Le stronzate di Pulcinella

RACCONTIAMO NAPOLI E I NAPOLETANI (usi,costumi,tradizioni di un popolo e di una citta')

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view post Posted on 6/11/2008, 10:58
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L'OMMO

A Napoli OMMO o OMME vuol dire uomo,ma nella nostra citta' in base ad alcuni atteggiamenti o comportamenti l'ommo po' essere:

Omme ‘e merde = Uomo di cacca. Uomo di escrementi. Uomo spregevole , uomo senza carattere

Omme ‘e lutamme Ommo e Lota = Uomo di di brago (lota). Uomo spregevole, come nel detto:
(’a Lutamme ’e meglie ’e te, si peggio da lota)

Omme ‘e cartone = Uomo di cartone. Uomo di poco conto. Uomo che vale niente

Omme ‘e ciappe = Uomo di buon conto , la ciappa e' la toga.Si usa spesso per il bambino che si atteggia a grande.

Omme ‘e niente = Uomo che non vale nulla, senza onore, né dignità

Omme ‘e quatte sorde = Uomo da 4 soldi ( moneta di nichel del valore di 20 centesimi
di lira) in realtà è uomo di poco valore.

Essere n'ommo 'e ciappa oppure n'ommo 'e panza.
Ad litteram: essere un uomo di borchia oppure un uomo di pancia Id est:: essere un uomo autorevole ed importante, alla stregua di quegli uomini di una volta che appartenendo a consorterie di solide posizioni economico-sociali,indossavano sontuosi abiti provvisti di grosse ciappe (borchie), spesso in argento cesellato, ciappe che erano quasi emblema della importante collocazione sociale di coloro che indossavano quei rutilanti abiti
Ommo ca a faccia verde:uomo falso

ommo co o pede janco: come sopra
Omme senza culore:uomo traditore , uomo falso


.Nu turzo e menesta: uno stupido

ommo senza parola: traduzione inutile

ommo friddo 'e chiammata:non è focoso

ommo sistimate : uomo preciso

ommo 'e lusso: uomo che veste bene oppure uomo di cui ci si puo' fidare

ommo e zezzenella: zuzzurellone

ommo mantesinaro:un uomo pettegolo , che come le donne dovrebbe portare o mantesino(grembiule)

ommo e parola: uomo preciso, uomo di parola






ommo che nu serve: non serve a niente
ommo 'e munnezza:non serve traduzione

ommo 'na pasta e mele:una brava persona

ummenone:grande uomo

ommo fracete: uomo senza salute

ommo che fete : letteralmente sarebbe che puzza, ma in molti casi vuol dire guappo, uomo litigioso

ommo e cunseguenze :uomo di parola, guappo

ommo che n'aiza broro:nullafacente, sfaticato[/color][/size]
[size=14][color=red]Continua a scorrere col cursore ci sono altre pagine

Edited by Pulcinella291 - 19/5/2010, 01:04
 
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PURTA' A SERENATA

Una volta per dimostrare ad una donna i propri sentimenti "se purtavaa a serenata".Le dichiarazioni “serie” dovevano essere pubbliche ed il vicolo tutto doveva sapere che Gennarino amava Teresina .Un paio di chitarre, un mandolino, un ragazzo con una gran voce, la luna: ecco gli ingredienti della ricetta. Quando le ragazze parlavano tra di loro di un eventuale innamorato si diceva: Ma t'ha purtate a serenata?"

Modi di dire

Me sent comme a mille lire vecchia

M’Adda murì mammà (o’cane, o cardill, etc

‘A carna tosta e ‘o curtiello scugnato.
ad litteram: la carne dura ed il coltello senza taglio. situazioni dove concorrano due o piú elementi negativi

Uanemabella!!

un!…..dicett chille ca cecaje lluocchie a mugliera

Giorgio se ne vo’ i e o vescove o vo mannà

e' ghiuteA’ pucchiacca mmane e criature

A’ quagliammo sta staffa?!

Edited by Pulcinella291 - 7/10/2009, 12:11
 
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image[color=red]'O Cucchiere [/color] non è altro il Cocchiere. il Vetturino.
Mestiere che si svolge guidando il cocchio( la vettura) od una carrozza signorile con cappotta a mantice, (cappotta, che si utilizzava per riparare i trasportati dal sole e dalla pioggia).
'O Cucchiere,
se esercitava il suo mestiere per servizio pubblico con una carrozzella, tirata da un solo cavallo, era chiamato
"Cucchier’ affitte", mentre se esercitava il mestiere a servizio privato veniva definito" Cucchiere appatrunate".
Infine nell'Ottocento "O Cucchiere" delle carrozze con più cavalli,
per lo più quattro, note come gli "Omnibus" ( carrozza per tutti) erano detti
"‘e Trainieri".
’O Cucchier' affitte" si potrebbe identificare come il moderno tassista e generalmente lo si poteva trovare, perché sostava, in qualche piazza principale o vicino a qualche albergo o nei pressi delle stazioni ferroviarie o delle funicolari
Nei racconti dei passeggeri di carrozzelle ‘o Cucchier' affitte "era sinonimo di persona maleducata, giusto come ci dice, il noto modo di dire:
"'O Cucchier' affitte: te piglie—cu' 'occellenza, e te lascie cu' chi t' 'e muorte",era il modo per dire che per invogliare i viandanti a prendere la carrozzella il cocchiere era tutto ossequioso, dava a tutti il titolo di " Eccellenza" ma, poiché allungava il percorso, andando per vichi e vicarielli, litigava dopo per la tariffa alta che richiedeva .Celebre è anche una poesia di Salvatore Di Giacomo ( a murtiata do cucchiere affitte)
O CUCCHIERE E CASCETTA era invece il fattorino che sedeva dietro o fianco.

Edited by Pulcinella291 - 28/5/2009, 01:21
 
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A monaca d’’o Bbammeniello: ògne nove mise, fasciatóre e savaniello!

Antichissima desueta espressione che tradotta letteralmente suona:La monaca del Bambin Gesú: ogni nove mesi fasce e sottofasce; espressione che fino a tutti gli anni cinquanta fu usata con sarcasmo nei confronti di spose eccessivamente prolifiche ed usata altresí, per traslato giocoso, nei confronti di chiunque che, per colpevole iperattività in qualsivoglia campo d’azione, necessitasse di aiuti continui. L’espressione nacque in àmbito popolare con malevola cattiveria, chiamando in causa le pie Suore del Bambino Gesú, dell’omonimo Istituto Suore del Bambino Gesú sito in Napoli in san Giovanni Maggiore Pignatelli a ridosso dell’Università degli Studi in pieno centro storico; l’istituto era nato (per opera di un tal Nicola Barrè dell’Ordine dei Minimi di s. Francesco di Paola, noto professore di teologia e Bibliotecario a Parigi) in Francia nel 1666,(con il fine dell’assistenza ed istruzione di bambini, ragazzi/e bisognosi) e solo nel 1906 era approdato in Italia,dapprima nel Bergamasco e poi si era esteso , rispondendo agli appelli della Chiesa Italiana, con molte comunità in Calabria , nelle periferie di Roma, nel centro storico di Napoli ed in diversi luoghi della regione campana , dove le pie suore stavano accanto ai bambini, alle famiglie in difficoltà , condividendo la vita delle persone semplici. e distinguendosi per la catechesi e l’istruzione di tutti i ragazzi/e e facendosi amare per la loro presenza fattiva nei confronti di tutti coloro che ne avevano bisogno; tra coloro che si mostravano bisognosi di aiuto vi furono i primis le ragazze traviate che, per essere assistite, venivano spesso accolte nell’istituto (dove ricevevano accanto ad una migliore istruzione anche un avviamento ai lavori donneschi) e poiché moltissime di esse vi entravano da gravide, diventando madri nell’istituto, si diffuse l’infame credenza che i bimbi generati lo fossero stati, non dalle ragazze madri accolte nell’istituto, ma dalle stesse monache del Bambino Gesù e si coniò persino, con inusuale cattiveria,(per un popolo come il napoletano sempre paziente e comprensivo difronte ai casi della vita...), si coniò persino l’espressione in epigrafe con la quale si fa riferimento al continuo sciorinio di fasce e sottofasce imbandierate alle finestre del’Istituto.
monaca s.f. suora, appartenente a un ordine monastico femminile; voce che è dal lat. tardo monacha(m), che è dal gr. monaché;
fasciatóre s. f. plurale di fasciatóra =fascia per neonato, striscia di tessuto robusto usata un tempo per avvolgere strettamente i neonati; quanto all’etimo si tratta di un deverbale di fasciare (dal lat. tardo fasciare ) aggiungendo al part. pass. fasciato il suff. ora→ura usato per ottenere dei sostantivi verbali;
savaniello/ savanella s. m.o f. sottofascia, topponcino, pannolino in cui avvolgere il bacino del neonato prima fasciarlo; quanto all’etimo si tratta di un derivato dello spagnolo sabanilla; da notare che la voce savaniello maschilizzazione dell’originaria savanella fu coniato per indicare un pannolino alquanto piú piccolo della corrispondente voce femm.le savanella che indicò un pannolino piú ampio secondo il noto criterio che in napoletano considera femminile un oggetto piú grande del corrispondente maschile (es.: tammurro piú piccolo – tammorra piú grande, tino piú piccolo – tina piú grande, carretto piú piccolo – carrettapiú grande etc.)
(Da Raffaele Bracale)

Edited by Pulcinella291 - 28/5/2009, 01:31
 
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I GIOCHI DI UNA VOLTA

O STRUMMOLO
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Era un pezzo di legno a forma di pera con la punta di ferro,ci si avvolgeva lo spago intorno allo strummolo, poi, tenendo ben fermo il resto dello spago nella mano, si lanciava lo strummolo a terra e questi doveva roteare, quindi, avvicinandovi il palmo della mano, bisognava farlo saltare sul palmo e, su questo, farlo continuare a roteare (a rocea’).

E RITRATTIELLI
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Il gioco consisteva nel far scivolare, da un gradino, delle figurine in modo che, cadendo, potessero coprire, in qualche modo, quelle cadute in precedenza. Se ciò accadeva, la figurina coperta era acquisita come vincita.
E, così, sino al termine delle figurine o della stanchezza per noia.

'o CUPPONE
Si metteva, come posta, un certo numero di figurine facendone un mazzetto, poi, con la mano a forma convessa, battendola sul terreno, il più vicino possibile, si dovevano farle capovolgere.
D’inverno, per il freddo, il giuoco procurava qualche disagio alle mani.

DINT ‘A RIGGIOLA
Partecipanti: gioco di gruppo - ragazzi muniti di tappi di bottiglie battuti agli orli a forma di moneta.
Azione - In prima battuta si lanciava verso la mattonella (‘a riggiola) o il basolo, il tappo, chi li centrava vinceva; diversamente, si procedeva, dal luogo di caduta, a spingere il tappo sulla mattonella o sul basolo, prescelti, con lo scocco delle dita. Chi, col minor numero di tentativi, li centrava, vinceva.

'A BARRACCA
Si giocava con un minimo di due concorrenti.Consisteva nel fare sul terreno una striscia delimitata.I concorrenti lanciavano monetine o tappi di bottiglia che si avvicinava di piu' alla striscia vinceva.Chi usciva dalla delimitazione era squalificato.C'era anche una variante,Il primo classificato era colui che aveva la facolta' di dichiarare di scegliere testa o croce, poi si buttavano in aria le monete .Il concorrente vinceva tutte le monete per le quali aveva dichiarto precedentemente il verso.Le altro restavano in gioco per il secondo classificato.(questa variante era detta Mpzella all'aria).

GLI OSSI DI PESCA ”
Con una certa abilità si lanciava in aria un osso e, contemporaneamente, si dovevano raccogliere degli altri ossi da terra con la stessa mano, o fare altri giochi di abilità prestabiliti

LA PALLA SUL MURO”
era un gioco prettamente femminile, Con le mani si facevano rimbalzare sul muro due o più palline di gomma recitando e mimando la seguente filastrocca:

Senza muovere
Senza ridere
Con un piede (alzare un piede)
Con una mano (fare rimbalzare le palle con una mano)
Battimano (battere le mani)
Sotto il ponte (passare le palle sotto ad una gamba)
Girandola (fare un giro su se stessi).

' A CAMPANA
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Si disegnavano a terra, con il gessetto o un pezzo di carbone, nove caselle numerate da uno a nove; si lanciava in una casella un tacco (di scarpa) e lo si doveva recuperare saltando con un solo piede senza toccare i bordi delle caselle.

'A CUCINELLA
Prettamente femminile,Il gioco consisteva nell’imitare, i gesti della quotidiana vita familiare come cucinare, cucire ed accudire i figli

O CHIRCHIO
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Partecipanti: gioco di gruppo - ragazzi e ragazze muniti di un cerchio.

Azione - Si doveva far roteare, con un bastoncino e lungo una discesa o un piano, un cerchio, qualunque potesse essere la sua natura, senza farlo cadere.Spesso si fantasticava e si solava dire come ci vai a piedi? E la risposta era no no co 'o chierchio!

’A CECATELLA
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Una ragazza, tirata a sorte, con gli occhi bendati da un fazzoletto (‘u maccaturo) doveva cercare di prendere le compagne e riconoscerle con il tatto delle mani. Dopodiché si scambiavano i posti.

“PIZZE E PIZZELLE”
Si dovevano sovrapporre le mani una sopra l’altra alternandosi, poi chi stava sotto doveva togliere la mano sovrapporla a quella superiore e dire la filastrocca: Pizze e pizzelle, Gennaro tene a zella, a tene aret a porta e Gennaro ‘o capimort.

[size=7]'NTACCA VRECCIA[/size
Gioco di strada sui basalti vesuviani. Si lanciava il tappo in ariua e questi, toccando terra si doveva avvicinare al bordo del basalto. La 'ntacca per vincere

Edited by Pulcinella291 - 28/5/2009, 01:47
 
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LA NASCITA DI FUNICULI' FUNICULA'

Il Vesuvio ha ispirato molte canzoni e poesie,proprio per celebrare la prima funicolare del Vesuvio, nel 1880 fu composta Funiculì Funiculà, canzone scritta dal giornalista Peppino Turco e musicata da Luigi Denza, divenuta poi una melodia famosa in tutto il mondo.
La canzone venne cantata alla festa di Piedigrotta, anche se la prima esecuzione del testo canoro avvenne a Castellammare di Stabia il 6 giugno 1880. Il testo doveva pubblicizzare il nuovo mezzo di trasporto della funivia e renderlo noto sia ai turisti che agli stessi napoletani. Soprattutto questi ultimi sembravano restii a raggiungere la cima del Vesuvio con la funicolare, loro che da anni erano abituati a percorrere i campi e i tortuosi sentieri del vulcano solo a piedi oppure servendosi degli asini e dei portantini. La canzone quindi doveva invogliare le persone a provare le nuove emozioni, sensazioni, brividi che la funicolare prometteva: la gente, salendo sulla funicolare, avvertiva l’emozione di restare sospesi in aria, (sembrava proprio di volare) e “mentre tutto girava intorno”, si poteva godere dall’alto “la vista del Golfo di Napoli, della Francia e della Spagna”; si provava dunque anche il tremolio di fantasticare con la mente, viaggiando verso mete molto lontane dai confini campani.


O PRESEBBIO

Antica tradizione napoletana. La costruzione del presepe a Napoli comincia l'8 dicembre.Si tira fuori la „base“ dell'anno precedente (uno scheletro di sughero e cartone poggiato su una tavola di legno, senza pastori ed addobbi vari) ed insieme ai figli di discute l'eventuale ampliamento. Dopo una piccola consultazione si decidono gli interventi da realizzare. ogni anno si aggiunge qualcosa per renderlo diverso dall'anno precedente.Poi è obbligatoria la passeggiata a San Gregorio Armeno, la via dei presepi napoletani.. Ci sono decine di negozi e di coloratissime bancarelle dove gli artigiani del presepe espongono le loro creazioni. L'offerta e la varietà dei prodotti è così vasta che è impossibile uscirne senza aver trovato quanto cercato e magari qualche pastore in più del previsto.

Edited by Pulcinella291 - 28/5/2009, 02:12
 
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DON ANTONIO 'O PURGATORIO
A via dei Tribunali nei pressi della Chiesa de’ Cape ‘e morte negli anni sessanta esisteva 'nu pezzajuole, (Don Antonie ‘o Purgatorie) che aveva inventato un premio settimanale, (guadagnava un giornata di pizze gratis ), chi in una sola volta riusciva a mangiare più pizze,.
Si facevano le graduatorie giornaliere, specie fra gli studenti del vicino Istituto Tecnico A.Diaz, e si racconta che uno studente vuoi per la fame , vuoi per la scommessa riuscì a mangiarsene sette ( un record).
'A pizza rappresenta insieme al Mandolino ed agli spaghetti ed una buona tazza di caffè uno dei principali simboli di Napoli

A PIZZA CO 'O SEGRETO

Un’altra variazione spopolò negli anni del dopoguerra, anche se non divenne mai famosa," ‘a pizza cu ‘o segreto" inventata da Alfonso Ottolino, figlio del Monzù Vincenzo Ottolino, che lavorava come cuoco nel ristorante D’Angelo, che a sorpresa sul cerchio rotondo, (la forma della pizza), metteva ogni ben di Dio a sorpresa.[/size]

IL CULO DI RE FERDINANDO
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Ferdinando IV soleva andare a trovare la Duchessa di Florida al Vomero, in carrozza. Una volta, a causa della strada incurata e piena di fossi, il suo di dietro ne risenti' per giorni e giorni.
A quel punto Re Ferdinando, convocò a corte indignato, l'architetto responsabile della pubblica viabilità
minacciandolo di sollevarlo dall'incarico per l'incuria e l'abbandono in cui lasciava le strade del Regno. Tentando di giustificarsi, l'architetto di Corte, obietto' che dopotutto, sua Altezza Reale, dal posto in cui stava seduto, non aveva potuto ben valutare con lo sguardo, lo stato della strada.
Re Ferdinando ancora più stizzito gli rispose:
"Né archite' ma che gghiate dicenno? Nun 'o ssapite ca e vvie nun se so valutate maie cu ll'uocchie. ma sempre co culo


Edited by Pulcinella291 - 5/2/2010, 04:39
 
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Si proprio nu figlio ‘e ‘ndrocchia è un eufemismo accettato con serenità da tutti.” ”Si nu figlio ‘e cantero” è un po’ diverso,un po’ più irriverente.Appellare così qualcuno significa fare delle analogie tra i suoi ed un pitale.Ma se sapessero che "figlio ‘e ‘ndrocchia" è la corruzione di "figlio di dentro alla rocchia"cioè di dentro al gruppo,di uno qualsiasi,di padre incerto,forse sarebbero meno sereni.


'O Sciarabballe
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Quante volte abbiamo sentito dal compianto Mario Merola nominare lo sciarabballe nella canzone "o zappatore",e forse non tutti sanno che esso era il mezzo di trasporto piu' usato per raggiungere Napoli dai paesi viciniori.
Lo scarabballo nell’idioma popolare non è altro che la deformazione della traduzione francese della diligenza ( Char- à bancs ) che letteralmente significa carro con panche di legno parallele, tirato da animali ( cavalli od asini)
Prima dell’utilizzo da parte del popolo di questo mezzo di trasporto si andava a piedi o ci si accontentava di viaggiare con carri che trasportavano merci d' ogni genere od animali vari ( i carri bestiame).
‘E sciaraballe erano anche soprannominati (‘E Cafuniere) perché generalmente erano stracolme di Cafoni ( popolani e contadini provenienti dai villaggi e località fuori porte della città, che venivano ogni mattina a commerciare con i residenti cittadini.)”
Nobili( i ricchi) per spostarsi non usavano ‘O Sciarabballo . avevano propri mezzi di trasporto come carrozze , carrozzelle; la media e bassa borghesia utilizzavano bensì ‘o Rirote ( il calesse) per i brevi percorsi, mentre era a loro disposizione ‘A Diligenza, sorta di carrozza con panche imbottite di morbida lana o di piume, per quelli più lunghi ed era un servizio generalmente gestito da privati.
La Diligenza, quando divenne di pubblica utilità, fu chiamata “ OMNIBUS “ (dal latino) per tutti, divenuto più brevemente solo “ BUS “, da cui è avuto il FILO-BUS per indicare il mezzo di trasporto, che si muove per mezzo di un trolley collegato ad un filo della corrente elettrica ed infine “ AUTO-BUS “ che si sposta senza corrente elettrica, ma il suo movimento è dato dall'azione di un motore a scoppio alimentato da prodotti petroliferi ( benzina, gasolio o nafta)

SFACCIMMO
Sfaccimmo: parola dalla doppia valenza; in senso negativo: farabutto, mascalzone; in senso positivo: furbo, intraprendente, determinato (specie di una persona giovane.)
Parola formata dal sost.: faccia con l’avvio di una s detrattiva ed il suffisso (dispregiativo) immo nell’ovvia idea di significar: persona priva di faccia (senza vergogna).Piu' o meno è come la parola mappino o figlio e mappino.

Edited by Pulcinella291 - 28/5/2009, 02:22
 
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view post Posted on 9/1/2009, 13:04
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A SEMMANA D’’O FESSO
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Quanto si’ fesso ‘o lunerì matino,

tanto si’ fesso ‘o marterì seguente!

‘O miercurì, si fesso sopraffino,

‘o giovedì si’ fesso e si’ fetente!



Ma nun t’’o saccio dì – nun trovo ‘a rima -

ca ‘o venerdì si’ fesso - più di prima –

‘O sabato, da quanno sponta ‘aurora,

si’ fesso, si’ fetente e peggio ancora!



Dummeneca: e ‘o ppuò vedé tu stesso,

si’ chiaveco, si’ piglianculo e fesso.

E si nun crire, t’’o dich’io ch’è overo:

tu si nu piezz’’e strunzo ‘a capa ‘o pere!



O CULO
Culo nceràto, culo chiatto e tùnno,
tuosto comm'a nu marmulo rasato,
ca doppo ciento vote maniàto
tu si' ssempre o chiù tuosto 'e tutt' 'o mùnno...


Culo, muntagna 'è sfizio senza funno,
ca si te sònno pronto e appuzàto,
quanno me scèto sto accussì arrapato
ca scassarrìa de cule nu zeffunno...


Culo cchiù ffrisco 'e nu mellone d'acqua...
vieneme a rrefrescà st'anema nera!
vieneme a ccunzulà st'anema stracqua!...


tu ca pell' addòre te chiammèjno mazzo,
culo, frutto nuvièllo 'e primmavèra,
tu arrappresiente 'a Sguizzera d' 'o cazzo!!

anonimo napoletano dell'800


Edited by Pulcinella291 - 28/5/2009, 02:24
 
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view post Posted on 19/1/2009, 17:14
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L'origine della parola CAFONE
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Ci sono due scuole di pensiero la prima secondo la prima il vocabolo verrebbe dalla espressione “c’a fune”, vale a dire “con la fune”, che era l’ammonimento che i marinai facevano agli emigranti nel momento stesso dell’imbarco. “C’a fune”, che in termini più esatti vuol dire “fate attenzione alla fune”, raccomandavano i marittimi agli uomini e alle donne che percorrevano la traballante passerella che collegava la terraferma con la nave. E siccome gli emigranti erano in gran parte, appunto, gente di provincia, ecco che tutti i provinciali vennero chiamati cafoni.
La seconda deriverebbe dal fatto che i contadini della provincia quando venivano a Napoli a vendere la loro mercanzia erano soliti legarla con delle funi , per poi mettersele sulle spalle. Da qui poi ecco" quelli ca a fune".da qui poi la parola cafune.

IL TENTATIVO DI SUICIDIO DEL CELEBRE POETA EDUARDO NICOLARDI

Edoardo Nicolardi, valente giornalista, poeta straordinario, ma soprattutto uomo di eccezionale sensibilità, tentò il suicidio quando la sua Anna morì nel 1949. Da allora non stette più bene, fino al giorno della sua morte nel 26 febbraio del 1954. Subito si diffuse in tutta la città la triste notizia: è morto l’autore di VOCE E ‘NOTTE. Fu allora che qualcuno pur nel cordoglio, si ricordò che Nicolardi, le sue ultime volontà le aveva espresse in una delle sue popolari poesie, quella intitolata ‘O testamento.

Piangetemi solo per un quarto d’ora”, aveva detto. “Mi seppellirete alle undici ? Be’, alle due mettete a cuocere i maccheroni.”

Edited by Pulcinella291 - 28/5/2009, 03:18
 
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I TRAM A NAPOLI
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Poichè i napoletani sono stati sempre indisciplinati nel 1914 la S.A.T.N. (Società Anonima dei Tramways Napoletani) dispensava agli utenti presso gli uffici di Napoli, via Torretta, 17, la famosa località dove faceva capolinea il tram che ispirerà una famosa canzone “’O tram d’’a Turretta ,un regolamento. Il citato regolamento era articolato in due parti: la prima riguardante i divieti e la seconda le raccomandazioni. Vale a dire cose che non si devono fare e cose che è bene non fare, ricordatelo. Ritengo che quanto prescritto sia stato dettato dalle cattive abitudini dei viaggiatori, perché un buon comportamento non avrebbe richiesto divieto alcuno. Ciò detto, entriamo nei particolari.
Un primo articolo vietava di “rimanere nelle vetture quando il numero delle persone che le stesse possono regolarmente contenere, è raggiunto”. Dunque il passeggero che saliva in un tram non proprio vuoto doveva prima accertarsi della capienza del mezzo leggendo le famose targhette “posti in piedi” e “posti seduti”, poi contare le persone e concludere se proseguire la corsa o scendere.A dir il vero una soluzione c’era, quella di attaccarsi al tram, ma questa è un’altra storia, una storia che sarà dedicata ai figli di partenope. Ve la immaginate una tale prescrizione applicata ai moderni mezzi di trasporto pubblico urbano? Ma, avanti c’è posto, anzi, avanti con un altro divieto, quello “di rifiutarsi di pagare il prezzo del biglietto”che, si osservi bene, non dice sprovvisti di titolo di viaggio ma addirittura “rifiutarsi” di pagare il biglietto! Napoli, si sa, nei tempi cui facciamo riferimento, era rinomata per lo spirito allegro dei suoi abitanti e per le canzoni che però non potevano essere eseguite a bordo dei tram perché era vietato “di cantare e suonare nelle vetture”. Il gentile lettore (napoletano) può immaginare quanto da fare avrebbero oggi quei controllori per far rispettare il sonoro divieto specie sulle vetture della Circumvesuviana e della Metropolitana dove le ance delle fisarmoniche vibrano a tutta forza emettendo non sempre note in melodica successione. Ed ancora, e qui viene il bello, sì ma non il bello come fatto ma proprio il bello come il bel giovane al quale era “vietato fare atti o tenere propositi osceni nelle vetture”. In effetti si vietava agli intraprendenti di fare la cosiddetta “mano morta” che poi tanto morta non era visto che sapeva dove posizionarsi …. Ma facciamo finta di non aver visto e passiamo ad altro. A questo punto mi sia consentito togliere un primato al ministro Sirchia; pensate che era anche vietato “fumare nell’interno delle vetture chiuse”. E lo credo bene visto che “i viziosi” fumavano sigari toscani e pipe napoletane, quelle con la cannuccia ed il fornelletto in terracotta. E poiché il fumo immancabilmente portava a sputare, era anche “vietato sputare per terra”. E se qualcuno non sputava per terra ma dal finestrino e non faceva centro colpendo qualche malcapitato, il fatto era consentito o no? Non lo sappiamo e neppure ci interessa visto che non siamo noi i colpiti. Andiamo avanti. Oggi, il viaggiatore quando desidera ottenere una fermata che non sia obbligatoria, non ha da fare altro che pigiare il pulsante per la richiesta della stessa. Allora no, il buon napoletano aveva trovato un altro sistema: visto che il tram funziona con l’elettricità, io per fermarlo gliela tolgo. Ma come, direte voi. Semplice, avrebbe risposto lui; basta tirare la corda del trolley. Ecco perché una tale operazione era vietata dal regolamento.
Fin qui solo alcune delle cose che erano vietate, comportamenti che, in realtà, apportavano solo un danno economico alla Società mentre, come vedremo, non così era per le raccomandazioni. Ne cito una per tutte: “si raccomanda di salire o scendere dalle vetture nei punti di fermata, e sempre dalla parte opposta a quella dell’interbinario e quando la vettura è completamente ferma”. Quindi si “raccomandava” al passeggero di non rischiare la propria incolumità, non lo si vietava anche perché “La Società declina ogni responsabilità per le disgrazie che succedessero in seguito all’inosservanza delle disposizioni succitate”.
In conclusione caro passeggero: devi pagare il biglietto, non puoi prenderti lo spasso con il “defunto arto” e se sbagli a scendere sono cavoli tuoi. Ma un siffatto regolamento sarebbe oggi applicabile? O tempora, o mores! Ma che succede, sono rimasto al buio. Si vede che qualcuno ha tirato la corda del trolley.
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Edited by Pulcinella291 - 28/5/2009, 02:16
 
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' O PERE E ' O MUSSO
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Sarebbe il piede e il muso di maiale.Una volta era il pranzo dei poveri , oggi è una prelibatezza servita a pezzetti in cartoccio, rigorosamente degustata con un pizzico di sale e qualche goccia di limone.
Di solito viene venduto da un ambulante con un furgoncino con sopra dei ganci da macelleria, in cui sono conficcati il piede, la testa del maiale e la trippa. Da qualche anno 'o père e 'o musso si trova anche nei supermercati, nelle vaschette, o in negozi specializzati.

LE SPIGHE
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Fino a qualche tempo fa Il prodotto veniva offerto, bollito o arrostito, da ‘a spicaiola, un personaggio che resiste ancora eroicamente in qualche vicolo, indomito baluardo di una città dai lineamenti sempre più sbiaditi.Le spighe bollite erano preparate per la colazione e per rallegrare i ragazzini che andavano a scuola.
Sostituivano, infatti, ed egregiamente, merendine, cornetti e brioches.
La spicaiola accendeva, alle prime luci dell’alba, un gran fuoco sul quale poneva un enorme pentolone di rame annerito dal tempo e dall’uso.Le spighe, il cui profumo si spandeva nei vicoli, venivano chiamate pollanche o pollanchelle, vale a dire galline o gallinelle e la classica voce della venditrice era: “guagliù, venite, ca ve dongo ‘a pollanchella arrostita.


'O ZUFFRITTO

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Soffritto di maiale (ossia: polmone, trachea, cuore e milza. Molte erano le venditrici di "zuffritto" . Di solito erano casalinghe che per arrotondare e guadagnare qualcosina, la mattina presto preparavano fuori dell'uscio del vascio" la fornacella " dove veniva cotta in un gran pentolone questo cibo ,preprato con :concentrato di pomodoro; conserva di pomodoro; olio, sugna; peperoncino forte; foglia di lauro,rosmarino,sale.I lavoratori piu' mattinieri portavano al cosiddetta " capa e pane" e se la facevano riempire di suffritto in cambio di poche lire.

Edited by Pulcinella291 - 28/5/2009, 02:33
 
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DA FILUMENA MATURANO
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Vi voglio proporre un passo bellissimo e struggente tratto da "Filumena Marturano" di Eduardo. E' la scena di quando Filomena revoca i fantasmi del suo passato, quei fantasmi che l'hanno indotta a fare la prostituta.

.........E chi si' tu, ca me vuò mpedì 'e dicere, vicin' 'e figlie mieie, ca me so' ffiglie? (A Nocella) Avvoca', 'e ssapite chilli vascie... (Marca la parola) I bassi... A San Giuvanniello, a 'e Virgene, a Furcella, 'e Tribunale, 'o Pallunetto! Nire, affummecate... addò 'a stagione nun se rispira p' 'o calore pecché 'a gente è assaie, e 'a vvierno 'o friddo fa sbattere 'e diente... Addò nun ce sta luce manco a mieziuorno... Io parlo napoletano, scusate... Dove non c'è luce nemmeno a mezzogiorno... Chin' 'e ggente! Dint' a nu vascio 'e chille, 'o vico San Liborio, ce stev'io c' 'a famiglia mia. Quant'èramo? Na folla! Io 'a famiglia mia nun saccio che fine ha fatto. Nun 'o vvoglio sapé. Nun m' 'o rricordo! ...Sempe ch' 'e ffaccie avutate, sempe in urto ll'uno cu' ll'ato... Ce coricàvemo senza di': «Buonanotte! » Ce scetàvemo senza di': «Bongiorno! » E 'o calore! ...'A notte, quanno se chiudeva 'a porta, nun se puteva rispirà. ...Tenevo diciassett'anne. Passàveno 'e ssignurine vestite bbene, cu' belli scarpe, e io 'e guardavo... Passàveno sott' 'o braccio d' 'e fidanzate. Na sera ncuntraie na cumpagna d' 'a mia, che manco 'a cunuscette talmente steva vestuta bbona... Forse, allora, me pareva cchiù bello tutte cose... Me dicette (sillabando): «Così... Così... Così...» Nun durmette tutt a notte... e o calore... 'o calore... E cunuscette a tte! (Domenico trasale). Là, te ricuorde?.. Chella «casa» me pareva na reggia... Turnaie na sera 'o vico San Liborio, 'o core me sbatteva. Pensavo: «Forse nun me guardaranno nfaccia, me mettarranno for' 'a porta!» Nessuno mi disse niente: chi me deva 'a seggia, chi m'accarezzava... E me guardavano comm' a una superiore a loro, che dà soggezione... Sulo mammà, quanno 'a iette a salutà, teneva ll'uocchie chin' 'e lagreme... 'A casa mia nun ce turnaie cchiù!


Edited by Pulcinella291 - 17/9/2009, 11:04
 
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' O CONTRABBANDO E LE SIGARETTE " CO ' O SFIZIO"
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Da sempre Napoli è stata la capitale del contrabbando di sigarette, sopratutto a Forcella e qui nacque un sistema pubblicitario per fare la concorrenza tra una bancarella ed un'altra. Non era raro vedere dei cartelli affissi sulle stesse " sigarette co o sfizio". Ecco in cosa consisteva lo sfizio. Le donne , di solito venditrici di sigarette di contrabbando solevano indossare ampie sottane con grossi grembiuli provvisti di tasche ed ampî corpetti abbottonati o allacciati sul davanti del busto celavano i pacchetti di sigarette nelle tasche del grembiule e piú spesso tra i seni, nel corpetto o infine infilati nelle calze sorrette da elastici o giarrettiere, consentendo agli avventori – contro un piccolo aumento di prezzo – di prelevare con le proprie mani la merce cercandola nei corpetti slacciati all’uopo, nelle tasche, che insistevano sul basso ventre, del grembiule o – tirate su le gonne (cosa a cui provvedevano le medesime contrabbandiere) – frugando nelle calze; in tal modo gli avventori compravano sigarette prendendosi il gusto aggiunto ‘e pigliarse ‘nu passaggio (si toglievano cioè il gusto aggiunto , un ulteriore sfizio consistente nel palpeggiare piú o meno furtivamente i seni, il ventre o le cosce delle consensienti contrabbandiere.

MANNAGGIA A MARINA

Nello slang partenopeo dei nostri giorni l’espressione “mannaggia ‘a Marina” manifesta, in prevalenza, un senso di disappunto o di scoramento, l’amarezza, il dolore di una sconfitta subìta malamente per circostanze avverse non dipendenti dalla propria volontà.
Sotto questo profilo il suo significato non si discosta più di tanto da quello originario che aderiva maggiormente all’etimo della sola imprecazione, “mannaggia” (comunemente considerata una contrazione del napoletano popolare “male nn’aggia”, come dire: ne ricavi male, ne abbia sventura). La singolare maledizione nacque, appunto, a Napoli, nell’agosto del 1860, come un vero e proprio anatema. Il suo conio risale a Francesco II di Borbone, re delle Due Sicilie, che, come raccontarono a corte, alla notizia dell’incontrastato sbarco dei Mille in Calabria, sbottò nell’irata esclamazione, ricoprendo di vituperi la Marina, finalmente riconosciuta colpevole di sconcertante inerzia e di inaudita slealtà. Malgrado vantasse la flotta più munita del Mediterraneo e del Continente dopo la spagnola e la britannica, la forza armata di mare, orgoglio di Franceschiello e di suo padre Ferdinando II (che l’aveva allestita con la massima applicazione), affondò il suo prestigio in un pelago di torbidi tradimenti, che fecero la fortuna di Garibaldi e della sua impresa. Dall’incredibile vicenda sopravvive il comando del “facite ammuina”, che la fantasia dei napoletani, non del tutto arbitrariamente, volle assegnare in capo all’ammiragliato borbonico come sarcastica descrizione della copertura fatta calare sull’epocale inganno:”All’ordine Facite Ammuina: tutti chilli che stanno a prora vann’ a poppa/ e chilli che stann’ a poppa vann’ a prora:/ chilli che stann’ a dritta vann’ a sinistra/ e chilli che stanno a sinistra vann’ a dritta:/ tutti chilli che stanno abbascio vann’ ncoppa/ e chilli che stanno ncoppa vann’ abbascio/ passann’ tutti p’o stesso pertuso:/ chi nun tiene nient’ a ffà, s’aremeni a ‘cca e a ‘llà”. E sempre all’ammiragliato borbonico l’inesauribile inventiva partenopea volle dedicare la comica figura del “Pazzariello”, non a caso vestito con la divisa di ufficiale della Marina. In realtà, l’armata di mare borbonica aveva dato ampi segni di ingiustificato cedimento sin dall’indisturbato approdo dei garibaldini a Marsala. Né intercettò mai spedizione alcuna tra le ventuno che si susseguirono a bordo di navi in partenza dai porti di Genova e Livorno e che poterono garantire a Garibaldi rinforzi e armi. In una successione di scandalose compiacenze al nemico, il 5 luglio del 1860 il capitano di fregata Anguissola non esitò a consegnare, nelle acque di Palermo, una pirofregata duosiciliana al contrammiraglio sabaudo Carlo Pellion di Persano che, a sua volta, la cedette a Garibaldi. Francesco II ordinò il recupero della nave. Ma il conte d’Aquila, Luigi Borbone, zio del sovrano, comandante in capo della flotta, noto per le sue idee liberali ed ancora più noto per l’odio che portava contro il primogenito del fratello, riuscì a boicottare la missione. Nella notte tra il 18 e 19 agosto navi borboniche in pattugliamento nello Stretto si fecero beffare dai garibaldini che poterono guadagnare la costa di Melito prima di subìre qualche cannoneggiamento di limitata portata. L’ambiguo comportamento degli ufficiali regi insospettì gli equipaggi. Sulla “Fieramosca” il comandante con i suoi complici furono rinchiusi nella stiva. La ciurma avrebbe voluto farli processare. La nave prese la rotta per Napoli. Qui, paradosso dei paradossi, gli ufficiali infedeli furono liberati e i marinai realisti finirono nelle segrete di Castel Sant’Elmo, proprio per volere di quella Corona che avevano difeso con indubbio coraggio. Garibaldi, nelle sue “Memorie”, ringrazierà la Marina borbonica per la “tacita collaborazione”: lo sbarco in Calabria, scriverà, “non si sarebbe potuto fare con una Marina completamente ostile”. “Mannaggia ‘a Marina”, ripeteva il re. Che, però, avrebbe fatto bene a prendersela più con se stesso che coi matricolati traditori che lo attorniavano e che, con cieca dabbenaggine, egli favoriva anche a danno dei suoi più fidi servitori.
(Luigi Michele Perri)

Edited by Pulcinella291 - 5/2/2010, 04:43
 
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La Smorfia Gastronomica


1 Baba'. 31 Burro. 61 Fagioli freschi.
2 Liquore. 32 Pizza fritta. 62 Noce mascata.
3 Aglio. 33 Salame. 63 Noci.
4 Uova fritte. 34 Pignolate. 64 Grano.
5 Casatiello. 35 Cannella. 65 Peperoni.
6 Origano. 36 Verdura. 66 Piselli.
7 Olio. 37 Pizza rustica. 67 Pan di spagna.
8 Alloro. 38 Tagliatelle. 68 Zucchine.
9 Mandorle. 39 Sfogliatelle. 69 Mozzarella.
10 Cioccolata. 40 Cacao. 70 Taralli.
11 Uova marce. 41 Patate. 71 Vongole.
12 Lattuga. 42 Capperi. 72 Salsicce.
13 Uova al tegame 43 Fagioli secchi. 73 Baccala'.
14 Vermicelli cotti. 44 Pesce. 74 Vino bianco.
15 Capretto. 45 Pollo. 75 Zeppole.
16 Ricotta. 46 Pizza ripiena. 76 Fave.
17 Tonno. 47 Cozze. 77 Cassata.
18 Scarola. 48 Finocchio. 78 Sale.
19 Pepe. 49 Prosciutto. 79 Limone.
20 Fragole. 50 Uovo. 80 Latte.
21 Olive di Gaeta. 51 Fegatini. 81 Sanguinaccio.
22 Cedro e canditi. 52 Carne. 82 Farina.
23 Riso. 53 Pizza Margherita. 83 Menta.
24 Alici. 54 Gnocchi. 84 Spinaci.
25 Zucchero. 55 Cavolfiore. 85 Pane.
26 Vermicelli crudi. 56 Uova sode. 86 Cipolla.
27 Lievito di birra. 57 Pomodori. 87 Chiodi di garofano.
28 Funghi. 58 Basilico. 88 Calamari.
29 Castagne. 59 Miele. 89 Aragosta.
30 Panna. 60 Gamberi. 90 Prezzemolo.
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Edited by Pulcinella291 - 20/1/2010, 03:27
 
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