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È nelle situazioni più scomode che, spesso, ritroviamo come nostra arma vincente solo il carisma e la nostra capacità d’adattamento. Ciò nonostante, specie nei momenti difficili, è facile e, assolutamente legittimo, abbandonarsi ad espressioni di rassegnazione e, semmai, di rimpianto. “Chi m’à cecato!?” vuole essere qualcosa di simile a tutto ciò; pur non perdendo il colore tipico della napoletanità. Tradotto letteralmente dall’italiano, il significato di “Chi m’à cecato!?” corrisponde a “Chi mi ha accecato!?”. Attraverso questo proverbio, tendiamo a rivolgerci ad un’entità terza, nella stragrande maggioranza dei casi astratta che, inconsciamente, ci ha persuasi ad organizzarci nella maniera più sconveniente, sottovalutando il pericolo o la difficoltà delle cose a cui si va incontro. Rimanere tanto accecati, appunto, da non capire di stare per compiere degli errori, talvolta madornali.
“Chi m’à cecato!?”, con il suo intento sarcastico e, per certi versi, rassegnato, non vuole assolutamente essere una locuzione rivolta a qualcuno in particolare o, in ogni caso, non tende ad assumere i tratti di una vera domanda. Si tratta piuttosto di un’ammissione esplicita e aperta dello sbaglio che si è compiuto nel seguire un percorso piuttosto che un altro, a causa del quale si è incorsi in circostanze insidiose. Con “Chi m’à cecato!?”, ci si chiede, con una spiccata vena retorica, chi sia l’artefice della disavventura che stiamo vivendo; pur essendo consapevoli del fatto che siamo gli unici responsabili di noi stessi, delle decisioni che seguiamo e delle conseguenze che da esse derivano, nella buona come nella cattiva sorte.
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