Le stronzate di Pulcinella

UNA BELLA NOTIZIA - 2 -, "Il mio desiderio di oggi" da Giovanni Keller

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view post Posted on 25/4/2014, 13:26
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Faenza 25/4/2014





Liberazione



La libertà non è un fine, è un mezzo. Chi la scambia per un fine, quando la ottiene, non sa che farsene.
Nicolàs Gòmez Dàvila


Benché non condivida a pieno il pensiero del filosofo colombiano, ho voluto riportare questa sua frase che mi sembra chiarire il concetto di libertà, di cui tanto parliamo e spesso in modo astratto. Parlare di libertà come di un mezzo ridà ad essa un valore concreto e ci spinge a ricercarla per porla al servizio dei fini a cui tendiamo. Mai senza di essa potremo raggiungere un’unione profonda con noi stessi e mai potremo aspirare ad un amore vero ed universale. Pensare ad essa come mezzo non mi sembra svilirla ma darle un senso realizzabile. È forse pensando ad essa come fine che da quando il venticinque aprile di sessantanove anni fa l’abbiamo ottenuta, non sappiamo che farne.

Un abbraccio a tutti. Giovanni


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ed è per questo caro Giovanni, proprio perché bisogna essere pronti per la libertà, e sapere cosa farsene che le "menti illuminate" di allora, sessantasei anni fa pensarono bene di togliercela di nuovo, e non restituircela più!
 
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view post Posted on 26/4/2014, 11:12
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Faenza 26/4/2014



Racconto-54



Era d’estate e sia papà che Carlo indossavano pantaloni blu che arrivavano fino al ginocchio e molto alti in vita, fin sopra lo stomaco e una camicia bianca a mezze maniche, era un po’ la divisa estiva di quell’epoca. Ricordo Carlo accovacciato in un angolo mentre con le lacrime agli occhi non riusciva a trattenere il riso e papà che imperterrito continuava a leggere, recitando, le avventure di don Anselmo Tartaglia. Questa era una delle tante situazioni che ci piaceva rivivere e Carlo, nonostante avesse già sentito tante volte queste storielle, ripeteva a mio padre: “zio Antò facci sentire un po’ don Anselmo Tartaglia.”
Carlo faceva l’insegnante elementare ma le sue attività erano molteplici. Era promotore di un circolo culturale: “ La magna Grecia”, partecipava ad iniziative artistiche ed a congressi culturali, incentivava progetti per incrementare e promuovere la conoscenza di Taranto e della Puglia. Per noi ragazzi era un punto di riferimento, pieno di vita, con svariati interessi, sempre pronto al dialogo ed interessato ai nostri problemi. Una delle cose che più mi affascinava era la sua bravura nel fare le fotografie tant’è che per il mio matrimonio fu lui il fotografo. Già da un po’ non c’è più ma questi ricordi così vivi dimostrano senz’ombra di dubbio la sua presenza in noi.
Quando andavamo noi a Taranto, nel periodo estivo eravamo ospitati in una villa che i nostri familiari avevano costruito nella campagna di Martina Franca. Era un posto da sogno, una tenuta con viti ed alberi da frutto, due trulli, il pozzo dell’acqua piovana e tutto lo spazio che noi ragazzi potevamo desiderare. Correvamo, giocavamo a pallone, costruivamo fortini di pietra, ci arrampicavamo su di un enorme noce mimetizzandoci per non farci scorgere e mangiavamo tanto perché eravamo sempre affamati. In queste vacanze si univano a noi anche i parenti di Salerno, c’era quindi anche mio cugino Gigi col quale c’era una grande complicità, specialmente in tutte le bravate che eravamo capaci di fare. Se non si univano altri dall’esterno, in famiglia eravamo sette tra bambini e ragazzi con una differenza tra il più piccolo ed il più grande di circa quindici anni.


Guardare ciò che è accaduto e pensare a quel che accadrà non deve assolutamente portarci via da ciò che stiamo vivendo.

Un abbraccio a tutti. Giovanni
 
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view post Posted on 27/4/2014, 05:19
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Faenza 27/4/2014





Filtro



Dal latino philtrum e questo dal greco phileo io amo. Tutto ciò che induce amore ed in modo speciale pozione.
Dizionario etimologico online



In questi giorni ho riflettuto su ciò che sto scrivendo nel “Racconto”. Tranne alcuni momenti di malinconia e forse di tristezza, mi è sembrato che tutti i fatti che ho riportato non facciano pensare a situazioni difficili se non drammatiche. È possibile che nella mia infanzia ed adolescenza non ci siano stati avvenimenti dolorosi che mi abbiano fatto vivere momenti pesanti? Certo mi sono trovato di fronte a decisioni difficili da prendere che hanno lasciato il segno nella mia storia.
Oggi ho deciso di usare un filtro, voglio rifarmi quindi al significato etimologico di tale termine, voglio essere amorevole. Avrò, spero, la voglia ed il tempo per andare a guardare ciò che nel filtro è rimasto e portato a termine tale compito cercare ancor più nel profondo. Un abbraccio a tutti. Giovanni
 
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view post Posted on 28/4/2014, 09:23
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Licola 28/4/2014


Racconto-55



Il periodo delle vacanze a Martina Franca connotò quella stagione della mia adolescenza. I profumi ed i colori della campagna, i parenti e non solo, anche i vicini che aiutavano nei lavori agricoli, tutto è molto presente ancor oggi in me.
Di solito andavamo a Martina i primi di settembre e vi ci restavamo fin quando si riaprivano le scuole. Ci è capitato qualche volta di partecipare alla vendemmia, inutile dire che era una festa. I grappoli d’uva venivano messi in cestini che, una volta pieni, venivano svuotati in grandi cesti, questi ultimi, riempiti, erano sollevati da due persone sulla testa di Peppino, uno dei vicini, che con andamento traballante ma sicuro e con la testa incassata nel collo, trasportava il carico in un trullo precedentemente preparato all’occorrenza. La stanza di un trullo della famiglia dei contadini affianco a noi, si sgombrava di tutto, si puliva per bene e così era pronta per ricevere l’uva che veniva riversata sul pavimento attraverso un finestrino, predisposto anch’esso per la bisogna in quanto foderato tutt’intorno da tralci di vite per accogliere il cesto che veniva poggiato su di essi. Finita la vendemmia, si iniziava la fase della pigiatura. Immaginatevi più di una decina di persone di cui la metà bambini e ragazzi che contemporaneamente più che pigiare, calpestavano letteralmente l’uva sul pavimento del trullo. Che festa e che baldoria, i chicchi d’uva schiacciati che schizzavano da per tutto, i piedi che affondavano nei grappoli soffici e freschi, il succo che scorreva in mille rivoli verso il tombino per scorrere nella sottostante vasca, i volti allegri delle persone, le battute che Carlo e papà non facevano mai mancare, le risate, tutto predisponeva quel succo d’uva a diventare un meraviglioso vino. Il trullo non poteva essere abitato nel periodo della bollitura del mosto per le esalazioni che salivano dal tombino. Finita la bollitura il mosto divenuto vino, veniva sollevato dalla vasca e messo a continuare la sua maturazione nei capasoni, enormi giare di coccio provenienti da Grottaglie.
Certo una buona predisposizione c’era in me ma devo dire che in quel periodo è come se avessi fatto un dottorato sul vino che mi ha ben avviato alla passione del bere.


L’ago che ricama la mia vita ha passato col filo Grottaglie quand’ero ragazzo ed oggi me lo ha riproposto mediante mia figlia Elvira che a Faenza mi ha fatto incontrare i tornianti di questo paese della Puglia.
Un abbraccio a tutti. Giovanni
 
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view post Posted on 29/4/2014, 10:40
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Licola 29/4/2014


Emozione

Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.
Dagli Atti degli Apostoli


Sarà stata l’atmosfera, le parole della prima lettura, le persone che c’erano in chiesa, fatto sta che guardando i down con i familiari e gli accompagnatori mi ha preso forte l’emozione.
Sabato pomeriggio sono andato a messa con Pina e ho notato che c’erano diverse persone particolari, quelli che vengono chiamati down o diversamente abili e che preferirei chiamare ugualmente sensibili o meglio più sensibili. Sono sempre sorridenti, si cercano, si toccano, si baciano, alcuni di loro mi guardavano negli occhi senza riserve e mi sorridevano ammiccanti. Mentre ero in fila per la comunione uno di loro di mezza età mi ha raggiunto e mi ha preso la mano salutandomi : “ciao”, la vecchia madre con un sorriso imbarazzato lo ha spinto in avanti ma io gli ho stretto la mano e: “ciao” ho ricambiato il saluto contento. Ho letto una volta da qualche parte che questo genere di persone erano, in antiche culture, ritenute sacre, espressioni del divino e come tali protette e tenute in considerazione. Sarebbe bello riprenderci le antiche saggezze, non ritenerle perdute del tutto.

Un abbraccio a tutti. Giovanni
 
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view post Posted on 30/4/2014, 08:47
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Licola 30/4/2014


Racconto-55



Al mattino si faceva colazione nella grande cucina e non mancava mai un bel piatto di fichi appena raccolti. Era zio Salvatore che svegliandosi presto e per primo, provvedeva a raccoglierli dagli alberi intorno casa. Quando mi alzavo mi piaceva affacciarmi dalla veranda e, ancora in pigiama, guardare in giro; nella tranquillità del mattino vedevo zio Salvatore muoversi tranquillo nel suo da fare mattutino. La sua figura alta, i suoi capelli radi, bianchi, il suo colorito roseo, gli occhi leggermente venati di rosso che ricordavano i venti marini, tutto rispecchiava i lunghi anni trascorsi sui mari del mondo. Era un vecchio marinaio che una volta in pensione aveva deciso di comprare un pezzo di terra per ancorare i suoi piedi stanchi del dondolio delle onde. Si era imbarcato come mozzo nella marina militare ed aveva fatto una lunga carriera congedandosi come direttore di macchine. Aveva sempre fatto parte del personale imbarcato ed a volte nei suoi giri passava da noi e quando la nave su cui prestava servizio si fermava per qualche giorno a Napoli, veniva a trovarci. Ho ancora l’immagine di questo uomo affascinante nella sua divisa blu gallonata, con un dolce sorriso che accompagnava la sua presenza tra noi; a cena sedeva a capotavola, il posto che papà gli cedeva, noi tutti pendevamo dalle sue labbra e lui col suo fare tranquillo ci raccontava. Ci raccontava che all’inizio del suo lavoro, quando i motori erano ancora molto rudimentali, per metterli in moto usavano come innesco un sigaro acceso, una volta il motore non ne volle sapere allora sostituirono il solito Garibaldi con un sigaro cubano ed il motore subito si accese. Ci spiegava che la disciplina a bordo era rispettata senza bisogno di particolari imposizioni e che l’equipaggio quando si rivolgeva agli ufficiali non usava appellarsi ad essi col grado ma li chiamava col titolo di signore seguito dal cognome. Quando ci si sedeva a tavola per il pranzo o la cena si aspettava sempre il comandante e ci si alzava solo dopo che questi si era alzato. Queste semplici regole mi davano il senso di famiglia che regnava a bordo dei bastimenti, come si chiamavano una volta, o vapori, come li chiamava mio zio Mario anch’egli impegnato in un lavoro marittimo.

I ricordi mi confermano che gli occhi di coloro che incontriamo ci raccontano il loro vissuto.

Un abbraccio a tutti. Giovanni
 
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view post Posted on 1/5/2014, 08:34
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Licola 1/5/2014


Poema per quarantotto archi e quattro trombe.
Goffredo Pretassi


Mi è capitato di ascoltare casualmente un programma radiofonico in cui il conduttore spiegava l’opera musicale di Goffredo Pretassi e la sua evoluzione artistica. Devo premettere che non ricordo di aver mai sentito nominare quest’autore, ascoltandone però alcuni brani e sentendo le osservazioni del commentatore , sono rimasto affascinato da questo musicista. Dall’età di ventisei anni alla morte avvenuta a novantanove anni, Petrassi ha composto musica spaziando nei generi più diversi: dalla composizione per pianoforte, alle sinfonie, alle musiche da film, alla messa in musica di opere letterarie e poetiche; lasciando sempre sbalorditi coloro che ascoltavano la sua musica perché li poneva di volta in volta di fronte a composizioni di stili diversi, cambiando canoni espressivi, confrontandosi con ispirazioni del passato e proponendo stilemi che anticipavano i tempi. Al di là della mia piccola conoscenza della tecnica musicale quello che maggiormente mi ha preso è stata la voglia della sperimentazione del diverso, l’amore dell’artista che vuole esplorare tutti i campi della materia su cui lavora, lontano dall’esigenza del mercato che chiede sempre la riconoscibilità dell’espressione legata all’autore per non deludere le aspettative del fruitore acquirente. È bello riconoscere anche nell’artista l’uomo libero.

Un abbraccio a tutti. Giovanni
 
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view post Posted on 2/5/2014, 10:33
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Licola 2/5/2014


Racconto-56



Trascorrevamo le nostre vacanze pugliesi tra passatempi, vita all’aria aperta e gite in questa meravigliosa regione. Il bianco della calce che illuminava le stradine di Martina Franca mi è rimasto negli occhi, la dolcezza delle campagne del triangolo d’oro racchiuso tra i paesi di Locorotondo, Martina Franca e Cisternino, appartenenti rispettivamente alle province di Bari, Taranto e Brindisi, mi racconta di quel periodo della mia vita. Ci allontanavamo a volte per raggiungere Grottaglie e visitare le fabbriche di terracotta, fu lì che potetti, per la prima volta, assistere al miracolo della terra che si trasformava in forma sotto le mani di un uomo, per poi prender forza dal fuoco nei vecchi forni a legna dove le nere forme dei cocci si stagliavano sul rosso cupo del calore. Ci allontanavamo a volte per visitare Alberobello con i suoi trulli o Fasano con la sua selva o Ostuni abbagliante nei suoi muri bianchi o Castellana con l’esagerato sfarzo della grotta bianca. Ci allontanavamo per arrivare ad Otranto col suo intrico di vicoli, per visitare la grotta della Zinzulusa.
Conoscevamo la terra ma conoscevamo anche le persone. Spesso arrivavano parenti ed amici nel tratturo in cui c’era la villa che ci ospitava. La famiglia Cosatto che veniva forse dal Veneto, a volte pranzava da noi e ricordo il nostro stupore quella volta che portarono un caciocavallo e quando andarono via si riportarono la parte che non era stata mangiata. Un altro amico di famiglia era don Donato, un sacerdote giovane, magro, alto, bel ragazzo a cui piacevano le auto e che una volta a causa della sua passione per la guida veloce ebbe un incidente da cui uscì illeso e mio padre gli disse: “Caro don Donato, lei deve stare attento perché già il suo nome è un participio passato”.


Soffiando via la polvere del tempo, riaffiorano fatti che correremmo il rischio di perdere.

Un abbraccio a tutti. Giovanni
 
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view post Posted on 3/5/2014, 13:33
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Licola 3/5/2014


Viaggio

Il viaggio è sempre una scoperta, anche quando si attraversano territori già visitati.

Disponiamoci con curiosità verso il posto che ci accolse e di nuovo ci accoglie. Un abbraccio a tutti. Giovanni
 
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view post Posted on 3/5/2014, 16:26

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Carissimo Giovanni ti rinnovo i saluti ed un ringraziamento personale
Buona domenica,ed ogni altro giorno a venire
 
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view post Posted on 4/5/2014, 09:11
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Licola 4/5/2014


Racconto-57



Il mio vissuto con i parenti tarantini non si limita a Martina Franca, tante volte mi è capitato di soggiornare a Taranto ma la memoria dei fatti e della casa di lì è più flebile. Della casa ricordo che era situata a piano rialzato in una via centrale, che c’era una strana veranda tinello e c’era poi una stanza con un pianoforte su cui cercavo di strimpellare qualche motivetto. Doveva essere una casa abbastanza grande perché ospitava otto persone; insieme a zio Salvatore e zia Angelina, la loro figlia Carla col marito Carlo ed i loro figli Celeste, Salvatore ed Aurelio, viveva la mamma di zia Angelina: nonna Fafina. Questa vecchietta minuta e piccola non si alzava mai dal letto ed era preda di una demenza senile che spesso sfociava in crisi durante le quali sprigionava un’energia incredibile e con gli occhi di fuoco ci diceva: “ Io mi mangio a te e ciento comm’a te.” Nonna Fafina, vecchia, vecchia, piccola, piccola ma così forte, ci impressionava un po’ e noi a queste sue uscite ci allontanavamo dal letto spaventati. Di Taranto ricordo poco, una delle cose che mi è rimasta impressa è la processione del giovedì santo: dei penitenti scalzi ed incappucciati, attraversano la città “nazzicando”, cioè avanzando molto lentamente e con andamento dondolante a causa dello spostamento del peso alternativamente da destra a sinistra e viceversa. Devo dire che i penitenti, vestiti con un saio bianco e con un cappello da prete calzato sul cappuccio, incutono timore reverenziale in quelli che li osservano silenziosi e coinvolti dal loro procedere lento.

Anch’io nel mio racconto procedo a volte spedito ed a volte “nazzicando”.

Un abbraccio a tutti. Giovanni
 
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view post Posted on 5/5/2014, 11:21
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Licola 5/5/2014


Durante il cammino

…due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto.
Luca 24-13/14


I due discepoli ci insegnano l’attenzione lungo il cammino. Percorriamo la nostra strada senza distrarci, guardiamoci intorno, discorriamo del nostro essere umani ma ricordiamoci sempre di quella piccola favilla che brucia dentro di noi, riconosciamola quando si manifesta sulla nostra strada.

Un abbraccio a tutti. Giovanni
 
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view post Posted on 6/5/2014, 14:40
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Licola 6/5/2014


Racconto-58



Per andare da Napoli a Taranto oggi occorrono circa tre ore, allora era un viaggio epico. Si partiva la mattina presto e, cartina alla mano, si percorrevano strade statali e si attraversavano paesi. La macchina: una Volkswagen, allora non si chiamava ancora maggiolino e la casa automobilistica tedesca produceva solo quel tipo di auto o forse era l’unico che veniva commercializzato in Italia. Oltre ai bagagli si portavano regali per i parenti e generi di conforto per il viaggio. Eravamo in sei, all’epoca non c’erano restrizioni sul numero dei passeggeri: mamma, papà, noi tre figli e Nina; una volta avemmo la spudoratezza di viaggiare in sette, c’era anche Sara e Matilde fu costretta a sedersi nel portabagagli che si trovava alle spalle del sedile posteriore. Lungo il viaggio c’erano le tappe obbligate: fuori Ariano Irpino ci si fermava ad una fontana per bere un’acqua ghiacciata buonissima,prima di attraversare il paese si affrontava un tratto di strada con una pendenza elevatissima, ci avevano raccontato che i camionisti, non potendosi fermare lungo quella ripida salita, si sostituivano alla guida a volo col mezzo in movimento,mi sono sempre chiesto perché non effettuassero il cambio prima o dopo la salita ma ho imparato che non bisogna mai applicare la logica a certe storie, a Grottaminarda si compravano i taralli dolci ricoperti in parte di una leggera glassa bianca, se lungo la strada si incontravano tornanti bisognava fermarsi per far scendere Matilde che soffriva il mal d’auto. Un po’ prima di Taranto trovavamo Carlo che ci veniva incontro, preoccupato per la durata del viaggio e timoroso che potessimo sbagliare strada. Ricordo che uno di quei viaggi una volta durò nove ore.

Cambiano i tempi e con essi il modo di viaggiare. Dovremmo comunque continuare a cercare le sorprese che riserva ogni viaggio. Un abbraccio a tutti. Giovanni
 
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view post Posted on 7/5/2014, 14:38
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Licola 7/5/2014


Il mare

Oggi il mare ha il colore del mare.

Ieri mattina mia figlia Delia è salita su da noi, è entrata nella cucina tinello in cui trascorriamo la maggior parte della giornata e guardando fuori è rimasta con lo sguardo fisso in lontananza; dopo un po’ ha detto: “Oggi il mare ha il colore del mare.” Non so perché questa frase mi è rimasta dentro.
A volte capita che una breve frase o addirittura una sola parola sia sufficiente a destare sensazioni. Tutto sta a mantenere sempre desta l’attenzione.

Un abbraccio a tutti. Giovanni
 
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view post Posted on 8/5/2014, 13:15
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Licola 6/5/2014


Racconto-59




Se devo definire mio padre con un aggettivo, il primo che mi viene in mente è: rigido. C’è però un episodio che è rimasto in me come un grande insegnamento. Una mattina prima di andare a scuola, non so per quale motivo, papà fece storie con mamma e prima di andar via le disse: “se oggi torno a casa, sputame ‘n faccia.” Durante la mattinata pensai spesso alla minaccia del non ritorno, a ora di pranzo però comparve dietro la porta papà che disse a mamma: “sputame ‘n faccia.” .
Esser pronti a cambiare atteggiamento non è certo una manifestazione di rigidità eppure tante volte, in particolare con noi figli, papà ha manifestato la sua durezza nel pretendere che seguissimo pedissequamente le sue prescrizioni. Non parlo degli insegnamenti morali o dei principi che hanno ispirato il suo comportamento e che penso siano diventati bagaglio del nostro essere, parlo delle scelte quotidiane, dell’approccio con lo studio, dell’uso del tempo libero, della voglia di autonomia decisionale che noi ragazzi avevamo. Con la sua storia personale, fatta sempre di fatica per conquistare qualcosa, con la situazione economica familiare non certo florida, per cui valeva la pena fare solo ciò che portasse ad un risultato concreto, si era tarpato le ali del sogno. L’utopia era da considerarsi un non luogo, come ci dice il suo significato etimologico. Questa sua concretezza estremizzata gli ha sottratto una buona parte di spensieratezza ma ha certo contribuito a dare alla famiglia una tranquillità ed un senso di sicurezza e di ciò gli dobbiamo riconoscenza.


Nel procedere non sempre la strada è semplice e sicura, si incontrano anche contrade che ci mettono ansia ed un po’ di paura. Un abbraccio a tutti. Giovanni
 
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