| Le Castagne
Dentro un guscio
riccio e spinoso
matura un frutto
dolce e gustoso!
Fuori dal guscio
possiede
un mantello
e una camicia..
presentandosi
bella e..liscia!
Dal sapore
autunnale
ecco arrivare
le gustose
castagne…
Egizia Russo
"La Castagna" di Giovanna Gregori "
Fu la nonna a narrarmi la tua storia, ella riordinò la sua memoria per andare a ritroso nel tempo, quel tempo dal sapore antico, quando ogni dì si compiva l’incalzante rito di servirti sulla tavola apparecchiata, vestita da una tovaglia un po’ consumata a quadrettoni dai vivaci colori, che non era certo una sciccheria, ma da essi zampillava una strana allegria a contagiar quella famiglia che si era riunita, che sapeva cogliere le piccole cose della vita, come il piacere dello stare insieme, come quello di volersi bene e quello di gustarti qui in montagna, dolce, tenera castagna. Eri l’unico cibo del dì e della sera, impreziosito da quella preghiera, come ringraziamento recitata, anche dai bambini con aria un po’ stentata. Seguiva ad essa breve silenzio riverente, a volte disturbato quasi piacevolmente dal brontolio incalzante del loro ventre che si sarebbe sedato dopo aver il tuo frutto divorato. La nonna proseguiva il racconto con aria solenne, come a voler uscire indenne da ogni imprecisione, ma la sua voce tradiva una palpabile emozione e nel suo viso si leggeva una velata tristezza, che era forse nostalgia della trascorsa giovinezza. Iniziava ad ottobre la raccolta della castagna E i ragazzi sapevan che sarebbe stata vana In quei giorni ogni sorta di lagna, perché papà e mamma mandavan loro nei castagneti seenza curarsi che foser cupi o lieti. Partivan muniti di appositi sacchetti, ai piedi rigidi tronchetti assai scomodi da calzare, atroce tortura nel camminare, ma eran essi molto preziosi per aprire i ricci ancora schiusi. Se ne stavan chini e silenziosi i ragazzi, rinunciando ai loro abituali schiamazzi poiché la raccolta doveva continuare seriamente, sino a tarda sera, ininterrottamente, anche se la schiena dolente tentava invano d'avanzar palese reclamo per quella postura errata che da tempo la teneva piegata. Finalmente, all'imbrunire, il rientro a casa tanto agognato, che da papà e mamma veniva festeggiato. Quel grosso sacco così pesante, colmo di castagne, tanto d'esser debordante, ripagava loro dalle grandi fatiche e non sentivan più le dita indolenzite e neppure quel sottile dolore provocato dalle spine di un riccio sulla pelle conficcato. A sanar quei bravi ragazzi nel corpo e nel cuore, bastava un bacio intriso d'amore o una carezza, leggera come brezza, di mamma e papà che li stringevan forte al petto e per premio quella notte li avrebbero accolti nel loro letto. La nonna proseguiva il suo racconto con voce altisonante, quasi ad eguagliare quella di un'insegnante, desiderosa di attirare l'attenzione dei suoi allievi durante la lezione. Ella voleva descriver con la massima precisione la fase impegnativa e lunga dell' essiccazione delle castagne in quel luogo chiamato metato, che sovente era improvvisato nell’ovile delle pecore che, frastornate venivan bruscamente spodestate e trasferite nel vicino paese per la durata di circa un mese. Era una sorta di villeggiatura a pagamento, che durava quel periodo di tempo messo a completa disposizione per far godere alle castagne una buona essiccazione. Era l’ovile ben riassettato a divenir quel metato, al cui centro s' accendeva un fuoco lento e sui graticci fissati a due metri dal pavimento, venivan riscaldate castagne in abbondanza, che un uomo, con ammirevole costanza, rimuoveva con una pala di tanto in tanto, alimentando con legna verde quel fuoco lento perché si prolungasse la fase di riscaldamento. Trascorso circa un mese, le castagne sui bollenti graticci distese, eran dunque ben essiccate, pronte per esser dalla buccia liberate. Era d’obbligo allora un altro passaggio: quello del loro pestaggio. Due persone, abbinate frontalmente, riempivan di castagne sacchelle di tela resistente: l’uno, la bocca del sacco serrava e l’altro il fondo impegnava, poi su di un ceppo legnoso venivan battute ripetutamente, per rimaner ignude, bionde, nella loro beltà splendente. Sì, eran belle, ma non prive d'impurità, che andavan rimosse con celerità. Per questo trattamento di bellezza, nessuna crema era all'altezza, ma occorreva quell'utensile chiamato vassoia, che le donne azionavano con gioia ed era forse questa loro gaiezza che alleviava un poco la stanchezza di quel lavoro così operoso "fatto di braccia"e dunque gravoso. Si era giunti ormai alla selezione: occorreva pensare con cognizione a vender le più belle ai migliori offerenti, poiché in dispensa sale e zucchero eran carenti e se il denaro non fosse arrivato al più presto, quella tovaglia a larghi quadretti che vestiva il descom avrebbe accolto soltanto piatti vuoti e desolati, bicchieri scevri di vino, sconsolati. Le castagne rimaste divenivan regine delle modeste, ma accoglienti cucine, ove venivan cotte e mesciate al latte fumante, che ne assorbiva il loro profumo inebriante. Gli uomini preferivan le caldarroste, sovente bruciacchiate, perché potevan essere innaffiate da un buon bicchier di vino dal gusto un poco asprigno, quello che si beveva nei dì di festa, quello che non faceva girar la testa, quello che per mantenerlo fresco, lo si metteva vicino alla finestra, che fungeva da frigorifero, senza sprecar corrente: …era il frigorifero della povera gente, senza denaro, senza niente, ma con tanta pace nel cuore, che straripava d'autentico amore. Era forse quell'amore che alleviava la fatica nel percorrere l'irta salita, andando a piedi a macinare le dolci castagne montanare, portate sulle spalle in una sacca pesante che rendeva sovente il respiro ansimante, ma il ritorno era lieto perché la sacca conteneva farina preziosa a ricavar polenta di castagna, piatto povero ma gustoso della nostra montagna. La storia è terminata, è una storia dal sapore antico, che sa di terso, di pulito, come bucato steso ad asciugar al sole, a profumar di primule e di viole. È una storia che parla della castagna, per far conoscere la nostra montagna e la sua gente, che crede nei valori dalle radici profonde, gente semplice ma accorta, che non confonde l'amico con la buona conoscenza, che va a dormire in pace con la coscienza che sa le maniche rimboccare, e non le importa quale lavoro si debba fare, purchè sia onesto e trasparente, cristallino come acqua di sorgente.
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