G I O V E D I' . S A N T O lo struscio
La logica vuole che essendo parte integrante della storia "Napoli che se ne è andata", anche questo importante capitolo va allegato ai nostri ricordi che servono e serviranno a far conoscere una Napoli che non c'è più alle generazioni future.
Lo Struscio era la passeggiata napoletana pasquale da fare con i amici e parenti, recuperando una delle più antiche tradizioni. Pare che la sua nascita risalga al periodo del Vicereame Spagnolo, quando, per questioni di ordine pubblico, era vietata nella Settimana Santa la circolazione di carri, carrozze e animali lungo il tratto di Via Toledo.
La tradizione dei Sepolcri, obbligava cosi i fedeli a percorre a piedi il percorso di visita alle chiese. Da qui, il termine “struscio” indica lo scalpiccio di piedi che “strusciano” senza fretta e richiama il suono onomatopeico degli abiti da festa, inevitabilmente lunghi, che spazzano il marciapiede lungo il percorso. Ecco quindi : fare struscio è diventato sinonimo di farsi belli, agghindarsi, per andare in giro per le strade, senza fretta prendendosi il tempo di osservare le vetrine, fermarsi per prendere una sfogliatella da Pintauro, un caffè da Caflish e cosi di seguito.
Ma cosa sono i Sepolcri che hanno dato origine alla tradizione dello Struscio? Questo è il termine con il quale il popolo continua a chiamare la visita agli altari sacri prevista per il Giovedì Santo, associandoli impropriamente alla sepoltura di Gesù.
Non viene indicato un preciso percorso per i Sepolcri: le chiese da visitare vengono scelte da ciascun fedele in maniera autonoma e anche il numero può variare, anche se tradizionalmente i Sepolcri dovrebbero essere in numero dispari, tre, cinque o sette, numeri che dovrebbero richiamare la SS. Trinità (3), le Piaghe di Gesù (5) e i Dolori di Maria (7).
Ma lo 'struscio' partenopeo d'eccellenza nei ricordi è quello che parte da piazza Dante e prosegue per via Toledo fino a piazza del plebiscito perchè a partire dall’Ottocento la Basilica di San Francesco di Paola è diventata la naturale conclusione del percorso, unico elemento fermo di una tradizione personalizzabile.
Piazza Dante. Cominciamo dalla Chiesa di San Domenico Soriano, splendida chiesa barocca decorata da Cosimo Fanzago. Cercate la Cappella della Famiglia Rinuccini (prima sulla sinistra) con statue di Giuseppe Sammartino (quello del Cristo Velato, per intenderci).
Via Toledo. Chiesa di San Nicola alla Carità. La chiesa è adornata da affreschi e dipinti dei principali pittori del Sei-Settecento campano: Solimena, De Mura, De Matteis. A Natale espone un grande presepe, oggi visitabile nel piano sottostante.
Piazza Carità. Chiesa di Santa Maria della Carità, dove sono stati battezzati alcuni dei principali artisti napoletani da Domenico Scarlatti, a Pacecco de Rosa, a Agostino Beltrani.
Leggera deviazione e si giunge alla Chiesa di Santa Brigida nell'omonima strada. L'origine della chiesa risale al 1609, quando un borghese, Giovanni Antonio Bianco, decise di aprire nella sua abitazione una cappella dedicata a Santa Brigida; a fianco vi realizzò anche un conservatorio per vedove. Questi lavori furono svolti all'insaputa della curia di Napoli e pertanto vennero subito bloccati; le strutture vennero vendute alla pia Giovanna Guevara e, con la licenza arcivescovile e con le sovvenzioni della pia donna, la struttura poté aprire nel 1610. Infine passò ai padri Lucchesi (Ordine della Madre di Dio) che tra il 1637 e il 1640 espansero la chiesa e il convento, che attualmente è parte di Palazzo Barbaja.
Nella realizzazione della nuova chiesa, che rimpiazzò la preesistente cappella del palazzo, furono rispettate le condizioni imposte dalle autorità spagnole, dietro sollecito del castellano del Maschio Angioino, che riteneva un ostacolo al tiro delle cannoniere una cupola di maestose dimensioni; per questo motivo fu innalzata una cupola alta solo nove metri.
Piazza Trieste e Trento. Chiesa di San Ferdinando, con gli splendidi interventi marmorei di Domenico Antonio Vaccaro, tra cui spicca l’altare maggiore.
La basilica reale pontificia di San Francesco di Paola è una basilica di Napoli, ubicata in piazza del Plebiscito, è considerata uno dei più importanti esempi di architettura neoclassica in Italia.
Ferdinando I delle Due Sicilie come voto nei confronti di san Francesco da Paola, che aveva intercesso per lui, decise la costruzione di una chiesa. Venne indetto un concorso che fu vinto dall'architetto Pietro Bianchi, il quale aveva in parte rispolverato il vecchio progetto di Laperuta, oltre a soddisfare tutte le richieste del re, come quella dell'altezza della cupola che non doveva superare il Palazzo Reale, posto proprio di fronte. In definitiva la chiesa fu conclusa nel 1846, rispecchiando pienamente quello che era il gusto neoclassico ed ispirandosi nelle forme al Pantheon di Roma[, oltretutto, grazie al privilegio concesso da papa Gregorio XVI, fu la prima chiesa di Napoli ad avere l'altare rovescio.
A questo punto Arecata vi augura buono struscio virtuale, buon casatiello, questo reale e concreto e Buona Pasqua.