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La trama de Il Commissario Ricciardi è particolarmente appassionante, dati gli intrecci magistrali tra i personaggi e le atmosfere esoteriche esplicate sia tra le righe dei romanzi che sullo schermo televisivo. Alla base dei presupposti della serie, c’è una spiccata attitudine eclettica nella stesura delle sceneggiature e nella scelta sopraffina delle location, sempre suggestive. Sullo sfondo del meraviglioso capoluogo partenopeo degli anni Trenta, crimini e misfatti si alternano con tripudiante pathos, nell’attesa che i casi più intricati trovino finalmente un colpevole grazie alle intuizioni e alla perseveranza del Commissario Ricciardi.
A tutto questo, collima alla perfezione una napoletanità, forte, eppure incastrata con maestria. Espressioni tipiche, personaggi ad hoc e, ovviamente, ambientazioni straordinarie, rendono la serie una commistione perfettamente riuscita tra tradizioni ed innovazione. Come gli aficionados sapranno, il protagonista è tormentato dal dono di poter udire le ultime parole dei defunti. Per quanto gli sia propizio, vista la sua professione, il Commissario risente profondamente della potenza di queste esperienze ultraterrene.
Riportate con cura sullo schermo, le visioni di Ricciardi gli forniscono piste efficaci per portare le sue indagini al termine. Nella seconda puntata della fiction, il fantasma di una cartomante, vittima di omicidio, cita l’antico detto “‘O Padreterno nun è mercante ca pava ‘o sabbato”. Tradotto letteralmente, il proverbio significa “Dio non è un mercante che si può scegliere quando pagare”. Il sabato era, infatti, il giorno in cui molti anni fa i clienti erano soliti saldare i propri debiti settimanali. A questo punto, per quanto enigmatico, il significato del detto diviene abbastanza comprensibile: prima o poi i nodi verranno al pettine e bisognerà pagare per le proprie colpe davanti a Dio, senza potersi tirare indietro, data l’incontestabilità del volere divino. L’ineluttabilità del Piano di Dio, del resto, rimane un tema ricorrente nei Testi Sacri Cristiani.
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