Le stronzate di Pulcinella

RACCONTIAMO NAPOLI E I NAPOLETANI (usi,costumi,tradizioni di un popolo e di una citta')

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view post Posted on 3/9/2009, 07:12
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Pulcinella291 Forum

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'A CANTATA DE' PASTORI

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Si tratta di una rappresentazione teatrale antichissima , risale al 1698 fu scritta dal commediografo siciliano Andrea Perucci, con lo pseudonimo di dottor Casimiro Ruggiero Ugone . Nel corso degli anno è stata sempre piu' modificata per renderla piu' accessibile ad un pubblico popolare con l'aggiunta di altri personaggi come Sarchiapone, barbiere napoletano emigrato in Galilea per sfuggire alla giusta punizione inflittagli per aver commesso, in quel di Napoli, un efferato omicidioTra i protagonisti della sacra rappresentazione viene inserito Razzullo, uno scrivano inviato in Palestina per il censimento, un personaggio comico di popolano perennemente affamato. L'opera, la cui vicenda ricca d'intrecci si avvale di un susseguirsi di colpi di scena, si compone di un prologo e tre atti, con nove personaggi, quattro diavoli ed un coro di angeli.
I personaggi sono: Maria Vergine, Giuseppe suo sposo, l'Arcangelo Gabriele ed il suo rivale , il diavolo Belfagor, un pastore di nome Armenzio, ed i suoi figlioli Cidonio e Benino, un gentile pescatore di nome Ruscelio ,il vagabondo napoletano Razzullo ed il barbiere Sarchiapone, tema del lavoro: La natività. Per questo motivo ancora oggi questo lavoro viene rappresentato nel periodo natalizio.La trama narra il viaggio di Maria e Giuseppe verso Betlemme e delle insidie che i Diavoli frappongono loro per impedire la nascita di Gesù. I Diavoli saranno infine sconfitti ad opera degli Angeli e, al termine, vi sarà l’adorazione dei vari e classici personaggi del presepe: pastori, cacciatori e pescatori.

COME PUO' ESSERE IL VINO PER I NAPOLETANI
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Per anni a Napoli si è bevuto solo il Gragnano , poi con il passar del tempo , altri vini hanno fatto la loro apparizione .Ecco come i napoletani sono soliti definire il vino a seconda della qualita':
abbuccato-amabile
affustato-che sa di fusto
a ddoje recchie-acquoso debole
a n'a recchia-gagliardo
asciutto e vocca-asciutto
ca frie-frizzante
'e liento-che sa di muffa
tuosto-secco,severo
mezzano-di bassa gradazione
cristiano-di bassa gradazione ma genuino
vattiato-annacquato
sferrazzuolo-leggero ma piacevole

Edited by Pulcinella291 - 25/1/2010, 03:52
 
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view post Posted on 21/9/2009, 11:15
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SAN GENNA' FUTTETENNE

In tutto il mondo è oramai nota la venerazione che i napoletani hanno per il loro santo protettore, ma, forse ,non tutti sanno che durante il Concilio Vaticano II la venerazione di S.Gennaro fu limitata in ambito locale: in pratica fu declassificato come Santo di serie "B". Ma la devozione dei napoletani fu, ed e', tale che pochi giorni dopo sui muri della citta' fu scritto: "San Genna', futtetenne!"
Per i non napoletani futtetenne significa : fregatene. In altre parole il popolo ha ancora una volta voluto dimostrare il suo attaccamento al santo quasi volessero dire "che te ne fotte , tanto te vulimme bene nuie"è la più immediata e importante prova di questo amore per “Faccia Gialla”, il nome con cui i partenopei chiamano il Santo dovuto alla sua statua più famosa in argento dorato.

O ZI PEPPO
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Ancora oggi a Napoli per indicare l'orinale o il vaso da notte si dice "o zi peppo".
Ma come è nato questo nome. Si dice che Questo tipo di accessorio primeggiava alla corte di Maria Teresa d’Austria, ed era piu' che un orinale una vera e propria opera d'arte.Giuseppe,bravo e costumato gentiluomo, venne a Napolia far visita alla sorella Maria Carolina, che aveva sposato il re Ferdinando IV,portando in dono detto suppellettile. Re Ferdinando accolse entusiasta il dono del cognato Giuseppe, diventato poi in seguito, l’imperatore Giuseppe d’Asburgo e Lorena, che gli affibbio’ il nomignolo di “zi’ seguito da Peppo che era il diminutivo di Giuseppe. Il re di Napoli colloco' l'arnese nel suo appartamento privato , e si racconta che non era raro il caso in cui ricevesse o ascoltasse ambasciatori e diplomatici, stando comodamente seduto sul “Zi Peppo”.

Edited by Pulcinella291 - 21/9/2009, 08:23
 
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ANTICHE USANZA PREMATRIMONIALI
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'o Dio riventasse n'auciello
E chi chiu felice e me ci sarria
Vurrei sagli frasche e fraschiuscelle
Fino a te, a finestra giungiarria
Me vurrei mette a fa nu canto bello
Dicenno, dormi dormi ninna mia
Ca ti svegli cu na grazia bella
Vien'a dorme cu me in cumpagnia"
Oppure
"Quanno esce lu sole la matina
Fatte rimirare il tuo bel viso
Arriva miezz'all'aria e resta appiso
Per rimirar il tuo bel viso
Meiz'a lu petto tuo nce la rosa
Dove sorgerà quà è lu paradiso
Bella che dorme e riposa, tu rici,
che soave è il tuo bel viso."

Questa è una specie di serenata che si cantava alla ragazza di cui si era innamorato.
Se il giovane piaceva alla ragazza accendeva na candela e l'invitava a casa. Altrimenti cacciava nu fucile e il ragazzo se ne andava.
Se c'era la candela, dopo 15 giorni andava il genitore e si faceva il fidanzamento ufficiale.


I FUJENTI

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I fujenti (o anche battenti) sono un gruppo di persone devote alla Vergine dell'Arco venerata nel santuario a Lei dedicato, cioè il santuario della Madonna dell'Arco nel comune di Sant'Anastasia (Italia). Ogni anno, nella giornata di Pasquetta, il lunedì in albis, una moltitudine di gente proveniente in massima parte da altre località campane, percorre le strade che conducono al santuario; essi sono appunto i fujenti (letteralmente coloro che vanno, italianizzazione del napoletano) devoti alla Vergine per le "Grazie" che Ella ha elargito loro o ai propri cari. fujenti sono caratteristici oltre che nel vestire completamente di bianco con una fascia trasversale azzurra, anche perché in molti casi per spirito di sacrificio camminano a piedi nudi e in alcuni casi, nelle immediate vicinanze dell'edicola votiva della Madonna, proseguono in ginocchio o carponi (anche se tali pratiche stanno venendo meno col tempo). In molti casi la vista della Vergine dell'Arco provoca stati di forte emotività che non di rado sfociano in pianti ed urla. Per tale motivo il comune di Sant'Anastasia ogni anno stabilisce oltre un presidio di vigili urbani, anche uno della Croce Rossa Italiana. Nonostante questi aspetti di forte impatto emotivo, la Pasquetta dei fujenti, questo fiume di gente vestita di bianco che innalza al cielo gli stendardi raffiguranti l'effigie della Vergine, è tra le feste religiose più suggestive del sud Italia.

Estratto da "http://it.wikipedia.org/wiki/Fujenti"
 
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view post Posted on 6/10/2009, 07:34
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IL PRESTITO

A Napoli si usa dire che non bisogna mai prestare niente, poichè la cosa ti si ritorcera' contro. Questa cosa si pensa possa derivare dal fatto che I Borboni reggenti di Napoli persero i territori ed il trono a causa di un ingente prestito elargito alla casa reale inglese che invece di restituire quanto ricevuto dai Borboni, pensò bene di ideare l'Unità d'Italia tramite casa Savoia.-

IL CALZOLAIO
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La lingua italiana definisce "Calzolaio" quell'artigiano che ripara le calzature.- Con questo termine si identifica tutta la categoria.- A Napoli vi è qualche diversità: Il termine Calzolaio viene usato principalmente dai signori (molto tempo fa) residenti al Vomero, zona alta della città di Napoli, sotto la collina dei Camaldoli.- Se però vi spostate in Napoli centro ovvero nella zona compresa tra i Quartieri Spagnoli ed il Porto ed in senso longitudinale, tra Porta Capuana e la collina di Posillipo, allora dovrete fare attenzione al vocabolo da usare.- Il tutto dipende da che riparazione vi serve; esempio, se dovete riportare la suola ad una o entrambe le scarpe, allora vi dovrete rivolgere al Solachianiello .- Costui è l'artigiano specializzato nella riparazione di suole e tacchi, ma ignora completamente qualsiasi altro intervento manutentivo alle vostre calzature e non ve le lustra neanche.-

Un secondo termine è "Scarparo".- Questo classifica lo stesso artigiano il quale pensa che è in grado di effettuare qualsiasi intervento di riparazione; al contrario, è un improvvisato per cui , se affidate le vostre calzature ad un simile artigiano, correte il rischio di non poterle più usare.- E' anche usato come termine dispregiativo nei confronti di coloro che operano in altri settori con molta approssimazione.- Questo termine è comunemente adottato per qualificare un Medico in cui riporre poca fisucia se ci tenete alla salute.-
Vi è poi 'O Carzularo che qualifica colui il quale è anche in grado di fornirvi un comodo paio di scarpe su misura e del tipo a voi più consono.- Di costui vi potete fidare.-
(da quello che di napoli NON SAI E CHE DOVRESTI SAPERE)

IL MATRIMONIO DI UNA VOLTA
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A Napoli per un'antica tradizione di maggio non ci si sposa , forse per una vecchia usanza romana per la quale maggio era un mese nefasto e l'uso si è prolungato in clima cristiano, assumendo un nuovo motivo: il mese dedicato alla Vergine Maria.Il popolo evita di sposarsi anche in novembre "mese dei morti", la scelta della data è anche in rapporto alle differenti condizioni sociali ed economiche.La mattina delle nozze hanno luogo, nella casa della sposa, una serie di forme rituali che devono significare il distacco dalla casa paterna: ricordiamo il pianto della sposa per dimostrare il dolore di staccarsi dalla sua famiglia e dalla casa. E la benedizione data dal padre o dalla madre, con relativi consigli per la vita matrimoniale.
Arrivato lo sposo con i parenti ed invitati, si forma il corteo che si dirige alla chiesa; all'andata la sposa dà il braccio al padre e lo sposo alla madre, seguono le coppie d'onore, i parenti, gli invitati.
Al ritorno il corteo è aperto dalla coppia.
Ad un certo punto del percorso, la strada viene sbarrata da due fanciulli che tendono un nastro e la sposa per aprirsi la strada offre confetti e monete, come augurio di prosperità.(Non era raro vedere ai piedi degli sposi una moltitudine di bambini intenti a raccogliere i soldi e i confetti.)
Anche dal modo d'infilare l'anello, l'usanza trae pronostici: se lo sposo oltrepassa la seconda falange, vuol dire che sarà un marito prepotente; se invece si ferma prima, allora sarà la donna a comandare in casa.
Secondo il rituale gli sposi restavano in casa 8 giorni a ricevere le visite, dopo gli 8 giorni uscivano per andare in chiesa(gli otto giorni della Zita)





Edited by Pulcinella291 - 6/10/2009, 03:11
 
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O QUATT'E MAGGIO
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Nella nostra citta' il quattro maggio è sinonimo di traslochi in quanto gli stessi avvenivano tutti in questo giorno.
In realtà prima ancora era uso fra i meridionali compiere tale operazione il 10 di agosto, a mano a mano, però per le proteste dei facchini che dovevano sobbarcarsi il gravoso compito dei traslochi, costretti a lavorare con il gran caldo agostano la consuetudine venne meno e i traslochi, a seguito di una prammatica emessa nel 1587 dal viceré Juan de Zunica conte di Morales furono spostati al 1° di maggio festività dei santi Filippo e Giacomo , ma i napoletani, devoti dei due santi e soprattutto legati ad una tradizionale festa con processione , legata alla festività dei cennati santi non accettarono di traslocare in detta data e cominciarono a traslocare a loro piacimento , fino a che nel 1611 un nuovo viceré Pedro Fernandez de Castro conte di Lemos stabili' definitivamente che traslochi e sfratti si tenessero ai quattro di maggio giorno dal quale decorreva altresì il pagamento del canone mensile di locazione detto in napoletano mesata o più esattamente 'o pesone. Oggi per indicare che un amore è quasi finito si suole dire:" me stai priparanno o quatte e maggio??"

FESTE FARINA E FORCA
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Era il detto di Ferdinando II di Borbone, secondo il quale per governare un popolo come quello napoletano ci volevano tre cose: feste , farina e la forca. Il popolo, secondo il re , stava tranquillo e non organizzava ribellioni, solo quando era in allegria (le feste) , quando riusciva a mangiare (la farina) e quando aveva terrore di essere punito(la forca)
 
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CREDENZE NAPOLETANE: 'o LUPO MANNARO
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Nel napoletano ed in particolare nel mondo contadino magia e credenze popolari avevano notevole presa e influenzavano la vita quotidiana. Si credeva per esempio al lupo mannaro ("janaro"). Si diceva che i nati la notte di Natale al tocco delle campane divenissero "janari", e che nelle notti d'inverno uscivano di casa a mezzanotte e andavano in giro ululando e con la bava che usciva dalla bocca; nel loro peregrinare si rotolavano per terra ed azzannavano quanti incontrassero. Il lupo mannaro ritornava ad essere uomo normale alle prime luci dell'alba oppure se fosse stato punto e dalla ferita fossero uscite almeno tre gocce di sangue. Si credeva anche che se per caso, nella condizione di lupo mannaro, avesse bussato alla porta della sua casa nessuno doveva aprire prima che egli avesse fatto sentire la sua voce in quanto ciò era il segno che era cessata la condizione di lupo mannaro. Si diceva che il lupo mannaro non poteva salire più di tre scalini e perciò una valida difesa era salire una scala con molti scalini. Vi posso dire che mia madre è nata la notte del 25 dicembre e non mai stata lupa mannara.

Le BEVUTE INTA ' CANTINA
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Si sa che un tempo gli svaghi erano davvero pochi, ma la bevuta in cantina in compagnia di amici rappresentava per molti una vera occasione di divertimento. Si portavano da casa del formaggio e del pane in modo che si potesse sostenere un'abbondante bevuta e sio facevano delle lunghe giocate di carte.che avevano come appendice il gioco del "patrone e sotto": Si determinava il padrone e sotto sempre con le carte tramite il maggiore punteggio che aveva il nome di "primera e fruscio". Il padrone comanda, e con l'assenso del "sotto" ripartisce le bevute tra i giocatori. E' uso, nella distribuzione, fare in modo che uno dei giocatori non beva mai; si dice "portare ad urmo", ed è il modo di punire in modo scherzoso un amico schizzinoso.

O PADRONE E O SOTTO
Padrone e sotto è un gioco di carte e di bevute di vino o altro.E' un gioco molto diffuso nl napoletano ma anche in altre localita' dell'Italia Merodionale.
Esistono molte varianti di questo gioco ma la piu' frequente è quella in cui si usano le 4 figure, nel caso delle carte napoletane il Re (il padrone) corrisponde a colui che propone le persone a cui far bere, il Cavallo (il sotto) ha il potere di spostare il bicchiere qualora il re non lo proponga a se stesso, la Donna invece è la persona che bussando sul tavolo può bere a prescindere da cosa hanno deciso i possessori delle figure precedenti e l’asso che può bussare solo alla donna e può bere il vino.
 
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'O CONTRANOMME (il soprannome)

Non solo nei piccoli paesi ma anche in molti quartieri di Napoli si usava e in molti casi si usa ancora ,mettere un soprannome alle persone, spesso per distinguerli dagli omonimi ,ma molto piu' spesso il nomignolo si appioppa per sottolineare una caratteristica del personaggio . Non rappresenta una offesa ,perchè sono dati con affetto , e in molti casi il soprannome viene ereditato anche dai figli.Ecco allora che :
il grassone diventa ''o chiatto"
il basso:'o curt
l'alto: 'a perteca
quello scuro di pelle :o turco
il biondo :o tedesco
quello a cui piace vestire in modo eccentrico: 'o gaga'
quello con una testa grande:'o capaglione
il ladro di auto:'o cricc
chi non vuole lavorare :o dibbusciato
il litigioso:o capa scarfato
una ragazza in carne:'a ciaciona
quello magro:o pelle e ossa
chi sta a capo di qualcosa:'o masto
l'uomo canuto;'o capajanca
quello che pretende di sapere tutto:'o strologo
gli africani: 'e niri
gli asiatici a prescindere dalla nazionalita' :'e cinese
l'abbronzato :'o sarracino
quello che parla sempre :'o pagliette (dispregiativo di avvocato)
l'uomo o la donna brutta :'a scigna
Potrei stare qui una giornata intera l'elenco sarebbe lunghissimo, basti sapere pero' che il soprannome a Napoli diventa è un fattore importantissimo , uno di quei fattori che ne fondano l’identità, la coesione. Se chiami una persona con il suo soprannome vuol dire che appartieni a quel mondo, se lo chiami per nome e cognome vuol dire che sei un “esterno".

Edited by Pulcinella291 - 4/11/2009, 07:12
 
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O F R A N F E L L I C C A R O

E' un personaggio oramai scomparso. O franfelliccaro a Napoli vendeva e franfellicche, cioè dei pezzetti di zucchero e miele che spesso venivano attaccati ad un bastoncino e colorati .Li potremmo chiamare bastoncini di zucchero caramellato. Di solito o franfelliccaro preparava la merce nella sua abitazione , ma non era raro trovare chi confezionava i frefellicchi in strada. Appena arrivato, egli sistemava, affianco al (suo tipico) carrettino, un fornello a carbone e vi attizzava il fuoco; quando constatava che era abbastanza forte, vi poggiava sopra una pentola nella quale aveva già versato un’abbondante quantità di zucchero cristallino che lentamente, ad iniziare dal fondo, cominciava a sciogliersi fino ad arrivare alla liquefazione completa “. Poi iniziava "a dare la voce" per attrarre i compratori:"Guaglio’, accàttate ‘o franfellicco, Tuosto, tuo’, ‘o franfellicco! Cinche culure e cinche sapure pe’ ‘nu sordo!


 
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SANT'ANIELLO-image VECCHIA TRADIZIONE

Sant’Aniello era venerato particolarmente dalle donne incinte (pensate a quanti portano il nome di
Aniello soprattutto a Bagnoli) che in questa giornata, in suo onore, dovevano sentire messa e
rinunziare a qualsiasi faccenda di casa. Il divieto era rigoroso (Santa Lucia, che il popolo riteneva
sorella di Sant’Aniello, le avvertiva: “R’ me nun avita avé paura, ma r’ fràtumu sì!” Di me non
abbiate paura, ma di mio fratello, eccome!). Sant’Aniello era infatti ritenuto un Santo assai
suscettibile e vendicativo: la donna gravida che non lo onorava dovutamente avrebbe potuto
partorire un figlio cu lu scartiello (con la gobba) oppure surde (sordomuto) o cicàte (privo della
vista). Da oggi, quattordici, prendevano inizio le calende (re calènne), cioè i dodici giorni prima di
Natale e gli altri dodici dopo Natale, in base al tempo dei quali era possibile pronosticare il tempo di
tutti i mesi dell’anno successivo. Ancora oggi in alcuni paesi del napoletano i mariti che hanno moglie incinte nel giorno di Sant'Aniello non lavorano.
Vi sono due proverbi campani tuttora in uso riguardanti Sant'Aniello: 'A Sant'Aniello nun tucca' ne forbice 'e ne curtiello e A Santa Lucia nu passe 'e gallina, a Sant'Aniello nu passe 'e pecuriello. Il primo si riferisce ad un'usanza della zona secondo cui le donne incinte non debbono adoperare coltelli o forbici, perché il nascituro potrebbe nascere mutilato di un arto. Il secondo è riferito alla durata del tempo, secondo la tradizione il giorno 13 dicembre (si festeggia Santa Lucia) la giornata si allunga di un po', come un passo di gallina, il giorno successivo (si festeggia Sant'Aniello) il giorno avanza ancora di più, come un passo di pecora



'A CANZONE DO CAPUDANNO
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La bona sera e buon principio d'anno
a tutte sti signure in compagnia!
Simmo venute e turnammo ogne anno
per farve chill'aurio che sapimmo.


Spilateve li rrecchie, apritece lu cure,
la casa, la dispensa e la cantina,
ca cheste so' ghiurnate de cuntiente:
se magna e beve e nun se penza a niente.


Aprimmo l'anno nuovo
co tric-trac e botte
passammo chesta notte
in allegria.


Nascette lu Messia
avenne puveriello,
nu voje e n'aseniello
pe vrasera.


Da tanno a sta manera
passato s'è stu juorno,
pe ffà dispietto e scuorno
a Farfariello.


Ca chillo mariunciello
nce avea tutte aggranfate
nè ce avarrìa lassate
e nce arrosteva.


Si ntiempo nun veneva
da Cielo lu Guaglione,
ca p'essere sguazzone
nce priggiaje.


E tutte da li guaie
vulette liberarce,
patenno e co lassarce
purzì lu piello.


Ma nuie che scurdarielle
nun simmo e manco ngrate,
passammo sti ghiurnate
a fa' sciacquitto.


E lu sentire schitto
turnà' lu zampugnaro
nce mette 'allummacare
alleramente.


Nce fà venire a mente
la luminosa stella,
la bella grotticella
e li pasture.


Che gruosse e criature
dall'angelo avvisate
currevano priàte
a la capanna.


E chi lle porta o manna
co ceste e co panare,
e chi lo va 'adurare
a faccia nterra.


E da luntana terra
pe ffino li tre magge
cu traine e carriagge
se partettero.


Ch'appena che vedettero
lu cielo alluminato,
dicettero era nato
lu Messia.


E con gran cortesia
vediste aggenucchione
de nanze a nu guaglione
tre regnante.


Arode, re birbante
trasette già mpaura
ca chella criatura
lo spriorava.


E pecchè se tremmava,
chell'arma mtraverzata
fà fà' chella salata
de guagliune.


Che, simmele a picciune,
li ffacette scannare,
pe farece ncappare
a lu bammino.


Chiù nfame, chiù assassine,
n'avite visto maie?!
E nterra nun chiavaje
tanno per tanno.


Ma le restaie lu nganno
nè ne caccia niente
cu tutte li nuziente
ch'accedette.


Chè la Madonna avette
da Cielo lu cunziglio
de ne fuì' lu figlio
tanno, tanno.


Sti ccose già se sanno,
ma quanno è chistu juorno
nce arrollano chiù attuorno
a la memoria.


E sia ditto pe gloria,
nce portano allegrezza,
tanto che nc'è priezza
p'ogne parte.


E sulo all'addonare
ch'asciute so' lo ppigne
te preje a chillu signe
de Natale.


Vi' mo p'ogne locale
pe ppuoste e pe puntune,
li rrobbe so' a muntune
apparicchiate.


A festa so' aparate
purzì fora li vie
poteche, speziàrie
e bancarelle.


E nne vide spurtelle,
panare, votte e ceste,
e scatole e caneste,
e gran spurtune!


D'anguille e capitune
e pisce d'ogne sciorte
ne vide grosse sporte
a centenare.


Tutta sta rrobba pare
putesse abbastà' n'anno
e pure tanno, tanno
scomparisce.


La gente trase e esce,
e corre e va e vene,
e spenne quanto tene
pe la canna.


Nè truove chi nun manna
n'aurio o nu rialo:
sarrà malo Natalo
nun mannà' niente.


Lu strazio de' nuziente
se fà cu li capune,
che sogno a miliune
scapezzate.


Neh! vuie quanno truvate
chiù festa e chiù allegria?
ma la pezzenteria
nun canuscimmo.


E nuie perzò venimmo
co festa cante e suone
a purtà' lu buono
principio d'anno.


Priesto ca feneranno
li guaie e li turmeinte,
nè mmaie cchiù lamiente
sentarrate.


Spero che vedarrate
spuntà' pe vvuie na stella
lucente comm'a chella
e auriosa.


Spero ch'assaie sfarzosa
la sciorte addeventasse,
e che ve contentasse
a tutte quante.


Si si' niuziante
sempre puozz'aunnare
comm'aònna lu mare
ntutte ll'ore.


Si po' si' vennetore
e tiene magazzino
Se pozza ògne carrino
fà' ducato.


Si po', si' n'avvucato,
te dico sulamente
che puozze avè' cliente
cape tuoste.


Pecchè l'abbusco vuosto
nce stà d'ogne manèra:
o perde, o va ngalera,
o fà denare!


Puozze, si si' nutare,
fà' poche testamiente,
capitule e strumiente
nzine fine.


Si' nu ngegnere fine?
Truvasse ricche pazze
per fravecà' palazze
e turriune.


O meglio a la commune
aggranfete cull'ogne,
ca llà sempe se mogne
e se va nchino.


Si' n'ommo traffechino
e vuo' cagnare stato?
rijesce deputato
o conzigliere.


Tanno si' cavaliere?
Si lu guverno appruove
ll'anema de li chiuove
venarranno.


Si prevete? Te manno
ll'aurio ca dimane
si' fatto parrucchiano
o monsignore.


Si si' faticatore,
salute, forza e accunte!
Accossì tu la spunte
e può campare.


Però aje da scanzare
lu juoco e la cantina
o ncuorpo la matina
niente trase.


Si si' patrone 'e case
te scanza lu Signore
de male pavature comm'a nnuie.


Che ntiempo se ne fuie
li tterze si nun pava
e se porta la chiava
d'altrittante.


Si po' si navigante
nn'avisse maie tempeste
fà' li viagge leste
e ricche ancora.


Si' miedeco? bonora
me', mbruoglie nveretate!
Va', puozze ogne malate
fà' guarire.


Sti bobbe, pozzo dire,
si si' nu speziale
sanasse ogne male
ogne dulore.


Si po' si' ghiucatore,
venga la carta mpoppa
nè puozze maie fà' toppa
a zecchinetto.


Si essere prutetto
da la fortuna vuoje
cerca 'e fà' quanto puoje
d'essere ciuccio.


Si' quacche mpiegatuccio?
Puozze piglià' nu terno
si no starraje n'eterno
ndebetato!


Nzomma, nqualunque stato
avisse li rrecchizze
e chelle contentizze
c'addesirie.


E chi tene mmiria
che pozza fà' na botta
o lle scennesse sotta
nu contrappiso.


Troppo nce avite ntiso,
e ve site stufate,
e nuie simmo stracquate
e sete avimmo.


Daccò nun ce muvimmo
la faccia è troppa tosta,
simmop venute apposta
e ll'aspettammo.


Neh! Ch'addesiderammo?
Castagne, fiche e nuce,
e autre cose duce,
e susamielle.


Duie o tre canestrielle
abbastano a sta panza:
sapimmo la crianza
e simmo poche.


Primma de chessa lloche
nce apriete la dispensa:
simmo de confidenza,
pigliammo tutto!


O provole, o presutto,
n'arrusto o nu castrato,
o friddo o sia scarfato
nu capone.


Nuie, l'obbricazione
sapimmo esattamente,
nè ce restammo niente
pe farve annore.


Ca site nu signore
sfarzuso e corazzone,
e ntutte l'occasione nun scumparite.


Piacere anze n'avite,
si v'immo scommorato,
e nce addesiderate
l'anno che vene.


Tanno trovà' cchiù bene
sperammo e cchiù allegria
e na speziarìa
'e cose doce.


Nce resta anze la voce
pe ve cercà' licenza
dann' a sta bona udienza la bona notte:


E bona notte,
Buon capodanno a tutte,
e bona notte!

Edited by Pulcinella291 - 20/11/2009, 09:36
 
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view post Posted on 25/11/2009, 12:40
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HANNO DETTO DI NAPOLI




A mio parere, Napoli è l'unica città d'Italia che rappresenta veramente la sua capitale. (Charles de Brosses)

Assai prima della costruzione del Regno d'Italia, Napoli era stata, per lunghi secoli, la capitale maggiore tra gli stati in cui l'Italia era divisa, ed una delle più grandi città d'Europa. (Andrea Geremicca)

I napoletani] Cavano l'arte dal sole. (Camillo Boito)

Che cosa sperate di trovare a Londra, a Parigi, a Vienna? Vi troverete Napoli. È il destino dell'Europa di diventare Napoli. (Curzio Malaparte)

Com'è importante stare a due, maschio e femmina, per questa città. Chi sta solo è meno di uno. (Erri De Luca)

Colpito dalla prima apparizione di Napoli. Grandi folle, strade belle, edifici alti. (Herman Melville)

E Napoli è cambiata moltissimo dopo la speculazione edilizia: è stato allora che sono arrivate le periferie inabitabili, è stato allora che è nata la «corona di spine», così viene chiamata a Napoli la periferia, «corona di spine». Ed è allora che, come scrivevo in L'occhio di Napoli, se ti capita di sbagliare strada, vai a finire in periferia e puoi arrivare all'inferno. (Raffaele La Capria)

Già nello scorcio del Medio Evo, Napoli oltrepassava i 200 mila abitanti, quando Milano non sorpassava che di poco i 50 mila e Torino ne contava 16 mila soltanto; quando Amburgo ne aveva meno di Torino e Londra meno di Milano. (Andrea Geremicca)

Gloria d'Italia e ancor del mondo lustro, madre di nobiltade e di abbondanza, benigna nella pace e dura in guerra. (Miguel de Cervantes)

Ho abitato a lungo in una città veramente eccezionale. Qui, [...] tutte le cose, il bene e il male, la salute e lo spasimo, la felicità più cantante e il dolore più lacerato, [...] tutte queste voci erano così saldamente strette, confuse, amalgate tra loro, che il forestiero che giungeva in questa città ne aveva [...] una impressione stranissima, come di una orchestra i cui istrumenti, composti di anime umane, non obbedissero più alla bacchetta intelligente del Maestro, ma si espremisero ciascuno per proprio conto suscitando effetti di meravigliosa confusione... (Anna Maria Ortese)

Il napoletano è convinto di vivere in un mondo ostile, sul quale non è in grado di esercitare alcun controllo... I rapporti tra gli uomini sono regolati da una concezione fatalistica, nella quale l'Autorità svolge lo stesso ruolo che ha il «destino» nel mondo naturale. (Percy Allum)

Il napoletano non chiede l'elemosina, ve la suggerisce. (Leo Longanesi)

In Europa ci sono due capitali: Parigi e Napoli. (attribuita a Stendhal)

Io so questo che i napoletani oggi sono una grande tribù che anziché vivere nel deserto o nella savana, come i Tuareg e i Beja, vive nel ventre di una grande città di mare. Questa tribù ha deciso – in quanto tale, senza rispondere delle proprie possibili mutazioni coatte – di estinguersi, rifiutando il nuovo potere, ossia quella che chiamiamo la storia o altrimenti la modernità. È un rifiuto sorto dal cuore della collettività contro cui non c'è niente da fare. Finché i veri napoletani ci saranno, ci saranno, quando non ci saranno più, saranno altri. I napoletani hanno deciso di estinguersi, restando fino all'ultimo napoletani, cioè irripetibili, irriducibili ed incorruttibili. (Pier Paolo Pasolini)

La vera malattia endemica a Napoli è la disoccupazione. (Francesco Compagna)

Napoletano, largo di bocca e stretto di mano. (vecchio detto popolare)

Napoli è l'unica città dove le persone ti salutano ancora con il "buongiorno" e non con un laconico "notte" o "giorno". (Christian De Sica)

Napoli è la capitale musicale d'Europa, che vale a dire, del mondo intero. (Charles de Brosses)

Napule è mille culure | Napule è mille paure | Napule è a voce d' 'e criature | che saglie chiano chianu | e tu saje ca nun si sulo. (Pino Daniele)

Napoli è rimasto per me un certo paese magico e misterioso dove le vicende del mondo non camminano ma galoppano, non s'ingranano ma s'accavallano, e dove il sole sfrutta in un giorno quello che nelle altre regioni tarda un mese a fiorire. (Ippolito Nievo)

Non potete capire Napoli, non capirete mai Napoli. (Curzio Malaparte)

Non sembrava di stampo veneziano, piuttosto della razza dei comici napoletani, mezzo ruffiani, mezzo commedianti, brutali e protervi, pericolosi e spassosi. (Thomas Mann)

Oggi mi son dato alla pazza gioia, dedicando tutto il mio tempo a queste incomparabili bellezze. Si ha un bel dire, raccontare, dipingere; ma esse sono al disopra di ogni descrizione. La spiaggia, il golfo, le insenature del mare, il Vesuvio, la città, i sobborghi, i castelli, le ville! Questa sera ci siamo recati alla Grotta di Posillipo, nel momento in cui il sole, passa con i suoi raggi alla parte opposta. Ho perdonato a tutti quelli che perdono la testa per questa città e mi sono ricordato con tenerezza di mio padre, che aveva conservato un'impressione incancellabile proprio degli oggetti da me visti oggi per la prima volta. (Johann Wolfgang Goethe)

Parto. Non dimenticherò né la via Toledo né tutti gli altri quartieri di Napoli; ai miei occhi è, senza nessun paragone, la città più bella dell'universo. (Stendhal)

Pe' Tuleto, p' 'a strada cchiù bella | d' 'a cchiù bella città ca se trova, | n'ata vita llà 'n miezo vulesse campà!...
'N Paraviso 'stu sciore 'e bellezza | llà sultanto 'o putite truvà! (Salvatore Baratta)

Per la sua bellezza e per la sua fecondità gli Dei si contendono il possesso della città. (Polibio)

Roma e Venezia si riuniranno all'Italia ma chissà se Napoli non sfuggirà all'Italia. Facile prender Napoli, difficile il conservarla. (Alessandro Dumas padre)

Santa Lucia è, sotto il profilo strettamente storico, il luogo da cui nacque la città di Napoli. (Vittorio Paliotti)

Togliete a Napoli il Vesuvio, e la voce incantata della sirena avrà perduto per voi le più dolci armonie. (Renato Fucini)

Vedi Napoli, e poi muori. (proverbio napoletano sulla bellezza della città)
Via Toledo, presso al tramonto, è una zona di sogno, un canale di felicità trascinante gli ori del crepuscolo, il carminio del cielo caldamente appoggiato sulle bionde verdure del Vomero. L'eleganze, gli amori passano e s'incrociano fra uno scintillamento infiammato di cristallerie e di sorrisi, lungo i marciapiedi. Correre mollemente assisi in questo gurgito allegro di vita meridionale è una gioia di cui porterò con me l'amoroso ricordo. (Ardengo Soffici)

 
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view post Posted on 26/11/2009, 11:21
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Pulcinella291 Forum

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LA SCIANTOSA
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Il termine sciantosa a Napoli derivo' dal termine francese chanteuse , cioè cantante. Le chanteuse in Francia si esibivano nei TABARIN , nei CABARET o nei CAFE' CHANTANTS , quindi giocoforza nei teatri napoletani molte cantanti francesizzarono il loro nome e spacciandosi per francesi intrattenevano con le loro movenze, i loro vestiti vaporosi e piumati, i gioielli la loro voce e con le loro grazie i clienti . Molte di queste cantanti furono la causa di amori folli, passioni travolgenti, tragedie, patrimoni in fumo. Era il tempo del perbenismo ipocrita e molti di esse venivano considerate delle mangiamariti e donne lussuriose. Ma oramai la Belle Epoque cominciò alla fine dell'Ottocento e invase anche Napoli. Si moltiplicarono i café-chantant, il più bello era il Salone Margherita. La romana Maria Campi aveva già inventato la "mossa", con largo fremito d'anca imitata da tutte le sciantose napoletane, che con un loro stile particolare fatto di un po' di volgarita' e un po' di signorilita' amaliavano gli spettatori con il loro movimento rotatorio compiuto soprattutto sui fianchi ben ritmato da tamburo e grancassa (la mossa).Accanto alle sciantose che ritennero opportuno ricorrere ad un nome esotico, ce ne furono altre, ed alcune famosissime, che si affidarono soltanto alla loro bravura, come Elvira Donnarumma, regina della canzone napoletana dichiarata la più grande interprete femminile di quest'ultima,Gilda Mignonette ed Amelia Faraone
 
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franciegiorgio
view post Posted on 26/11/2009, 12:43




AH LA CHANTOSA SI CHE LA CAPISCOOOOOOOO WOWWWWW
 
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elsa79
view post Posted on 4/12/2009, 10:05




Ogni domenica mattina è consuetudine fermarsi a chiacchierare, al corso Diaz di Mercato S. Severino, delle prossime elezioni comunali e puntualmente spuntano fuori “proverbi napoletani” per l’occasione; non potevo farmi scappare una rara e simile occasione per appuntarmi i più divertenti:
1) ‘O parlà è meglio ‘do fottere (Il parlare è più facile del fare)
2) Quann’ ‘o riavele t’accarezza vo’ ll’anema ( Quando il diavolo ti accarezza vuole la tua anima)
3) Quann’ ‘o perucchio saglie ‘ngloria, perde ‘a scienza e ‘a memoria (Quando il pidocchio sale in gloria perde la scienza e la memoria)
4) ‘A meglia parola è chella ca nun se dice (La miglior parola è quella che non si dice)
5) A chi troppa s’acala, ‘o culo se vede (Chi troppo s’umilia, fa capire la sua mancanza di carattere)
6) ‘A capa ‘e sotta, fa perdere ‘a capa ‘e coppa (Il sesso fa perdere la ragione)
7) A dicere so tutte capace, ‘o difficile è a ffa’ (Fra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare)
8. ‘A monaca de Camaldoli diceva ca muscio nun le piaceva e tuosto lle faceva male (Persone incontentabili)
9) Si miette ‘a sciassa ‘o puorco, sempe ‘a coda ‘nce pare (Anche se vesti bene il maiale, si vedrà sempre la coda)
10) Chi chiagne fott’ ‘a chi rire (Chi piange inganna chi ride)
11) S’adda fa ‘o pireto pe quanto è gruosso ‘o culo (Si deve fare il peto, per quanto è grande il deretano, cioè non bisogna fare il passo più lungo della gamba)
12) Hai voglia ‘e mettere rum, chi nasce strunz nun pò addeventà babà (Chi nasce tondo, non può morire quadrato)
13) Quanno ‘a gatta nun pò arrivà ‘o llardo, dice ca’ fete (Così si giustifica chi non riesce a realizzare qualcosa)
14) Chi cagna ‘a via vecchia p’ ‘a nova sape chello ca lascia e no chello ca trova (Chi lascia la strada vecchia per la nuova, sa ciò che lascia ma non sa quello che trova).
 
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view post Posted on 14/12/2009, 19:06
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Pulcinella291 Forum

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I NAPOLETANI E IL RISO
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Lo portarono gli Spagnoli ma non fu mai accettato dai napoletani che lo chiamavano "SCIACQUAPANZA”, forse perchè i medici lo prescrivevano agli ammalati per la sua leggerezza. Preferivano i maccheroni perchè "rignevano a panza"o una focaccia di farina con un po' di pomodoro, che non si chiamava ancora pizza..Ebbe molta piu' fortuna al nord , ma poi fece ritorno a Napoli con l'avvento dei francesi. Per apparire più chic, i nobili napoletani di quel periodo, che vivevano nei palazzi del Centro Storico e di Monte di Dio, nella adiacenze di Palazzo Reale, parlavano francese, e mangiavano anche alla francese. I chuochi francesi seppero mescolare le due cose , aggiungendo al riso sapori napoletani come la salsa di pomodoro e legumi .
Dovettero escogitare un sistema di cucina che potesse in qualche modo piacere ai partenopei, da sempre abituati a piatti piu' pesanti e meno sofisticati.
Nacque cosi il sartu', oltre alla pummarola ci aggiunsero melanzane fritte, polpettine e piselli.

LA CUCINA NAPOLETANA
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La cucina napoletana ha antichissime radici storiche che risalgono al periodo greco-romano, e si è arricchita nei secoli con l'influsso delle differenti culture che si sono susseguite durante le varie dominazioni della città e del territorio circostante. Importantissimo è stato l'apporto della fantasia e creatività dei napoletani nella varietà di piatti e ricette oggi presenti nella cultura culinaria partenopea.
In quanto capitale del regno, la cucina di Napoli ha acquisito anche gran parte delle tradizioni culinarie dell'intera Campania, raggiungendo un giusto equilibrio tra piatti di terra (pasta, verdure, latticini) e piatti di mare (pesce, crostacei, molluschi).
seguito delle varie dominazioni, principalmente quella francese e quella spagnola, si è delineata la separazione tra una cucina aristocratica ed una popolare[2]. La prima, caratterizzata da piatti elaborati e di ispirazione internazionale, sostanziosi e preparati con ingredienti ricchi, come i timballi o il sartù di riso, mentre la seconda legata ad ingredienti della terra: cereali, legumi, verdure, come la popolarissima pasta e fagioli. A seguito delle rielaborazioni avvenute durante i secoli, e della contaminazione con la cultura culinaria più nobile, la cucina napoletana possiede ora una gamma vastissima di pietanze, tra le quali spesso anche quelle preparate con gli ingredienti più semplici risultano estremamente raffinate.
Nonostante le contaminazioni avvenute durante i secoli, compreso quello appena trascorso, la cucina napoletana conserva tutt'oggi un repertorio di piatti, ingredienti e preparazioni che ne caratterizzano una identità culturale inconfondibile
 
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view post Posted on 22/12/2009, 09:45
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Pulcinella291 Forum

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A FEMMENA NEI DETTI NAPOLETANI

‘A femmena ‘ncazzata è comm’ ‘o mare ‘ntempesta

E' a femmena che fa l'ommo

na bona mugliera fa nu buono marito

quanne a femmena vo' ciente nu ce po'

quanno a femmena s'aiza a vesta a famiglia va n'tempesta

pigliate paura de femmene e chiese

• ‘A femmena nun sape tenè tre cìcere ‘mmocca

• Chi a femmene crére ara ‘o mare e sémmena â rena

• Carte e femmene fanno chello ca vônno

• Doje femmene nu raggiunamento, tre nu mercato, quatto na fera

• L’ommo è fronna e ‘a femmena è colonna

• L’ommo è fuoco e ‘a femmena è stoppa

• Na femmena fa ‘a casa e n’ata ‘a scassa

Nun c’è sabbato senza sole, nun c’è femmena senz’ammore

• ‘O vino te fa guappo, ‘o barbiere te fa bello e ‘a femmina te fa fesso

• Quann’ ’a femmina s’acconcia ‘o quarto ‘e coppa vo’ affittà chill’ ‘e sotta

• S’appìccecano ‘e vajasse e se sbrogliano ‘e matasse

• Trova chiù ampressa ‘a femmina ‘a scusa ca ‘o sòrece ‘o pertuso

• ‘A femmena ‘e confessore ‘e notte

• ‘A femmena‘e l’ate è sempe chiù bella

• Femmina tricata bona ‘maretata

• Core e mamma nun te ‘nganna

• Dicevano ‘e mamma antiche: mazza zizze e carizze

• Là truove mamma e tata

• Na mamma è bona pe’ ciento, ciento figlie nun so’ buone pe’ na mamma

• Ogne scarafone è bello â mamma soja

• Chi bona razza vo’ fa’ cu’ ‘ a femmina adda accumincià

• Dimme a chi sì figlia e te dico a chi assumiglie

• ‘E figlie femmene anna crescere sott’ ‘a pettola d’ ‘a mamma

• ‘A sora d’ ‘a zoccola si nun è munacella è zucculella

• ‘A bella ‘e ciglia tutt ’ ‘a vônno ma nisciuno s ’ ‘a piglia

• ‘A femmina bella fa l’ommo contento

• Bella ‘e faccia, ‘a sotto nun ‘o saccio

•'A bella femmena nun manca 'nnammurato.

a femmena bella 'nchiàzza dint' a casa è sciàzza.

A ‘o munno quatto cose te fanno cunzulà: ‘a fenìmena, l’argiamma, lo suonno e lu magnà.

A prena s’abbruttisce e ‘a zitella se scemunisce.

A quattro cose non credere maje: cielo chiaro ‘e vierno, nuvolo d’està, lacreme ‘e femmene e carità ‘e muonece

Chi se mette appaura, nun se cocca cu ‘e femmene belle.

Chi se ‘mpaccia cu ‘e femmene, malanne semmena.

Cu femmene, cu’ judece e cu sbirre, nun te fidà maje.

De femmene oneste una ‘nce steva e addiventaje Madonna

Dio t’arrassa da una femmena ca parla latino.

E femmene ne sanno una cchiù d’ ‘o diavolo.

E femmene monache ‘e casa: ‘o diavolo jesce e trase

femmena ‘ncannaccata, marito ‘ncurniciato
VAI GIU' CI SONO ALTRE PAGINE

Edited by Pulcinella291 - 20/1/2010, 03:31
 
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