Nel 1863 la Legge Pica
Giuseppe Pica
Cominciamo col dire che la legge 1409 del 1863, nota come legge Pica, dal nome del suo promotore, il deputato abruzzese Giuseppe Pica, fu approvata dal parlamento della Destra storica e fu promulgata da Vittorio Emanuele II, il 15 agosto di quell'anno. Presentata come "mezzo eccezionale e temporaneo di difesa", la legge fu più volte prorogata ed integrata da successive modificazioni, rimanendo in vigore fino al 31 dicembre 1865. Sua finalità primaria era porre rimedio al brigantaggio postunitario nel Mezzogiorno, attraverso la repressione di qualunque fenomeno di resistenza.
Questa legge seguiva lo stato di assedio proclamato dal neo governo, dopo l'unita', nei confronti delle province meridionali , con il quale si era voluto concentrare il potere nelle mani dell'autorità militare al fine di reprimere l'attività di resistenza armata: coloro i quali venivano catturati , fossero essi sospettati di essere ribelli o parenti di ribelli, potevano essere passati per le armi dall'esercito, senza formalità di alcun genere.
Con questa legge venivano istituiti sul territorio delle province definire ribelli o infestate da briganti, i tribunali militari ,sospendendo, in sostanza, la garanzia dei diritti costituzionali contemplati dallo statuto Albertino: I ribelli , insomma , non venivano giudicati dai tribunali civili ma da quelli militari.
Il nuovo corpo normativo stabiliva che poteva essere qualificato come brigante (e, dunque, giudicato dalla corte marziale) chiunque fosse stato trovato armato in un gruppo di almeno tre persone. Veniva concessa la facoltà di istituire delle milizie volontarie per la caccia ai ribelli ed erano stabiliti dei premi in danaro per ogni arrestato o ucciso.
Le pene comminate ai condannati andavano dall'incarcerazione, ai lavori forzati, alla fucilazione.
il criterio del sospetto
Nelle province meridionali definite "infette", venivano istituiti i Consigli inquisitori (i cui componenti erano il Prefetto, il Presidente del Tribunale, il Procuratore del Re e due cittadini della Deputazione Provinciale)[11] che avevano il compito di stendere delle liste con i nominativi dei briganti individuando così i sospetti che potevano essere messi in stato d'arresto o, in caso di resistenza, uccisi: l'iscrizione nella lista, infatti, costituiva di per sé prova d'accusa[15]. In sostanza, veniva introdotto il criterio del sospetto: in base ad esso, però, chiunque avrebbe potuto avanzare accuse, anche senza fondamento, anche per consumare una vendetta privata.
La legge, inoltre, aveva effetto retroattivo: in altre parole, era possibile applicare la legge Pica anche per reati contestati in epoca antecedente la promulgazione della legge stessa.
Polemiche sulla legge
Già durante la fase di discussione, fu avanzata l'ipotesi che la proposta del Pica avrebbe potuto dare adito ad errori ed arbitri di ogni sorta: il senatore Ubaldino Peruzzi, infatti, notò come il provvedimento fosse «la negazione di ogni libertà politica.
Al pugno di ferro prospettato dalla Destra storica, il Senatore Luigi Federico Menabrea
rispose, invece, con una proposta totalmente alternativa. Il Menabrea, come soluzione al malcontento popolare e alle insurrezioni che seguirono l'annessione delle Due Sicilie al Regno d'Italia, propose di stanziare 20 milioni di lire per la realizzazione di opere pubbliche al Sud. Il piano del Menabrea, però, non ebbe alcun seguito, poiché il parlamento italiano preferì investire nell'impiego delle forze armate.Dunque, nonostante le criticità del provvedimento legislativo fossero state apertamente denunciate, la legge fu ugualmente approvata, ma già dai suoi stessi contemporanei furono riconosciuti gli abusi e le iniquità a cui essa diede adito.
ABUSI E INIQUITA' A SEGUITO DELLA LEGGEnonostante le criticità del provvedimento legislativo fossero state apertamente denunciate, la legge fu ugualmente approvata, ma già dai suoi stessi contemporanei furono riconosciuti gli abusi e le iniquità a cui essa diede adito. Nella seduta parlamentare del 29 aprile 1862, il senatore Giuseppe Ferrari
affermava
:« Non potete negare che intere famiglie vengono arrestate senza il minimo pretesto; che vi sono, in quelle province, degli uomini assolti dai giudici e che sono ancora in carcere. Si è introdotta una nuova legge in base alla quale ogni uomo preso con le armi in pugno viene fucilato. Questa si chiama guerra barbarica, guerra senza quartiere. Se la vostra coscienza non vi dice che state sguazzando nel sangue, non so più come esprimermi. »Allo stesso modo si esprimeva don Vincenzo Padula
« Il brigantaggio è un gran male, ma male più grande è la sua repressione. Il tempo che si dà la caccia ai briganti è una vera pasqua per gli ufficiali, civili e militari; e l'immoralità dei mezzi, onde quella caccia deve governarsi per necessità, ha corrotto e imbruttito. Si arrestano le famiglie dei briganti, ed i più lontani congiunti; e le madri, le spose, le sorelle e le figlie loro, servono a saziare la libidine, ora di chi comanda, ora di chi esegue quegli arresti. »In effetti dai soldati inviati al Sud,furono compiute violenze di ogni genere . In soli nove mesi, ci furono quasi novemila fucilati, poco meno di undicimila feriti, oltre seimila incarcerati, quasi duecento preti, frati, donne e bambini uccisi. Il Sud, quindi, «divenne terra desolata: corpi lasciati a imputridire in piazza, altri carbonizzati nelle decine di paesi arsi, colonne vaganti di decine di migliaia di profughi». Almeno quarantuno paesi meridionali furono distrutti dagli invasori e centinaia le donne violentate.E dire che anche Mazzini ebbe delle perplessità sui metodi intrapresi dai savoiardi a causa dei soprusi dell'esercito piemontese.
Massacri, torture, condanne senza processo, bambini trucidati, donne violentate finanche con le baionette.