Le stronzate di Pulcinella

LA STORIA D'ITALIA ATTRAVERSO I CANTI E LE CANZONI

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view post Posted on 22/2/2011, 13:05
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Pulcinella291 Forum

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Nel 150mo anniversario dell'unita' dell'Italia, in questo post ripercorreremo le tappe attraverso i canti e le canzoni che segnarono l'epoca storica in cui furono composte. Furono momenti di grandi eccitazioni e di movimenti patriottici ed alcune canzoni intonate a squarciagola divennero il simbolo e spesso anche la propoganda di alcuni ideali.
Cominciamo con il famoso." Va, pensiero, sull'ali dorate".
Forse non tutti sanno che questo famoso Coro del Nabucco , dal quale è tratto scritto da Verdi nel 1842 fu cantato dagli Ebrei prigionieri in Babilonia.
Va, pensiero, sull'ali dorate;


Va, ti posa sui clivi, sui colli,
Ove olezzano tepide e molli
L'aure dolci del suolo natal!
Del Giordano le rive saluta,


Di Sionne le torri atterrate...
Oh mia patria sì bella e perduta!
O membranza sì cara e fatal!
Arpa d'or dei fatidici vati,


Perché muta dal salice pendi?
Le memorie nel petto riaccendi,
Ci favella del tempo che fu!
O simile di Solima ai fati


Traggi un suono di crudo lamento,
O t'ispiri il Signore un concento
Che ne infonda al patire virtù!

Solo piu' tardi fu interpretato dal pubblico dell'epoca come una metafora della condizione degli italiani soggetti a dominio austriaco.


L'INNO DI MAMELI
Scritto nell'autunno del 1847 dall'allora ventenne studente e patriota Goffredo Mameli, musicato poco dopo a Torino da un altro genovese, Michele Novaro, il Canto degli Italiani nacque in quel clima di fervore patriottico che già preludeva alla guerra contro l'Austria. L'immediatezza dei versi e l'impeto della melodia ne fecero il più amato canto dell'unificazione, non solo durante la stagione risorgimentale, ma anche nei decenni successivi. Non a caso Giuseppe Verdi, nel suo Inno delle Nazioni del 1862, affidò proprio al Canto degli Italiani - e non alla Marcia Reale - il compito di simboleggiare la nostra Patria, ponendolo accanto a God Save the Queen e alla Marsigliese.Fu quasi naturale, dunque, che il 12 ottobre 1946 l'Inno di Mameli divenisse l'inno nazionale della Repubblica Italiana. Quando fu scritto era un momento di grande eccitazione: mancavano pochi mesi al celebre 1848, che era già nell'aria: era stata abolita una legge che vietava assembramenti di più di dieci persone, così ben 30.000 persone ascoltarono l'inno e l'impararono; nel frattempo Nino Bixio sulle montagne organizzava i falò della notte dell'Appennino. Dopo pochi giorni, tutti conoscevano l'inno, che veniva cantato senza sosta in ogni manifestazione (più o meno pacifica). Durante le Cinque giornate di Milano, gli insorti lo intonavano a squarciagola: il Canto degli italiani era già diventato un simbolo del Risorgimento.In seguito fu proprio intonando l'inno di Mameli che Garibaldi, con i "Mille", intraprese la conquista dell'Italia meridionale e la riunificazione nazionale.


Fratelli d'Italia
L'Italia s'è desta,
Dell'elmo di Scipio
S'è cinta la testa.
Dov'è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica
Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
Già l'ora suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Uniamoci, amiamoci,
l'Unione, e l'amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore;
Giuriamo far libero
Il suolo natìo:
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Dall'Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn'uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla,
Il suon d'ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l'Aquila d'Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d'Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò


Giungiamo cosi' al 1858 quando Luigi Mercantini scrisse l'inno di Garibaldi , poi musicato da Alessio Olivieri ed eseguito per la prima volta il 31 dicembre 1858.

ALL'ARMI! ALL'ARMI!


Si scopron le tombe, si levano i morti,
I martiri nostri son tutti risorti,
Le spade nel pugno, gli allori alle chiome,
La fiamma ed il nome d'Italia sul cor.
Corriamo! Corriamo! su O giovani schiere,
Su al vento per tutto nostre bandiere
Su tutti col ferro, su tutti col fuoco,
Su tutti col fuoco d'Italia nel cor.

Va' fuori d'Italia! va' fuori ch'è l'ora!
Va' fuori d'Italia! va' fuori, stranier!


La terra dei fiori, dei suoni, dei carmi,
Ritorni qual'era la terra dell'armi;
Di cento catene ci avvinser la mano,
Ma ancor di Legnano sa i ferri brandir.
Bastone Tedesco l'Italia non doma;
Non crescon al gioco le stirpe di Roma:
Più Italia non vuole stranieri e tiranni,
Già troppo son gli anni che dura il servir.

Va' fuori d'Italia! va' fuori ch'è l'ora!
Va' fuori d'Italia! va' fuori, stranier!


Le case d'Italia son fatte per noi,
E là sul Danubio le case de' tuoi;
Tu i campi ci guasti; tu il pane c'involi;
I nostri figliuoli per noi li vogliam.
Son l'Alpi e i due mari d'Italia i confini,
Col carro di fuoco rompiam gli Appennini,
Distrutto ogni sogno di vecchia frontiera
La nostra bandiera per tutto innalziam.

Va' fuori d'Italia! va' fuori ch'è l'ora!
Va' fuori d'Italia! va' fuori, stranier!


Sien mute le lingue, sien pronte le braccia,
Soltanto al nemico volgiamo la faccia.
E tosto oltre i monti n'andrà lo straniero,
Se tutto un pensiero l'Italia sarà.
Non basta il trionfo di barbare spoglie,
Si chiudan ai ladri d'Italia le soglie;
Le genti d'Italia son tutte una sola,
Son tutte una sola le cento Città.

Va' fuori d'Italia! va' fuori ch'è l'ora!
Va' fuori d'Italia! va' fuori, stranier!


In poco tempo divento' un famoso inno patriottico del Risorgimento italiano
CONYINUA


Edited by Pulcinella291 - 6/4/2020, 12:27
 
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LA BANDIERA TRICOLORE fu un altro inno del nostro risorgimento


E la bandiera di tre colori
sempre è stata la più bella:
noi vogliamo sempre quella,
noi vogliam la libertà!


E la bandiera gialla e nera
qui ha finito di regnare,
la bandiera gialla e nera
qui ha finito di regnare


Tutti uniti in un sol patto,
stretti intorno alla bandiera,
griderem mattina e sera:
viva, viva i tre color!

E qui bisogna fare un po' di storia.Ricordiamo una data: 10 dicembre 1847.Fu un giorno importante per la storia di Genova e del Risorgimento italiano.
Quel giorno convennero nella città ligure patrioti provenienti da ogni parte d'Italia per dare corpo a una manifestazione che voleva ricordare il 101° anniversario della insurrezione antiaustriaca.
Era solo un pretesto; in realtà chi venne a Genova voleva protestare contro la presenza straniera in Italia ed indurre Carlo Alberto e gli altri sovrani ad abbracciare la causa nazionale. Oltre 32.000 persone, in una città di 100.000 abitanti, organizzarono un corteo ininterrotto dall'Acquasola al Santuario di Oregina; in gruppi ordinati, studenti, operai, artigiani, portavano i loro labari e cantavano inni.Nella manifestazione di Oregina tra gli stendardi azzurri, giallo neri inneggianti a Carlo Alberto e a Pio IX, tra i tantissimi labari spiccavano due bandiere bianco-rosso-verdi. Era il tricolore italiano per la prima volta portato in pubblico. Era il tricolore della Giovine Italia simbolo di una intera Nazione che aspirava alla libertà. I due coraggiosi che quel 10 dicembre sfidarono il governo sventolando i tricolori erano lo stesso Goffredo Mameli ed un suo compagno, Luigi Paris, che guidavano un gruppo di entusiasti giovani universitari.


LA BELLA GIGOGIN

E' un altro canto patriottico di quel periodo.Scritta dal compositore di balli milanese Paolo Giorza, classe 1832, pur non essendo un inno, si presentò come canzone patriottica, pur essendo allegrotta e dovendo affrontare tematiche drammatiche.L'origine della canzone non è chiara, anche se è molto probabile che l'autore prese spunto da alcune strofette lombardo-piemontesi, invece pare abbastanza sicura l'origine come danza o come ballo della canzone.

Il tema principale della canzone è l'invito a Vittorio Emanuele II, erede dello sfortunato Carlo Alberto, a fare avanti un passo.

La canzone ebbe un tale successo che le bande militari austriache avevano imparano a suonare La Bella Gigogin e quando a Magenta si trovarono di fronte i francesi intonarono le note della canzone in segno di attacco. Il fatto divertente è che i francesi risposero col ritornello Daghela avanti un passo e quindi al suono della stessa canzone i due eserciti si affrontarono
Secondo l'opinione di Giuseppe Fumagalli l'autore delle parole può definirsi ignoto e quindi la canzone fu completata grazie ad un mosaico di strofe di vecchi canti e canzoni popolari di varie parti d'Italia, visto che la stessa parola Gigogin è un termine piemontese utilizzato come diminutivo di Teresa. La canzone fu ufficialmente cantata in pubblico il 31 dicembre del 1858 nel Teatro Carcano di Milano durante un concerto offerto dalla Banda Civica, diretta dal maestro Rossari
.

Si narra che la bella gigogin (Teresa) sia una delle tante popolane che parteciparono ,il 22 marzo 1848,alle barricate di Milano ,di Porta Tosa, oggi Porta Vittoria, all’ombra del tricolore piantato nel bastione espugnato da Luciano Manara. E da allora quella fanciulla scappata di collegio conquisterà i garibaldini e comparirà su tutti i campi di battaglia delle guerre di indipendenza.


Un altro canto del 1848 che rimase poi popolare in tutte le guerre per l'indipendenza, fino al 187o, è quello di Carlo Bosi fiorentino, che incominciava Io vengo a dirti addio, e di cui il popolo, cantando, corresse le prime parole in Addio, mia bella, addiocantato dagli eroici studenti universitari di Pisa, che combatterono a Curtatone e Montanara.Sarebbe stato composto, secondo la tradizione, la sera del 20 marzo 1848 ad un tavolo del famoso caffè fiorentino Castelmur, mentre sfilava per la città il primo battaglione dei volontari toscan.
Addio, mia bella, addio:
l'armata se ne va;
se non partissi anch'io
sarebbe una viltà!

Non pianger, mio tesoro:
forse ritornerò;
ma se in battaglia io moro
in ciel ti rivedrò.

La spada, le pistole,
lo schioppo li ho con me:
all'apparir del sole
mi partirò da te!

Il sacco preparato
sull'òmero mi sta;
son uomo e son soldato:
viva la libertà!

Non è fraterna guerra
la guerra ch'io farò;
dall'italiana terra
lo straniero caccerò.

L'antica tirannia
grava l'Italia ancor:
io vado in Lombardia
incontro all'oppressor.

Saran tremende l'ire,
grande il morir sarà!
Si muora: è un bel morire
morir per la libertà

Tra quanti moriranno
forse ancor io morrò:
non ti pigliare affanno,
da vile non cadrò.

Se più del tuo diletto
tu non udrai parlar,
perito di moschetto
per lui non sospirar.

Io non ti lascio sola,
ti resta un figlio ancor:
nel figlio ti consola,
nel figlio dell'amor!'

Squilla la tromba...Addio...
L'armata se ne va...
Un bacio al figlio mio!
Viva la libertà!

La diffusione di tali canzoni avveniva attraverso volantini, che i venditori ambulanti tenevano e smerciavano per poche lire assieme alla propria mercanzia: erano foglietti colorati che contenevano spesso le parole di una sola canzone, trascritta con una grafia italiana approssimativa (per esempio le voci verbali "ha", "hanno", scritte senza la lettera h); ma in tempi di assenza di altri mezzi di comunicazione, anche una via così semplice godeva di buona fortuna. Fanno parte di questo genere le canzoni El pover Luisin e Ero povero ma disertore.

EL POVERO LUISIN

Un dì per sta cuntrada
pasava un bel fiö
e un masulin de ros
l'ha trà in sül me pugiö
e un masulin de ros
l'ha trà in sül me pugiö.

E per tri mes de fila
e squasi tüti i dì,
el pasegiava semper
dumà per vedèm mi
el pasegiava semper
dumà per vedèm mi.

Vegnü el cinquantanöv,
che guera desperada!
e mi per sta cuntrada
l'hu pü vedù a pasà
e mi per sta cuntrada
l'hu pü vedù a pasà.

Un dì piuveva, vers sera,
s'ciupavi del magun
quand m'è rivà 'na lètera
cul bord de cundiziun
quand m'è rivà 'na lètera
cul bord de cundiziun.

Scriveva la surela
del pover Luisin
che l'era mort in guera
de fianc al Castelin
che l'era mort in guera
de fianc al Castelin.

Hin già pasà tri an,
l'è mort, el vedi pü,
epür stu pover cör
l'è chi ancamò per lü
epür stu pover cör
l'è chi ancamò per lü.


Ero povero ma disertore
Questa canzone di origine veneta risale al primo ottocento, periodo di istituzione della coscrizione obbligatoria. Nella versione originale viene citato “Ferdinando l’imperatore” ovvero l’imperatore austriaco. Il canto, rimasto in uso nel patrimonio popolare e nel repertorio non ufficiale dei canti militari, fu cantato durante la Prima Guerra Mondiale e poi durante la Resistenza, con una lieve modifica al testo. E in effetti quest’ultimo fu il periodo della storia italiana in cui i cosidetti disertori furono più numerosi e più sistematica la diserzione

Sono un povero disertore

e disertavo per la foresta

quando un pensiero mi viene in testa

di non fare mai più il soldà



Monti e valli ho scavalcato

e dai fascisti ero inseguito

quando una sera m’addormentai

e mi svegliai incatenà



Mani e piedi mi hanno legato

mani e piedi mi hanno legato

ed un giudice mi ha domandato

perchè mai ho diserta



Gli risposi francamente

ero un giorno alla foresta

e un’idea mi viene in testa

il militare non voi più far



O tu padre perchè sei morto

o perchè non vivi ancora?

vedi tuo figlio alla tortura

condanà senza ragion.



Ma voialtri giovinotti

che marciate a squillo di tromba

quando sarete sulla mia tomba

griderete pietà di me





CONTINUA


Edited by Pulcinella291 - 23/2/2011, 08:35
 
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DOPO L'UNITA' D'ITALIA
Nell'Italia postunitaria non mancarono i canti e le canzoni contro il nuovo governo sabaudo. Specialmente dal sud si elevarono le grida di disperazione sfociate poi nel brigantaggio.

image


Cinquemiladuecentododici condanne a morte, 6564 arresti, 54 paesi rasi al suolo, 1 milione di morti. Queste le cifre della repressione consumata all’indomani dell’Unità d’Italia dai Savoia. La prima pulizia etnica della modernità occidentale operata sulle popolazioni meridionali dettata dalla Legge Pica, promulgata dal governo Minghetti del 15 agosto 1863 “per la repressione del brigantaggio nel Meridione”. Questa legge istituiva, sotto l’egida savoiarda, tribunali di guerra per il Sud ed i soldati ebbero carta bianca: le fucilazioni, anche di vecchi, donne e bambini, divennero cosa ordinaria e non straordinaria. Un genocidio la cui portata è mitigata solo dalla fuga e dall’emigrazione forzata, nell’inesorabile comandamento di destino: “O briganti, o emigranti”.
I prigionieri venivano rinchiusi in dei veri e propri lager , uno fra questi il carcere delle "finestrelle". Qui erano stretti insieme assassini, sacerdoti, giovanetti, vecchi, miseri popolani e uomini di cultura. Senza pagliericci, senza coperte, senza luce. Vennero smontati i vetri e gli infissi per “rieducare” con il freddo i segregati. Laceri e poco nutriti era usuale vederli appoggiati a ridosso dei muraglioni, nel tentativo disperato di catturare i timidi raggi solari invernali, ricordando forse con nostalgia il caldo di altri climi mediterranei.
In questo clima nascono canti e canzoni , una fra tutte "brigante se more"di anonimo e musicata da Eugenio Bennato:
.
A tale proposito vi rimandiamo ad una sezione del nostro sito:https://pulcinella291.forumfree.it/?t=51694563.

LA GUERRA ITALO TURCA PER LA LIBIA
Le ambizioni coloniali spinsero l'Italia ad una guerra contro l'impero ottomano per il possesso delle regioni nordafricane della Tripolitania e della Cirenaica, tra il 28 settembre 1911 e il 18 ottobre 1912.
Durante il conflitto fu occupato anche l'arcipelago del Dodecaneso, nel Mar Egeo; quest'ultimo avrebbe dovuto essere restituito ai turchi alla fine della guerra, ma rimase sotto l'amministrazione provvisoria dell'Italia fino a quando - con la firma del Trattato di Losanna nel 1923 - la Turchia rinunciò ad ogni rivendicazione e riconobbe ufficialmente la sovranità italiana sui territori perduti nel conflitto.
Per esaltare l'avventura bellica italiana fu scritta :"Tripoli bel suol d'amore", .È una canzone di propaganda scritta nel 1911, all'alba dell'impresa libica con la quale Giolitti intendeva dar sfogo alle tensioni interne del Paese.
Gaetano Salvemini definì la Libia "uno scatolone di sabbia" e tale infatti appariva a chiunque prima che negli anni '60 vi fosse scoperto il petrolio. Eppure nella canzone lo scatolone di sabbia venne dipinto come un luogo, un Eden di delizie, di fertilità, di ricchezza e gloria.
Gea Della Garisenda, avvenente stella dell'operetta, cantò queste strofe, al Teatro Belbo di Torino nel 1911, coperta solo da un drappo tricolore.
La canzone in questione inaugura il delirio della canzone patriottico-colonialista che accompagnera', come vedremo appresso puntualmente le avventure italiane in terra d'Africa.



color=red]IL CAFE' CHANTANT
[/color]E' questo il periodo in cui si affermano, poichè nati qualche anno prima, i cafe' chantant sulla falsa riga dei taberin francesi. Dapprima molto vituperato il cafe' chantant segnera' comunque un epoca .
Cristallizzò l'epoca umbertina e la prima guerra mondiale, in.sieme ai limiti e alle demarcazioni delle classi sociali, che si rispecchiavano nei tipi di Caffè. Anche il linguaggio adottato fu una chiara dimostrazione del pensiero culturale, che si divideva in due diverse interpretazioni: il dialogo intessuto di ironia e doppi sensi che camuffava una sottile verità e il linguaggio poetico che affascinava nobili e banchieri. Un riferimento d'obbligo è il Salone Margherita di Roma e Napoli che, inaugurati tra il 1890 e il 1898 come café-chantant, hanno fuso successivamente in uno, nel varietà, i due spettacoli che non hanno resistito nel tempo: il café concerto e l'avanspettacolo con i balletti delle girls, gli scenari, i vestiti e le canzoni, unitamente alla genialità che le dettero i Petrolini, i Fregoli, i Bambi, i Maldacea, i Pasquariello, i Viviani e le chantauze Anna Fougez, la Bella Otero, la Donnarumma e tante altre ancora. Il Caffè Concerto in Italia, negli anni che vanno dal 1880 all'avvento della Prima Guerra Mondiale. Il racconto ironico della vita di una “sciantosa”, colei che cantando e ballando intratteneva il pubblico elegante del Caffè Concerto assieme a figure come il mimo, il fine dicitore, il ventriloquo. Poi le voci delle più famose interpreti, da Maria Campi a Annita di landa, da Yvonne De Fleuriel a Elvira Donnarumma, ascoltate sui dischi originali degli inizi del `900 con il grammofono a tromba.I café-concert contribuirono in maniera decisiva alla successiva nascita del varietà, genere spettacolare che, proprio per la sua provenienza esterna al circuito dei teatri di velluto, godette come gli artisti che militarono nelle sue fila di scarsi riconoscimenti in campo artistico.
L'italianizzazione delle professioni francesi e la creazione di nuovi numeri allargò considerevolmente il ventaglio delle professioni artistiche: la sciantosa, derivazione della chanteuse, divenne l'antenata dell'odierna soubrette. Ad essa si aggiunsero le caratteriste, i finedicitori, le brillanti e altri ancora.
La diffusione dei caffè-concerto e del mercato del lavoro ad esso connesso favorì la nascita di riviste specializzate nel settore, come il Cafè-Chantant, strumento di informazione artistica e promozionale.
I café-concert segnarono così l'emergere di una cultura popolare che diede vita dapprincipio alla ricca tradizione della canzone francese, ma anche del music-hall e del cinema. La filiazione di queste differenti forme di spettacolo agevolò sia i percorsi di certi artisti, che passarono dal caf’conc al music-hall e poi al cinema, sia la storia dei locali stessi, quando le vecchie sale caf’conc divennero sale di music-hall e poi cinematografi. Queste nuove forme di spettacolo popolare e universale avrebbero gettato le basi della cultura di massa del XX secolo, caratterizzato dal fenomeno del divismo, accentuato dalla diffusione della radio e del cinema.



CONTINUA


Edited by Pulcinella291 - 26/2/2011, 17:50
 
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LA PRIMA GUERRA MONDIALE (I CANTI E LE CANZONI)

Fu il conflitto cominciato il 28 luglio 1914 con la dichiarazione di guerra dell'Austria alla Serbia a seguito dell'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d'Austria, compiuto a Sarajevo (Bosnia Erzegovina) il 28 giugno 1914. La prima guerra mondiale vide inizialmente lo scontro degli Imperi centrali di Germania e Austria-Ungheria contro la Serbia, ma in poche settimane il gioco di alleanze formatosi negli ultimi decenni dell'Ottocento tra gli stati europei comportò l'entrata nel conflitto degli stati dell'Intesa e delle rispettive colonie. Negli anni successivi la guerra raggiunse una scala mondiale, con la partecipazione di molte altre nazioni, fra cui l'Impero ottomano, l'Italia, la Romania, il Giappone, gli Stati Uniti e la Grecia, aprendo così altri fronti di combattimento, sia in terra sia sui mari.
Anche in questo periodo storico le canzoni di guerra sono uno degli elementi fondamentali per la cristallizzazione della memoria della Grande Guerra . Saranno canzoni intrise dell'ideale di patria che molto spesso aiuteranno il combattente a sopportare fatiche, privazioni e dolori, mentre le virtù e le doti militari, legate al senso del dovere, coadiuvano analogamente gli sforzi per l’agognata pace.
Inni e marcette accompagneranno le truppe in armi duranti gli spostamenti e i momenti di riposo dalle tante battaglie.
Tra le opere indimenticabili merita menzione “Il testamento del Capitano”, derivato da una antica ballata composta nel 1528 per onorare la morte del marchese di Saluzzo, capitano generale delle armi francesi. Il testo, più volte rielaborato nei secoli, fu adottato dai nostri alpini, divenuto famoso con la Prima Guerra Mondiale, venne ancora intonato durante la Seconda. La melodia rimase la stessa, cambiarono solo le parole.


Memorabile pure la nota “Sul ponte di Bassano”, l’opera, suddivisa in quartine, prende il nome dalla città ai piedi del Grappa, importante centro logistico durante il conflitto, ma anche luogo dove è eretto il famoso ponte sul fiume Brenta, detto “ponte degli alpini”.

E poi avanti ancora con altri titoli storici: da “Valore Alpino” (anche detta “Trentatre”) l’”Inno degli alpini sciatori”, “Va l’alpin su l’alte cime e la famosa Sul cappello che noi portiamoche ascolteremo qui:

continua
 
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Accanto ai canti di battaglie e di guerra sorgono in questo periodo anche canzoni d'amore.L'amore verso l'amata, la madre , ilpaese natio. lapiu' memorabile , forse, sara' O surdato 'nnammurato. Il testo fu scritto da Aniello Califano e musicato da Enrico Cannio nel 1915. La canzone descrive la tristezza di un soldato che combatte al fronte durante la Prima guerra mondiale e che soffre per la lontananza dalla donna di cui è innamorato.

Molto famosa è l'interpretazione di Anna Magnani, nel film La sciantosa, tra gli interpreti contemporanei di questa canzone è da segnalare Massimo Ranieri.La canzone, come è notissimo, parla di un soldato, lontano dalla sua amata perché è al fronte a combattere durante la prima guerra mondiale.

Ascoltiamola qui:

ed eccovi ora il testo in italiano:
Il testo in italiano:
IL SOLDATO INNAMORATO

Sei lontana da questo cuore,
da te volo con il pensiero:
niente voglio e niente spero
oltre che tenerti sempre a fianco a me!
Sei sicura di questo amore
come io sono sicuro di te…

Oh vita, oh vita mia…
Oh cuore di questo cuore…
sei stata il primo amore…
e il primo e l'ultimo sarai per me!

Quante notti non ti vedo,
non ti sento tra queste braccia,
non ti bacio questa faccia,
non ti stringo forte tra le mie braccia?!
Ma, svegliandomi da questi sogni,
mi fai piangere per te…

Oh vita, oh vita mia…
Oh cuore di questo cuore…
sei stata il primo amore…
e il primo e l'ultimo sarai per me!

Scrivi sempre che sei contenta:
io non penso che a te solamente…
Un pensiero mi consola,
che tu pensi solamente a me…
La più bella di tutte le belle,
non è mai più bella di te!

Oh vita, oh vita mia…
Oh cuore di questo cuore…
sei stata il primo amore…
e il primo e l'ultimo sarai per me!

Un'altra struggente lirica fu"Era una notte che pioveva: un soldato di guardia in una notte d'inverno , sogna l'amata lasciata al paese.


Canzoni fatte di parole semplici ma immediate che rispecchiano il carattere ed il realismo di quella gente. I testi riportano emozioni forti ma contenute, provate per quello che conta nella vita: la casa, l'amore, la gioia, i compagni, la natura, la fatica, la sofferenza, la morte, raccontate a volte con un po' di fatalismo, a volte con lieve ironia come la bellissima tapun tapun .
Ho lasciato la mamma mia l'ho lasciata per fare il soldà tapun, tapun, tapun, ...
 
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Per una che resterà poi nel tempo individuata come «canzone d'autore», sono decine e decine quelle nate senza alcuna paternità, composte da un inconscio poeta o generate dalla patetica buona volontà di un gruppetto di alpini seduti vicini a prender fiato in una qualche baracchetta, pronti ad aiutarsi reciprocamente anche in questa disperante lotta "grammatica contro sentimento", consultandosi con gli occhi e cercando le parole, mentre si attende di montare il nuovo turno di guardia
Degna di nota è anche la meno famosa O DIO DEL CIELO , il soldato in guerra sogna di essere una rondinella per volare a casa dalla sua bella , come quando prendeva il secchio e l'accompagnava alla fontana;ora invece deve prendere il fucile ed andare in trincea alla frontiera dove c'è il nemico che l'aspetta.


Bellissima e struggente è anche GIOIA BELLA VO LONTANO :un soldato parte per la guerra e saluta la donna amata ma prima le raccomanda di portare a baciare trento e trieste nel caso le nascesse un figlio. Eccovi il testo integrale
Gioia bella, vo lontano:
dammi la mano, dimmi l'addio;
se ti nasce un figlio mio,
Trento e Trieste portalo a baciar.

2. In cima di quei monti c'è la neve
rossa di sangue, sangue italiano.
C'è l'Austria che lo beve a mano a mano;
ma la vendetta non tarderà.

3. Gioia bella, asciuga il pianto,
ralleva i fiori per la mia fossa.
Sangue latino chiama a riscossa,
Trento e Trieste chiama a libertà.

4. Faremo la battuta della lepre:
lepri tedesche, lepri magiare!
Vendicheremo per terra e per mare
il Cappellini e l'Oberdan!

5. Gioia bella vo, lontano:
sono d'Italia soldato anch'io!
Se ti nasce un figlio mio,
Trento e Trieste lo devi battezzar.

6. E gli dirai come morì suo padre:
faccia al nemico, bandiera al vento!
E gli dirai come morì contento,
Trento e Trieste per liberar.


Stupenda resta anche "LA CAMPANA DI SAN GIUSTO(le ragazze di trieste) incisa anche da Enrico Caruso
qui l'ascoltiamo dalla bellissima voce di Claudio Villa


Un inno alla fede sara' invece :"LA PREGHIERA DELL'APINO"
Sulle nude rocce, sui perenni ghiacciai, su ogni balza delle Alpi
ove la Provvidenza ci ha posto a baluardo fedele delle nostre contrade,
noi, purificati dal dovere pericolosamente compiuto,
eleviamo l’animo a Te, o Signore, che proteggi le nostre mamme,
le nostre spose, i nostri figli e fratelli lontani e ci aiuti
a essere degni della gloria dei nostri avi.

.
Dio onnipotente, che governi tutti gli elementi, salva noi,
armati come siamo di fede e di amore. Salvaci dal gelo implacabile,
dai vortici della tormenta, dall’impeto della valanga.
Fa’ che il nostro piede posi sicuro sulle creste vertiginose,
sulle diritte pareti, oltre i crepacci insidiosi:
rendici forti a difesa della nostria Patria, della nostra Bandiera.

.
E tu, Madre di Dio, candida più della neve, Tu che hai conosciuto
e raccolto ogni sofferenza ed ogni sacrificio di tutti gli Alpini caduti,
Tu che conosci e raccogli ogni anelito ed ogni speranza
di tutti gli Alpini vivi ed in armi, benedici e proteggi
i nostri Reggimenti e Battaglioni. Amen.
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Gli anni che seguono la grande guerra non saranno comunque anni sereni , all'inzio della guerra il deficit dello Stato era di di 2OO milioni , alla fine sara' di 23 miliardi. I seicentomila morti e i 500 mila mutilati fungeranno da pretesto fra chi è stato interventista e chi non lo era . Inoltre il Patto di Londra e il trattato di Versailles non hanno risolto la questione di Fiume citta' dalmata di prevalenza italiana. Il caso diviene un problema internazionale: la cosiddetta questione di Fiume. Il presidente statunitense Woodrow Wilson diviene arbitro della disputa italo-jugoslava per la città e sostiene l'istituzione di uno Stato indipendente, potenziale sede della Lega delle Nazioni.
Nella città segue un periodo d'instabilità e il potere viene conteso fra il Comitato nazionale jugoslavo e il Consiglio nazionale italiano per passare poi alle occupanti truppe franco-inglesi. Il presidente del consiglio Vittorio Emanuele Orlando rinunciò a Fiume, che sarebbe dovuta diventare una libera città-stato, in Italia ne seguì una crisi di governo. Con l'incapacità del governo italiano di risolvere il problema dei confini orientali e delle colonie, iniziò ad agitarsi in tutto il Paese un forte senso di disagio, e si parlò di vittoria mutilata.La reazione alla fine fu rabbiosa ed una forza volontaria irregolare di nazionalisti ed ex-combattenti italiani composta da circa 2500 legionari, guidata dal poeta Gabriele d'Annunzio, partita da Ronchi di Monfalcone, occupò la città in quella che sarebbe passata alla storia come l'impresa di Fiume, chiedendo l'annessione all'Italia. Ai costanti rifiuti del governo italiano D'Annunzio proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro, uno stato indipendente in attesa del ricongiungimento alla madrepatria.
L'anno successivo molti saranno gli italiani a cantare le gesta di D'Annunzio .
Tuttavia c'è voglia di ripresa e di divertimento nascono i taberin sulla falsa riga dei cafe' chantant nei quali si canteranno canzoni come "scettico blus" e "vipera" , quest'utima parla di una donna irrimediabilmente perfida e cattiva ma della quale non si puo' fare a meno, E.A.Mario è l'autore di "Vipera", di "Balocchi e profumi" come lo è stato anche per la leggenda del Piave.
Eccovi vipera :




Da queste due composizioni di E.A.Mario esce confermato l'assunto ispiratore
di tanta parte della cantabilità italiana del primo cinquantennio del nostro
secolo: le donne son tutte vigliacche, traditrici, senza rispetto per gli affetti
altrui: puttane, insomma. Specialmente, aggiungerei, dopo esser passate per le
mani di certa gente, seduttori confessi od educatori porcelloni, come
suggerisce una canzone del solito 1920, che presenta qualcosa di
affascinante negli ammicchi: LE SIGNORINE DA MARITO

Del 1918 era invece "come pioveva" del napoletano Armando Gil eccovela nella versione originale cantata dallo stesso autore;


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LA CRISI POSTBELLICA E L'AVVENTO DEL FASCISMO
In l'Italia la crisi postbellica, vista l'inferiorità strutturale dello Stato, ebbe effetti più laceranti rispetto agli altri paesi vincitori. Le riforme realizzate all’inizio del secolo e in particolare il suffragio universale maschile, non avevano avuto il tempo di svilupparsi e di incidere sulla coscienza morale e politica, svilite nei loro effetti dall’entrata in guerra.La crisi postbellica italiana diede luogo a numerose rivolte sociali e politiche; queste furono provocate anche dalla mancata attuazione delle promesse ai soldati nel momento più critico per l'Italia durante la guerra.Probabilmente in Italia non c’erano le condizioni perché potesse avvenire una rivoluzione, ma si avvertiva unicamente l’esigenza di una migliore politica sociale: tuttavia le classi meno abbienti, esaltate dalla vittoria dei bolscevichi in Russia, speravano in una presa del potere delle forze di sinistra, mentre i rappresentanti della borghesia moderata, da parte loro, temevano qualsiasi contestazione dell’ordine costituito.
Ovviamente gli operai furono le prime vittime di quest'opera di ristrutturazione; il loro salario reale diminuì di molti punti percentuale e, di conseguenza, diedero vita ad agitazioni sociali. I sindacati, la CGIL e la Confederazione italiana del lavoro, ebbero uno sviluppo prodigioso. Non solo gli operai organizzavano scioperi, ma anche le organizzazioni di braccianti e contadini, nel centro e nel sud, mossero a frequenti occupazioni di terre.
Il suffragio universale a sistema proporzionale, congiunto alla crisi sociale ed economica, favorì la nascita dei grandi partiti di massa: sorsero in questi anni il Partito Popolare Italiano e il Partito Comunista Italiano.
Anche il partito socialista uscì trasformato dalla guerra mondiale ed ebbe un notevole successo elettorale (i suoi deputati passarono da 52 a 156 nelle elezioni del 1919), ma non seppe sostanzialmente mettere a frutto questa forza, in quanto era profondamente diviso al suo interno, fra lo schieramento moderato e riformista.L'altra novità politica del dopoguerra italiano fu la nascita del movimento Fasci italiani di combattimento, guidato da Benito Mussolini. Non c'è dubbio che tale movimento approfittò moltissimo delle lotte interne del partito socialista, che portarono, lo vedremo, alla sconfitta di alcune lotte sociali.
Il movimento si presentò dapprima come un élite, non di massa, in cui confluivano confusamente nazionalisti, dannunziani, futuristi, antisocialisti. C'erano anche però ex socialisti ed ex sindacalisti, che avevano militato nelle file del sindacalismo rivoluzionario.Alle sue origini il fascismo non ebbe carattere economico, non si presentò come espressione della borghesia reazionaria e capitalista. Fu chiaro, però, come sin dalla nascita i Fasci fossero guidati da un forte spirito aggressivo antisocialista e imperialista. Nelle elezioni del 1919 non raccolsero più di 5.000 voti. Tuttavia Mussolini moderava i principi ideologici del suo movimento, in particolare abbandonando le opzioni politiche del repubblicanesimo e dell’anticlericalismo; in questo modo riuscì a riscuotere consenso anche fra l’opinione pubblica cattolica, attaccando il partito di don Sturzo in quanto compromesso con l’ideologia di sinistra. Stava gia' preparando
un gran movimenti di massa che poi ebbe il suo apice nel 1922.
Il 24 ottobre 1922, in questo clima di tensione fra le forze politiche, Mussolini concentrò a Napoli migliaia di camice nere. Fu decisa la marcia su Roma guidata da un quadrunvirato composto da Emilio de Bono, Italo Balbo, Cesare De Vecchi, Michele Bianchi. Il presidente del consiglio Facta chiese al Re, Vittorio Emanuele III, la proclamazione dello stato d'assedio, ma questi si rifiutò di firmarlo. I fascisti entrarono in Roma il 28 ottobre 1922.Il Re dette l'incarico a Mussolini di formare il nuovo governo, che sarà costituito da fascisti, liberali, popolari, ma con l'opposizione di Sturzo e Meda, e da indipendenti. Mussolini sapeva che le classi conservatrici diffidavano della natura squadrista del fascismo e si mosse secondo un’ottica di moderazione.
Ebbe inizio cosi' il ventennio fascista.

GLI INNI E LE CANZONI DEL VENTENNIO

In via generale al centro di tutti i canti fascisti resta l'apologia del Capo, che si sa, aveva sempre ragione; l'innalzamento dell'onore, del singolo come della nazione, a valore assoluto; la venerazione della bandiera, emblema dell'identità e dell'appartenenza più acritiche e inossidabili. Sono tutte canzoni popolari che nascono talvolta da un sentimento diffuso, talaltra dall'esplicito intento di creare un sostrato mitologico e ideale che desse credito ai miti della patria e dell'eroe e presentandosi come l'ovvio e comune sentire del popolo italiano, contribuisse alla sua creazione e ne incarnasse effettivamente lo spirito.
Si passa dalle più famose, come “Giovinezza”, “Faccetta Nera”, o “Vincere e vinceremo”, alle meno note, meno orecchiabili destinate a sparire ben presto in quel grande buco nero che è la storia.
GIOVINEZZA era un inno cantato dai reparti d'assalto impegnati, dopo Caporetto, sulla linea del Piave.Durante il triennio 1919 – 1921 comparvero altre versioni di Giovinezza. Lo stesso Marcello Manni scrisse poi un'ulteriore versione che divenne l'inno delle squadre d'azione fasciste; il ritornello, appena ritoccato, giusto per invocare esplicitamente il movimento Fascista, suonava Giovinezza, giovinezza,primavera di bellezza:nel Fascismo è la salvezza della nostra libertà.L'ultima versione di "Giovinezza" di Marcello Manni fece da ponte tra quella degli arditi e quella, definitiva, pubblicata nel 1925 col nuovo testo di Salvator Gotta ed approvata, ufficialmente, dal Direttorio del Partito Nazionale Fascista come "Inno Trionfale del Partito Nazionale fascista.


FACCETTA NERA

Faccetta nera è una canzone scritta da Giuseppe Micheli e musicata da Mario Ruccione nel 1935. Essa è stata composta in occasione della grande diffusione di notizie da parte della propaganda fascista relative all'Etiopia, e in particolare della schiavitù là ancora vigente, su parte della popolazione abissina. Tali notizie servirono in parte a giustificare l'intervento militare che oltre a procurare all'Italia un "posto al sole", doveva secondo la propaganda porre fine alla condizione così degradata della popolazione.
è una canzone che, a differenza di quanto si crede, non celebra il fascismo, anzi ricorda quella simpatia verso la popolazione africana che proprio al fascismo non piacque affatto. Molti però oggi sostengono che Faccetta nera sia una vera esaltazione della supposta capacità italiana, molto enfatizzata durante il ventennio fascista, di trasferire progresso, sottoforma di lavoro ed istruzione, nelle regioni colonizzate. Nel 1935, mentre Benito Mussolini prepara le operazioni militari in Abissinia, vengono pubblicate - anche a scopo propagandistico - notizie relative allo sfruttamento della schiavitù a cui era sottoposta parte della popolazine abissina. È questo il tema della propaganda fascista che vuole attribuire all’occupazione dell'Etiopia anche una motivazione civilizzatrice. Il poeta romano Giuseppe Micheli, in seguito alla lettura di tali notizie, scrive una composizione in romanesco con l’intenzione di presentarla al Festival della canzone romana del 1935. Il Festival aveva una gloriosa tradizione, essendo stato ideato nel lontano 1891 all'interno del locale Facciafresca a San Giovanni; la canzone vincente della prima audizione fu Le streghe interpretata dalla voce potente e quasi baritonale di Leopoldo Fregoli. Si può affermare, quindi, che il brano fosse una canzone scritta in romanesco frutto di ingenui e scherzosi intenti di decantare il colonialismo italiano fascista nell'Africa orientale, esaltando la missione civilizzatrice di Roma con toni anche un po' spiritosi. Al Festival non se ne fa nulla, ma poco tempo dopo la canzone viene musicata dal maestro Mario Ruccione e conosce l’onore della ribalta al teatro Capranica, grazie all’interpretazione di Carlo Buti.
Al cinema-teatro Quattro Fontane di Roma, Faccetta nera viene cantata dalla compagnia della Fougez. In scena compare in catene una giovane di colore, poi arriva la Fougez nelle vesti dell’Italia che la libera e le fa indossare una camicia nera. La canzone viene inserita in molte riviste dell’epoca diventando popolarissima, specie sulla bocca delle truppe in partenza per l’invasione dell’Abissinia. In ogni caso, questa versione avrebbe già subito dei ritocchi rispetto a quella originale, che conteneva il verso «vendicheremo noi sullo straniero/ i morti d’Adua e liberamo a te», non gradito al regime fascista in quanto riportava all’attenzione la disfatta italiana di Adua (nel 1896). I versi vennero cambiati col più generico «vendicheremo noi camicie nere/ l’eroi caduti e libberamo a te». Si dice che il Ministero della cultura popolare non gradisca la canzone in quanto fraternizzante con gli abissini, considerati razza inferiore, che vengono posti sullo stesso grado gerarchico degl’italiani.
Eccovi faccetta nera nella versione di Carlo Buti:


VINCERE E VINCEREMO sara' uno dei tanti slogan coniati dal Duce che poi per iniziativa di Achille Starace, molti di questi furono scritti sulle facciate delle abitazioni.
Questo slogan fu poi trasformato in canzone:

contin ua
 
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La canzone italiana negli anni Venti e Trenta- il Jazz
Negli anni Venti la radio e del grammofono si diffondono anche in Italia offrendo la possibilità di ascoltare le canzoni straniere. Anche il cinema sonoro favorisce la conoscenza di stili musicali molto diversi da quelli tradizionali italiani.
Il fascismo conduceva però una politica di tipo nazionalistico anche in campo musicale, ostacolando il più possibile la diffusione delle canzoni straniere. Il regime incoraggiava invece la creazione e la diffusione di canzonidi stile e contenuti molto tradizionali:
• Melodie dal carattere allegro e spensierato,testi di contenuto piuttosto banale e insignificante o di tipo propagandistico.Queste canzoni dovevano trasmettere l’idea di un’Italia senza problemi, dove la gente viveva senza preoccupazioni, paure e incertezze per il futuro.
Nonostante l’opposizione del regime, verso la fine degli anni Trenta anche in Italia incominciarono a diffondersi le orchestrine ritmiche che proponevano versioni italiane di grandi successi stranieri, miolte in versione jazz.
Infatti nel ventennio ’20 – ’40, nascono e si affermano due “strani” fenomeni, il fascismo ed il Jazz.Due eventi in forte contraddizione - dittatoriale e coercitivo l’uno quanto libero e democratico l’altro – che non hanno punti in comune se non la nascita della radio ed il suo utilizzo, che hanno incrociato il loro cammino più volte e, sicuramente, hanno segnato la cultura di un secolo.
Nonostante la forte e sprezzante avversione del primo nei confronti del secondo, è proprio tra il ’38 ed il ’45, periodo in cui vengono emesse leggi e divieti del Regime alla musica afro-americana, che il Jazz vive il periodo di massima popolarità nel nostro paese,almeno fino agli anni a cavallo tra i decenni Sessanta e Settanta,dove la liberazione del free avrebbe aperto una strada Europea al Jazz.
Ma vediamo cosa accade in realta'.
Nell’agosto del 1924, nasce l’URI Unione Radiofonica Italiana per volontà di una figura di rilievo nel ventennio fascista, Galeazzo Ciano.
Il regime e la sua propaganda, punta molto sull’uso della radio, unico elemento di erogazione dell’informazione e della cultura, gratuito.
Il 1° Febbraio 1926, la stazione di Milano in diretta radiofonica, trasmette il primo programma musicale della Jazz Band del Maestro Stefano Ferruzzi. Un’ora dopo, dall’antenna della radio sul Monte Parioli di Roma si diffonde la musica dell’Orchestra jazz del maestro Amedeo Escobar.Nel 1928 l’URI diventa EIAR (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche) con più stretto controllo pubblico, e nel 1929 nasce il primo film-sonoro, “Il cantante di Jazz” con Al Jolson
Negli anni ‘30, inoltre, si creano delle orchestre radiofoniche che inglobano strumenti della tradizione europea e “nuovi” fiati di provenienza americana, come quelle di Vaccari, Mascheroni, Pippo Barzizza o di Cinico Angelini
Di notevole interesse è l’interpretazione dello stile Jungle, grazie all’apporto di sordine sugli ottoni e l’utilizzo dei suoni onomatopeici, sia nei titoli che nel cantato, in puro stile scat italiano.
Ricordiamo Ba-ba-baciami piccina, il frivolo Tuli-tuli-tulipan, e il “motivetto” che fa dudu dudu dudududu dudu.

Ba ba baciami piccina



Orchestra Barzizza - Quel Motivetto che mi PiaceTanto



Trio Lescano - Tulipan

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view post Posted on 27/2/2011, 09:38
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CONTINUA L'OSTRACISMO DEL REGIME NEI CONFRONTI DELLA MUSICA STRANIERA

Già sul finire degli anni ’30, i musicisti nostrani subivano sempre più pressioni e censure, in merito alla programmazione da loro suonata nelle radio.Nonostante tutto, si riusciva a suonare e a incidere il Jazz internazionale, Louis Armstrong divenne Luigi Braccioforte, Benny Goodman – Beniamino Buonuomo e, c’era sempre Del Duca. I classici si chiamavano Con Stile – In the Mood, Le tristezze di San Luigi – St. Louis Blues. Nel 1940, con l’ingresso degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale, il regime aumenta il controllo e la censura sul materiale discografico.
Nel 1942 si emette il decreto la “Disciplina per la diffusione del disco fonografico” e si vieta ogni traccia di cultura “giudaica”. Il Jazz diventa fuorilegge, insomma.
Vengono fatti sparire i 78 giri e le matrici dai magazzini della radio, e distrutti quelli nei depositi della Cetra, Parlophon e Voce del Padrone.
Avvengono sequestri e azioni punitive da parte della polizia fascista, con arresti e distruzione degli strumenti e sequestro dei dischi e degli spartiti.

LA CENSURA SULLE CANZONI ITALIANE

Non solo le canzoni straniere furono messe al bando, ma anche quelle italiane ,considerate contrarie al regime.Un altro autore che fu messo sotto sorveglianza per il suo lavoro fu Mario Panzeri, In collaborazione con Kramer nasce “Maramao perché sei morto” (1939), composta dopo la morte del gerarca Costanzo Ciano: il titolo del brano fu scritto da alcuni studenti sul piedistallo del monumento che il governo aveva deciso di costruirgli a Livorno.
Poche settimane dopo la sua dipartita, venne pubblicata la canzone: un allegro foxtrot cantato da Maria Jottini con lo swingante sostegno del Trio Lescano, firmato da Mario Panzeri e Mario Consiglio .
Il "caso" scoppiò quando a Livorno iniziarono i lavori per edificare un monumento a Ciano: nottetempo, alcuni studenti scrissero sul basamento i versi della canzone.
Il capo della censura, Criscuolo, convocò immediatamente Panzeri: le cosiddette "canzoni della fronda", sospette di insinuare l'antifascismo, erano da anni una spina nel fianco di un regime che conosceva bene il valore della propaganda e digeriva a fatica che si ridesse di un certo "Crapa pelada" (Gorni Kramer, 1936).
Tuttavia il compositore riuscì a dimostrare che la canzone era stata scritta prima della morte di Ciano.
Eccovi ora la canzone cantata dal Trio Lescano e Maria Jottini -
Maramao perchè sei morto



Nel 1940 scrisse “Pippo non lo sa”: nel protagonista, si riconosce (o si vuole riconoscere) Achille Starace, segretario del Partito Nazionale Fascista, che amava passeggiare impettito in divisa.Altri, più benevoli, pensarono a un semplice sciocco del villaggio, ispirato magari dall'omonimo amico di Topolino, le cui avventure circolavano già da qualche anno in Italia. Secondo Paolo Limiti, il Maesto Rastelli svelò che Pippo era il garzone di un negozio particolarmente goffo. Ma nel 1962 Gorni Kramer raccontò: "Era il 1939, ero a Viareggio, dove mi esibivo al Kursaal. Ma capivo di non ingranare. I giovani volevano jazz e motivi americani, ma con l'aria che tirava, non sempre li si poteva accontentare. Una sera incontrai il Maestro Pippo Barzizza e mi sfogai con lui. 'Infine, che cosa vuole tutta questa gente? Io cerco di accontentare gli americanofili e gli autarchici, i seguaci dello swing e i patiti dei vecchi valzer paesani.
Anche se sullo spartito veniva presentato come "Foxtrot", il brano conteneva echi di charleston e parecchio swing: era quanto di più simile al jazz, difficilmente tollerato dal fascismo ("musica afro-demo-pluto-giudo-masso-epilettoide" o "barbara anti-musica negroide"). Ma a divi come Natalino Otto, Alberto Rabagliati e lo stesso Trio Lescano si concedeva, in effetti, qualche influenza americana: sia Mussolini che Galeazzo Ciano erano grandi ammiratori delle tre sorelle olandesi - il Duce le invitò a Palazzo Venezia per conoscerle - anche se ciò non risparmiò loro il carcere nel 1943, per le origini ebraiche e per un fantasioso sospetto di spionaggio musicale
PIPPO NON LO SA DAL TRIO LESCANO



Anche tra i cantanti, quelli che scelgono di interpretare il repertorio della canzone americana, vengono mal visti dai tirapiedi del regime. D’esempio è la storia di Natalino Otto (Codognotto il suo vero cognome) che anche questa merita un post a parte. Qui diremmo solo che la sua fù la prima voce di chiara derivazione jazz, dovuto anche al fatto dei suoi frequenti viaggi sulle navi della tratta Genova – New York. L’avversione nei suoi confronti culmina in una contestazione dei fasci durante una serata con Kramer ed il Quartetto Cetra a Bergamo.
Otto, allontanato dal lavoro in radio, esprime il suo dissenso con l’ironia che lo contraddistingue, in una canzone scritta da Romero Alvaro, unica nel suo genere, dove giocando sul doppio senso Amore e Musica,
i due autori alludono alle censure del fascismo a carico del Jazz.
Eccovi NO JAZZ voce Natalino Otto, in una versione di qualche anno dopo:





 
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IL TRIO LESCANO FU ARRESTATO
A far perdere le staffe al capo della censura Criscuolo, che aveva già convocato a palazzo Panzeri per “Maramao”, fu però “Il tamburo della Banda d’Affori” (1943), il quale comandava “550 pifferi”. Proprio 550 erano i consiglieri della Camera dei Fasci e delle Corporazioni – di conseguenza, il “Tamburo” che li comandava doveva essere Mussolini. Panzeri garantì trattarsi di inaudita coincidenza, ma da quel momento tutti i parolieri furono costretti a sottoporre a preventiva approvazione i testi delle canzoni.

Panzeri se la cavò con una lavata di capo, ma i nazifascisti erano diventati molto sensibili alle canzonette: ne pagò le conseguenze il Trio Lescano. Cacciate dalla radio a causa della madre, ebrea, le tre sorelle furono arrestate nel 1943 durante un’esibizione in teatro. Questo il racconto di Alessandra Leschan: "’Con quel naso non potete essere che ebree’, ci disse un capitano tedesco, e io gli risposi, ‘se la razza dipende dal naso, allora anche lei è ebreo’. Fummo rinchiuse nel carcere di Marassi, con le divise carcerarie che portavano i numeri 92, 94, 96. Ci sospettavano di spionaggio; probabilmente era stato il Trio Capinere, invidioso del nostro successo, a denunciarci. L'accusa era che cantando "Tuli-tuli-tulipan", mandavamo in realtà messaggi al nemico".Eppure l'anno prima il 30 marzo 1942, su proposta di Benito Mussolini, Vittorio Emanuele III aveva concesso loro la cittadinanza italiana e la notizia - nonostante le angustie dovute al periodo bellico - ebbe grande risonanza sui quotidiani. Sempre secondo qualche voce , in carcere, per la loro conoscenza della lingua tedesca, sarebbero state costrette a fare da interpreti negli interrogatori ai detenuti partigiani. Le ricerche più recenti hanno però evidenziato diverse incongruenze nel racconto dell’arresto (ad esempio, il Trio continuò l'attività dal vivo per tutto il periodo della presunta detenzione; non esiste nessuna testimonianza né scritta né verbale di questo arresto) fino a negarne in blocco la veridicità storica.

MOLTE CANZONI VELATAMENTE CONTRO IL REGIME


Molti autori riuscivano a sfuggire alla censura ricorrendo ad un testo che si poteva prestare a varie interpretazioni.
Molte furono le canzoni erano usate - interpretate - per sfottere il fascismo senza incappare nella censura. Si cantava ‘Illusione, dolce chimera sei tu’, per prendere in giro il ‘Vincere, e vinceremo’ con cui Mussolini aveva dichiarato la guerra
La canzone era "Signora Illusione" che qui ascoltiamo in una versione di Achille Togliani


Si cantava ‘Un' ora sola ti vorrei’, con successiva variante: ‘per darti quello che non sai’ (invece che ‘per dirti quello che non sai’) per spiegare al duce di cosa era fatto il ‘consenso’ di cui godeva.
 
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LA RESISTENZA E I CANTI

La resistenza , chiamata anche secondo risorgimento ,fu il fenomeno storico costituito dall'insieme dei movimenti politici e militari che dopo l'8 settembre 1943 si opposero al nazifascismo nell'ambito della guerra di liberazione italiana.La Resistenza costituisce il fenomeno storico nel quale vanno individuate le origini stesse della Repubblica italiana.
I canti di questo periodo storico rimandano non solo al ricordo della lotta partigiana, ma richiamano anche un più ampio concetto di libertà. Nella memoria collettiva degli italiani, la Resistenza viene identificata con Bella ciao. Altri canti estremamente popolari furono Fischia il vento e la Badoglieide.
Bella ciao è un canto popolare italiano ottocentesco, d'origine emiliano-romagnola, diventato celeberrimo durante la Resistenza perché fu idealmente associato al Movimento partigiano italiano.La circolazione di Bella ciao, durante la Resistenza è documentata e sembra circoscritta soprattutto in Emilia, fra l'appennino bolognese e le zone della Repubblica partigiana di Montefiorino (sull'appennino modenese, dove si dice che fu composta da un anonimo medico partigiano
La musica, di un autore sconosciuto, viene fatta risalire alla melodia di un canto ottocentesco delle mondine padane, con influenze di altri canti come "Fior di tomba" e "Picchia picchia la porticella.
BELLA CIAO

Fischia il ventofu un'altra è una celebre canzone popolare, il cui testo fu scritto nel settembre 1943,la musica è quella della canzone russa Katyusha.

La Badoglieide, secondo la testimonianza di Nuto Revelli, il testo della canzone nacque il 25 aprile 1944 come un'improvvisazione sulla musica della canzonetta E non vedi che sono toscano.Fra i nomi dei partigiani di Giustizia e Libertà che concorsero alla stesura delle parole, si possono citare lo stesso Revelli, Ivanoe Bellino, Alberto e Livio Bianco, Nino Monaco.
La musica del ritornello in piemontese appartiene alla tradizione popolare.
Il testo della canzone, fortemente anti-monarchico e anti-badogliano, fu anche cantato, con il testo opportunamente modificato, dai militari della Repubblica Sociale Italiana.




LE ALTRE CANZONI DI MUSICA LEGGERA
Nel contesto della guerra partigiana alcune canzoni del repertorio leggero assumono un significato del tutto diverso da quello originario. Ricordiamo È arrivata la bufera di Renato Rascel, che nell’intonazione dei partigiani alludeva agli effetti dei bombardamenti americani sulle città italiane.


Gli alleati, che percorrono la penisola italiana dopo essere sbarcati in Sicilia nel 1943, portano in Italia musiche e melodie nuove, dal jazz allo swing al boogie.
Gli italiani, dopo un ventennio di Fascismo, respirano "il vento di libertà" portato d’oltreoceano anche attraverso i dischi 78 giri che diffondono le voci e le canzoni di Duke Ellington e Frank Sinatra. Motivi come In the mood, un boogie lanciato negli Stati Uniti dall’orchestra di Glenn Miller,

fanno da sfondo alle speranze di una nazione che anela di risorgere dalle miserie delle distruzioni belliche e, con l’arrivo degli alleati, gli italiani si riappropriano del ballo, proibito dalle autorità nel 1940 perché ritenuto poco in sintonia in un momento di così grande gravità.Questa canzone ottenne un enorme successo tra i giovani del periodo, che a migliaia, ascoltando ‘Radio Londra’ ne divennero i primi estimatori e appassionati proseliti. Ed in virtù di questo proselitismo, lo tramandarono di padre in figlio.



 
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TERMINA LA GUERRA : L'ITALIA DIVENTA UNA REPUBBLICA

Fino al 1946 l'Italia era una monarchia costituzionale basata sullo Statuto albertino: il vertice dello Stato si configurava come un organo denominato Corona, il cui titolare aveva il titolo di Re d'Italia. La titolarità della Corona si trasmetteva ereditariamente in maniera conforme alle leggi di successione dinastica. Nel 1946 l'Italia divenne una repubblica e fu, poco dopo, dotata di un'Assemblea costituente al fine di munirla di una costituzione avente valore di legge suprema dello stato repubblicano, onde sostituire lo Statuto albertino sino ad allora vigente. Si trattò di un passaggio di evidente importanza per la storia dell'Italia contemporanea dopo il ventennio fascista ed il coinvolgimento nella seconda guerra mondiale. La transizione si svolse in un clima di esasperata tensione e rappresenta un controverso momento della storia nazionale assai ricco di eventi, cause, effetti e conseguenze, che è stato anche considerato una rivoluzione pacifica dalla quale si produsse una forma di stato poco differente dall'attuale.Il 2 giugno 1946, insieme alla scelta sulla forma dello Stato, i cittadini italiani (comprese le donne, che votavano per la prima volta) elessero anche i componenti dell'Assemblea costituente che doveva redigere la nuova carta costituzionale . Nel 1945 pero' ci sara' una canzone che sara' uno dei piu' grandi succesi di quel periodo: in cerca di te(Solo me ne vo) cantata da Nella Colombo. La canzone non è altro che la metafora di un popolo appena uscito dalla guerra e di tutto quello che non ha più . Fu scritta da Eros Sciorilli - Gian Carlo Testoni,Questa canzone è la sintesi della condizione umana nella quale vivevano tanti italiani di allora. Finita la guerra, le città violate dai bombardamenti, offese dalla lotta civile, nuovamente ricche di libertà ma poverissime di beni di consumo, riprendevano a vivere. S’erano riaccese le luci nella notte, finito il coprifuoco, lungo le strade: la strada era la casa di tutti, dove si ricominciava a commerciare, a discutere, a far l’amore, a scaricare vecchi odi, ad iniziarne nuovi.


I segni della vera rinascita si avra' quando la radio mandera' in onda il primo festival della canzone italiana da Sanremo dal 29 al 31 gennaio 1951.
L'organizzazione della manifestazione ed il suo svolgimento non avevano niente a che fare con la pompa degli anni successivi. I cantanti si esibivano sul palco mentre il pubblico era sistemato su tavolini tra i quali giravano i camerieri occupati a portare le consumazioni, in pieno stile da café-chantant.
Le votazioni si svolsero in sala e le hostess passarono di tavolino in tavolino con delle urne nelle quali ognuno poteva infilare la sua scheda di preferenza.
Tutte le canzoni vennero pubblicate su dischi a 78 giri da un'unica casa discografica, la Cetra, che aveva sotto contratto i tre cantanti in gara.
Vinse Nilla Pizzi che diventara' la regina della nostra canzone con "grazie dei fiori"

La stessa cantante vincera' il secondo festival con Vola Colomba un brano musicale composto da Bixio Cherubini e Carlo Concina. Il brano fu un successo anche sull'onda della questione del ritorno di Trieste all'Italia, e contiene numerosi riferimenti al capoluogo della Venezia Giulia, quali "inginocchiato a San Giusto", "lasciavamo il cantiere" (essendo Trieste sede di cantieri navali) e "il mio vecio" per indicare il padre.





.La prima edizione si era svolta tra l'indifferenza dei giornali (cinque misere righe sul "Corriere della Sera"), ma agli addetti ai lavori non era sfuggito il potenziale della manifestazione, grazie al potere della radio. Fu così che da parte di autori ed editori giunsero 140 domande di iscrizione in più rispetto al 1951. Evidentemente quella che era stata etichettata come "Piedigrotta del nord", con soli tre interpreti, aveva attirato l'attenzione di molta gente. Con una certa cautela, gli organizzatori decisero di ingaggiare altri due cantanti: a Nilla Pizzi, Achille Togliani e il Duo Fasano si unirono Oscar Carboni e Gino Latilla
Vola colomba inaugura una serie di canzoni esplicitamente politiche che caratterizzera' tutti gli anni 50, il festival fu la manifestazione preferita per presentarle come vecchio scarponeinno nostalgico per la giovinezza perduta a causa della guerra.
Fu portata al successo da Gino Latilla , eccovelo qui in una versione di Claudio Villa

Con Papaveri e papere di Nilla Pizzi , vengono preso di mira i notabili democristiani dell'epoca

Un altro successo fu :Casetta in Canada'
 
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view post Posted on 1/3/2011, 08:44
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POLITICA E L'ECONOMIA NEGLI ANNI 50

Le difficoltà economiche e l’alto tasso di disoccupazione portarono scontento nella popolazione, che si tradusse in un calo dei consensi alla DC in occasione delle elezioni amministrative del 1951-’52, a vantaggio dell’estrema destra.De Gasperi, per assicurare al partito una maggiore stabilità in vista delle elezioni del 1953, propose una modifica in senso maggioritario del sistema elettorale (proporzionale) secondo il quale la coalizione che avesse superato il 50% dei voti avrebbe ottenuto il 65% dei seggi. L’opposizione soprannominò la riforma “legge-truffa”. Alle elezioni la DC non raggiunse il 50% dei voti e quindi non ottenne il premio di maggioranza; la sconfitta politica rappresentò la fine della politica di De Gasperi. A metà degli anni ’50 l’Italia era ancora per moli aspetti un paese sottosviluppato e arretrato; la maggior parte degli italiani si guadagnava da vivere nei settori tradizionali (piccole imprese tecnologicamente arretrate, pubblici impieghi, piccoli negozi, ecc.).
Tuttavia, nel capitalismo degli anni ’50 accaddero alcuni fenomeni di rilievo: il sistema bancario e l’industria di stato creati nel fascismo furono sviluppati; all’Iri e all’industria siderurgica pubblica si aggiunsero l’Eni (idrocarburi), la Stet (telefonia) e la Rai (televisione). Il sistema industriale di quel periodo era quindi di tipo misto fra pubblico e privato, confermato tra l’altro dalla nascita del ministero delle partecipazioni statali (1957).
motivi che resero possibile questo sviluppo sono sostanzialmente di due tipi:
_ esterni: l’Italia riuscì ad inserirsi nella ripresa dell’economia internazionale degli anni ’50-’70; aderì al Mercato comune europeo con i trattati di Roma del 1957; le esportazioni italiane all’estero raddoppiarono.
Era questo il periodo in cui il quartetto Cetra spopolava gia dalla fine degli 40 con nella vecchia fattoriadi Gorni Kramer - Savona - Giacobetti.
Il Il Quartetto Cetra fu l'anticipatore in Italia di mode e generi musicali, come ad esempio il Rock and roll: già nel 1956 il Quartetto Cetra incise in italiano una sua versione di Rock Around the Clock, con il testo scritto da Tata Giacobetti, intitolata L'orologio matto.Lo stile iniziale del quartetto fu quello delle elaborazioni vocali jazz e swing, ispirato ai Mills Brothers statunitensi. Successivamente il gruppo trovò la propria formula, che combinava canzone e spettacolo: brani orecchiabili dai testi allegri ma con arrangiamenti raffinati, interpretati in scenette divertenti.Altri successi del decennio furono Vecchia America (musica di Lelio Luttazzi), In un palco della Scala, Un bacio a mezzanotte, Concertino e Passa la prima Milano-Sanremo (con musiche di Gorni Kramer), Un disco dei Platters e Che centrattacco! (scritte da Savona e Giacobetti.Altri successi discografici furono :Tutte le mamme - Giorgio Consolini
Fiorin Fiorello - Claudio Villa
La vita è un paradiso di bugie - Luciana Gonzales
Aprite le finestre - Franca Raimondi
Chella llà - Nino Taranto
Maruzzella - Giacomo Rondinella
Nostalgico show - Jula De Palma
Grazie dei fiori - Nilla Pizzi
Conoscerti - Achille Togliani
Che m''e 'mparato a ffà - Fausto Cigliano
Vogliamoci tanto bene - Renato Rascel

L'AVVENTO DELLA TELEVISIONE IN ITALIA
In questi anni ci fu un evento storico che influira' non poco sul costume degli italiani e sul successo della nostra musica leggera:l'avvento della televisione. L'11 settembre 1949, con una trasmissione sperimentale dalla Triennale di Milano presentata da Corrado, hanno inizio le trasmissioni televisive in Italia con lo standard a 625 linee, ma la programmazione regolare cominciò soltanto dal 3 gennaio 1954, a cura della RAI, in bianco e nero.
I televisori accesi furono, il giorno di esordio, solamente ottantamila, gli abbonati non superarono i ventimila unità intorno al febbraio del 1954 e il prezzo del mezzo sfiorava le dodici mensilità di un reddito medio annuo (1954).
Il segnale arrivò su tutto il territorio nazionale tre anni dopo, il 31 dicembre 1956, e a quel momento gli abbonati erano ancora relativamente pochi - 360.000 - a causa del costo elevato degli apparecchi.
Dagli anni cinquanta la diffusione della TV crebbe a ritmi stupefacenti, come precedentemente accaduto sul mercato americano. In quegli anni la televisione era un bene di lusso che pochi italiani potevano permettersi, tanto che i bar o le case dei propri vicini diventarono luoghi prediletti per visioni di gruppo, soprattutto in occasione delle trasmissioni del primo e subito popolarissimo telequiz italiano, i primi pionieri furono Mario Riva con Il Musichiere, e Mike Bongiorno con Lascia o raddoppia?.
Accanto ai vari Achille Togliani,Carla Boni, Teddy Reno, Gino Latilla, nascono alcuni complessi musicali uno fra tutti quello di Renato Carosone che riscuotera' un enorme successo .I suoi dischi, infatti, conquisteranno le classifiche di vendita europee e nordamericane.
Della sola Torero, rimasta per due settimane al primo posto della hit parade statunitense, si conoscono più di trenta incisioni americane e dodici traduzioni in altrettante lingue. Quelli di Renato Carosone sono concerti-spettacolo, dove ai testi ironici di Nisa fanno da contrappunto le performance comiche di Gegè Di Giacomo, spesso concluse dal totale coinvolgimento del pubblico, e le melodie di Carosone, mutuate dal jazz e dallo swing mescolate ai ritmi più diversi.

TU VUO' L'AMERICANO

O SARRACINO

Un altro complesso famoso diventera' quello di Marino Marini .Il suo repertorio spazia dagli standard internazionali (I love Paris, Rico vacilon) alle canzoni napoletane (La pansé, Io mammeta e tu, 'E spingule frangese) felicemente reinterpretate in versione ballabile, spesso seguendo le mode e i ritmi del momento.
Il suo brano più celebre diventa Bambino, versione francese di Guaglione,famosa canzone napoletana, che viene poi ripresa da Dalida, così come almeno altre quindici canzoni. Un'altra cantante in qualche modo debitrice verso la musica di Marini è Caterina Valente, che più volte ha incluso nel proprio repertorio brani portati al successo da lui.
Ascoltiamo qui GUARDA CHE LUNA


CONTINUA
 
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view post Posted on 3/3/2011, 08:18
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Pulcinella291 Forum

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L'ARRIVO DEGLI URLATORI ED IL BOOM ECONOMICO

“Melodici e urlatori”

Nel 1958 Domenico Modugno trionfa a Sanremo con “Nel blu dipinto di blu”, una canzone che porta una decisa ventata di novità nel panorama della canzone italiana.
Sul finire degli anni Cinquanta si affermano in Italia alcuni cantanti che prendono a modello i “rockers” americani come Elvis Presley, Paul Anka e i Platters.
Nel 1958 Tony Dallara lancia la prima canzone rock italiana: “Come prima”.
Si crea così una spaccatura tra due categorie di cantanti:
• i “melodici” che restano legati alla tradizione
• gli “urlatori” che accolgono nelle loro canzoni gli elementi tipici del rock and roll.
Nel blu dipinto di blu ottiene un successo planetario, fino a diventare una delle canzoni italiane più famose nella storia, e quella con il maggiore riscontro commerciale. Conosciuta anche con la parola che apre il ritornello, Volare, è stata anche ridepositata presso la SIAE con questo secondo titolo.


I maggiori esponenti degli urlatori, prevalentemente collegati a etichette con sede a Milano, a quel tempo capitale del mercato discografico, furono cantanti all'epoca molto giovani, destinati - sia pure in misura diversa - a percorrere carriere di successo, come Tony Dallara, Joe Sentieri, Adriano Celentano (le cui movenze ricordavano da vicino quelle del più celebre Presley), Clem Sacco, Ricky Gianco, Giorgio Gaber, Gene Colonnello, Little Tony e, fra le voci femminili, Betty Curtis, Jenny Luna, Mina, Angela e Mara Pacini (alias Brunetta).

Una celebre polemica, creata e amplificata dalla stampa dell'epoca, contrapponeva gli urlatori agli interpreti della melodia all'italiana (Claudio Villa, Nilla Pizzi, Luciano Tajoli, Achille Togliani, Tonina Torrielli). Negli anni in cui prendeva campo anche in Italia la musica rock, diventata fenomeno di costume con Elvis Presley, Claudio Villa fu uno dei pochi a capire che l'unico modo per combattere l'offensiva dei cantanti della nuova ondata era quello di usarne gli stessi mezzi di propaganda: questa fu la funzione dei fan club del "reuccio" e dei suoi atteggiamenti provocatori che a lungo fecero notizia in quegli anni.
Intanto In Italia, l'economia del Paese attraversò una fase di intenso sviluppo, che prese il nome di "Boom Economico". Lo sviluppo toccò prima di tutto l'industria e più lentamente anche l'agricoltura; entrambi i settori vennero potenziati e modernizzati. L'incremento delle scienze e la loro applicazione alla produzione e al settore dei trasporti, culminati con lo sbarco sulla luna del '69, portarono alla creazione di molti nuovi servizi, come la motorizzazione privata e l'aviazione civile, contribuendo ad un netto miglioramento del tenore di vita dei cittadini.
Ma il decennio, a cavallo tra gli Anni '50 e '60, vide anche lo sviluppo di un settore nuovo, il Terziario, e di un nuovo potentissimo mezzo di comunicazione, la Televisione. Quest'ultima ebbe anche un ruolo fondamentale nel condizionare la vita ed i modelli comportamentali e nell'instillare nuovi bisogni 'superflui' nella popolazione delle società industrializzate.
Nella musica il fenomeno degli urlatori e l'irruzione sul mercato italiano della musica americana (tra i dischi più venduti in Italia nel 1957 c'erano per la prima volta brani come Only You dei Platters e Rock Around The Clock di Bill Haley) corrispondeva a una rivoluzione del gusto e del mercato che coinvolgeva autori, arrangiatori, editori e cantanti: a partire dalla vittoria di Modugno al Festival di Sanremo 1958, si abbassa la fascia di età degli acquirenti di dischi e si assiste alla nascita di personaggi, quali Gianni Morandi e Rita Pavone, studiati a tavolino per i teen-agers. È a questo punto che gli urlatori lasciano il posto, con l'avvento della british invasion e il conseguente arrivo in Italia di gruppi pop la cui musica era ispirata a quella dei Beatles, ad artisti che sarebbero stati, di lì in avanti, etichettati come rocker o cantanti beat: ad esempio, Gianni Pettenati e Patty Pravo fra i solisti, e The Rokes, Equipe 84, Camaleonti, Dik Dik tra i gruppi
Ma questa è storia d'oggi.

FINE


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Edited by Pulcinella291 - 4/4/2011, 11:14
 
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