Le stronzate di Pulcinella

NON E' VERO MA CI CREDO (Superstizioni e credenze popolari )

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view post Posted on 31/12/2010, 10:00
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I NUMERI E I NOMI E COGNOMI(la magia dei numeri)
Con il sistema sotto elencato potrete scoprire il vostro numero magico.
Ad ogni numero è stato attribuita una lettera:

Numero 1 A - J - S
Numero 2 B - K -T
Numero 3 C - L - U
Numero 4 D - M - V
Numero 5 E - N - W
Numero 6 F - O - X
Numero 7 G - P - Y
Numero 8 H - Q - Z
Numero 9 I -R



Adesso da questa tabella si può trovare il NUMERO DEL DESTINO. Facciamo quindi un esempio:

ANTONIO ROSSI

1+5+2+6+5+9+6=34=3+4=7 9+6+1+1+9=26=2+6=8

7+8=15=1+5= 6 è il NUMERO DEL DESTINO

Adesso,

facciamo un esempio per trovare il tuo NUMERO PERSONALE, partendo dalla data di nascita:

ES: 18.03.1972

1+8=9

3=3

1+9+7+2=19 = 1+9=10=1

quindi 9+3+1=13= 1+3= 4 NUMERO PERSONALE

Ora che sappiamo sia il numero del destino, sia il numero personale, possiamo scoprire cosa ogni numero ci riserva e magari capire un po' meglio noi stessi e gli altri
Introducendo un ulteriore dato, importantissimo, per comprendere il destino e il futuro della persona presa in esame. La data di nascita.
Sara Costa è nata il 31/10/1968, quindi la data ridotta teosoficamente sarà: 3+1+1+1+9+6+8=29 (2+9)=11 (1+1)2.
Inoltre in numero di nascita sommato a quello della persona, ci dà l'arcano dell'individuo. che è la chiave per comprendere tutta la sua vita.


Sempre nel caso della Signora Sara Costa avremo: il numero della nascita 2, sommato a quello della persona 7, 2+7=9 ci dà l'arcano della vita che corrisponde alla V lama degli arcani maggiori dei Tarocchi.




NUMERI FORTUNATI E SFORTUNATI
Gli antichi avevano calcolato i numeri fortunati e quelli sfortunati.
Sottoelencati l'elenco dei numeri, che arrivano fino al numero 72.
Ovviamente quando si svuole studiare un numero che non è presente nell'elenco, bisogna sommare le cifre che lo costituiscono.
Immaginiamo di prendere in esame il numero 352, per addizione verrà (3+5+2), ridotto nel numero 10, quindi è 10 che bisogna studiare per comprendere il 352.


Elenco dei numeri fortunati:
1 - 3 - 4 -7 - 9 - 10 - 17 - 19 - 20 - 21 - 23 - 24 - 25 - 27 - 30 - 31 - 34 - 36 - 37 - 40 - 45 - 46 - 52 - 54 - 55 - 59 - 61 - 63 - 64 - 70 - 72
Elenco dei numeri sfortunati:
2 - 5 - 6 - 8 - 9 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 18 - 22 - 26 - 28 - 29 - 32 - 33 - 35 - 38 - 39 - 41 - 42 - 43 - 44 - 47 - 48 - 50 - 51 - 53 - 56 - 57 - 58 - 60 - 62 - 65 - 66 - 67 - 68 - 69 - 71




Oroscopo numerologico e vibrazioni numeriche
L'oroscopo numerologico è molto semplice da applicare, è sufficiente sapere un paio di dati per riuscire a conoscere degli aspetti caratteriali della persona che vogliamo studiare.
Vibrazioni numeriche: i numeri hanno un valore quantitativo che riveste particolari significati metafisici. Ogni lettera dell'alfabeto corrisponde ad un numero seconda il seguente schema:
A - J - S = 1, B - K - T = 2, C - L - U = 3, D - M - V = 4, E - N - W = 5, F - Q - X = 6, G - P - Y = 7, H - Q - Z = 8, I - R = 9.


Se facciamo un oroscopo numerologico a Sara Costa procederemo nel seguente modo:
Sara Costa (1, 1, 9, 1) (3, 6, 1, 2, 1). A questo punto dobbiamo sommare i valori numerici delle vocali, quindi: 1+1+6+1= 9. Ed ora sommiamo le consonanti, quindi: 1+9+3+1+7=16 cioè (1+6) = 7. Questo dal calcolo teosofico che abbiamo visto nei cicli del divenire.
Nell'oroscopo numerologico le vocali indicano i desideri, la spinta interiore e l'ambizione. Le consonanti indicano come il soggetto in questione è visto da chi gli è accanto.
Se sommiamo le vocali + le consonanti, nel nostro esempio 9+7=16 quindi (1+6)=7, avremo il modo di essere, di fare, le attitudini e debolezze della Signora Sara Costa.
 
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view post Posted on 4/1/2011, 09:31
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MALATTIE E SUPERSTIZIONI

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Spesse volte le stesse persone accompagnano la loro malattia alla preghiera per alleviare il dolore o per guarire, spesso, invece, si ricorre ad alchimie e vecchie credenze popolari.
Tra le malattie giovanili troviamo la cosiddetta “vermicara” che viene curata appendendo al collo dei giovani una collana fatta di spicchi d’aglio in modo che il giovane respira l’area odorosa di quest’ultimi ed i vermi muoiono, ma nel caso questo non funzioni, c’è sempre qualcuno che gli dice la “vermicara”.
Se il giovane ha gli orecchioni, questo viene segnato con una croce a mo’ di X con un pennarello o altro oggetto che scrive, come per esempio il carbone. Qualcuno, invece preme sulla pelle con il dorso del coltello formando una croce nel retro dell’orecchio in basso verso il collo, sia dietro all’uno che all’altro. In altri casi, si scrivono dei numeri sul retro dell’orecchio. Altri versano nell’orecchio poche gocce di latte di donna che da poca ha partorito un figlio maschio. C’è anche chi dice gli orecchioni con una formula precisa.
Se invece qualcuno ha la sciatica, allora deve correre da un esperto il quale dicendo più volte questa seguente formula farà scomparire la malattia:Tu sciatica che vai facenn ra ca? Aggia venut cà, vac truann ossa ‘mbracitate. Rà cca ossa ‘mbracitate nu ‘nge ne stann, ‘nge stann sul ossa battezzata, a nom è Dio e de Maria e d’a Santissima Trinità. Tu sciatca vattenn ra ccà”. Se ciò non accade, allora vi è un altro rimedio che è quello di preparare una crema che dovrà essere spalmata sulla parte dolorante mentre si recita una formula. La crema si fa nel seguente modo: versare in un piccolo recipiente di terracotta un decilitro di olio di oliva, e versarvi altrettante foglie verdi di olive sminuzzate, un quarto di acqua e alcuni lombrichi, far bollire il tutto per 15 minuti e formare una poltiglia a mo’ di crema. Ripetere per tre volte la seguente formula: “Sciatica, questa è carne battezzata. Foglie r’aulive, sangh mjo gentil, toglj chistu mal”.
Chi invece percepisce un forte mal di testa sicuramente è stato “pigliat aruocchio”, cioè gli è stato fatto un malocchio. Il malocchio è un influsso malefico che si attribuisce all’invidia o al pensiero maligno di alcune persone. Ci sono dei malocchi leggeri e alcuni pesanti. I leggeri si sciolgono con una semplice formula, i pesanti con una formula e con delle azioni.
Per alleviare del tutto il malocchio leggero è necessario ripetere delle formule delle quali alcune sono contro la persona invidiosa, mentre altre sono d’invocazione a Dio, facendosi la croce o delle croci sulla fronte del malcapitato e invocando i santi del luogo ed il Santo che porta il suo nome e pregandoli che intercedono presso Dio per far in modo che tutto passi. Questa è una delle formule più accettabili ma la meno usata. In poche parole è una preghiera spontanea con l’invocazione dello Spirito Santo. E’ da premettere che chi usa un tipo di formula, difficilmente ne usa una diversa. Cioè se una persona usa la formula della preghiera mai userà quella della magia.
Altre, le più comuni sono ad esempio le seguenti: si prende un po’ di brace su una paletta, poi si aggiunge un po’ d’incenso, si prende un ramo di palma benedetta e si fa a pezzettini e si aggiunge, si prende una ragnatela e si mette sopra a tutto ed infine si passa la paletta con tutti questi ingredienti sopra la testa dell’ammalato senza toccarla.
Altri ancora: si prende un coltello e si mette in testa al mal capitato e si recitano tre Padre Nostro e si buttano nel fuoco, così anche tre Ave Maria. In teoria si crede che il male, dopo aver detto le preghiere si ferma sul coltello e con un’azione rapida il coltello si avvicina al fuoco in modo che il male cade nel fuoco e si brucia, altrimenti se l’azione non è rapida il male si può attaccare ad altre persone.
Per sapere chi è l’autore del malocchio bisogna prendere un piatto d’acqua e versarvi dentro qualche goccia d’olio. In questo modo si riesce a capire chi è stato, se un maschio o una femmina.
Il malocchio si attacca alle persone belle o a quelle che hanno qualcosa da farsi invidiare, ma se portano un corno o un 13 non accade nulla. Dal malocchio ci si può difendere mettendo le forbici aperte sotto il letto.
Anche il fuoco acceso è un elemento avvisatore del malocchio. Se questo scoppietta vuol dire che qualcuno parla male di te e ti invidia e allora ci si deve sputare sopra per annullare il maleficio.


ERBE MEDICINALI (la fitoterapia)
Per erbe medicinali s’intendono quelle piante che possiedono proprietà terapeutiche.
L´uso delle piante come terapia per le varie malattie è antichissimo, probabilmente risale alla preistoria, periodo in cui l´uomo cibandosi di bacche e radici spontanee, sperimentò casualmente i loro effetti curativi o al contrario i loro effetti tossici.
Testimonianze dell´uso di specie vegetali a scopi terapeutici, sono presenti in numerose parti del mondo, ad esempio in Egitto, dove è stato ritrovato il papiro di Ebers, datato 1500 a.c. che presenta la descrizione d´alcuni medicamenti a base d´erbe.
Nell´antichità l´utilizzo delle piante era associata a riti magici o religiosi, infatti, spesso la loro raccolta, preparazione e somministrazione era riservata a varie figure rilevanti all´interno della comunità come streghe, maghi, anziani, sacerdoti, le cui conoscenze derivavano da una lunga tradizione orale.
L´associazione erbe medicinali - magia - religione, è provata dal fatto che alle piante erano conferite proprietà magico-religiose, ad esempio con il ramo corbezzolo, pianta sacra per i romani, le dee guarivano i bambini o allontanavano il malocchio, inoltre molte specie erano usate come ingredienti di varie pozioni magiche.
Frequente è anche l´unione con la mitologia, nelle leggende erano spesso presenti piante curative, mentre altre sono ricordate dai nomi delle stesse (es. nomi d´erbe che derivano da leggende mitologiche: il nome dell´Achillea deriva dall´uso che Achille ne faceva per la cura delle ferite).
Molte rimedi fitoterapici sono utilizzati ancora oggi secondo le indicazioni fornite dalla medicina popolare.
La prima classificazione scientifica di piante medicinali è stata fatta dal greco Ippocrate (460 a.c.), che ha descritto più di 200 specie vegetali; Dioscoride ne catalogò nel "De Materia medica" circa 600; Plinio il vecchio ne elencò mille; Galeno, medico e filosofo greco, ne descrisse un migliaio con le rispettive proprietà.
Nel Medioevo, queste conoscenze furono conservate per opera dei monaci, inoltre la Scuola Salernitana diede un notevole contributo con l´opera Flos medicinae (Fiore della medicina) scritta in latino.
Nel rinascimento grazie anche agli scambi con l´Oriente e all´importazione di nuove varietà, fino ad allora sconosciute in Europa, vi fu in notevole interesse per il settore erboristico, con particolare attenzione anche per le spezie e gli aromi da usare per la cura del corpo.
In seguito Paracelso (1493-1541) pose la sua attenzione sulla "dottrina delle segnature", secondo cui le caratteristiche morfologiche di un vegetale suggeriscono la malattia che è in grado di curare, ma fu anche il primo studioso che sostenne l´uso delle sostanze chimiche in terapia.
Dal settecento in poi, la sintesi di farmaci chimici portò gradualmente fino ai giorni nostri ad un minore interesse verso le erbe, usate soltanto per l´estrazione di principi attivi singoli o precursori per sintesi chimiche di farmaci.
Soltanto negli ultimi decenni, vi è stata una riscoperta della fitoterapia, sia per la cura che per la prevenzione di numerose malattie.
Il progresso della scienza, ha permesso lo sviluppo di nuove tecniche estrattive e di analisi che hanno permesso ai ricercatori di trasformare l´interesse per le piante terapeutiche, in una disciplina vera e propria, basata su evidenze scientifiche.
La fitoterapia moderna, che spesso prende spunto dalla tradizione popolare, ha come obiettivo l´utilizzo di piante, sicure, efficaci e con scarsi effetti collaterali attraverso una serie di studi sperimentali che ne individuano ed isolano i principali costituenti chimici, il loro effetto, meccanismo d´azione e tossicità.
Oggi, i prodotti fitoterapici oltre ad essere esenti da contaminanti (pesticidi, metalli pesanti, sostanze tossiche), devono avere concentrazioni di principi attivi costanti, in modo da garantirne l´efficacia.
Questo risultato può essere ottenuto attraverso un processo di standardizzazione del fitoterapico ed un rigoroso controllo di qualità durante tutto il processo produttivo, dalla coltivazione delle piante sino al confezionamento del prodotto finito.
La fitoterapia non deve essere considerata come una medicina priva di rischi, solo perchè di origine naturale, infatti, non tutto ciò che è naturale è innocuo.
Le piante medicinali presentano proprietà terapeutiche importanti, ma anche effetti collaterali, controindicazioni e interferenze con altre cure farmacologiche (un esempio è l´interazione del Ginkgo con anticoagulanti, che se somministrati insieme aumentano la fluidità del sangue con maggiore rischio di emorragie).
Per questo motivo è sempre consigliato consultarsi con il proprio medico, in modo da sfruttare al meglio le loro potenzialità, riducendo i pericoli per la salute.
In linea generale e salvo diversa indicazione medica, l´uso di piante curative è sconsigliato ai bambini piccoli sotto i due anni, alle donne in gravidanza o allattamento e vanno somministrate con precauzione ai soggetti allergici.



CREDENZE POPOLARI DELLA BERGAMASCA
In molte localita' della bergamasca vi è una credenza popolare che per anni ha accompagnato i racconti della gente:la caccia selvatica o cacciamorta.
In certe ore della notte si potevano sentire su per le montagne delle mute di cani che scorrazzavano, abbaiando rabbiosamente di qua e di là, come se stessero inseguendo la selvaggina. Nessuno li aveva mai visti, si potevano solo sentire i loro latrati, ma si assicura che chi si trovava a passare da quelle parti poteva anche imbattersi sul loro percorso e doveva scansarsi precipitosamente se non voleva essere travolto dalla furia famelica di quei segugi indiavolati. Per la verità sono stati in molti a credere che quei latrati non erano di cani ma di anime dannate di quei cacciatori del paese che per coltivare la loro passione trascuravano di andare a messa la domenica e così, dopo la morte, erano condannati a vagare su per i monti, dando vita a un'incessante quanto sterile caccia.
racconti sulla caccia selvatica erano abituali a Ornica, Valtorta, Cusio, Santa Brigida, ambientati sulle impervie pendici della Val d'Inferno o del Salmurano, ma non mancavano in altre località, ad esempio a Spino al Brembo, dove la tradizione descriveva i segugi guidati dal Demonio sui dossi della squallida altura della Mughera, alle prese con una cagna nera, orribile, con gli occhi fiammeggianti, in un contesto di urla infernali e strider di catene Con una leggera variante analoghi episodi venivano raccontati a San Pietro d'Orzio, dove la muta di cani, anziché correre per la montagna, girovagava qua e là per aria, riempiendola di impetuose folate e dei consueti latrati.

La pitocca di Olda di Val Taleggio

Nella Val Taleggio a Olda, c'era una vecchia chiamata la "pitocca". Girava nei paesi della val Taleggio a pitoccare casa per casa; era una brutta vecchia gobba, con 2 occhi di civetta, un naso a uncino dal qule colava sempre una goccia; coi capelli bianchi e tutti impegolati . Portava un cappello da uomo nero pieno di buchi, e si vedevano i pidocchi che vi si arrampicavano grossi. Portava un gilet di lana tutto rappreso e una gonna tutta a pezzi unta e bisunta. Camminava a piedi nudi e i piedi erano neri coi calcagni screpolati. Aveva sul braccio una borsa e in mano un bastone. I ragazzi, al vederla fuggivano spaventati e la gente quando la vedevano spuntare, chiudevano le porte perche' temevano che entrasse nelle case; mettevano sulla porta una fetta di polenta e un pezzo di stracchino e quando lei aveva raccolto la polenta e lo stracchino, i cani della contrada cominciavano ad abbaiare e la facevano scappare. Il povero padre racconta che un giorno la pitocca era arrivata a Sottochiesa ed era comparsa nella corte delle case.
Lui e i suoi fratelli bambini, stavano giocando; non appena l'hanno vista sono scappati dentro la casa per la paura; quando alla sera sono andati a letto, la paura era raddoppiata; dormivano al piano di sopra tutti i sei fratelli in uno stanzone; erano tre per paglione e mio padre era il piu' piccolo, lui aveva cinque anni e il piu' vecchio era mio zio Battista, che aveva tredici anni. Quando l'olio del lume fini' (a quel tempo non c'era la luce elettrica) uno dei fratelli comincio' a dire che c'era la pitocca; gli altri erano saltati fuori dal letto, hanno infilato la porta e giu' per la scala di legno un po' in piedi e un po' a rotoloni! Il nonno senti' che venivan giu' a salti; esce dalla porta con la cinghia delle braghe in mano; loro aveva indosso un camicino corto che arrivava al bottone della pancia e piu' niente davanti; e zacchette con la cinghia sul culetto nudo. Ma loro non son piu' saliti nello stanzone finche' il nonno non usci' a vedere se c'era la pitocca. Poi ando' di sopra a dormire con loro. Ma forse questa pitocca non era cattiva


Stregonerie d'amore

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Abbiamo gia' parlato di fatture e filtri magici per attirare l'amato/a, ora per chi ci crede parliamo dell' arte di conoscere le virtù medicinali delle piante che si passa di generazione in generazione: nel gergo della cultura non tribale dell'Amazzonia Peruviana il vegetalista è proprio lo sciamano esperto di piante, alberi, resine e dei loro poteri. Una pratica molto diffusa in Perù, specialmente nella zona amazzonica di Loreto, e generalmente ben accettata in tutti gli strati della società, è il Pusanga, rituale magico d'amore che fa cadere ai piedi dello spasimante l'agognato amato.



Edited by Pulcinella291 - 30/1/2012, 11:46
 
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CREDENZE PER CURARSI SENZA MEDICINALI



PER LA CARNAGIONE: fiori di rosmarino e vino bianco. Far bollire i fiori nel vino; usarlo per lavarsi il viso, bevuto rinfresca l'alito.

PER LE LABBRA: 30gr. mirra, 30gr litargirio (!!), 120gr miele, 60gr cera d'api,180gr olio di rose. Mescolare gli ingredienti a fuoco basso, lasciar raffreddare e applicare quando serve.

PER LE RUGHE:60gr succo di radici di giglio, 60gr miele, 30gr cera alba. Fondere la cera e incorporare gli altri ingredienti sbattendo. Applicare ogni notte.

PER ACNE : radici di cetriolo selvatico, radici di narciso, brandy forte. Far seccare all'ombra uguali quantità di radici, poi ridurle in polvere fine. Aggiungere il brandy, passare sul viso la lozione ottenuta fino a che comincerà a pizzicare; quindi lavare il viso con acqua fredda. Ripetere ogni giorno



Gli scongiuri siciliani

Secondo il popolo, esistono varie specie di "scongiuri": contro il malocchio, contro i vermi intestinali, contro il vomito e la diarrea, contro le malattie degli occhi, contro le malattie esantematiche dei bambini, contro l'emicrania, la sciatica e le altre malattie. Oltre agli scongiuri contro le malattie, vi sono quelli contro gli animali nocivi e le tempeste per non parlare degli scongiuri amorosi. Di quest'ultimi, vi è l'invocazione degli angeli, arcangeli, serafini e cherubini, che si riuniscono attorno alla fattucchiera per darle il loro aiuto.
C'è stata sempre nel popolo, la tendenza a credere nei poteri soprannaturali capaci di protezione e di difesa. Per esempio le immagini dei Paladini, venivano dipinte sulle sponde del proprio carretto, come ad averne protezione, a riceverne una difesa contro i malvagi e gli invidiosi. Palermo, per l'intelligenza e il particolare amore di Giuseppe Pitrè, vanta l'esistenza del Museo Etnografico Siciliano, il quale, grazie al lavoro costante di ricerca, conta oggi più di ventimila oggetti che altro non sono che la documentazione viva di tutto quanto il grande demopiscologo, scrisse nella Biblioteca delle Tradizioni Popolari Siciliane.
Uno scongiuro contro il malocchio, secondo le credenze popolane, è lo sputo, sopratutto se è triplice diventa una provvidenza. Onde cacciare il male, per esempio quando si andava a visitare un infermo si sputava tre volte, o quando c'era una donna in sopraparto, oppure quando si incontrava un gobbo, un fattucchiere o un prete. Addirittura certe madri, quando qualche dubbia donna baciava il loro bambino, sputava tre volte non appena questa fosse uscita di casa. Alcuni, portavano indosso, l'erva caccia diavuli, (la ruta), chi l'aglio e la cipolla, chi la coda o un po' di pelle della fronte di un lupo.
Le donne di Fuora
Le donne di Fuora non vanno confuse con le maliarde e le streghe, poiché secondo alcuni nel loro corpo non alberga un particolare spirito. Le donne di Fuora vengono chiamate anche "belle signore". Secondo la credenza, queste signore escono di casa la notte, non col corpo e lo spirito, ma solamente con lo spirito. Vanno a trovare gli spiriti degli inferi, le anime vaganti, per averne consigli, risposte e domande di cose future, secondo le richieste dei clienti.
Era credenza che le "signore" costituivano una società di 33 potenti creature, le quali erano sotto la dipendenza di una mamma maggiore, che si trovava a Messina. Tre volte la settimana, le notti di martedì, giovedì e sabato uscivano in ispirito e andavano a concilio a Ventotene, per deliberare sulle fatture da rompere, le legature da sciogliere, i castighi o i premi da proporre contro o in pro di chi ha meritato il loro odio o il loro amore.
La donna di Fuora prima di coricarsi ricordava al marito o ad altri che erano in casa che la notte era di uscita, e proibiva a tutti che non doveva essere toccata durante la sua uscita. Chi voleva in casa una "bella signora" doveva prima della mezzanotte, ardere dell'incenso, foglie d'alloro e rosmarino. Il profumo chiama le belle signore al passare. Entrano per le fessure o per il buco della serratura, poiché sono spirito.
Le donne di fuora non si lasciano vedere da nessuno, ma il loro passaggio è rivelato da sentori e da rumori impercettibili. Si vuole che le prime donne di Fuora ricevettero la potenza direttamente dal demonio, a cui per contratto diedero l'anima.
La credenza vuole che le doti di una donna di Fuora devono essere la bellezzae il senso della giustizia
 
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view post Posted on 10/2/2011, 13:51
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gli automobilisti italiani e le scaramanzie


Gli italiani al volante sono un popolo di scaramantici: è la fotografia, scattata dall’istituto di ricerca di mercato ‘Nextplora’ per Directline, che rivela come più del 35% fra gli intervistati ricorra a gesti scaramantici nella vita di tutti i giorni e quasi il 30% tenga un oggetto religioso in automobile (40% al sud). L’oggetto più presente, nel 20% dei casi, è un santino, ma al sud pende dagli specchietti un cornetto rosso per il 19,5% dei casi. L’oggetto personale, come una foto di famiglia, va per la maggiore al nord (15,7%) piuttosto che al sud (12,7%).
Fra le stranezze portafortuna ci sono anche la coccinella (9,2%) e in misura molto minore il ferro di cavallo (3,8%), i dadi (3,8%), il quadrifoglio (2,4%), l’elefante con la proboscide all’insù (1,7%) e la zampa di coniglio (1%). Persino il comportamento alla guida è condizionato dalla scaramanzia: due intervistati su cinque, nel sud, si fermano o rallentano lasciandosi superare se si vedono attraversare la strada da un gatto nero. Circa l’11% evita di partire se il venerdì cade il 17, e infine il 22% legge l’oroscopo prima di mettersi in viaggio.


Edited by Pulcinella291 - 28/2/2011, 19:27
 
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ALTRE SUPERSTIZIONI NEI MATRIMONI


Nei paesi anglosassoni trovare un ragno dentro il vestito della sposa, mentre questa si appresta ad indossarlo, porta fortuna. È’ invece di malaugurio rompere un qualunque oggetto la mattina delle nozze. E ancor peggio, la rottura di uno specchio.

La pioggia è considerata di buon augurio in alcuni popoli («sposa bagnata, sposa sfortunata») e di sfortuna in altri («felice la sposa baciata dal sole», proclamano gli inglesi).

Una volta uscito dalla propria abitazione lo sposo non deve tornare sui propri passi. Così vuole la superstizione. Per questo motivo è bene che lo sposo sia accompagnato da un amico che si incarichi di ricordare questa credenza e che eventualmente si preoccupi di ritornare in sua vece se avesse dimenticato qualcosa.

Nell’antichità venivano attribuite all’alloro facoltà magiche e la capacità di tenere lontani i fulmini. Veniva usato per comporre ghirlande nuziali, come augurio di felicità e prosperità. Nel Rinascimento le decorazioni nuziali erano composte da frasche intrecciate di timo e d’alloro, le cui foglie venivano fatte masticare agli sposi dopo la cerimonia, per le loro proprietà afrodisiache.

I Greci regalavano un gambo d’edera agli sposi, come simbolo di legame indissolubile.
In Toscana era tradizione inserire un rametto di gelsomino in ogni bouquet, perché portasse fortuna e denaro alla coppia.

Le spighe di grano non dovrebbero mancare nel bouquet di una sposa d’estate, auguranti la prosperità e la ricchezza.

Nel bouquet delle spose inglesi dell’Ottocento non poteva mancare un rametto di mirto, simbolo d’amore completo.

Le spose inglesi del Medio Evo non rinunciavano a portare all’altare un odoroso mazzolino di rosmarino, propiziatore di fecondità.

 
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view post Posted on 4/3/2011, 10:24
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SARA' UN FIGLIO MASCHIO O FEMMINA?

Sul futuro sesso del nascituro di credenze ce ne sono moltissime . In Sicilia ,la prima prova, quella più praticata, è di spremere una goccia di latte dalla mammella, quindici o dieci giorni prima di partorire, e di versarla in una tazza colma d’acqua. Se la goccia andrà al fondo, è segno che l’incinta darà un maschio, se la goccia rimarrà a galla è segno che farà una femmina. Seconda verifica è quella di spremere qualche goccia di latte dalla mammella dell’incinta, giunta al nono mese di gravidanza, e di cospargergliela nel petto, apponendosi sopra una moneta d’argento. Se la moneta rimarrà aderente al latte, quando sarà rappreso, è segno che verrà un maschio; se la moneta non aderirà, è segno che sarà una femmina. Altro pronostico è quello di far sedere a terra la donna gravida. Se nell’alzarsi si volgerà dal lato destro nascerà sicuramente un maschio, se dal sinistro verrà femmina. Nell’isola di Pantelleria (TP) la prova è quella di nascondere un paio di forbici sotto il cuscino di una delle due sedie dove la donna verrà sottoposta a verifica. La partoriente sarà chiamata e invitata a sedersi in una di quelle sedie: se sceglierà la sedia dove ci sono le forbici è sicuro che nascerà un maschio. Espediente adottato più frequentemente, perché da sempre ha dato delle buone previsioni, praticato dalle mammàne, è di esaminare la conformazione dell’addome della partoriente; se questa mostra al centro una prominenza "a punta", allora verrà un maschio; se invece, appare uniformemente tondeggiante, è segno evidente che sarà una femmina. Parecchi tabù – cioè a dire proibizioni – riguardano la donna incinta: essa non può toccare piante e fiori, sennò disseccano. Fra le credenze, la più diffusa è quella delle "voglie", secondo cui la donna incinta va accontentata in tutti i desideri (di solito alimentari); in caso contrario il nascituro ne porterà i segni (voglie di fragole, di cioccolata, di fichi, di noci, etc.). La fecondità è considerata come un dono della Provvidenza; temuta era invece la sterilità.

SE LA PARTORIENTE.......
In Sicilia c'è una vecchia credenza popolare seconda la quale donna non potrà partorire se sarà assistita nel parto da una donna di cattivo costume; specialmente se la partoriente ha invocato il soccorso di M.S. della Catena e di S. Giovanni Battista. Il bambino potrà venire alla luce solamente quando la donna disonesta andrà via. E davanti all’uscio di casa, nella notte che segue, dovrà essere gettato un vaso di urina e un pugno di sale. Se dopo il parto, ritarderà l’uscita della placenta è necessario che la levatrice faccia segni cabalistici sul ventre della partorita, sollecitandola a soffiare forte dentro una bottiglia. Quando la gravida avrà le doglie, per attutirle è necessario che le si rivolti la gonnella da sotto in su. L’acqua in cui è stato lavato l’infante, se è un maschio, dovrà esser gettata fuori immediatamente per significare che quando diverrà adulto dovrà vivere di una vita pubblica, se è femmina, l’acqua deve essere buttata sul pavimento, perché la donna riesca casalinga e buona massaia. Da come si presenta il cordone ombelicale si può pronosticare il futuro del neonato: salute, fortuna, matrimonio e durata della vita. Una ulteriore conferma alle precedenti previsioni si ha quando, giunto il bambino al primo anno di vita, si osserva la fessura tondeggiante dell’ombelico, e dalle piccole pieghe che appaiono si dà una interpretazione sul benessere, presente e futuro, della creatura. Il bambino che nascerà col cordone ombelicale attorcigliato al collo, morirà inforcato o soffocato.


IL BATTESIMO SECONDO UNA TRADIZIONE SICILIANA
La nascita di una creatura è festeggiata sempre nel giorno del battesimo. Il bimbo è nato, ma i due padrini sono stati scelti già parecchi mesi prima della sua nascita, con particolare cura tra i parenti più stretti della famiglia, quelli più agiati, che rispondano a dei buoni requisiti morali e siano di provate capacità nell’inserimento alle attività lavorative. Genitori e padrini fissano di comune accordo la data del battesimo, pri fari addivintari ‘u picciriddu un cristianu, ma la cerimonia non avviene prima di un mese dalla nascita del bimbo. Al padrino spetta il dono-ricordo in oro per il figlioccio, vistoso e costoso (catena d’oro e croce per il maschietto; catena d’oro e medaglia con l’immagine della Madonna per la femminuccia) ed il pagamento dei diritti richiesti dalla chiesa. Alla famiglia del neonato vanno le spese per il rinfresco. Nel recarsi in chiesa e nel tornare a casa il bambino è portato generalmente dalla nonna, con la testa sul braccio destro se è maschio, sul braccio sinistro se femmina. "Il braccio destro significa "valentia", dote maschile; il sinistro "modestia", dote femminile". Ma non è questa l’unica differenza tra il battesimo di un maschio e quello di una femmina; infatti le bambine si battezzano di giorno e senza tanta solennità, mentre i maschi a tarda sera e con un seguito di fiaccole accese. Per nessuna ragione poi chi porta il bimbo in chiesa deve mai voltarsi indietro, altrimenti la creatura crescerà timida e paurosa. Quando infine è giunto il momento del battesimo, si tiene particolarmente che il prete metta in bocca al bambino molto sale, per evitare che cresca insulso, donde il proverbio: "Lu parrinu ti nni misi picca sali quannu ti vattiò". Durante il percorso del ritorno le comari del vicinato si affacceranno sugli usci e, venendo fuori di casa, per l’augurio di un prospero futuro pieno di abbondanza e di prosperità, spargeranno sulla via e sul bambino del frumento e del pane fresco ridotto in minutissimi pezzetti.

 
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LE ROGAZIONI MINORI DEL TRENTINO

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Le rogazioni sono, nel cattolicesimo, preghiere, atti di penitenza e processioni propiziatorie sulla buona riuscita delle seminagioni.
Si distinguono in "maggiori" nella giornata del 25 aprile e "minori" nei tre giorni che precedono la festa dell'Ascensione nel rito romano (otto giorni nel rito ambrosiano). Secondo la definizione di papa Benedetto XIV (1740-58) le rogazioni erano preghiere adatte a difendere la vita degli uomini dall'ira di un Dio che c'impaurisce in ogni luogo. Il loro scopo era quello di "allontanare i flagelli della giustizia di Dio e di attirare le benedizioni della sua misericordia sui frutti della terra.
In molte localita' del Trentino ancora oggi si svolgono le rogazioni minori chesi tengono nei tre giorni precedenti la festa dell'Ascensione .
L'usanza ha origini molto antiche e risale a un evento accaduto nella Gallia Lugdunense nel V secolo. Nell'anno 474 si abbatterono nel Delfinato varie calamità naturali e un terremoto. Mamerto, vescovo di Vienne (poi proclamato santo) chiese ai suoi fedeli di avviare un triduo di preghiera e di digiuno e stabilì di celebrare solenni e pubbliche processioni verso alcune chiese della diocesi. I tre giorni di penitenza si conclusero il giorno dell'Ascensione.
Questa "proposta" di preghiera che il vescovo fece alla popolazione venne chiamata «rogazione», dal latino rogatio, usato nell'antica Roma per indicare una proposta di legge nata dal popolo. Si facevano anche per provocare la pioggia.

ALTRE CREDENZE E TRADIZIONI TRENTINE

A capodanno, in val di Cembra, per secoli si sono rivestiti gli alberi da frutto con paglia intinta in acqua santa: un bel compromesso tra culti diversi. Le “povere anime” del purgatorio corrispondono agli spiriti dei morti che vagano perché non hanno pace, mentre i santi considerati protettori o guaritori (basti pensare ai sassetti di S. Giuliano in val Rendena, tradizionalmente ritenuti amuleti contro il morso dei serpenti), dimostrano una continuità di credenze popolari nel soprannaturale.
Il rischio di malattie e di incidenti, in passato, faceva pronunciare speciali preghiere che una volta esaudite si concretizzavano in quadri votivi, detti ex voto, dipinti o fatti dipingere in segno di riconoscenza. Per le malattie più gravi c’erano solo la preghiera o la magia; l’importanza di quest’ultima nella medicina popolare era fondamentale.
Le credenze e le pratiche magico-religiose forniscono una consolazione nei momenti traumatici dell’esistenza e non di rado contribuiscono alla guarigione di disturbi d’origine psicosomatica. Tra le erboriste, o tra i cosiddetti botanici, che guarivano con le erbe e con le acque, allignava qualche individuo particolarmente dotato in grado di “segnare”, cioè di togliere il male attraverso formule, gesti e un particolare rituale di esorcismo.
Con la messa al bando della magia e delle “superstizioni”, soprattutto nel periodo che seguì la Controriforma trentina, si scatenò la caccia alle streghe. Forse qualcuna tra quelle povere contadine era depositaria delle antiche conoscenze sulle virtù di piante medicamentose e di antichi rituali. Furono comunque condannate e bruciate come “streghe”, nonostante gli eruditi appelli dell’illuminista roveretano Girolamo Tartarotti. Il termine strega deriva dal folklore dei Latini e corrisponde a un misterioso uccello notturno, chiamato Strix, che vola sulle culle dei bambini e succhia loro il sangue. Incrociata con la Lamia, la Strix (Strigidi è anche il nome della famiglia di rapaci notturni cui appartiene la civetta) è così diventata la strega. La toponomastica trentina abbonda di forre, grotte e cuspidi montane dette delle “strie”, ma anche altri esseri soprannaturali del folklore – ormai desacralizzati – hanno lasciato traccia sul territorio, come l’orco, le anguane (o vivane, le fanciulle delle acque) e una varietà di bestioni antropomorfi boschivi, che sono chiamati volta a volta Salvanèl, Om Selvàdeg, Om pelós, Béatric, o semplicemente Orco. Questo “paesaggio magico”, dove gli elementi naturali del territorio sono interpretati in chiave fantastica, coesiste con il paesaggio religioso costellato di croci, cappellette, capitèi, vie crucis, eremi, santuari, icone dei santi e della madonna inchiodate sui tronchi di alberi secolari.
Senza farne per questo un elemento di “specificità trentina”, oggi il sentimento religioso è evidentemente dominato dalla confessione cattolica. Le antiche credenze "prediche corte e lugàneghe longhe"
qualche volta fanno capolino, ma sono briciole.
Soltanto un’etnografia avveduta può riconoscere, per esempio nelle pietanze e negli oltraggi osceni riserbati alla novella sposa nel corso del banchetto nuziale, un precristiano rito augurale di fertilità. Vuoi per qualche insofferenza nei confronti di una liturgia “prolissa” (come si intuisce dall’adagio popolare “prediche corte e lugàneghe longhe”), vuoi per contrappeso alla società dei consumi, sono diversi i trentini che non si accontentano della spiritualità propria del culto ufficiale, dimostrando inquietudini che sfociano nella ricerca di altre dimensioni metafisiche: dall’esoterismo alla cartomanzia, dal nuovo magismo televisivo all’astrologia, dal buddismo (diffuso tra gli artisti) alla New Age, allo sciamanismo. Una rassegna ecumenica di queste e altre attitudini nei confronti del soprannaturale, ha luogo proprio a Trento: è “Religion Today”, filmfestival internazionale del cinema delle religioni.


Edited by Pulcinella291 - 15/3/2011, 11:16
 
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I MISTERI E LE LEGGENDE SUL MONTE MUSINE'


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Il Monte Musinè è una montagna delle Alpi Graie alta 1.150 m.Si trova all'inizio della Val di Susa ed interessa i comuni di Caselette, Almese e Val della Torre. È la montagna più vicina a Torino, dai 12 ai 25 km in linea d'aria a seconda della posizione in città, ma nonostante la vicinanza spesso a causa dell'inquinamento o della foschia non risulta visibile.
E' da sempre considerato un monte misterioso.
Da sempre circolano voci di lupi mannari, di immagini spettrali che vagano nella penombra, di strani animali. Vi sarebbe una grotta maledetta nella quale, ogni 1° maggio, si darebbero appuntamento streghe, maghi, e licantropi per inneggiare alle forze del male. Secondo alcuni scritti del ‘600 e ‘700 la vallata fu spesso percorsa da "musiche demoniache", accompagnate da urla angosciose cariche di dolore. Una antica leggenda vuole che il re Erode fosse esiliato su questa montagna, come punizione per la strage degli innocenti.
Stando a quanto dichiarato da molti esoteristi il luogo sarebbe un gigantesco catalizzatore di energie benefiche. Non dimentichiamoci che si troverebbe su una linea "ortogonica" (una di quelle che circondano la Terra come una ragnatela e che indicano zone di particolare concentrazione di energia) che, entrando dalla Francia, attraversa tutta la nostra penisola. Secondo altri sarebbe addirittura una sorta di "finestra" aperta su un’altra dimensione.
Il sito amplificherebbe, nel momento in cui vi si sosta, le facoltà extrasensoriali che ognuno di noi avrebbe, ma che solo in particolari circostanze risultano evidenti. Gli stessi rabdomanti hanno dichiarato che in prossimità del monte bacchette e pendolini si muoverebbero in modo molto più accentuato del normale.Da sempre la zona è teatro di apparizioni di misteriosi bagliori azzurri, verdastri e fluorescenti. Esse hanno fatto la loro comparsa fin dal lontano 966 d.c. All’epoca il vescovo Amicone si trovava in Val Susa per consacrare la chiesa di San Michele sul monte Pirchiano, di fronte al Musinè. Durante la notte, in attesa dell’arrivo dell’alto prelato, i valligiani assistettero ad uno spettacolo affascinante ma pauroso al contempo: il cielo fu percorso da travi e globi di fuoco che illuminarono la chiesa come se fosse scoppiato un incendio. Altre storie parlano di carri di fuoco che spesso sorvolavano la vetta.
Ai giorni nostri frequenti sono gli avvistamenti notturni e diurni di oggetti volanti non identificati.
Ai piedi del Musinè esiste un "cono d’ombra" cioè una zona di interferenza che oscura qualsiasi trasmissione radio. Anche gli aerei privati che si trovano a sorvolare il luogo vengono disturbati nelle loro trasmissioni radio. Questi problemi cessano nel momento in cui ci si allontana dalla montagna.Inoltre, secondo molti esoteristi, il monte sarebbe un gigantesco catalizzatore di energie benefiche, capace di ampliare le facoltà extrasensoriali, da alcuni viene indicato come una sorta di finestra aperta su un’altra dimensione.

Storia e leggenda si fondono come per Torino anche per la Val di Susa e qualunque sia la verità quando si passa vicino al Musinè, con lo sguardo rivolto alla Sacra, le sensazioni scorrono veloci sulla pelle.


 
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IL SERPENTE NELLE CREDENZE POPOLARI

Mentre gli uccelli appartengono alla sfera della luce, del cielo e del divino, il serpente e il drago sono collegati con l’acqua, la terra, l’oscurità e i poteri ostili alla divinità. Il serpente era uno degli animali più onorati per la sua vicinanza all’elemento vitale “acqua”, sinonimo di fertilità, e per la periodica muta della pelle, rinnovo annuale e ciclico collegato con la luna per le fasi lunari e con la donna per il ciclo femminile. Il serpente è, per questo, simbolo della rinascita, dell’eternità, del ripetersi del ciclo agricolo e delle stagioni.Nelle credenze popolari e nelle fiabe dell’Alto Adige il serpente è una figura positiva, porta fortuna e benessere alla casa e ai suoi abitatori. Si dice che chi trova nella propria stalla un serpente con la corona, sarà ricco per sempre se lo nutre e gli offre da bere del latte, di cui va tanto ghiotto.

IL MAIALE NELLE CREDENZE ALTOATESINE

Il maiale, nella tradizione contadina, rappresenta il benessere e l’abbondanza del maso contadino in quanto, di questo animale, si può utilizzare tutto. Sant'Antonio, eremita ed asceta, è una figura particolarmente venerata nel mondo contadino, accomunato al cibo grasso e agli animali. Secondo una leggenda, si narra che il beato Antonio avesse guarito una scrofa che portava con sé un maialino zoppo e che avesse affidato ad una comunità di sant'uomini, il compito di allevare i maiali e distribuirli ai poveri. Questa comunità fu chiamata “Comunità degli Antoniani” ed ai suoi membri venne attribuita la capacità di guarire dall’ herpes zoster, un male che flagellava animali e uomini. Questo male è volgarmente chiamato “fuoco di Sant’Antonio”, e veniva curato spalmando del grasso di maiale sulle parti doloranti.

IL CORTEO DEI SANTI E DEI DIAVOLI
La seconda domenica di dicembre si tiene, in Val Venosta, un corteo mascherato che si ispira alla figura di San Nicolò. Nel corteo sfilano San Nicolò accompagnato dai quattro bianchi: il Portatore della Lampada (la luce della fede), il portatore del Libro, il portatore delle Verghe (per castigare i cattivi )e il Portatore dei Doni che porta sulle spalle una grande gerla contenente i doni per la folla che assiste al corteo.
Segue poi il corteo dei diavoli – Krampus e Klaubauf – vestiti con stracci e pelli colorate, in viso portano grandi maschere per spaventare la folla e trascinano grandi catene

I FAZZOLETTI DELLA VAL SARENTINA
La Val Sarentina conserva l’uso dei costumi tradizionali. Alcuni abiti si sono conservati intatti nel corso degli anni, mentre altri sono stati ricostruiti in seguito a ricerche e raffigurazioni storiche.
Lo status di una donna si riconosceva della bellezza e ricchezza dei grembiuli o del foulard, secondo un detto popolare “Più fazzoletti ha una donna, più è ricca”.
Il fazzoletto da indossare tutti i giorni è di cotone, mentre quello per i giorni di festa è in seta e broccato. Un tempo, l’uomo che andava in città al mercato, portava in dono alla sua donna un foulard di seta colorato.
Per scoprire quando si diffuse l’uso del fazzoletto, bisogna andare indietro nel tempo di quasi due secoli. Secondo il parere degli storici, all’inizio del XIX secolo, le donne indossavano gonne che arrivavano appena sopra il ginocchio e un corsetto molto scollato. Johann Nepomuk von Tschiderer, parroco e decano in Sarentino all’inizio del 1800, iniziò a condurre una lunga lotta contro gli abiti delle donne, che riteneva scandalosi. Von Tschiderer divenne principe vescovo di Trento e il suo successore, nel 1850, riuscì ad ottenere che gli abiti delle donne fossero allungati fino alle caviglie.
Nella stagione estiva, le donne presero ad indossare una camicia bianca, il Pfaat, con sopra uno stretto corpetto senza maniche; mentre in inverno, sopra il corpetto, portavano una giacca corta, il Tschoap. Uno scialle sulle spalle andava a completare il vestito, nero in un primo tempo, poi colorato, dal quale deriva il nome del costume, Tüchltracht, cioè “costume con il fazzoletto”.

FANTASMI O ALLUCINAZIONI?
quando parliamo di fantasma ci si riferisce ad esso come ad una presenza incorporea, spesso caratterizzata da alcuni elementi (avvolta in un sudario oppure senza testa, contornata da una certa luminescenza o che produce un rumore di catene). Del pari anche le circostanze delle apparizioni sono caratterizzate da elementi ricorrenti quali l'ora notturna, i luoghi lugubri e isolati, ecc.Per spiegare le testimonianze riguardanti l'apparizione di un fantasma sono state avanzate varie ipotesi sulla sua possibile natura, la maggior parte delle quali non hanno base scientifica. Anche le apparizioni documentate fotograficamente, oppure connotate da varie forme di interazione fra fantasmi e oggetti circostanti (ad es. spostamento di oggetti, rumori notturni etc.), sono state spesso correlate, e successivamente spiegate, all'intenzione di determinati soggetti di attirare l'attenzione dei media e del pubblico su particolari luoghi, località o situazioni, per es. a scopi turistici o commerciali, o per interessi del tutto individuali. Nella maggior parte dei casi l'apparizione di fantasmi è catalogata come allucinazione (quantomeno dopo avere scartato l'ipotesi di una frode).

Nella maggioranza dei casi le potenziali allucinazioni che riguardano l'avvistamento di un fantasma sono di natura visiva ed uditiva. In altri casi è capitato di aver a che fare con testimoni che sostenevano di avere avuto anche contatto fisico e di aver sentito odori di vario tipo. In questo caso, secondo la teoria, si sarebbero verificate allucinazioni tattili e olfattive. In altri casi l'apparizione si manifesta con una sensazione di improvviso calo di temperatura.
La spiegazione si basa sul fatto che chiunque si rechi in un luogo particolare per assistere ad un'apparizione, se abbastanza convinto e suggestionato, potrebbe realmente assistere ad un'apparizione. La mente infatti, se posta sotto un forte stimolo di stress, potrebbe creare delle illusioni di vario genere, che possono essere diverse a seconda della persona.
Nei casi in cui due o più persone condividono la stessa esperienza illusoria si parla di allucinazione collettiva. Secondo alcune teorie parapsicologiche sarebbe spiegabile con il fatto che un individuo psicologicamente forte, in caso di forte stress, può trasmettere telepaticamente l'immagine che è stata registrata dal suo cervello: quest'ipotesi non ha però riscontro scientifico. L'allucinazione collettiva è spesso frutto di suggestione da parte di alcuni componenti del gruppo o della folla, che con il loro comportamento (parole, grida ecc.) finiscono per suggestionare gli altri.

L'APPARIZIONE DEI MORTI


La più diffusa credenza popolare vede i fantasmi come apparizione dei defunti. Questa interpretazione non ha alcun fondamento scientifico; in essa è riposta la fede, ovvero la volontà di credere, di coloro che vi aderiscono.
Credere ai fantasmi significa spesso credere che l'anima di una persona defunta possa in qualche modo riuscire a manifestarsi nel mondo terreno, non di rado per chiedere aiuto per portare a termine qualcosa che il defunto non è riuscito ad ultimare.
È sicuramente l'ipotesi più legata alla tradizione del folclore riguardante i fantasmi e, per alcune persone, è quella più rassicurante, dato che presuppone che possa esistere una vita dopo la morte ed una continuazione dell'amore che proviamo nei confronti dei nostri cari.









Edited by Pulcinella291 - 8/5/2011, 17:26
 
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I Vampiri di Trani


in uno scavo condotto a Trani , in particolare in localita’ “Capo Colonna” sono emerse due sepolcri databili IX-VIII sec. a.C. con particolari sconcertanti. Infatti nella prima sepoltura era deposto un individuo in posizione inginocchiata schiacciato da un lastrone posto alle sue spalle , nella seconda tomba , molto piu’ grande , son stati trovati tre defunti anch’essi con un masso.

In realta’ l’area era sicuramente un luogo di culto , e questo lo testimonierebbe il Monastero di Capo Colonna ancora visitabile. Gia’ nel passato eran stati scoperti reperti di epoca micenea e tardo-ellenici , reperti che pero’ stranamente non sono mai stati resi noti ne’ pubblicati , l’ultimo scavo pero’ ha portato alla luce una struttura le cui pareti esterne , costituite da grandi lastroni , avevano la particolarita’ di esser infisse nel terreno. Tra i diversi reperti trovati e’ stato segnalato su di un frammento uno strano disegno di un “animale” bipede con una notevole cresta e una coda da rettile. Ma le particolarita’ , gia’ non poco rilevanti , non si esauriscono qui , infatti e’ stata anche ritrovata una “fossa circolare” di cui si ignora la funzione all’ interno della quale sono state infisse delle pietre verticali. Per quanto riguarda le due tombe , poi , la piu’ piccola e’ posizionata fuori dal recinto dell’edificio , mentre la seconda all’interno dello stesso e inoltre entrambe non hanno corredo funerario , sicuramente si doveva trattare di stranissimi personaggi che , non dovevano assolutamente ritornare tra i vivi, non permettendo loro di proiettare se stessi e la propria stirpe negli oceani del tempo. Sepolture di questo tipo , gia’ presenti in altre parti del mondo , sono le prime presenti e comunque scoperte in Italia.

Corpi di uomini che dopo morti “non devono” ritornare tra i vivi , strani riti legati a pietre verticali , misteriosi disegni di creature antropomorfe , sembrano echi lontani di una terra senza eta’ che ci nasconde nel suo ventre , come uno scrigno antichi riti e misteri non ancora svelati.

Vampiri" nell’antica Trani?. E ciò che hanno sospettato archeologi e antropologi di fronte alle due sconcertanti tombe iapigie emerse a Capo Colonna. Qui qualcosa di unico nella storia degli scavi in Puglia - nonché della ritualità funebre antica - si è parato davanti agli occhi dell’archeologa Ada Riccardi della Sovrintendenza. Nella sepoltura più piccola era deposto un cadavere in posizione prona, inginocchiato, schiacciato da un lastrone piazzatogli sulla spalla; nel secondo sepolcro, invece, tre erano i defunti, anch’essi inumati, ognuno con un proprio masso addosso.
Lo scavo è stato condotto dalla Riccardi nel 2001. Ma la notizia, per evidente cautela, non era trapelata finora.


LA NOTTE DI SAN LORENZO TRA TRADIZIONI E CREDENZE POPOLARI


Il 10 agosto la Chiesa festeggia San Lorenzo Martire. Tra i devoti del santo, soprattutto nei paesi in cui e' venerato come patrono, è diffusa una credenza in cui si fondono note agiografiche e fenomeni astronomici.
Si crede che, bagnando la terra di un vaso di basilico il 9 agosto e lasciando il vaso all'aria aperta - sul davanzale della finestra o sul balcone - per tutta la notte successiva, il mattino seguente sia possibile rinvenire nella terra del vaso delle piccole scaglie di carbone.
I riferimenti agiografici sono evidenti. San Lorenzo Martire fu bruciato vivo su una graticola nel 258 d.C. sotto l'imperatore Valeriano in campo Verano a Roma dove il papa Sisto III fece costruire nel V sec. d.C. la basilica a lui dedicata. E' chiaro, quindi, il richiamo ai carboni della brace che ardeva sotto la graticola sulla quale fu consumato il martirio di San Lorenzo.

La tradizione vuole che il fenomeno dei "carboni nei vasi di basilico" sia dovuto al non meglio precisato "materiale cosmico" fatto piovere dal cielo dalle stelle cadenti che, proprio a cavallo del 10 agosto, baluginano in grande quantità nel cielo notturno. Tra il 17 luglio ed il 24 agosto, infatti, la terra attraversa uno sciame di detriti lasciati lungo la propria orbita dalla cometa Swift-Tuttle. In verità il punto culminante della pioggia di meteore si verifica la notte del 12 agosto ma la tradizione popolare ha fatto coincidere questo fenomeno astronomico con la festività di San Lorenzo Martire. Tali meteore, infatti, sono conosciute come "lacrime di San Lorenzo" anche se il loro nome astronomico è Perseidi poiché, per una questione prospettica, sembrano provenire dalla costellazione di Perseo.

Di notte, infatti, se non vi è la luce della luna a compromettere la nitidezza del cielo stellato e se ci si riesce ad allontanare dai centri abitati, in modo da ridurre l'inquinamento luminoso, fissando un deteminato punto del cielo è possibile vedere le stelle cadenti, la pioggia di meteore generata da meteoriti che precipitano nell'atmosfera terrestre ad altissima velocità.
Il forte attrito con l'atmosfera li rende incandescenti e ben presto li consuma completamente. Tali spettacolari strisce luminescenti possono durare poche frazioni di secondi ma a me è capitato anche di vederne 2 o 3 la cui striscia luminosa è restata visibile nel cielo per diversi minuti.
E' ovvia la suggestione che questo fenomeno astronomico, in coincidenza con la festa di San Lorenzo Martire, è in grado di suscitare.
Vi è una chiara analogia: questa sorta di fuochi fatui nell'alta atmosfera, accesi per brevi istanti dal precipitare di residui di una cometa, riportano alla mente le faville che dovettero scaturire dalla brace che ardeva sotto la graticola sulla quale fu martirizzato San Lorenzo.

LA MALEDIZIONE DELLA MUMMIA DEI GHIACCIAI

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Al cadavere mummificato quasi perfettamente conservato dai ghiacci per oltre 5.000 anni, trovato il 19 settembre 1991 sulle Alpi è stata attribuita una strana maledizione. La mummia fu rinvenuta nel ghiacciaio di Schnalstal nelle Alpi dell'Ötztal il 19 settembre 1991 da due turisti tedeschi, Erika e Helmut Simon, durante un'escursione. La coppia proveniva da Norimberga, nella Germania del sud, e stava camminando presso il Passo Hauslabjoch, a circa 3200 metri di quota, quando notò una testa e una spalla sbucare dal ghiaccio, pensando, inizialmente, si trattasse di un escursionista morto.

Si trattò di una scoperta unica, un uomo dell'Età del Bronzo, un guerriero di circa 46 anni con abiti di pelliccia, scarpe in pelle e arco e frecce. Si pensa sia vissuto fra il 3350 e il 3100 a.C. Dalle analisi effettuate sul corpo si scoprì che l'uomo fu ucciso e che probabilmente era in fuga dai suoi aggressori. Mostrava tagli sulle mani, ai polsi e al petto. E aveva la punta di una freccia conficcata su una spalla e segni di un colpo alla nuca.

Un'altra particolarità della mummia sono i suoi 50 e più tatuaggi, forse i più antichi conosciuti. Erano posizionati sulle linee meridiane usate dalla tradizionale agopuntura cinese.L'esumazione di Ötzi avvenne senza troppa cura e fu violenta e caotica. Nella sua borsa furono trovati funghi ritenuti magici per proteggerlo con incantesimi. Questo portò a pensare che l'uomo fosse una sorta di sciamano.

Uno sciamano che volle vendicarsi lanciando una maledizione e prendendosi la sua vendetta dopo oltre 5.000 anni.

Neanche un anno dopo la scoperta della mummia, si verificò la prima di una serie di morti che rafforzò sempre più la convinzione di una maledizione in atto.
Se da una parte sono in molti a credere alla maledizione di Ötzi, dall'altra ci sono tantissimi scettici e fra questi anche alcuni di quelli "colpiti" dalla maledizione stessa, che asserirono semplicemente che la gente muore, non vedendo alcun nesso fra Ötzi e i decessi.

C'è anche una certa confusione in rete sul numero delle vittime colpite dalla maledizione e sulla data in cui si sono verificati quei decessi.
La prima vittima della maledizione fu il dottor Rainer Henn, morto all'età di 64 anni. Era un patologo legale, dell'Istituto di Medicina Legale dell'Università di Innsbruck. Fu a capo della squadra che esaminò il corpo di Ötzi, sollevò egli stesso il corpo a mani nude e lo depose in un sacco per cadaveri. Morì a causa di uno scontro frontale in auto nel luglio 1992, mentre si stava recando a una conferenza per presentare nuove ricerche su Ötzi.

Kurt Fritz morì nel 1993 poco tempo dopo Henn, all'età di 52 anni. Era un esperto scalatore, che aveva condotto Henn e la sua squadra al corpo di Ötzi. Fu l'unico membro della sua squadra a essere ucciso da una valanga, in una regione con cui si pensava avesse familiarità. Aveva ricevuto finanziamenti per la sua connessione con la scoperta e organizzava dei tour al luogo del ritrovamento. In realtà non è certo che abbia guidato la spedizione, così come non è certo che abbia scoperto il volto della mummia quando era ricoperta dal ghiaccio. Stranamente infatti il suo nome non viene menzionato nel libro Iceman: Uncovering the Life and Times of a Prehistoric Man Found in an Alpine Glacier di Brenda Fowler.L'australiano Rainer Hoelzl, di 47 anni, fu la terza vittima. Era un giornalista che aveva filmato un documentario esclusivo sulla rimozione del corpo di Ötzi dal ghiaccio per la televisione austriaca, che venne trasmesso in tutto il mondo. Alcuni mesi più tardi contrasse una malattia misteriosa, forse un tumore al cervello, e morì soffrendo qualche tempo dopo, nel febbraio 2004. Sono trascorsi circa undici anni dalla morte precedente.

Il turista tedesco Helmut Simon morì nel 2004 all'età di 67 anni e fu la quarta vittima. Era stato Simon che, assieme a sua moglie, aveva scoperto il corpo di Ötzi nel 1991, durante un'escursione nelle Alpi. Tornò in quella regione da solo nell'ottobre 2004, per festeggiare la vittoria di una battaglia legale che gli aveva riconosciuto la somma di 50.000 sterline come scopritore della mummia. Quando non fece ritorno, furono allertati i soccorsi. Le condizioni del tempo erano peggiorate e avevano fatto precipitare Simon in un crepaccio profondo quasi 100 metri. Il suo corpo fu trovato tre settimane dopo, coperto di ghiaccio come la mummia che aveva scoperto, a circa 200 metri dal punto in cui era morto Ötzi. Non aveva ancora firmato i documenti legali per l'assegnazione della somma, così sua moglie non ricevette mai quel denaro.

Il capo della squadra di soccorritori che aveva cercato Simon, la quarantacinquenne Dieter Warnecke, fu la quinta vittima. Morì d'infarto, sebbene fosse in perfetta salute secondo i suoi familiari. La sua morte avvenne meno di un'ora dopo che Simon fosse sepolto.

La sesta vittima fu il professor Friedrich Tiefenbrunner, morto nel gennaio 2005 durante un'operazione a cuore aperto. Faceva parte della squadra di Spindler e aveva scoperto un metodo per proteggere la mummia contro gli attacchi di funghi e batteri.

Konrad Spindler, di 66 anni, era un esperto di primo piano di Ötzi. Soffriva di sclerosi laterale amiotrofica e nell'aprile 2005 le sue condizioni aggravate lo portarono alla morte. Aveva scarsa considerazione della teoria della "maledizione di Ötzi". «Penso che sia un mucchio di spazzatura. È solo una gonfiatura mediatica. Di sicuro ora diranno che io sarò il prossimo» disse Spindler. Fu il primo a ispezionare il corpo della mummia e la settima vittima di questa maledizione

Il dottor Tom Loy fu l'ottava e ultima vittima e morì all'età di 63 anni, nel novembre 2005, prima di terminare un libro su Ötzi. Era il direttore dei Laboratori di Scienze archeologiche all'Istituto di Bioscienza Molecolare dell'Università del Queensland. Anch'egli in molte occasioni entrò in contatto fisico con la mummia. Aveva identificato residui di sangue umano sulla mantella di pelliccia di Ötzi e sangue di qualche animale sulle sue frecce. La sua morte fu una sorpresa per la famiglia, sebbene sembra che soffrisse di una patologia pregressa del sangue da 12 anni, che gli fu diagnosticata poco dopo le analisi della mummia.
Tom non parlò mai di maledizione. I familiari vorrebbero pubblicare il libro su cui stava lavorando, ma ancora non sono riusciti a trovare il manoscritto.

In tutte queste morti si riscontrano senz'altro elementi che riconducono al concetto e all'immaginario delle maledizioni, primo fra tutti il fatto che tutte le vittime erano entrate in contatto con la mummia. Ma a ostacolare questo elemento c'è un lungo elenco di studiosi che hanno eseguito analisi ed esami sul corpo mummificato di Ötzi.









Edited by Pulcinella291 - 20/6/2011, 08:24
 
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I MAREMMANI E L'ACQUA


Pare che nei tempi che furono, gli abitanti della maremma avessero paura dell'acqua , in quanto ad essa erano legate leggende di esseri mitologici o reali. Ad essere soggette a queste paure o credenze erano sopratutto le popolazioni che abitavano i villaggi in prossimità delle sorgenti.
Una credenza, per esempio , narra che una fonte nei pressi di Buriano era minacciata da un terribile drago che solo il tocco della spada del santo Guglielmo ha potuto sconfiggere, restituendo santità alla fonte e sicurezza al congresso degli uomini. Come a Montorgiali, dove l'altro grande santo della Maremma, Giorgio, riesce a trafiggere il drago con la sua lancia, liberando la popolazione dalla terribile minaccia. L'antico nome di Marina di Grosseto ci riconduce a san Rocco, il santo che proteggeva dalla peste, un flagello che veniva dal mare.

Molte sono le antiche credenze legate all'acqua, ma non mancano nuove leggende. Una ventina di anni fa si narrava che il lago dell'Accesa fosse abitato da un grosso coccodrillo. La ragione non disconosceva la possibilità logica che un simile “mostro” potesse realmente abitare realmente il lago che altre leggende dicono nasconda un villaggio sprofondato, e di campane di cui periodicamente si sentirebbero i rintocchi. Qualche amante di anomali esotici avrebbe importato un piccolo rettile dai paesi caldi, e una volta cresciuto oltre le aspettative, nell'impossibilità di mantenerlo in ambiente domestico, lo avrebbe abbandonato sulle rive del lago dalle carsiche caratteristiche. C'era chi affermava di averlo intravisto, chi avrebbe giurato di averlo riconosciuto e infine chi narrava di essere stato rincorso dalla bestia e di essersi salvato per miracolo. Il tempo e l'assenza di ulteriori segni hanno fatto calare l'attenzione. Come il magico puma dall'aspetto terrificante che, nello stesso periodo infestava le campagne di Sorano, e che improvvisamente ha smesso di lasciare tracce, di aggredire greggi, di spaventare passanti. Ma il coccodrillo dell'Accesa, novello mostro di Lockness maremmano, che si aggirava fra il cannucciato che circonda il lago, era ben presente nelle narrazioni a veglia, e più ancora negli articoli dei giornali locali, nuovo e moderno veicolo di trasmissione delle informazioni, ma dal funzionamento non troppo dissimile dagli antichi. E il coccodrillo della Maremma è tornato, poco più di un anno fa, presentandosi, questa volta alla foce del Fiora. Anche in quell'occasione sono stati dichiarati molti avvistamenti, dopo i quali sarebbe comparsa perfino una fotografia dell'animale esotico.

I FANTASMI DEL CASTELLO DI MONCALIERI


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Si chiama il castello della Rotta e fu costruito dall'ordine dei Templari a Villastellone, un piccolo paese poco distante da Moncalieri e da Torino. Nell'arco dei secoli fu teatro di feroci battaglie e atti di sangue, ma ciò che rende veramente celebre questo maniero sono senza dubbio gli spettri che infestano la campagna circostante e il castello stesso. Un antico maniero oggi semidiroccato, con una grande torre angolare merlata ed un massiccio edificio centrale in mattoni rosso cupo. Gli abitanti della vicina fattoria, che fanno anche da custodi, raccontano che a mezzanotte in punto talvolta vengono svegliati dal rumore del galoppo di un cavallo. Qualcuno ha avuto il coraggio di entrare a quell' ora nell'interno del maniero e racconta di aver visto lo scheletro di un uomo, con una grossa croce di ferro sul petto, armato di una lunga spada cavalcare un destriero per le sale deserte del castello. Una leggenda che si e' tramanda da di padre in figlio, raccontata con molti particolari da brivido nelle lunghe sere invernali. Per la favola del castello della Rotta il colpo di scena si e' avuto qualche giorno fa, quando una pala meccanica, scavando ai piedi della torre ha portato alla luce lo scheletro di un uomo accanto a quello di un cavallo. Inutile aggiungere che l'uomo aveva sul petto una grossa croce di ferro e al fianco una spada con gli stessi particolari descritti dalla leggenda. Una vicenda che sarebbe piaciuta ad Edgar Allan Poe quella che ha portato alla ribalta della cronaca un piccolo borgo medioevale alla periferia di Torino. Uno di quei fatti che sconfinano tra l'incredibile ed il suggestivo e lasciano ampio spazio alla fantasia e ai commenti della gente. La leggenda del "frate della Rotta" viene raccontata da almeno quattro secoli. Narra le vicende di un bel giovane che si era follemente innamorato di una principessina bella come un raggio di luna nella foresta. Quando fu annunciato il fidanzamento ci fu grande festa al castello e gli invitati giunsero da tutta la contea. Mentre si intrecciavano danze e balli il maniero fu assalito dai saraceni. La principessa si rifugio' sulla cima della torre, e per sfuggire ai barbari si lancio' nel vuoto. Il signorotto combatte' tutta la notte e al mattino, quando riusci' a sconfiggere gli invasori, scopri' accanto al ponte levatoio il corpo senza vita della sua promessa sposa. Sconvolto dal dolore si fece frate e ando' a combattere gli infedeli in Terrasanta. L'ultimo ad aver intravisto il fantasma del frate e' il proprietario del castello, Augusto Olivero, professionista a Torino. "Nei primi tempi avevo un certo timore, poi ci siamo abituati tutti agli scricchiolii, ai rumori sinistri che si accompagnano alle grida delle civette e all'ululare dei gufi. La corsa sfrenata di un cavallo per i saloni ha un fracasso agghiacciante, e gli zoccoli del cavallo rimbombano per le volte antiche. Suggestione, ipnosi? Non so, tutto puo' essere, ma l'ombra di quello scheletro a cavallo con la spada in mano e la grande croce al petto era inconfutabile..." La storia racconta che il castello fu donato nel 1196 dal vescovo Arduino di Torino ai Templari insieme alle altre proprieta' dell' ospedale Santo Spirito, e qui' i Templari eressero una loro fortificazione. Tracce di questo trascorso storico si trovano nei disegni e nelle scritte. In un grande salone ci sono riferimenti satanici, di riti occulti e disegni che si riferiscono al periodo delle crociate. Augusto Olivero ora ha iniziato alcune opere di restauro ed e' proprio per il consolidamento di un muro che la pala meccanica ha portato alla luce gli scheletri, la spada e la croce. Le ossa ora sono finite al cimitero generale, il resto in casa del proprietario: si trattava del fantasma rimasto rinchiuso nella nicchia? Lo si sapra' se riapparira' o meno.



 
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view post Posted on 29/6/2011, 11:39
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CREDENZE E SUPERSTIZIONI VENETE



[color=blue]MATRIMONIO
[/color]Il giorno del matrimonio bisogna indossare un indumento alla rovescia perché conserva dalle stregonerie.
Cattivo presagio per quelle coppie di sposi che in chiesa si trovano dalla parte del campanile. Uno degli sposi resterà vedovo presto.
La prima notte di nozze è buon costume che una terza persona entri nella comera nuziale e porti fuori il lume e lo spenga. Se uno degli sposi spegnesse il lume avrebbe un morte prematura.
La mattina dopo il matrimonio, la sposa, deve alzarsi prima degli altri e quindi scopare la casa.
Lo sposo deve coricarsi sempre dalla parte della porta.
Quando il promesso sposo, ama veramente, nel giorno che si fa il bucato viene fuori il sole.
MORTE
La sera dopo la morte di un membro della famiglia, non si deve fare la polenta.
Al morto si lavano il viso e le mani e lo si pettina. I parenti lo accompagnano all'ultima dimora, tranne i più prossimi, perché facendolo, sarebbero criticati.
Mettere un cuscino di stoppa sotto il capo del defunto. Un cuscino di penna porterebbe dei patimenti nell'aldilà. (penna = pena, patimento)

FESTE
La notte di Natale si tiene acceso il fuoco per tutta la notte, mettendo un ciocco in modo tale da farlo ardere lentamente. Questo viene fatto in onore della Madonna che in questa nottae asciugava i panni del bambino.
Dalla notte di Natale si tiene in serbo un pezzo del ciocco già menzionato fino all'Epifania. In quella notte il più giovane della casa deve, col suddetto, dar fuoco al "panevìn" e declamare:"Panivìn, la pintza su l'arin, la luganega su per el camin".
Nel giorno di Pasqua non è consigliabile nè radersi la barba, perché potrebbe incanutirsi, nè tagliarsi i capelli, perché questo porterebbe a forti dolori al capo.
Nei giorni di festa è sconsigliabile tagliarsi le unghie dei piedi perché si diceva che il diavolo si sarebbe accontentato anche di quelle.
METEOROLOGICHE
Se tuona di Gennaio ci sarà un anno scarso di raccolto.
Se il Giovedì sera il sole tramonta in sacco (?), ci sarà brutto tempo prima di Domenica.
Quando nella stalla i manzi si coricano con la testa rivolta a levante, ci sarà bel tempo, se a ponente, ci sarà la pioggia.
Quando si vedono volare le faville sulla parete esterna della caldaia. il tempo si inclina alla pioggia.
Le macchie della luna sono formate dai corpi di Adamo ed Eva rifugiatisi là dopo il peccato originale.
TERAPEUTICHE
Le contusioni vanno curate con il grasso della mascella del maiale maschio (con quella della femmina non funziona). Nelle cose contadine venivano conservate le mascelle del maiale appese sotto il camino proprio per questa occasione
Le piccole ferite vanno curate con l'olio dello scorpione, preparato ponendo degli esemplari vivi del medesimo nell'olio e conservato per il fabbisogno.
La febbre palustre può essere curata con delle pillole preparate mischiando delle tele di alcune specie di ragno a dello zucchero.
Il mal caduto si vince portando al collo la chiave benedetta di San Valentino.
Il morso di un cane rabbioso si può curare ponendo, nella parte morsicata, il pelo dello stesso animale.
Contro i vermi addominali sui bambini come prevenzione o cura si possono fare delle corone d'aglio da mettere al capo del malato.
Chi viene punto da una vespa deve comprimere la ferita con una chiave o con un ditale.
Novantanove mandorle messe nell'olio, sono un ottimo toccasana contro i vermi intestinali.
Il grasso di un oca maschio può essere usato come rimedio alle storte e ai dolori reumatici



SUPERSTIZIONI TOSCO-EMILIANE
Per avere un'idea dell'andamento del prezzo del grano durante l'anno, bisogna mettere dodici chicchi di mais sotto la cenere calda. Questi grani rappresentano i dodici mesi. Il prezzo salirà per tutti i mesi corrispondenti al numero dei grani che scoppieranno verso l'esterno e diminuirà per tutti quelli che scoppieranno verso l'interno del focolare.
Un bambino può portare con tutta tranquillità un manzo, perché i bovini vedono tutto più grande del naturale.
Mettersi un indumento alla rovescia è, per le donne, indizio che tutta la giornata andrà a rovescio.
Vedere due oggetti che accidentalmente formano una croce è segno di sventura.
Se il primo giorno dell'anno viene in casa prima una donna è di cattivo augurio.
Levare il palo del panevìn prima dell'ottavo giorno porta la febbre.
Quando si sogna il mal di denti, certamente morirà qualche parente.
Non si devono tagliare i capelli ai bambini prima che compiano un anno per non procurare dolori alla testa, nè tagliare le unghie perché porterà alla pazzia.
Se una donna sposata ha il singhiozzo vuol dire che è incinta.
I fiori che si colgono per gli altari e per le tombe non vanno odorati.
Se vengono rubate delle zucche nell'orto bisogna prenderne una svuotarla dei semi e gettare questi ultimi nel letamaio. Questi si gonfieranno come il ventre del ladro delle zucche che quindi verrà scoperto. Questa pratica era considerata peccaminosa.
Una donna veloce nel mangiare non può avere figli.
Quando un uomo, scherzando, passa la gamba sopra la testa di un bambino, questi non cresce più.
Due catene nel medesimo focolare porta sventura.
Nelle case dove le rondini fanno il nido, albergano la pace e la prosperità.
 
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bluab
view post Posted on 30/6/2011, 12:18




Bellissime queste credenze, poi i vampiri pugliesi di Trani non li conoscevo.
Ma lo sai che questo sito mi sta insegnado un sacco di cose? Grazie Seb!
 
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view post Posted on 11/7/2011, 08:55
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CREDENZA E TRADIZIONE RELIGIOSA DI BISCEGLIE


A Bisceglie c'è un'icona di maniera bizantina contenuta nel tempio romanico di Giano raffigura la Madonna con in grembo il Bambin Gesù, il quale ha in mano un pettirosso. Ora, il pettirosso, nella simbologia cristiana antica, rappresenta per il suo canto armonioso la lode a Dio; ma, siccome Gesù ha un uccellino in mano, nella tradizione popolare questa Madonna viene venerata come protettrice dell'ernia inguinale dei maschietti. Fino a poco tempo fa, durante la fiera annuale, il sacrestano prendeva in braccio i bimbi, li scopriva nel bacino e, con i genitali in mostra, faceva fare loro tre giri intorno all'altare.

SE VUOI SAPERE CHI SPOSERAI....


Chi voglia conoscere l’aspetto della persona che sposerà esca all’aperto la notte della vigilia di Ognissanti e volga le spalle alla luna in maniera che la sua luce si rifletta in uno specchio che terrà in mano. Accenda quindi una candela che consenta di vedere il proprio volto e la luna riflessi insieme nello specchio: magicamente, accanto al proprio volto, vedrà comparire quello della persona che sposerà.
Un altro espediente, più semplice, consiglia di cogliere un ciuffo di erba la notte di S.Giovanni e di metterla sotto il cuscino su cui si dormirà: nella notte comparirà in sogno la persona che si sposerà.

QUANDO TI SPOSERAI?


La ragazza che vuole sapere se si sposerà entro l’anno, il giorno dell’Epifania si ponga dietro la madre e senza essere sentita da lei le sussurri la seguente frase: “Pasqua, Pasquetta che viene 3 volte l’anno, madre mia mi sposo quest’anno?”. Poi scambi quattro chiacchiere con la madre, ponendole ad un certo punto una domanda qualsiasi: se la donna risponderà “si” vorrà dire che il matrimonio è assicurato entro l’anno; se risponderà “no” per quell’anno bisogna mettere il cuore in pace.
Un altra credenza sullo stesso argomento è questa.
La fanciulla che vuol sapere quando si sposerà, la mattina del primo gennaio getti una ciabatta lungo le scale di casa. Se la ciabatta rimane con la punta verso l’interno, per quell’anno non si parlerà di matrimonio; al contrario, se infine, sarà rimasta con la punta rivolta all’interno ma a metà delle scale, i gradini discesi dalla ciabatta segneranno gli anni mancanti al matrimonio.
Chi vuol essere fortunato in amore abbia cura di mettere le scarpe a forma di T tutte le sere, quando va a dormire.

 
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view post Posted on 22/8/2011, 10:37
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FRIGENTO E SAN MARCIANO


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La leggenda di San Marciano è un patrimonio di inestimabile valore culturale ed etico, che i cittadini di Frigento custodiscono gelosamente nelle loro coscienze.
Ma vediamo di cosa si tratta.
All'indomani del concilio di Efeso, che aveva definitivamente ratificato la deposizione del vescovo Giuliano di Eclano, sostenitore delle teorie di Pelagio, il papa Leone Magno volle nominare vescovo di quella Diocesi un giovane di origine greca e di nome Marciano, che da alcuni anni viveva da eremita nella città di Frigento. La cerimonia si svolse a Roma nell'anno 441, in un'atmosfera di assoluto misticismo. Si narra che il pontefice fosse stato informato dallo Spirito Santo sulle straordinarie qualità morali del giovane e perciò volle proclamarlo, con una bolla speciale, oltre che vescovo anche santo e protettore della città.
Tornando verso Frigento, il vescovo operò il suo primo miracolo risuscitando dalla morte il figlio del principe di Terracina. La notizia si diffuse rapidamente ed allora, da ogni parte, accorsero folle osannanti per seguirlo in Irpinia.
Durante la sua permanenza nella diocesi di Frigento, San Marciano operò numerosi altri miracoli.
Circondato da un'atmosfera misteriosa e soprannaturale, rese mansueto il lupo, che aveva sbranato il suo asino, guarì da paralisi una donna lucana, liberò da un'epidemia di carbonchio le popolazioni della Diocesi.
Annunziata dal suono delle campane, che d'improvviso si misero a suonare senza essere sollecitate, arrivò la morte: era l'alba del 14 giugno dell'anno 496. Quattro secoli più tardi i suoi resti mortali furono trasferiti nella chiesa cattedrale di Benevento dove furono poi rinvenuti nel 1119. Solo un frammento del cranio rimase a Frigento ed è tuttora gelosamente custodito nella teca, che sul petto del Santo, come un prezioso fermaglio, tiene uniti i paramenti sacri, che ne avvolgono il busto.
Anche dopo la morte il Santo si rese glorioso per i tanti miracoli operati a favore di infermi e di ossessi che a lui si rivolgevano fiduciosi. Lo confermano gli innumerevoli oggetti preziosi (ex-voto) , che ancora si conservano nella sua chiesa.
Nella leggenda di San Marciano confluisce anche la storia tormentata della sua statua. Realizzata, inizialmente, dai vescovi successori del Santo, essa fu scolpita nel legno e più volte rifatta, fino a diventare una vera opera d'arte.
Per il suo rifacimento, in epoca rinascimentale, furono utilizzati materiali pregiati. Nella circostanza la statua del Santo fu scolpita in rame e ricoperta da una sottile lamina d'oro. Della vecchia scultura medioevale rimaneva soltanto la testa, che continuava ad essere di legno.
Nel 1622 il popolo di Frigento, per onorare il santo protettore, promosse la raccolta di tutte le monete d'argento, che il governo aveva messo fuori corso per eccesso di tosatura e, con quelle, fece realizzare la testa del Santo, in unico pezzo di argento fuso. Un secolo più tardi, le autorità capitolari, considerando che la scultura era troppo pesante e difficile da portare in processione, la fecero ridurre al solo busto. Nello stesso tempo, però, fecero fare d' argento anche le mani e la mitra.
Nel 1787, infine, fu realizzata la preziosa pedana dorata. Nacque allora e si diffuse in tutta la Diocesi, il famoso detto: “San Marciano di Frigento è tutto d'oro e d'argento”.
Ma la notte tra il 18 e 19 gennaio 1834 un furto sacrilego, messo a segno da sconosciuti malfattori, privò la Comunità della preziosissima statua. Trasportata in una località sconosciuta venne fusa da orafi esperti, fatti venire da fuori. Si salvò solo la pedana e il reliquiario, che i ladri si guardarono bene dal profanare.
Profondamente colpiti i frigentini si mobilitarono ancora una volta e, nel giro di tre anni, fecero costruire, in argento sbalzato e cesellato, un nuovo busto del Santo.
Della leggenda di San Marciano si conoscono anche altre versioni, ma il racconto è unico e così il fine, che resta edificante!


 
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100 replies since 25/3/2010, 10:20   485235 views
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