| La pioggia è un fenomeno naturale associato spesso a significati anche opposti. Se da un lato è vista come fonte di vita, in quanto fondamentale per la crescita di fiori, piante e alberi, dall’altro è simbolicamente associata alle lacrime e alla malinconia. D’altronde, camminando sotto la pioggia, o fermandosi a guardarla dalla finestra, chi non ha mai sentito come una dolce sensazione di tristezza? Ecco quindi le più belle poesie sulla pioggia che ne descrivono tutti gli aspetti, da quelli legati alla natura a quelli più profondi dell’animo. Giorno di pioggia (Henry Wadsworth Longfellow)
La giornata è fredda, e scura, e cupa Piove, e il vento non è mai stanco La vite si aggrappa ancora al muro in rovina, Ma ad ogni raffica le foglie morte cadono, E i giorni sono scuri e cupi. La mia vita è fredda e scura e cupa; Piove, e il vento non è mai stanco; I miei pensieri si aggrappano ancora al passato in rovina, Ma le speranze della gioventù cadono fitte nell’esplosione, E i giorni sono scuri e cupi. Fermati, cuore triste! E smettila di lamentarti; Dietro le nuvole il sole sta ancora splendendo Il tuo destino è il destino comune di tutti Nella vita di ognuno di noi deve cadere un po’ di pioggia. Alcuni giorni devono essere scuri e cupi.
La quiete dopo la tempesta (Giacomo Leopardi)
Passata è la tempesta: Odo augelli far festa, e la gallina, Tornata in su la via, Che ripete il suo verso. Ecco il sereno Rompe là da ponente, alla montagna; Sgombrasi la campagna, E chiaro nella valle il fiume appare. Ogni cor si rallegra, in ogni lato Risorge il romorio Torna il lavoro usato. L’artigiano a mirar l’umido cielo, Con l’opra in man, cantando, Fassi in su l’uscio; a prova Vien fuor la femminetta a còr dell’acqua Della novella piova; E l’erbaiuol rinnova Di sentiero in sentiero Il grido giornaliero. Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride Per li poggi e le ville. Apre i balconi, Apre terrazzi e logge la famiglia: E, dalla via corrente, odi lontano Tintinnio di sonagli; il carro stride Del passegger che il suo cammin ripiglia. Si rallegra ogni core. Sì dolce, sì gradita Quand’è, com’or, la vita? Quando con tanto amore L’uomo a’ suoi studi intende? O torna all’opre? o cosa nova imprende? Quando de’ mali suoi men si ricorda? Piacer figlio d’affanno; Gioia vana, ch’è frutto Del passato timore, onde si scosse E paventò la morte Chi la vita abborria; Onde in lungo tormento, Fredde, tacite, smorte, Sudàr le genti e palpitàr, vedendo Mossi alle nostre offese Folgori, nembi e vento. O natura cortese, Son questi i doni tuoi, Questi i diletti sono Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena E’ diletto fra noi. Pene tu spargi a larga mano; il duolo Spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto Che per mostro e miracolo talvolta Nasce d’affanno, è gran guadagno. Umana Prole cara agli eterni! assai felice Se respirar ti lice D’alcun dolor: beata Se te d’ogni dolor morte risana.
Alla pioggia (Edmondo De Amicis)
Scendi a torrenti, giù, pioggia feconda. Riga il ciel de le tua fila infinite, Ravviva i germi, suscita le vite Nel seno de la terra sitibonda! Scroscia ne la città negra ed immonda, Gorgoglia ne le piazze inaridite, Lava i sobborghi, spazza la mefite, Corri, schizza, ringorga, inaffia, inonda! Vedi, tutto si scote e si ridesta Sotto ai sonanti sprazzi cristallini, Tutto sgocciola, tremola e fa festa, E dai vetri t’applaudono i bambini E i fiori verso te levan la testa E le donne ti mostrano i piedini.
La pioggia nel pineto (Gabriele D’Annunzio)
Taci. Su le soglie del bosco non odo parole che dici umane; ma odo parole più nuove che parlano gocciole e foglie lontane. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove su le tamerici salmastre ed arse, piove sui pini scagliosi ed irti, piove su i mirti divini, su le ginestre fulgenti di fiori accolti, su i ginepri folti di coccole aulenti, piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggeri, su i freschi pensieri che l’anima schiude novella, su la favola bella che ieri t’illuse, che oggi m’illude, o Ermione. Odi? La pioggia cade su la solitaria verdura con un crepitio che dura e varia nell’aria secondo le fronde più rade, men rade. Ascolta. Risponde al pianto il canto delle cicale che il pianto australe non impaura, né il ciel cinerino. E il pino ha un suono, e il mirto altro suono, e il ginepro altro ancora, stromenti diversi sotto innumerevoli dita. E immensi noi siam nello spirito silvestre, d’arborea vita viventi; e il tuo volto ebro è molle di pioggia come una foglia, e le tue chiome auliscono come le chiare ginestre, o creatura terrestre che hai nome Ermione. Ascolta, Ascolta. L’accordo delle aeree cicale a poco a poco più sordo si fa sotto il pianto che cresce; ma un canto vi si mesce più roco che di laggiù sale, dall’umida ombra remota. Più sordo e più fioco s’allenta, si spegne. Sola una nota ancor trema, si spegne, risorge, trema, si spegne. Non s’ode su tutta la fronda crosciare l’argentea pioggia che monda, il croscio che varia secondo la fronda più folta, men folta. Ascolta. La figlia dell’aria è muta: ma la figlia del limo lontana, la rana, canta nell’ombra più fonda, chi sa dove, chi sa dove! E piove su le tue ciglia, Ermione. Piove su le tue ciglia nere sì che par tu pianga ma di piacere; non bianca ma quasi fatta virente, par da scorza tu esca. E tutta la vita è in noi fresca aulente, il cuor nel petto è come pesca intatta, tra le palpebre gli occhi son come polle tra l’erbe, i denti negli alveoli son come mandorle acerbe. E andiam di fratta in fratta, or congiunti or disciolti (e il verde vigor rude ci allaccia i melleoli c’intrica i ginocchi) chi sa dove, chi sa dove! E piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggeri, su i freschi pensieri che l’anima schiude novella, su la favola bella che ieri m’illuse, che oggi t’illude, o Ermione.
Ascoltavo la pioggia (Alda Merini)
Ascoltavo la pioggia domandare al silenzio quale fragile ardore sillabava e moriva. L’infinito tendeva ori e stralci di rosso profumando le pietre di strade lontane. Mi abitavano i sogni odorosi di muschio quando il fiume impetuoso scompigliava l’oceano. Ascoltavo la pioggia domandare al silenzio quanti nastri di strade annodavano il cuore. E la pioggia piangeva asciugandosi al vento sopra tetti spioventi di desolati paesi.
Sulla strada bagnata di pioggia (Peppino Impastato)
Sulla strada bagnata di pioggia si riflette con grigio bagliore la luce di una lampada stanca: e tutt’intorno è silenzio.
Pioggia d’Aprile (Luigi Pirandello)
Attoniti, dai nidi nuovi, sui vecchi tetti guardano gli uccelletti. mettendo acuti gridi, cadere l’invocata pioggia di mezzo aprile. Tu dietro la vetrata, dalla finestra bassa come lor guardi e ridi. È nuvola che passa. Piove (Guillaume Apollinaire) Piovono voci di donna come se fossero morte anche nel ricordo. Siete anche voi che piovete meravigliosi incontri della mia vita o gocciolette. E quelle nuvole impennate cominciano a nitrire tutto un universo di città auricolari. Ascolta se piove mentre il rimpianto e lo sdegno piangono una musica antica. Ascolta cadere i legami che ti trattengono in alto e in basso.
Già la pioggia è con noi (Salvatore Quasimodo)
Già la pioggia è con noi, scuote l’aria silenziosa. Le rondini sfiorano le acque spente presso i laghetti lombardi, volano come gabbiani sui piccoli pesci; il fieno odora oltre i recinti degli orti. Ancora un anno è bruciato, senza un lamento, senza un grido levato a vincere d’improvviso un giorno.
Pioggia (Charles Bukowski)
Un’orchestra sinfonica. Scoppia un temporale, stanno suonando un’ouverture di Wagner la gente lascia i posti sotto gli alberi e si precipita nel padiglione le donne ridendo, gli uomini ostentatamente calmi, sigarette bagnate che si buttano via, Wagner continua a suonare, e poi sono tutti al coperto. Vengono persino gli uccelli dagli alberi ed entrano nel padiglione e poi c’è la Rapsodia Ungherese n. 2 di Lizst, e piove ancora, ma guarda, un uomo seduto sotto la pioggia in ascolto. Il pubblico lo nota. Si voltano a guardare. L’orchestra bada agli affari suoi. L’uomo siede nella notte nella pioggia, in ascolto. Deve avere qualcosa che non va, no? È venuto a sentire la musica.
Pioggia (Robert Louis Stevenson)
La pioggia cade dappertutto cade con andamento fitto, cade sugli alberi, sui campi, sulle strade, portando vita dove cade. Cade picchiettando sugli ombrelli e mentre cade scappan gli uccelli; cade nel mare, sulle navi e i vascelli, cade gonfiando i ruscelli più belli.
I gatti lo sapranno (Cesare Pavese)
Ancora cadrà la pioggia sui tuoi dolci selciati, una pioggia leggera come un alito o un passo. Ancora la brezza e l’alba fioriranno leggere come sotto il tuo passo, quando tu rientrerai. Tra fiori e davanzali i gatti lo sapranno. Ci saranno altri giorni, ci saranno altre voci. Sorriderai da sola. I gatti lo sapranno. Udrai parole antiche, parole stanche e vane come i costumi smessi delle feste di ieri. Farai gesti anche tu. Risponderai parole − viso di primavera, farai gesti anche tu. I gatti lo sapranno, viso di primavera; e la pioggia leggera, l’alba color giacinto, che dilaniano il cuore di chi piú non ti spera, sono il triste sorriso che sorridi da sola. Ci saranno altri giorni, altre voci e risvegli. Soffriremo nell’alba, viso di primavera.
Che dice la pioggerellina (Angiolo Silvio Novaro)
Che dice la pioggerellina Di marzo, che picchia argentina Sui tegoli vecchi Del tetto, sui bruscoli secchi Dell’orto, sul fico e sul muro Ornati di gemmule d’oro? Passata è l’uggiosa invernata, Passata, passata! Di fuor dalla nuvola nera Di fuor dalla nuvola bigia Che in cielo si pigia, Domani uscirà Primavera Con pieno il grembiale Di tiepido sole, Di fresche viole, Di primule rosse, di battiti d’ale, Di nidi, Di gridi Di rondini, ed anche Di stelle di mandorlo, bianche… Ciò dice la pioggerellina Sui tegoli vecchi Del tetto, sui bruscoli secchi dell’orto, sul fico e sul moro Ornati di gemmule d’oro. Ciò canta, ciò dice; E il cuor che l’ascolta è felice.
Il mattino e la sera (Bertolt Brecht)
Quello che amo mi ha detto che ha bisogno di me Per questo ho cura di me stessa guardo dove cammino e temo che ogni goccia di pioggia mi possa uccidere
Piove (Eugenio Montale)
È uno stillicidio senza tonfi di motorette o strilli di bambini. Piove da un cielo che non ha nuvole. Piove sul nulla che si fa in queste ore di sciopero generale. Piove sulla tua tomba a San Felice a Emma e la terra non trema perché non c’è terremoto né guerra. Piove non sulla favola bella di lontane stagioni, ma sulla cartella esattoriale, piove sugli ossi di seppia e sulla greppia nazionale. Piove sulla Gazzetta Ufficiale qui dal balcone aperto, piove sul Parlamento, piove su via Solferino, piove senza che il vento smuova le carte. Piove in assenza di Ermione se Dio vuole, piove perché l’assenza è universale e se la terra non trema è perché Arcetri a lei non l’ha ordinato. Piove sui nuovi epistemi del primate a due piedi, sull’uomo indiato, sul cielo ominizzato, sul ceffo dei teologi in tuta o paludati, piove sul progresso della contestazione, piove sui work in regress, piove sui cipressi malati del cimitero, sgocciola sulla pubblica opinione. Piove ma dove appari non è acqua né atmosfera, piove perché se non sei è solo la mancanza e può affogare
Pioggia d’agosto (Guido Gozzano) Nel mio giardino triste ulula il vento, cade l’acquata a rade goccie, poscia più precipite giù crepita scroscia a fili interminabili d’argento… Guardo la Terra abbeverata e sento ad ora ad ora un fremito d’angoscia… Soffro la pena di colui che sa la sua tristezza vana e senza mete; l’acqua tessuta dall’immensità chiude il mio sogno come in una rete, e non so quali voci esili inquiete sorgano dalla mia perplessità. “La tua perplessità mediti l’ale verso meta più vasta e più remota! È tempo che una fede alta ti scuota, ti levi sopra te, nell’Ideale! Guarda gli amici. Ognun palpita quale demagogo, credente, patriota… Guarda gli amici. Ognuno già ripose la varia fede nelle varie scuole. Tu non credi e sogghigni. Or quali cose darai per meta all’anima che duole? La Patria? Dio? l’Umanità? Parole che i retori t’han fatto nauseose!… Lotte brutali d’appetiti avversi dove l’anima putre e non s’appaga… Chiedi al responso dell’antica maga la sola verità buona a sapersi; la Natura! Poter chiudere in versi i misteri che svela a chi l’indaga!” Ah! La Natura non è sorda e muta; se interrogo il lichène ed il macigno essa parla del suo fine benigno… Nata di sé medesima, assoluta, unica verità non convenuta, dinanzi a lei s’arresta il mio sogghigno. Essa conforta di speranze buone la giovinezza mia squallida e sola; e l’achenio del cardo che s’invola, la selce, l’orbettino, il macaone, sono tutti per me come personae, hanno tutti per me qualche parola… Il cuore che ascoltò, più non s’acqueta in visïoni pallide fugaci, per altre fonti va, per altra meta… O mia Musa dolcissima che taci allo stridìo dei facili seguaci, con altra voce tornerò poeta!
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