando avevano riferito alle forze dell'ordine che la figlia era stata toccata in bagno dalla Usai.
Secondo il racconto della piccola, l'ex bidella l'avrebbe molestata dopo averla portata in bagno. Nessun altro elemento di prova sarebbe stato raccolto dagli inquirenti, visto che sia le intercettazioni sia i riscontri con eventuali altri casi analoghi avrebbero dato esito negativo; ciononostante, terminate le indagini, la Procura ha deciso di proseguire con la propria azione penale perché nell'incidente probatorio condotto lo scorso anno la bimba, sentita dal giudice in ambiente protetto, avrebbe confermato di fatto il suo primo racconto.

Da qui, la notifica dell'avviso di fine indagini, che usualmente precede la richiesta di rinvio a giudizio del pm. Una decisione che ha sconvolto la donna, probabilmente (come lascia intendere il biglietto) già bersaglio anche di voci di paese: l'ex bidella non ha retto e ha deciso di farla finita.
 
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view post Posted on 17/1/2024, 22:36
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Gia dieci anni dal taxista ?
 
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IL TEMPO CORRE VELOCE.
 
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