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Il sipario di questo grande palcoscenico si apriva all'alba. Un microcosmo che ha una sua economia, i suoi personaggi, una sua vita quasi autonoma, che si svolgeva essenzialmente in quello che è il punto focale del vicolo: il "basso". Per cogliere davvero le tante sfaccettature di questa città, è la realtà dei vicoli bisognerebbe leggere Matilde Serao ma soprattutto Raffaele Viviani. Era gente che al mattino non sa se e cosa mangerà a mezzogiorno. Un pasto che troppo spesso viene rimandato a sera e che si riduce in una pizza sapientemente accartocciata in modo che non coli via o in un piatto di spaghetti mangiato con le mani
Ogni vicolo ogni quartiere aveva la sua storia , si viveva insieme all'asino, al maiale, al cane, alle galline e ad un esercito di gatti che avevano la nobile funzione di battagliare contro gli altri abitanti dei bassi e del vicolo stesso:i topi.
Gli abitanti dei vicoli si sentivano a proprio agio solo in questo microcosmo , come il bambino nel ventre della madre. La vita era difficile, si campava giorno per giorno , ma gli abitanti dei vicoli sapevano anche che, se si era nello stato di bisogno, tutti ti aiutavano. Anche il tuo nemico, quello col quale ti sei violentemente scontrato poco prima, ti dà una mano.image L'economia del vicolo si adattava velocemente alla realtà circostante, i mestieri di una volta più caratteristici erano quelli degli ambulanti, in buona parte scomparsi Allora il ciclo ecologico non era stato ancora sconvolto dal cosiddetto progresso e buona parte delle immondizie erano riciclabili. I contadini pagavano perfino per utilizzarle come concime. Scalzo, sporco, lo spazzaturaio saliva e scendeva per scale sconnesse, portando sulla spalla un "cufaniello" e nella destra una zappetta per raccogliere la spazzatura, oppure passava con un carro e raccoglieva i rifiuti
Spesso , quando ce ne stava la possibilita' , colui che il giorno primo vendeva la frutta, il giorno dopo vendeva pesci Dai vicoli di buon mattino usciva un'altra figura, molto caratteristica, oggi del tutto scomparsa: il cenciaiuolo. Quando passava, una torma di scugnizzi gli correva dietro, chiedendogli qualche lupino. Gridava: sapone!, per cui veniva anche chiamato "o sapunaro". Il suo era essenzialmente un commercio di scambio: accettava vecchie masserizie, perfino quadri antichi di dubbio valore, e offriva pastori natalizi, "sciuscelle" e sapone. C'era tutta una gamma di robivecchi, dal venditore di abiti smessi che con qualche acconciatura potevano essere benissimo indossati, al venditore di cenci veri e propri. In ogni angolo di strada gli scugnizzi seduti sul selciato giocavano "e furmelle" o si improvvisavano i giochi piu' disparati Ad ogni angolo c'era un ambulante e davanti ad ogni basso una scena tragicomica come dice la canzone "palcuscenico". Le giornate si trascorrevano cosi', la vita trascorreva cosi'i in questi vicoli e quartieri dove con l'arte di arrangiarsi si viveva e si moriva.
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