Le stronzate di Pulcinella

RACCONTIAMO NAPOLI E I NAPOLETANI (usi,costumi,tradizioni di un popolo e di una citta')

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view post Posted on 7/6/2009, 08:19
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Pulcinella291 Forum

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Medaglia d'oro al valor militare alla città di Napoli
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Una cosa di cui andar fieri , amici napoletani , sono state le 4 giornate tramite le quali la popolazione riuscì a liberare la città di Napoli dall'occupazione delle forze armate tedesche.L'avvenimento, che valse alla città di Napoli il conferimento della medaglia d'oro al valor militare, consentì alle forze alleate di trovare al loro arrivo, il 1 ottobre 1943, una città già libera dall'occupazione nazista, grazie al coraggio e all'eroismo dei suoi abitanti, ormai esasperati ed allo stremo per i lunghi anni di guerra. Napoli fu la prima, tra le grandi città italiane, ad insorgere contro l'occupazione nazista[

TOTO' ED IL LADRO DI POLLI
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da "La domenica del corriere" del 9 febbraio 1958

Un poveraccio fu arrestato a Roma mentre stava rubando delle galline. Confessò che era stato spinto al furto dal bisogno di raccogliere i mezzi per acquistare un loculo per la figlia morta. Avuta notizia del fatto, Totò fece avere alla famiglia del ladruncolo danaro e viveri; poi, non solo acquistò il loculo, ma incaricò un noto avvocato della Capitale di assumere la difesa dell'imputato. Nella tavola a colori Walter Molino rappresenta, in una scena ideale, il popolarissimo attore mentre intercede a favore di un padre che rubò per amore

IL CRISTO VELATO:la teoria sulla sua creazione

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Il Cristo velato è una delle opere più affascinanti e misteriose che si possano vedere a Napoli. Si racconta che il velo di marmo sul corpo del Cristo, sia in realtà un velo in tessuto, trasformato in roccia grazie ad uno speciale liquido inventato dal sinistro Principe di San Severo, illustre alchimista. Molti, invece, sostengono che il sorprendete effetto sia tutto frutto del talento di Giuseppe Sanmartino, lo scultore che realizzò il Cristo velato. Il ritrovamento di una stanza segreta e di alcune macabre opere, visibili nella Cappella San Severo, hanno contribuito a dare al Principe e al Cristo velato un'aura di mistero. La Cappella merita una visita non solo per il Cristo ma anche per le altre opere presenti in questo piccolo gioiello nascosto tra i vicoli di Napoli: un luogo ricco di simboli esoterici e religiosi, che noi vi aiutiamo a scoprire leggendo le 10 cose da sapere e vedere durante una visita alla Cappella San Severo .
Giuseppe Sanmartino è presente con molte sue opere in molte chiese napoletane, realizzazioni di buona, a volte ottima fattura, ma solo una volta egli raggiunge livelli sovraumani di abilità e perfezione assoluta: nel Cristo velato, un vero e proprio prodigio tecnico, che permette di vedere chiaramente sotto un velo di marmo le fattezze di nostro Signore.
Gia' nel periodo della sua creazione Si mormorava di un intervento diretto del principe nella realizzazione dello straordinario lenzuolo trasparente.
fino a quando, tempo fa, una studiosa napoletana, Clara Miccinelli, aveva pubblicato alcuni documenti notarili comprovanti l’antica leggenda, ma la serietà della comunicazione si perse nei meandri di una troppo pervicace disamina esoterica dell’argomento, per cui l’importante notizia non è stata valutata e recepita dagli studiosi di storia dell’arte.Il documento è conservato nell’archivio napoletano e stilato dal notaio Liborio Scala il 25 novembre 1752, tra Raimondo di Sangro ed il Sanmartino, nel quale i due contraenti si accordano sulla realizzazione della scultura e sul segreto da mantenere
.

Edited by Pulcinella291 - 27/3/2012, 12:25
 
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LA ROULETTE NAPOLETANA

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Qualcuno lo chiama pure 'o rutiello .E'una sorta rudimentale di roulette dei grandi Casinò, molta alla buona, consistente in un cerchio disegnato sul piano del tavolino diviso in zone colorate, in genere quattro settori ( i 4 pali delle carte napoletane) ed ognuno a sua volta suddiviso in 10 sottosettori contrassegnati dalle carte stesse incollate sul piano, che indicavano quante sarebbe stata pagata la posta puntata nel caso di vincita.
Su un perno centrale del cerchio ruotava un lungo ago di ferro terminante con una penna di celluloide flessibile, la cui corsa progressivamente era rallentata da una corona di chiodi, che delimitavano i 4 settori e dai sottosettori da uno a 10, quante erano le carte dei palo poste in ogni settore, mentre alla fine di ogni settore, come se fossero i 4 punti cardinali, v’erano fissati degli zero (O), che se l’ago si fermava lì, se non puntato, faceva vincere il banco, (il tenutario della Roulette).
Ovviamente il biscazziere era bravissimo a saper imprimere la giusta spinta all’ago nell’avvio della corsa sul cerchio colorato, riuscendo a farlo bloccare sempre nella zona in cui v’erano meno puntate e spesso sullo zero.
Nel passato anche questo è stato ed è un artifizio, o meglio, un espediente per arrangiarsi, per sbarcare il lunario nella nostra città

 
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I MOTI DEL 48 A NAPOLI
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Quante volte abbiamo sentito dire " faccio succedere o 48" per dire " faccio succedere il caos o meglio un casino., o “E’ succiesso ‘o quarantotto”: Ma spiegamoci ora perchè si dice cosi'.
Sul finire degli anni Quaranta tutta l’Europa fu investita da moti rivoluzionari di stampo liberale. Sull’onda di queste rivolte in Italia Pio IX, Leopoldo II di Toscana e Carlo Alberto di Savoia concessero riforme politiche ed amministrative, mentre Ferdinando II di Borbone, dopo aver represso una sollevazione in Sicilia, concesse la Costituzione ed inviò un corpo di spedizione militare nel Nord Italia, in appoggio del Piemonte in lotta contro l’Austria. Tuttavia questi provvedimenti non furono sufficienti per sedare le richieste dei liberali, che richiedevano una carta costituzionale lesiva degli interessi della Chiesa. Al rifiuto del re di concedere tale documento seguì, il 15 maggio 1848, una sanguinosa sollevazione. Varie barricate furono innalzate nei punti nevralgici della città. I primi colpi di fucile partirono dai rivoltosi che si erano concentrati tra San Ferdinando e via Toledo, ed uccisero alcuni ufficiali dei reggimenti svizzeri attestati a difesa del Palazzo Reale. Al fuoco degli insorti seguì la reazione armata delle truppe borboniche, che in mezza giornata ristabilirono l’ordine. Dopo aver sedato l’insurrezione napoletana Ferdinando II inviò truppe in Sicilia (i cui insorti avevano offerto la corona dell’isola ai Savoia) per riprendere il controllo dapprima di Palermo e Messina, successivamente di Catania, Siracusa ed Augusta. Dopo aver ristabilito il pieno controllo dell’unità politica e territoriale del regno, il re mantenne la Costituzione ed il Parlamento precedentemente concessi
 
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IL PERNACCHIO PER I NAPOLETANI
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Come dice Benedetto Casillo:'
O pernacchio non è un suono.
'O pernacchio è rivoluzione, è
libertà. 'O pernacchio è 'a voce
d' 'a gente ca nun tene voce. 'O
pernacchio è un calcio in culo


Il pernacchio è popolare, rivoluzionario, democratico. Uno solo, se fatto a dovere, delegittima all'istante il potere tronfio, il linguaggio truculento, il tecnicismo banale mascherato da politica. Li stende tutti a terra lasciandoli attoniti e senza respiro.
Da secoli , pare gia' dai Sanniti, il pernacchio per i napoletani non è il semplice sberleffo, come diceva Eduardo ne " L'oro di Napoli"il pernacchio è il gesto di protesta per eccellenza, che ha però una rilevante forza virile. Anche toto' nei "due marescialli " ne da' una bella definizione e fa una differenza tra pernacchia e pernacchio.L'esecuzione è diversa rispetto al pernacchio, ma l'effetto è identico, quella di derisone rispetto al potere.
Attenzione, però, perchè i connotati della pernacchia sono differenti. Esistono pernacchie lunghe, corte e medie (sa..ci sono anche le medie a volte.. spiega totò maresciallo dei carabinieri). Il problema vero è di emettere pernacchie la cui intenzionalita di smascherare il "pernacchiato" è talmente dirompente da distruggere moralmente il destinatario.
Ciò che fa pernacchia la pernacchia è l'ausilio della mano. Che può anche mancare - e in quel caso l'effetto è appunto una fetecchia - oppure aiutare se avvicinata alla bocca in un modo preciso, simile alla forma degli antichi corni dei satiri. Si deve arrolotare l'indice sotto il pollice, in modo da lasciare un piccolo pertugio, una perfetta fessura, mentre si tengono aperte le altre dita.Diversa è invece l'esecuzione del pernacchio di Eduardo. La mano deve essere molle, morbida e usata con delicatezza eccovi il video e vi renderete conto:


Edited by Pulcinella291 - 26/6/2009, 02:05
 
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I PARCHI E I BOSCHI A NAPOLI
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Napoli possiede 33 giardini storici e parchi aperti al pubblico: la Villa Comunale di Napoli (prima dell'Unità denominata "Villa Reale") fu fatta realizzare da Ferdinando IV su disegno del Vanvitelli nel 1780 per dare alla nobiltà napoletana un'oasi di gran ricercatezza sull'allora lungomare, impreziosendola di statue, fontane e alberi esotici ma proibita al popolo. Al suo interno di primaria importanza è la Stazione Zoologica Anton Dohrn, aperta al pubblico nel 1874, istituzione scientifica e di ricerca sita in un edificio neoclassico e ospitante, fra l'altro, l'acquario cittadino: il più antico del mondo[53] (fu aperto al pubblico il 12 gennaio 1874).
Una estesa vista su Napoli e le sue coste a nord e a sud si può osservare dalla Collina dei Camaldoli e dal Parco del Poggio.
Oltre al già citato parco di Capodimonte, la cui pianta odierna fu realizzata dal tedesco Friedrich Dehnhardt nel 1833, è da citare la Villa Floridiana. Il parco prende il nome da Lucia Migliaccio duchessa di Floridia, moglie morganatica di Ferdinando IV, che appunto abitò in questa villa del Vomero il cui parco fu realizzato nel 1817 da Dehnhardt e Antonio Niccolini in stile neoclassico con statue, finte rovine, boschetti, anfratti e un teatrino di verzura all'aperto. Nella villa attualmente ha sede il Museo Nazionale della Ceramica Duca di Martina e la zona panoramica sul golfo.

Le coste settentrionali della Provincia di Napoli ospitano il Parco sommerso di Baia e di Gaiola, esempi unici nel Mediterraneo di Parchi archeologici sommersi. Il Parco sommerso di Gaiola (istituito congiuntamente dai Ministeri dell'Ambiente e dei Beni Culturali), localizzato all'apice del promontorio di Posillipo intorno agli isolotti della Gaiola incorpora considerevoli valori ambientali a reperti archeologici di età Romana, sommersi nel corso dei secoli da un fenomeno di bradisismo negativo che ha causato l'affondamento della costa di circa 6/8 metri. Più periferica è l'Oasi degli Astroni, diretta dal WWF, che si trova in una grande conca vulcanica risalente a 3.700 anni fa nei Campi Flegrei. Riserva di caccia aragonese, poi di Carlo III, fu arricchita di alcune torri e casini di caccia ancora esistenti. Immersa completamente nel verde, l'oasi si distingue per il grande lago, la ricca flora e la presenza di numerose specie di uccelli oltre che piccoli animali.

 
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view post Posted on 29/6/2009, 07:20
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'A PARMIGIANA 'E MULIGNANE
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E' l'elemento principe e caratterizzante della cucina partenopea la cui ricetta si tramanda da madre in figlia e spesso anche in maniera diversa. Vediamo ora di proporvi una ricetta che si avvicina di piu' a quella tradizionale.
Ingredienti per quattro persone:

1kg di melanzane lunghe
1 bottiglia di passata di pomodoro
1 scatola di polpa di pomodoro a pezzetti
2 uova
farina
basilico
olio extravergine d’oliva
1 fiordilatte intero(di solito il peso è di circa 700gr)
30gr di parmigiano reggiano grattuggiato
1 spicchio d’aglio
sale
Preparazione:
Come prima cosa lavate le melanzane, senza togliere la buccia. Poi tagliatele a fette, orizzontalmente seguendo la loro lunghezza, non troppo sottili. Mettetele poi a bagno in acqua fredda e sale per una ventina di minuti in modo che possano rilasciare tutto l’amaro.
Nel frattempo in una padella abbastanza larga mettete a riscaldare una buona quantità d’olio per friggere. Va bene anche se possedete una friggitrice o una di quelle pentole che si usano oggi dal bordo alto, vi faciliteranno il compito permettendovi di friggere più melanzane contemporaneamente. In un piatto battete le uova con un pò di sale. Poi preparate su un piano uno strato di farina sufficiente ad impanare le melanzane, e un vassoio con della carta assorbente dove far colare l’olio in eccesso man mano che le friggerete.

'O RE E 'O SARTO
All’epoca del regno di re Alfonso D'Aragona , a Napoli era ancora vivo il sentimento di sostegno per gli Angioini in parte della popolazione . Un sarto di nome Francesco era uno dei ferventi sostenitori degli Angioini e dello sconfitto Renato: ogni giorno non mancava di elogiare i francesi parlando male degli spagnoli e dello stesso re Alfonso davanti a tutti.
Re Alfonso, venuto a sapere delle “gesta linguistiche” del sarto, volle sincerarsene di persona; prese il cavallo e si mischiò alla popolazione napoletana arrivando fino alla bottega del noto sarto, intento a lavorare e a parlar male di lui.
Ritornato al castello, re Alfonso convocò il sarto a corte e questi, sempre più spaventato e tremante, si presentò a Castel Nuovo sicuro di essere condannato a morte.
Senza parole rimase il sarto quando fu, invece, accolto con i massimi onori.
Senza parole ma sempre più certo che quell’accoglienza così cortese l’avrebbe portato dritto dritto alla forca, soprattutto quando re Alfonso gli disse:”Siccome so dell’alta considerazione che nutri verso di me e, soprattutto, del fatto che mi elogi in pubblico, ho deciso di conoscerti di persona e di servirmi della tua nobile arte.”
E detto questo, donò al sarto un sacchetto pieno di scudi d’oro.
Meravigliato dal trattamento ricevuto, il sarto tornò da capopopolo tra la sua gente per elogiare ogni giorno di più il suo nuovo sovrano. Forse da qui che Re Alfonso fu denominato il magnanimo.






Edited by Pulcinella291 - 13/1/2010, 10:12
 
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COSI' HANNO DETTO DI NAPOLI

Per il viaggiatore che sa mescolarsi con la folla del popolo, la vita stessa di Napoli presenta infinito interesse. Si può dire persino che chi non è stato a Napoli, non ha visto lo spettacolo della vita popolare. (Pavel Pavlovic Muratov)

Città incredibilmente chiassosa, perfino nelle chiese. [WOLFGANG AMADEUS MOZART (viaggio in Italia, 1770)]

Che Napoli sia bella, è cosa nota; la vista che ho dinanzi mentre scrivo, il golfo intero dal lato del Vesuvio fino alla punta di Posillipo, è davvero degna d’ammirazione. La gente però è orrenda, spesso rivoltante, ha l’aspetto di schiavi da galera. Spettacolo e sudiciume sono come nel Medioevo. [SIGMUND FREUD (1902) da una cartolina alla moglie

Quando io vorrei esprimermi a parole, appaiono soltanto immagini davanti ai miei occhi: il bellissimo paesaggio il mare libero, le isole scintillanti, la montagna ruggente: mi manca la capacità di descrivere tutto ciò. Napoli è un Paradiso, tutti ci vivono in una specie di inebriata dimenticanza di sé; [..] ed é per me una strana esperienza quella di trovarmi con gente che non pensa ad altro che godere. "(Johann Wolfgang Goethe)


Il Marchese de Sade denunciava come via Toledo fosse “una delle più belle che sia dato vedere” però “fetida e sudicia” e davanti a tanta bellezza esclamava. “In quali mani si trova, gran Dio! Perché mai il Cielo invia tali ricchezze a gente così poco in grado di apprezzarle?”

Grande civiltà di Napoli: la città più civile del mondo. La vera regina delle città, la più signorile, la più nobile. La sola vera metropoli italiana (Elsa Morante)

Napoli, 11 gennaio 1817. Entrata grandiosa: si scende per un'ora verso il mare attraverso un'ampia strada, scavata nella roccia tenera, sulla quale la città è costruita. Solidità dei muri. Albergo dei Poveri, primo edificio. E' molto più impressionante di quella bomboniera, tanto vantata, che a Roma si chiama porta del popolo.
Parto. Non dimenticherò né la via Toledo né tutti gli altri quartieri di Napoli; ai miei occhi è, senza nessun paragone, la città più bella dell'universo. "(Stendhal )

preferisco la povertà dei Napoletani al benessere della repubblica italiana, preferisco l'ignoranza dei Napoletani alle scuole della repubblica italiana preferisco le scenette, sia pure un po' naturalistiche, cui si può ancora assistere nei bassi Napoletani alle scenette della televisione della repubblica italiana(Pasolini)

Considero anche l'imbroglio uno scambio di sapere. Un giorno mi sono accorto che un Napoletano, durante un'effusione di affetto, mi stava sfilando il portafoglio: gliel'ho fatto notare, e il nostro affetto è cresciuto.(pasolini)

In qualsiasi altra città ciò sarebbe sufficiente per trattenere a lungo l'attenzione del viaggiatore sulle impressioni dell'arte e dell'antichità. A Napoli queste impressioni non si mantengono a lungo. Esse cedono rapidamente il posto all'irresistibile irruzione della vita napoletana(Pavel Pavlovic Muratov )

Per vedere la folla realmente colma dell'incosciente, spensierata gioia superstiziosa dell'esistenza, bisogna passare per la via principale di Napoli, la famosa via Toledo. I suoi stretti marciapiedi dalla mattina alla sera rigurgitano di gente che sa essere felice della semplice coscienza della propria esistenza(Pavel Pavlovic Muratov )

Dopo alcuni giorni di permanenza, lo straniero comincia a trovar gusto nella lenta passeggiata su e giù per via Toledo. Il continuo movimento della folla senza nessuna ragione evidente finisce col non meravigliarlo più. presto comincia a preferire questa via - la via più animata di tutta Europa - alla riviera di Chiaia, piena di noiosi e costosi alberghi. Tutte le cattive qualità del popolo napoletano: il tradimento, la scaltrezza, la cupidigia, l'amore del vizio, si possono perdonare per questo stato elevatamente sentimentale di amore per una cosa tanto innocente, come il passeggiare su e giù per la via principale della città. "(Pavel Pavlovic Muratov )

Come fanno i ragazzi più vispi quando si comanda loro qualche cosa, anche i Napoletani finiscono con l'assolvere il loro compito, ma ne traggono sempre argomento per scherzarvi sopra. Tutta la classe popolana è di spirito vivacissimo ed è dotata di un intuito rapido ed esatto: il suo linguaggio deve essere figurato , le sue trovate acute e mordaci. Non per nulla l'antica Atella sorgeva nei dintorni di Napoli; e come il suo prediletto Pulcinella continua ancora i giuochi atellani, così il basso popolo si appassiona anche adesso ai suoi lazzi (Johann Wolfgang Goethe)
 
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view post Posted on 2/7/2009, 10:30
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Mi piace farvi leggere una bellissima poesia di Toto':

Il fine dicitore

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"Ninì Santoro, il fine dicitore,
maestro di eleganza e di maniere,
il re del music-hall, il gran signore,
debutta questa sera al Trianon".
Guardanno 'o manifesto, chi liggeva
penzava: certo chisto è n'artistone.
Tenevemo st'attore? E chi 'o ssapeva!
Stasera stessa mm' 'o vaco a ssentì.

C' 'o tubbo, 'a caramella e nu bucchino
d'avorio giallo, luongo miezo metro;
un fazzoletto bianco nel taschino,
ncuollo nu frack 'e seta blummarè

Tutt' 'o teatro illuminato a giorno,
na marcia trionfale comm' "Aida",
Santoro ascette e cu na faccia 'e corne
pareva ca diceva: "Eccomi qua!

Mo v'aggia fa vedè chi è Santoro,
il fine dicitore, il fantasista
ca quanno arape 'a vocca caccia ll'oro,
oro colato 'e primma qualità".

'0 pubblico ansioso s'aspettava:
chi sa mo ch'esce 'a vocca a stu Santoro.
Ma ch'era ascì... Santoro 'ncacagliava,
faceva smorfie, zumpe e niente cchiù.

Nun fernette nemmeno 'o riturnello
d' 'o primmo raccuntino d'avventure,
quann'uno arreto a me: "Santò, si bello!"
('Ndranghete!) E allazza nu pernacchio 'e nuvità.

Fuie cumm'a nu signale 'e na battaglia,
mancava poco e nce scappava 'o muorto:
'e sische mme parevano mitraglia.
Santoro nun putette continuà.

"Ll'artista" se facette 'a mappatella:
'o frack, 'o tubbo, 'o fazzuletto bianco,
s'annascunnette pure 'a caramella.
Dicette: "Aggio sbagliato,.. Ch'aggia fà?".

Trent'anne so passate 'a chella sera
che il fine dicitore fantasista
pe fforza avette chiudere 'a carriera
a beneficio dell'umanità.

Aiere steva scritto into 'o giurnale che:
"dopo varii e lunghi appostamenti
è stato assicurato un criminale
alla Giustizia delle Autorità".

E chi era, neh, stu disgraziato?
Santoro... il dicitore fantasista,
ca, pe magnà, al furto s'era dato
o pover'ommo pe putè campà.

Io penso che fu l'epoca sbagliata;
trent'anne fa tutto era n'ata cosa.
Oggi che il nostro gusto s'è cambiato
Santoro fosse na celebrità.



 
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NAPOLI E L'UNIVERSITA'

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LA FEDERICO II
A Napoli sono operativi quattro atenei statali e due privati.L'Università degli Studi di Napoli Federico II è la principale della città. Nata come espressione della cultura ghibellina contrapposta a quella guelfa di Bologna, fu fondata da Federico II nel 1224, ed è la terza in Italia. L'Ateneo Federiciano, che ha assunto il nome del suo fondatore con decreto del 7 settembre 1987, è comunque la più antica università statale e laica del mondo [54], ed è considerato uno degli atenei più prestigiosi per gli studi ingegneristici, giuridici e letterari. Fra gli altri vi ha insegnato il celebre grecista Marcello Gigante, massimo esperto dei papiri rinvenuti a Ercolano.
L'Università degli studi di Napoli "Parthenope"

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(IUN, o Istituto Universitario Navale sino al 2001), fu istituita nel 1920 come Regio Istituto Superiore Navale, originariamente specializzato per gli studi economici, con una particolare attenzione agli scambi commerciali internazionali. L'ateneo attualmente è composto dalle facoltà di Economia, Ingegneria, Giurisprudenza, Scienze Tecnologiche e Scienze Motorie. Per quanto riguarda le sedi ve ne sono numerose e disparate in varie zone del territorio: la centrale di Via Acton, Villa Doria, la nuova sede che si trova nel Centro Direzionale con le facoltà di Scienze e Tecnologie ed Ingegneria, la sede d'ingegneria gestionale ad Afragola, la sede di Giurisprudenza di Nola, la sede di Torre Annunziata e la sede di Potenza.

La Seconda Università degli Studi di Napoli è stata istituita nel 1989 per decongestionare quella federiciana; è articolata in poli omogenei situati nelle città di Aversa, Capua, Caserta, Santa Maria Capua Vetere, mentre ha operativa in città una Facoltà di Medicina e Chirurgia (quella che prima del decongestionamento era la I facoltà di medicina dell' università di Napoli) che comprende le lauree specialistiche e gli altri corsi dell'area sanitaria. La facoltà ha strutture di notevole interesse storico-culturale (il complesso di Santa Patrizia contiene anche un museo di anatomia). Le strutture assistenziali e didattiche sono suddivise tra il policlinico vecchio (nel centro storico) ed il nuovo Policlinico nella zona collinare (quest'ultimo è però in massima parte occupato da strutture dell'università Federico II). La sede amministrativa, tuttavia, è a Caserta e così come le facoltà, che sono nella provincia, per cui ha legami con Napoli solo per il nome e per una facoltà, anche se importante. Di fatto è università di Terra di Lavoro.

L'Università degli studi di Napoli "L'Orientale"
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(fino al 2002 "Istituto Universitario Orientale" o IUO, oggi UNIOR) è la più antica università di orientalistica e sinologia del continente, fu fondata nel '700 dal padre missionario Matteo Ripa come "Collegio dei Cinesi" e oggi è tra le maggiori istituzioni europee per gli studi filologici e linguistici sulle aree extra-europee. È composta dalle facoltà di lettere e filosofia, lingue e letterature straniere, Studi arabo-islamici e del Mediterraneo, scienze politiche (con un occhio di riguardo alle relazioni internazionali). Vi si insegnano numerose lingue antiche ed oltre 140 lingue moderne.

Napoli è inoltre sede della Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale che vi opera attraverso la Sezione San Tommaso d'Aquino e la Sezione San Luigi la prima delle quali è legata al seminario arcivescovile e trae origine dalla facoltà teologica già presente nel primo ordinamento dell'ateneo federiciano nel 1224 e la seconda alla Compagnia di Gesù (gesuiti). La facoltà teologica è nata nel 1969 riunendo e lasciando distinte le due scuole.

L'Università degli studi Suor Orsola Benincasa


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(ex Istituto Universitario omonimo, oggi UNISOB), è un libero ateneo fondato dalla religiosa Orsola Benincasa, pensatrice molto in vista nei salotti intellettuali napoletani del periodo della controriforma (inizi XVII secolo), nato come istituto superiore di magistero e tuttora specializzato negli studi umanistici e sociali, con un particolare riguardo alla tradizione educativa introdotta dalla pedagogista suor Orsola.
 
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view post Posted on 8/7/2009, 08:43
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QUI FU NAPOLI

Il sipario di questo grande palcoscenico si apriva all'alba. Un microcosmo che ha una sua economia, i suoi personaggi, una sua vita quasi autonoma, che si svolgeva essenzialmente in quello che è il punto focale del vicolo: il "basso".
Per cogliere davvero le tante sfaccettature di questa città, è la realtà dei vicoli bisognerebbe leggere Matilde Serao ma
sopratutto Raffaele Viviani. Era gente che al mattino non sa se e cosa mangerà a mezzogiorno. Un pasto che troppo spesso viene rimandato a sera e che si riduce in una pizza sapientemente accartocciata in modo che non coli via
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o in un piatto di spaghetti mangiato con le maniimage.
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Ogni vicolo ogni quartiere aveva la sua storia , si viveva insieme all'asino, al maiale, al cane, alle galline e ad un esercito di gatti che avevano la nobile funzione di battagliare contro gli altri abitanti dei bassi e del vicolo stesso:i topi.
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Gli abitanti dei vicoli si sentivano a proprio agio solo in questo microcosmo , come il bambino nel ventre della madre.
La vita era difficile, si campava giorno per giorno , ma gli abitanti dei vicoli sapevano anche che, se si era nello stato di bisogno, tutti ti aiutavano. Anche il tuo nemico, quello col quale ti sei violentemente scontrato poco prima, ti dà una mano.image
L'economia del vicolo si adattava velocemente alla realtà circostante, i mestieri di una volta più caratteristici erano quelli degli ambulanti, in buona parte scomparsi
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Allora il ciclo ecologico non era stato ancora sconvolto dal cosiddetto progresso e buona parte delle immondizie erano riciclabili. I contadini pagavano perfino per utilizzarle come concime. Scalzo, sporco, lo spazzaturaio saliva e scendeva per scale sconnesse, portando sulla spalla un "cufaniello" e nella destra una zappetta per raccogliere la spazzatura, oppure passava con un carro e raccoglieva i rifiuti
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Spesso , quando ce ne stava la possibilita' , colui che il giorno primo vendeva la frutta, il giorno dopo vendeva pesci
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Dai vicoli di buon mattino usciva un'altra figura, molto caratteristica, oggi del tutto scomparsa: il cenciaiuolo. Quando passava, una torma di scugnizzi gli correva dietro, chiedendogli qualche lupino. Gridava: sapone!, per cui veniva anche chiamato "o sapunaro". Il suo era essenzialmente un commercio di scambio: accettava vecchie masserizie, perfino quadri antichi di dubbio valore, e offriva pastori natalizi, "sciuscelle" e sapone. C'era tutta una gamma di robivecchi, dal venditore di abiti smessi che con qualche acconciatura potevano essere benissimo indossati, al venditore di cenci veri e propri. In ogni angolo di strada gli scugnizzi seduti sul selciato giocavano "e furmelle"
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o si improvvisavano i giochi piu' disparati
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Ad ogni angolo c'era un ambulante image, e davanti ad ogni basso una scena tragicomica come dice la canzone "palcuscenico". Le giornate si trascorrevano cosi', la vita trascorreva cosi'image
in questi vicoli e quartieri image
dove con l'arte di arrangiarsi si viveva e si moriva.

Edited by Pulcinella291 - 8/7/2009, 08:34
 
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italian lady
view post Posted on 8/7/2009, 09:06




l'unica figura che mi ricordo è o sapunaro che onestamente rivorrei indietro pekke teng nu sacc e rrobba bbon ra jtta' e nun saccio a chi l'aggia ra' :woot: :woot: :woot: :woot:
 
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Anto2495
view post Posted on 16/7/2009, 01:00




quando vado a casa di mia nonna capita spesso che racconti di alcune sue storie e ci faccia vedere delle foto d'epoca di napoli e quando le vedo non so perchè ma mi commuovo ed è li che cpaisco che io sono fiero di essere napoletano e che Napoli secondo me è molto meglio di tutte le citta del nord
 
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view post Posted on 17/8/2009, 19:32
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Pulcinella291 Forum

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LA TARANTELLA
Se parliamo di tarantella parliamo di Napoli .Secondo le credenze popolari, serviva a liberare dal veleno iniettato dal morso della tarantola. Considerata a tutti gli effetti come una forma di "danza", si distingueva dalle altre per la sua forma ritmica gioiosa e di evidente allusività erotica che ne hanno fatto per secoli il ballo più poplare del mondo. Anche se il ternine deriva con ogni probabilità, dalla tarantella ballata nelle Puglie. La tarantella napoletana mantiene inalterata la presenza dei vari tipi di strumenti, (a fiato, a corda e a percussione), ma attribuisce il predominio a quelli a corda e a percussione ( il calascione e il tamburello), il tamburello è stato sin dall'inizio lo strumento fondamentale del ballo, esso è sempre presente, il tamburello per la sua forma e per la sua qualità di rinchiudere uno spazio vuoto, è ancora un oggetto simbolo del genitale femminile, e per questo che nessun uomo lo suona mai, è suonato soltanto da donne o, al più da bambini. Introduce inoltre strumenti popolari come il "puti-pu", pentola di terracotta, coperta da una pelle di tamburo con un buco in mezzo. Si mette sotto l'ascella sinistra e, col braccio destro si fa andare su e giù una bacchetta, lo "scetavajasse" formato da una canna spaccata che fa da cassa e da un'altra che fa da archetto, alcune volte porta dei sonagli, o il "siscariello" specie di flauto formata da canna bucata per finire con il "triccabballacco" in legno composto da tre bastoncini di forma cilindrica uguali, il mediano immobile, i laterali articolati, in modo da avvicinarsi ed ad allontanarsi da quello centrale. Alla cima di ciascun bastoncino sta trasfersalmente un martello, a due bocche il mediano, a una i laterali.
 
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view post Posted on 19/8/2009, 08:57
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Pulcinella291 Forum

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I NAPOLETANI E GLI SPAGNOLI
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Carlo III di Borbone ,re di Napoli

Sembra superfluo rimarcare l'influenza che ha avuto la dominazione spagnola sulla cultura napoletana, come è pleonastico sottolineare che molte parole spagnole siano entrate a far parte del dialetto della nostra citta'. in omaggio agli occupanti, a Napoli trionfò la moda di Spagna che fu adottata in toto, anche quando imponeva usanze ridicole, come quella dei copricapo di paglia piccoli, ricoperti di taffettà per lo più nero, che furono largamente adottati dalla classe curialesca napoletana, tanto che ancora oggi, dopo alcuni secoli, gli avvocati a Napoli vengono chiamati pagliette.Trionfò l’ostentazione, spesso pacchiana: per la città si aggiravano signori sgargiantemente vestiti, in tunica e con fibbie d'oro sulle scarpe, incrostate da, a maggiore sfarzo, di autentici diamanti mentre le dame erano adorne, dal capo ai piedi, di gioielli, vestite di seta, merletti e velluti.
Se queste erano innocenti mode, ben più pericolosa e cruenta fu l'altra, anche se seguita in ossequio ai tempi ed ai nuovi dominanti, dei duelli.Nella Napoli spagnola si esasperò la triste usanza, diffusa in tutte le grandi città d’Europa, di provocarsi a vicenda e porre mano alle armi per qualsiasi piccola divergenza e la smania di duellare divenne una piaga. Fu solo nel 1673 che 369 cavalieri napoletani firmarono una dichiarazione con la quale si obbligarono, con giuramento, ad abbandonare la stupida moda che, finalmente, fu ripudiata.Però, attraverso alti e bassi ed inevitabili contrasti, gli spagnoli andavano sempre più amalgamandosi con i napoletani che scherzavano sulle usanze spagnole, ma le assimilavano. In breve spagnoleria o napoletaneria, o spagnolismo e napoletanità, divennero sinonimi per gli Italiani. A Napoli, come in Spagna, si baciavano galantemente le mani alle donne, i napoletani, al pari degli spagnoli, avevano adottato la foggia delle grandi vanterie o delle bugie pittoresche.
Gli spagnoli insegnarono ai napoletani, in verità senza troppa fatica, le smancerie amorose, le musiche, i balli, l'amore per le feste. I Partenopei, inoltre, seguivano appassionatamente le compagnie girovaghe dei comici i quali, quando non si fermavano nelle case dei nobili o in qualche teatro, si esibivano nelle piazze.
L'usanza spagnola del “don” innanzi al nome che, nel resto dell'Italia, anche in quelle parti soggette alla corona di Spagna, non fu mai seguita, venne accolta in tutti i ceti della popolazione napoletana, specie nei più umili che, a distanza di secoli, ancora l'adoperano, sia pure come forma di rispetto e di benevolenza verso persone di età matura. E in Napoli tutti accettarono, con gioia, gli appellativi di “signore”, di “signora”, di “eccellenza” e di “reverendo. L’enfatico “bacio le mani” o “baciamo le mani a vossignoria” vide in quell’epoca i propri natali. Napoli si era adattata, e bene, agli spagnoli e gli spagnoli, inflessibili con altri popoli dominati, avevano compreso che con i napoletani era inutile la maniera forte.
Popolo e nobiltà si trovarono d'accordo nel respingere l'imposizione del Tribunale dell'Inquisizione spagnola che, infatti, in Napoli non venne mai ammesso.
 
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view post Posted on 31/8/2009, 09:51
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Pulcinella291 Forum

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SCRITTE SUI MURI DI NAPOLI
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Edited by Pulcinella291 - 20/1/2010, 03:30
 
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