Le stronzate di Pulcinella

CHI LO DISSE?(frasi famose che usiamo )

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view post Posted on 17/10/2011, 10:57
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Pulcinella291 Forum

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Quante volte ci è capitato di leggere o sentire una certa frase o un detto latino, di cui non conosciamo l'autore? In realtà è un fatto abbastanza consueto, che ci lascia alquanto perplessi sul nostro grado di ignoranza.
Ora qui noi cercheremo di fare un elenco delle frasi piu' famose o usate .


In hoc signo vinces : frase latina, dal significato letterale: "con questo segno vincerai"Frase con cui viene comunemente tradotto il motto greco τούτῳ νίκα «vinci con questo» che, secondo Eusebio (Vita Constantini I, 27,31 e Hist. eccl. IX, 9), sarebbe apparso in sogno, unitamente a una croce fiammeggiante, a Costantino poco prima che dalla Gallia muovesse alla volta di Roma contro Massenzio (e dopo un sogno immediatamente successivo egli avrebbe ideato il labaro con sopra disegnato il monogramma di Cristo)

IL DADO E' TRATTO(Alea iacta est)Alea iacta est è una locuzione latina che viene tradotta in lingua italiana come Il dado è tratto.Questa frase - divenuta celeberrima specialmente nella versione in italiano - viene presa come motto e si cita quando si prende una decisione dalla quale non si può più recedere. È una frase attribuita da Svetonio nel suo De vita Caesarum (Divus Iulius) a Giulio Cesare che l'avrebbe proferita dopo aver varcato, nella notte del 10 gennaio del 49 a.C., il fiume Rubicone alla testa di un esercito, violando apertamente la legge che proibiva l'ingresso armato dentro i confini dell'Italia e dando il via alla seconda guerra civile.

CARPE DIEM:letteralmente "Cogli il giorno", normalmente tradotta in "Cogli l'attimo", anche se la traduzione più appropriata sarebbe "Vivi il presente" (non pensando al futuro) è una locuzione tratta dalle Odi del poeta latino Orazio.Si tratta non solo di una delle più celebri orazioni della latinità; ma anche di una delle filosofie di vita più influenti della storia, nonché di una delle più fraintese, nella quale Orazio fece confluire tutta la potenza lirica della sua poesia.

Audaces fortuna iuvat:Audaces fortuna iuvat - la fortuna aiuta gli audaci - è un celebre motto riconducibile al repertorio delle locuzioni latine.È uno degli esametri lasciati incompiuti da Virgilio. Nel testo si trova letteralmente scritto "Audentis Fortuna iuvat", dove Audentis è participio presente plurale del verbo audere, forma arcaica di Audentes .Il detto invita ad essere volitivi e coraggiosi davanti a qualsiasi tipo di evento, anche il più terribile ed imprevisto, poiché la sorte - il fato' - è dalla parte di coloro che osano e sanno prendere gli opportuni rischi.

Errare humanum est, perseverare autem diabolicum
:La locuzione latina errare humanum est, perseverare autem diabolicum, tradotta letteralmente, significa "commettere errori è umano, ma perseverare [nell'errore] è diabolico". La frase è entrata nel linguaggio comune, come aforisma con il quale si cerca d’attenuare una colpa, un errore, purché sporadico e non ripetuto. Sostanzialmente essa si rifà (anche se non letteralmente) ad un'espressione di sant'Agostino, anche se esistono diversi antecedenti in latino precristiano.
Quello che più si avvicina risale a Cicerone (Filippiche XII. 5): Cuiusvis hominis est errare: nullius nisi insipientis, in errore perseverare ("è cosa comune l’errare; è solo dell’ignorante perseverare nell'errore"). Più sfumato Livio (Storie, VIII, 35): Venia dignus est humanus error ("ogni errore umano merita perdono)

Excusatio non petita, accusatio manifesta:è una locuzione latina di origine medievale. La sua traduzione letterale è "Scusa non richiesta, accusa manifesta", forma proverbiale in italiano insieme all'equivalente "Chi si scusa, si accusa".
Il significato di questa locuzione è: se non hai niente di cui giustificarti, non scusarti. Affannarsi a giustificare il proprio operato senza che sia richiesto può infatti venir recepito come un atteggiamento sospetto, un indizio del fatto che si abbia qualcosa da nascondere.
Già San Girolamo, nelle sue lettere (Epist. 4) avvertiva: dum excusare credis, accusas ("mentre credi di scusarti, ti accusi")


Memento audere semper.Memento audere semper è una locuzione in lingua latina coniata dallo scrittore e poeta italiano Gabriele D'Annunzio.
La locuzione significa Ricorda di osare sempre e può essere in qualche modo accostata – anche se in questo caso la funzione esortativa ad assumere dei rischi è decisamente più marcata – a un altro motto latino molto conosciuto: Audaces fortuna iuvat.

Omnia tempus habentOgni cosa ha il suo tempo.
è un proverbio latino .

Mala tempora currunt :Mala tempora currunt (si avvicinano tempi bui o, propriamente, corrono brutti tempi) è un'espressione latina. Si impiega sia con il significato letterale, per lamentarsi effettivamente dell'andamento delle cose nei tempi che si stanno vivendo, sia con un intento più scherzoso di "finta" lamentazione.
Questa farse non è attribuibile ad alcuno, ma è una delle frasi che la lingua Latina ha lasciato in eredità al mondo moderno tutta una serie parole, frasi celebri, sentenze e modi di dire che spesso capita di sentire anche nel parlato comune, o più frequentemente nello scritto.


Mens sana in corpore sano :La locuzione latina Mens sana in corpore sano (lett. mente sana in un corpo sano) appartiene a Giovenale.Nell'intenzione del poeta, l'uomo non dovrebbe aspirare che a due beni soltanto, la sanità dell'anima e la salute del corpo: queste dovrebbero essere le uniche richieste da rivolgere alla divinità, che, sottolinea il Poeta, più dell'uomo sa di cosa l'uomo stesso ha bisogno.
Nell'uso moderno si attribuisce invece alla frase un senso diverso, intendendo che, per aver sane le facoltà dell'anima, bisogna aver sane anche quelle del corpo.


Omnia munda mundis : è un celebre motto latino, di forte sapore antimoralistico e religioso al tempo stesso.

Tradotto letteralmente significa "Tutto è puro per i puri" (s'intende, "per chi è puro di cuore e d'animo"), o anche "All'anima pura, tutte le cose (appaiono) pure".La frase è contenuta nel Nuovo Testamento, e precisamente nell'epistola a Tito di san Paolo.

Ora et labora:La locuzione latina ora et labora, tradotta letteralmente, significa prega e lavora. Molti attribuiscono questa Frase a San Benedetto ,ma il vecchio adagio “Ora et labora” – che non si trova nella Regola di San Benedetto anche se ha da sempre delineato l’immagine del monaco e del monastero benedettini.

Per asperam (sic itur) ad astra:Per aspera sic itur ad astra: frase latina, dal significato letterale: «attraverso le asperità alle stelle» e senso traslato «la via che porta alle cose alte è irta di ostacoli. E' una citazione di Seneca.

Qui gladio ferit gladio perit(Chi di spada ferisce di spada perisce)La locuzione latina Qui gladio ferit gladio perit, tradotta letteralmente, significa chi di spada ferisce di spada perisce (Nuovo Testamento, Mt.: 26,52).
La frase è pronunciata da Gesù quando nell'orto del Getsemani viene catturato dai soldati inviati dai Principi dei Sacerdoti. L'apostolo Pietro, stando a quanto riferisce l'evangelista Giovanni (Gv. 18,13), sfodera la spada e taglia un orecchio ad un servo del sommo sacerdote. Da questo episodio viene la richiesta di Gesù di riporre la spada dicendo che "Qui gladio ferit gladio perit.

Faber est suae quisque fortunae :La locuzione latina Faber est suae quisque fortunae, tradotta letteralmente, significa "Ciascuno è artefice della propria sorte".
La locuzione è presente nella seconda delle due Epistulae ad Caesarem senem de re pubblica (De rep., 1, 1, 2) attribuite a Sallustio, ma di autenticità molto discussa (non è improbabile vederle citate come opere dello Pseudo Sallustio).

Gutta cavat lapidem La goccia scava la pietra
La sentenza era un proverbio diffuso e citato da autori di età classica, è documentato infatti in poesia da Lucrezio (De rerum natura, I 314 e IV 1281), da Ovidio (Epistulae ex Ponto, IV, 10 e Ars amandi I, 476) e Albio Tibullo (Elegiae I, 4, 18).


Dura lex, sed lex:Dura lex, sed lex: la frase, tradotta dal latino letteralmente, significa dura legge, ma legge. Più propriamente in italiano: "La legge è dura, ma è (sempre) legge" (e quindi va rispettata comunque).

È un invito a rispettare la legge in tutti i casi, anche in quelli in cui è più rigida e rigorosa, in quanto avendo come prospettiva il risanamento di gravi abusi lesivi del diritto, privato o pubblico, invita all'osservanza di leggi anche gravose in considerazione del beneficio della comunità.
Questo motto va riferito al periodo di introduzione delle leggi scritte nell'antica Roma. Fino ad allora le leggi venivano tramandate per via orale e quindi si prestavano molto alla modifica da parte dei giudici, che si rifacevano a tradizioni orali e quindi introducevano una sorta di arbitrio, perché erano loro i detentori del potere di riferire la tradizione orale. Così il motto significa: sebbene la legge sia dura, è una legge scritta, cioè uguale per tutti.

In medio stat virtus:è una locuzione latina, il cui significato letterale in italiano è: «la virtù sta nel mezzo». La locuzione invita a ricercare l'equilibrio, che si pone sempre tra due estremi, pertanto al di fuori di ogni esagerazione.
L'espressione risale ai filosofi scolastici medievali, anche se già Aristotele nell'Etica Nicomachea ("μέσον τε καὶ ἄριστον"; trad.: il mezzo è la cosa migliore), Orazio nelle Satire ("est modus in rebus"; trad.: c'è una misura nelle cose) e Ovidio nelle Metamorfosi ("medio tutissimus ibis"; trad.: seguendo la via di mezzo, camminerai sicurissimo[1]) avevano espresso un concetto similare.


Tu quoque, Brute, fili mi!:Tu quoque, Brute, fili mi! (lett.: Anche tu, Bruto, figlio mio!) è un'espressione latina attribuita a Giulio Cesare.
Si narra che queste siano state le ultime parole da lui pronunciate, quando, in punto di morte (Idi di marzo del 44 a.C.), subendo le coltellate dei congiurati, riconobbe fra i volti dei suoi assassini quello di Marco Giunio Bruto.

Semel in anno licet insanire (una volta all'anno è lecito impazzire ("uscire da sé stessi").
Il concetto fu espresso, con leggere varianti, da vari autori: Seneca, Sant’Agostino (Tolerabile est semel anno insanire, Civ. Dei VI, 10), etc. Orazio la fece propria nella sostanza cambiandone la forma: "Dulce est desipere in loco (Carm., IV, 13, 28)". (È cosa dolce ammattire a tempo opportuno).
L'espressione nella forma "semel in anno licet insanire" divenne proverbiale nel Medi.

Sursum corda!("In alto i cuori") :La locuzione Sursum corda ("In alto i cuori") appartiene al rito della Messa in lingua latina secondo il rito romano della Chiesa cattolica.È pronunciata dal sacerdote celebrante all'inizio del Prefazio. il sacerdote può accompagnare le parole con il gesto di alzare le mani. L'assemblea risponde Habemus ad Dominum, "Sono rivolti al Signore".
Appare in tutte le preghiere eucaristiche. Ippolito di Roma è il primo a testimoniare in maniera completa il dialogo che ancora oggi si realizza all'inizio del prefazione.

Ubi maior minor cessat :tradotta letteralmente, significa «dove vi è il maggiore, il minore decade». Il significato completo può essere così descritto: «in presenza di quel che possiede più valore e importanza, quel che ne tiene meno perde la propria rilevanza».

Vox populi, vox Dei.:voce di popolo, voce di Dio. Viene fatta impropriamente risalire alla Bibbia (Libro di Isaia, 66,6), dove ha significato di tipo invocativo, diverso da quello poi attribuito.Lo stesso Alessandro Manzoni usa molto spesso questa locuzione nel suo più famoso romanzo, i Promessi Sposi, come nel caso della folla che mette a ferro e fuoco Milano

Divide et impera :è una locuzione latina che tradotta letteralmente significa dividi e domina.Una frase proverbiale, così spesso citata da diventare una banalità, è divide et impera. Non se ne conosce l’origine. È genericamente definita “un antico assioma romano” – e probabilmente ha radici ancora più antiche. Pare che era il sistema usato dai romani per sottomettere le popolazioni . Si faceva di tutto affinche'i popoli non fossero uniti per poterli meglio gestire.

Homo homini lupus( L'uomo è un lupo per l'uomo)
:L'espressione latina homo homini lupus (letteralmente "l'uomo è un lupo per l'uomo"), il cui precedente più antico si legge nel commediografo latino Plauto (lupus est homo homini, Asinaria, v. 495), riassume efficacemente una antica e amara concezione della condizione umana che si è tramandata e diffusa nei secoli, lasciando tracce di sé sia nel pensiero colto sia in alcuni detti popolari e motti di spirito.

Veni, vidi, vici :(lett. Venni, vidi, vinsi) è la frase con cui, secondo la tradizione, Gaio Giulio Cesare annunciò la straordinaria vittoria riportata il 2 agosto del 47 a.C. contro l'esercito di Farnace II a Zela nel Ponto.

Cogito ergo sum:La locuzione Cogito ergo sum, che significa letteralmente "Penso dunque sono", è l'espressione con cui Cartesio esprime la certezza indubitabile che l'uomo ha di se stesso in quanto soggetto pensante.

Tutto scorre(Panta rhei ):è il celebre aforisma attribuito ad Eraclito, ma in realtà mai esplicitamente formulato in ciò che dei suoi scritti conosciamo, con cui la tradizione filosofica successiva ha voluto identificare sinteticamente il pensiero di Eraclito con il tema del divenire, in contrapposizione con la filosofia dell'Essere propria di Parmenide. L'espressione proviene da un frammento del trattato Sulla natura.



Obbedisco: molti attribuiscono questa frase a Garibaldi
all'incontro con Vittorio Emanuele a Teano, in verita' fu pronunciata Al termine della Terza Guerra d’Indipendenza, il 21 luglio 1866, Giuseppe Garibaldi conquistò, alla testa dei suoi uomini, l’abitato di Bezzecca. Con questa vittoria era aperta la strada per Trento, ma la guerra terminò dopo pochi giorni per cui Garibaldi ricevette l’ordine di sospendere le operazioni e di abbandonare il territorio occupato. Fedele al suo innato senso di disciplina, Garibaldi rispose telegraficamente “Obbedisco” (9 agosto 1866) che è diventato il motto del 52.

"Tiremm innanz!" ("Andiamo avanti!").
Frase attribuita ad Amatore Sciesa , patriota italiano. Condannato a morte Sciesa venne condotto alla forca: secondo la tradizione popolare, a un gendarme che, conducendolo al luogo di esecuzione, l'aveva fatto passare sotto le finestre di casa sua, esortandolo a rivelare i nomi di altri rivoluzionari in cambio del rilascio, avrebbe risposto in dialetto milanese: "Tiremm innanz!" ("Andiamo avanti!"). In mancanza del boia, defunto alcuni giorni prima, venne fucilato.

Non ragioniam di lor, ma guarda e passa::è un celebre verso della Divina Commedia di Dante, diventato un modo di dire comune, sebbene con numerose varianti, uguali nel senso, ma storpiate nel testo (non ti curar di loro, non parliam di loro...).
Nel Canto III dell'Inferno, al verso 51, Virgilio, guida di Dante, sta descrivendo i cosiddetti "ignavi" (un'attribuzione - in realtà - mai usata da Dante ma nata in seno alla critica), cioè i vili, "coloro che visser sanza 'nfamia e sanza lodo".

me ne lavo le mani::frase attribuita a Ponzio Pilato, lui non voleva uccidere Gesu perche in lui nn trovava colpe, inizialmente cerca di convincere il popolo ma siccome, il popolo insisteva lui decise di flaggelarlo ma non di ucciderlo, ma il popolo lo voleva morto in quanto Lui si era dichiarato figlio di Dio, ma Pilato cercava sempre di convincere la gente , i farisei.
Ma loro dissero che se non giustiziava Gesu voleva dire che lo riconosceva come Re e che questo sarebbe stato d'affronto a Cesare e quindi Ponzio Pilato che pensava a salvare la sua pelle disse " io in questo uomo nn trovo colpe, quindi giustiziatelo voi IO ME NE LAVO LE MANI "..

Festa farina e forca:All’inizio fu “Panem et circenses” (Pane e giochi del circo), la locuzione in lingua latina, utilizzata nella Roma antica.

La frase, creata dal poeta Giovenale, descriveva perfettamente e in maniera sintetica, il modo di governare il popolo, divertendo le classi dominanti e creando una falsa fratellanza con i più poveri ed oppressi, in modo da addormentare le coscienze di questi ultimi ed evitare sentimenti di ribellione.
Successivamente, Ferdinando II di Borbone, aggiunse alla farina e alle feste, il deterrente della forca, coniando le famose tre “F”, “feste, farina e forca”, con le quali governare il popolo.
Durante il periodo borbonico infatti, a Napoli, nel corso di feste pubbliche e di distribuzioni di pane, venivano eseguite numerose impiccagioni al fine di dimostrare il potere politico e la capacità di mantenere sicurezza e legalità nel regno.

[color=red]Canta che ti passa:
È un invito a non spaventarsi e a curare le preoccupazioni e i timori con il canto. Pare che l'espressione sia stata incisa su una trincea da un soldato sconosciuto durante la Prima guerra mondiale: l'ufficiale e scrittore Piero Jahier la trascrisse come epigrafe di una raccolta di Canti del soldato (Milano, 1919). Nella prefazione (firmata con lo pseudonimo di Pietro Barba), Jahier parla del «buon consiglio che un fante compagno aveva graffiato nella parete della dolina: canta che ti passa».
In realtà la funzione terapeutica del canto è nota sin dall'antichità, e ha ispirato miti come quelli del cantore Orfeo. Restando nell'ambito della letteratura italiana, si veda questo verso di Petrarca (Canzoniere XXIII,

Vincere e vinceremo: frase di Mussolini all'annuncio della dichiarazione di guerra, 10 giugno 1940

Volli, sempre volli, fortissimamente volli!:è un'affermazione di Vittorio Alfieri quando capi' di dover prendere la strada della cultura , e si taglio' la sua fluente chioma, facendosi legare sulla sedia per essere costretto a leggere numerosi libri.

Tutto è bene quel che finisce bene:Tutto è bene quello che finisce bene (All's well that ends well) è una commedia shakespeariana, scritta fra il 1602 e il 1603. Essa è ispirata alla novella di Giovanni Boccaccio Giletta di Narbona, inclusa nel Decameron (Novella Nona della Terza Giornata).

Parva sed apta mihi:La locuzione latina Parva sed apta mihi, tradotta letteralmente, significa Piccola ma sufficiente per me.

Simpatica scritta posta sulla porta della propria casa da Ludovico Ariosto quando nel 1525 tornò dalla Garfagnana, dove era governatore, nella città di Ferrara in cui si stabilì definitivamente: "Parva, sed apta mihi, sed nulli obnoxia, sed non sordida: parta meo sed tamen aere domus (Piccola, ma sufficiente per me, su cui nessuno può vantare diritti, decorosa e comprata con denaro mio)

Ai posteri l'ardua sentenza:
Su certi argomenti, oggi troppo controversi, toccherà ai posteri pronunciarsi. La frase celebre è tratta da due versi de Il cinque maggio, il componimento poetico più celebre di Alessandro Manzoni. Il giudizio che Manzoni rimanda ai posteri è quello sulla vita di Napoleone Bonaparte: Fu vera gloria?

Al di là del bene e del male:L'omonima opera di Friedrich Nietzsche (1886) era una requisitoria contro i sistemi filosofici dominanti. L'omonimo film di Liliana Cavani (1977) era a sua volta ispirato alla tormentata biografia di Nietzsche. Oggi a volte si definisce al di là del bene e del male un'opera d'ingegno (libro, film, opera d'arte, ecc. ), talmente bella (o brutta) da meritare una categoria a sé, fuori dai canoni artistici codificati; oppure un personaggio pubblico talmente celebre da far "saltare" le abituali convenzioni morali (Xxx è ormai al di là del bene e del male, etc).

“L'Italia è fatta, ora bisogna fare gli italiani: frase attribuita a Massimo d'Azeglio al momento della proclamazione del regno d'Italia.

boia chi molla:Si tratta di un'espressione tipicamente considerata come un motto fascista; tuttavia si dice che essa sarebbe stata coniata da Eleonora Pimentel Fonseca sulle barricate della Repubblica Partenopea nel 1799 e durante le Cinque giornate di Milano del 1848.
Nel corso della prima guerra mondiale fu il motto del corpo degli Arditi, poi attraverso alcuni ufficiali che parteciparono nel 1919 alla fondazione dei Fasci di combattimento. Il motto entrò così a far parte dei simboli distintivi prima del movimento, poi del regime fascista. Nel 1943 il motto fu ripreso dall'esercito della Repubblica Sociale Italiana, che, anche dopo il 13 ottobre quando l'Italia dichiara guerra alla Germania , proseguì a combattere a fianco della Germania contro gli Alleati anglo-americani.
L'espressione tornò d'attualità durante i Fatti di Reggio del 1970, quando il missino Ciccio Franco, esponente del sindacato CISNAL, lo riattualizzò come motto. La rivolta di Reggio è infatti anche ricordata come Rivolta dei Boia chi Molla.

Cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia
Si tratta di una regoletta matematica semplice semplice che tutti conosciamo e che diamo per scontato essere vera. Magari qualche amante della matematica potrebbe illustrarci in modo più ampio il teorema, chiarendoci oltre l’ovvio perché è vero, ma noi poveracci ci accontentiamo delle basi e accettiamo molte regole simili a questa corroborati dall’esperienza comune che le conferma continuamente.
Spesso questa frase viene usata quando si parla dei politici.
In napoletano c'è un detto con significato simile: "Cagnene e musicante ma a musica è sempe a stessa"

"Il tempo è danaro." è un aforisma di Theodor W. Adorno,ma in vero con il denaro non si può comprare il tempo. Infatti il tempo è un parametro qualitativo irreversibile mentre il denaro è un parametro quantitativo reversibile.

Una rondine non fa primavera non è un proverbio ma una frase di Aristotele il quale sosteneva l'importanza delle virtù ( che lui divideva tra dianoetiche, quelle dell'anima razionale e virtù del giusto di mezzo, tipiche dell'anima irrazionale). Per aristotele il vero virtuoso era colui che era perseverante nelle sue azioni. Quindi il vero coraggioso ( coraggio è una virtù del giusto di mezzo) era colui che si comportava sempre in maniera coraggiosa e non in una sola circostanza. Per spiegare questo disse che una sola rondine non fa primavera, ma un gran numero di rondini testimoniano l'arrivo della stagione.

Vivi ogni giorno della tua vita come se fosse l' ultimo
E' una frase di Seneca ,poiché lui era un stoico, non aveva paura della morte perché pensava ke la morte nn era altro ke un ritorno all'origine, pensava ke se prima di nascere noi nn abbiamo sentito dolore allora neanke quando moriremo sentiremo dolore.
Però era contro le perdite di tempo, infatti lui era dell'idea ke l'uomo nn ha poco tempo, ma ne perde molto.





Edited by Pulcinella291 - 17/10/2011, 18:33
 
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view post Posted on 18/10/2011, 08:00
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a latere: è una locuzione latina che significa letteralmente "a lato".L'espressione è utilizzata in particolare nel linguaggio giuridico: i giudici a latere sono i due giudici che siedono a lato del presidente e formano con lui il collegio giudicante.
In ambito ecclesiastico, invece, è definito cardinale a latere il cardinale che compie missioni di notevole rilevanza in nome e rappresentanza del pontefice.
Più in generale, assume il significato di associato a o in margine a, ad esempio quando si parla di un evento secondario che avviene in concomitanza di uno principale


A posteriori è una locuzione latina. Tradotta letteralmente, significa da ciò che viene dopo.
Un ragionamento "a posteriori", partendo dal dato empirico, risale, con metodo induttivo, ai principi generali.
Se considerato filosoficamente come l'opposto dell'a-priori kantiano al giorno d'oggi, dopo gli studi etologici di K.Lorenz, corrisponde all'evoluzione filogenetica della specie che produsse le nostre categorie mentali (" apparati immagine del mondo ") ora innate (e perciò a-priori) nel singolo individuo. (K. Lorenz, L'altra faccia dello specchio, Adelphi.)

Ab ovo: frase latina, letteralmente "dall'uovo", e quindi "da molto lontano", "dalle più remote origini".
La frase risale ad Orazio, (Ars poetica, 147), che nella sua Ars poetica avvisava di non mettersi a parlare della guerra di Troia cominciando appunto ab ovo. L'uovo in questione è quello generato da Leda dopo essere stata resa incinta da Giove sotto forma di cigno, dal quale nacquero da un lato i figli di Tindaro Castore e Polluce, e dall'altro Elena e Clitemnestra.
L'equivalente italiano del proverbio initiare ab ovo è "cominciare da Adamo ed Eva", e nel linguaggio comune si suole citare quando qualcuno incomincia a raccontare una storia molto alla lontana

Ab Urbe condita (AUC oppure a. U. c.; letteralmente, "dalla fondazione della Città") fa riferimento ad un sistema di calcolo degli anni che prese piede tra i Romani (in ambienti dotti ma non nell'uso popolare) a partire dalla fine del periodo repubblicano: gli anni venivano computati a partire dal 753 a.C., la data che l'erudito Marco Terenzio Varrone aveva stabilito ai tempi di Giulio Cesare per la fondazione di Roma, l'Urbe, "la città" per eccellenza

absit injuria verbis (lett. "sia lontana l'ingiuria dalle parole") è una versione alterata di una frase di Tito Livio, che risulta originariamente absit invidia verbo, cioè "sia lontana l'ostilità dalla (mia) parola" (Ab Urbe condita, IX, 19, 15).

Acta est fabula, plaudite! (letteralmente: la commedia è terminata, applaudite) è una locuzione latina.
"Lo spettacolo è finito" con questa frase, nel teatro antico, prevalentemente romano, si annunciava la fine della rappresentazione; secondo la tradizione, deriva da un passo di Svetonio (Vita di Augusto), e fu pronunciata dallo stesso Augusto sul letto di morte


alle calende greche:proviene da quella latina ad kalendas graecas, e ha il significato di "mai".

La frase "ad kalendas graecas soluturos" ("intenzionati a pagare alle calende greche") è attribuita, da Svetonio, all'imperatore Augusto, che ne avrebbe fatto uso di frequente per indicare persone che non intendevano pagare un debito.
Il significato di "mai" deriva dal fatto che le "kalendae" esistevano solo nel calendario romano (il 1° di ogni mese) e non in quello greco: protrarre un pagamento fino alle "calende greche" voleva dire riportarlo ad una scadenza inesistente.

Ad libitum è un'espressione della lingua latina che significa "a piacere", "a volontà", "a discrezione ". L'espressione è utilizzata anche oggi con il suo significato letterale, per esprimere libertà di scelta da parte della persona in un determinato comportamento

Ad personam è una locuzione latina che tradotta letteralmente significa "[solo] per la persona", "a titolo personale".
La frase è usata per indicare cariche, privilegi e simili di cui gode esclusivamente una determinata persona, dunque non trasmissibili o rinnovabili per altri[1]. In senso esteso, si riferisce anche a qualsiasi cosa non indirizzata all'intera comunità o ad un gruppo, ma solo ad una persona ben precisa o ad una precisa categoria di persone. Alcuni esempi chiariscono il concetto:
L'assegno ad personam compete solo al lavoratore che...
Le leggi ad personam approvate negli anni sono state...
Il comune fornirà il servizio di assistenza ad personam per i disabili

Agnus Dei :è un'espressione evangelica in lingua latina che significa "Agnello di Dio" e si riferisce a Gesù Cristo nel suo ruolo di vittima sacrificale per la redenzione dei peccati dell'umanità.
Con Agnus Dei o agnello pasquale si indica anche una particolare immagine della simbologia dell'arte ecclesiastica: un agnello che porta una croce, e che rappresenta appunto Cristo.
Agnus Dei è anche il nome comunemente attribuito alla litania che inizia con queste parole. È basata su Giovanni 1, 29.36 e viene utilizzata nella liturgia della messa durante i riti della frazione del pane e dell'immistione. Nel rito anglicano, le parole dell'Agnus Dei possono essere cantate in inglese durante la Santa Comunione; il rito ambrosiano non prevede l'Agnus Dei.


Annus mirabilis è una locuzione latina, traducibile in italiano come "anno meraviglioso" o "anno di meraviglie" (o "anno di miracoli").

Secondo l'Oxford English Dictionary, la frase fu impiegata per iscritto per la prima volta nel titolo dell'omonimo poema del poeta inglese John Dryden, riguardante gli eventi del 1666. Infatti, nonostante l'Inghilterra fosse stata colpita da una grave calamità come il Grande incendio di Londra, Dryden scelse d'interpretare l'assenza di disastri maggiori come il frutto di un salvifico intervento divino, in quanto la presenza del "666" - numero della Bestia - lasciava presagire ad alcuni eventi ben più nefasti


aut aut, deriva da un raddoppiamento della congiunzione latina aut, è traducibile in italiano come un "o" disgiuntivo con il significato di "o questo o quello". Una scelta in cui un termine esclude l'altro (ad esempio: aut Caesar, aut nihil "o imperatore o niente"), a differenza di vel...vel, che oppone due termini non necessariamente in contrapposizione tra loro.
Nell'uso comune della lingua italiana però l'espressione "aut aut" è utilizzata anche per definire una scelta biunivoca direzionata "o di qua o di là", e in generale per alludere all'obbligo di esprimere una scelta imposto a chi esita a prendere una posizione


Ave, Caesar, morituri te salutant (lett. Ave, Cesare, coloro che stanno per morire (i morituri) ti salutano) è per tradizione, erroneamente considerata la frase latina che i gladiatori indirizzavano all'imperatore prima dell'inizio dei giochi gladiatòri.
Tuttavia una tale tradizione è erronea. L'unica attestazione letteraria è infatti in Svetonio, De Vita Caesarum, 5 (Divus Claudius), 21, 6. Ma l'originale svetoniano è leggermente diverso dalla forma tràdita: "Have imperator, morituri te salutant!" ed è un'invocazione rivolta non al dittatore romano Cesare, ma all'imperatore romano Claudio. L'invocazione, inoltre proveniva non dai gladiatori in genere ma dai condannati a morte che, in un'occasione unica e molto particolare, la celebrazione nel 52 dell'inizio della bonifica del Fucino, si apprestavano a partecipare alle Naumachie appositamente indette dall'imperatore Claudio


Beati i poveri di spirito:è una frase tratta dal Vangelo secondo Matteo: 5,3
È una delle beatitudini pronunziate da Gesù nel famoso discorso della montagna.
La frase è non di rado ripetuta, nel parlar comune, con un senso certamente falso, cioè come se volesse dire "Beati gli sciocchi, quelli di corto ingegno".


Brevi manu, letteralmente tradotto significa con mano breve (direttamente, di persona)

L'espressione si riferisce a cosa consegnata da mano a mano, senza interposta persona. Nell'uso quotidiano significa fare una consegna dal mittente al destinatario, al di fuori dei canali preposti: posta, corrieri...
Il termine dà il nome anche al "breve pontificio", lettere usate per comunicare nomine, dispensare indulgenze.

Busillis è un termine che ha assunto il significato di "problema spinoso e di difficile soluzione", "punto dolente della questione". Deriva da un'errata sillabazione della frase latina in diebus illis (in quei giorni o a quel tempo). Da qui le espressioni "non venire a capo del busillis" o "qui sta il busillis".

Secondo la tradizione, un amanuense che stava ricopiando un testo del Vangelo chiese a Giovanni di Cornovaglia (ca. 1170) il significato del termine 'busillis'. Ad un controllo si scoprì che il testo originale recitava "in diebus illis magnis plenæ" ("in quei giorni vi era abbondanza di grandi cose). L'amanuense aveva invece erratamente segmentato il testo in "indie busillis magnis plenæ" ("in India c'era abbondanza di grandi busillis"), dove "busillis" rappresentava l'ablativo plurale di un ipotetico sostantivo maschile.

Captatio benevolentiæ, dal verbo capto ("afferrare", "catturare", "cercare di prendere, di ottenere") e benevolentia ("benevolenza") in caso genitivo, è un'espressione latina che, tradotta letteralmente, significa accattivarsi la simpatia.

L'espressione è usata per indicare l'atteggiamento di chi con belle parole, raggiri, blandizie, cerca di guadagnarsi un atteggiamento benevolo o condiscendente da parte di determinate persone

caput mundi, riferita alla città di Roma, significa capitale del mondo noto, e si ricollega alla grande estensione raggiunta dall'impero romano tale da fare - secondo il punto di vista degli storiografi imperiali - della città capitolina il crocevia di ogni attività politica, economica e culturale mondiale.
L'espressione caput mundi venne utilizzata dal poeta latino Marco Anneo Lucano nella sua Pharsalia.


Carthago delenda est, abbreviato in Delenda Carthago ("Cartagine dev’essere distrutta"/"Bisogna distruggere Cartagine") è una famosa frase latina.
Il motto si riferisce alla celebre espressione pronunciata da Marco Porcio Catone, passato alla storia come Catone il censore, al termine di ogni suo discorso al Senato pronunciato a partire dal suo ritorno dalla sua missione di arbitraggio tra i Cartaginesi e Massinissa, re di Numidia, avvenuta nel 157 a.C., praticamente fino alla sua morte nel 149 a.C.

Casus belli è una locuzione latina il cui significato letterale è occasione della guerra. L'espressione viene spesso usata per indicare un evento addotto a motivazione ufficiale per la dichiarazione di guerra, solitamente diverso o secondario, rispetto alle motivazioni economiche, politiche e sociali che gli storici indicano essere alla base di un determinato conflitto.

Cave canem, letteralmente "Fai attenzione al cane"; viene usato spiritosamente al giorno d'oggi come cartello d'avviso all'ingresso delle abitazioni per dire appunto "attenti al cane".

La scritta deriva da un famoso mosaico richiamante il cave canem che si trova negli scavi archeologici di Pompei, sul pavimento d'ingresso della Casa del Poeta Tragico (Regio VI, Insula 8, n° 5); in un altro mosaico, privo di iscrizione, dove il cane è rappresentato alla catena presso una porta semi aperta è visibile sempre a Pompei all'ingresso della Casa di Paquio Proculo (Regio I, Insula 7, n° 1).

Cicero pro domo sua (tradotta letteralmente significa Cicerone a favore della sua casa) deriva dal titolo di un'orazione tenuta da Marco Tullio Cicerone contro Publio Clodio Pulcro.

In questa arringa, De domo sua ad pontifices ("Sulla propria casa, al collegio pontificale" 57 a.C.), Cicerone chiede di riavere l'area e i fondi per ricostruire la sua casa, confiscatagli durante l'esilio e con una parte delle proprietà del Palatino consacrata alla dea Libertas; egli dichiara questa consacrazione invalida per ottenerne la restituzione.

Condicio sine qua non è una frase latina, dal significato letterale: "condizione senza la quale non [si può verificare un evento]".
La frase è generalmente usata per indicare un vincolo considerato irrinunciabile: ad esempio, "Condicio sine qua non perché io accetti la presidenza è che gli attuali candidati si ritirino".

cui prodest? (lett. "a chi giova?") deriva dalle parole pronunciate da Medea nell'omonima tragedia di Seneca.
Ai versi 500-501 ella afferma: "cui prodest scelus, is fecit", cioè "colui al quale il crimine porta vantaggi, egli l'ha compiuto".
Il concetto espresso da Medea è alla base di ogni ricerca investigativa: la scoperta di un possibile movente favorisce anche la scoperta del colpevole, o comunque limita il numero dei sospettati.

De gustibus non disputandum est - talvolta reso anche con De gustibus non est disputandum oppure De gustibus et coloribus non est disputandum, ma ben più spesso nella forma abbreviata De gustibus non disputandum - è una locuzione latina molto diffusa ancor oggi. Intende sottolineare come non sia altro che tempo perso discutere sui gusti delle persone o comunque degli animali essendo assolutamente tensioni individuali riferibili perciò alla sensibilità propria di ciascun essere.
Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, il detto non proviene assolutamente dai classici latini (in passato era stato attribuito a Cicerone) i quali non avrebbero usato il pleonastico est, ma si sarebbero verosimilmente limitati a un più semplice de gustibus non disputandum. In ragione di ciò, si considera che la frase possa trarre la sua origine dalla parlata aulica e ridondante, appunto, in voga presso i dotti medievali.

Deus ex machina è una frase latina a sua volta mutuata dal greco "ἀπὸ μηχανὴς θεός" ("apò mēchanḗs theós)
L'intervento ex machina degli dèi veniva spesso usato, soprattutto dal tragediografo Euripide, per risolvere una situazione intricata e apparentemente senza possibile via di uscita. Il significato di questa espressione si è poi ampliato nel tempo, andando ad indicare qualsiasi soluzione di una storia che non presti il dovuto riguardo alla logica interna della storia stessa e appaia alquanto improbabile, usata solo per permettere all'autore di far finire la storia nel modo voluto.

erga omnes, tradotta letteralmente, significa nei confronti di tutti.
Nel linguaggio giuridico, si usa dire che ha efficacia erga omnes una norma applicabile ad intere categorie di persone. Il significato risulta quindi essere l'opposto del detto inter partes, cioè avente efficacia solo per le parti (di un giudizio, di un contratto, ecc.).

Errata corrige (pronunciato "erràta còrrige" ) è una locuzione latina.

La traduzione letterale è: "correggi le cose sbagliate".
Il suo utilizzo spazia dalle testate giornalistiche ai libri, agli avvisi, alle circolari e a molti altri casi quando in precedenza si è commesso un errore nel riportare delle informazioni. Con l'apposizione della locuzione "errata corrige" si specifica l'errore che si è commesso riportandone la sua correzione


ex abrupto, tradotta letteralmente, significa improvvisamente.
Usata in contesti diversi, mette in rilievo nettamente il carattere improvviso, celere e inaspettato della situazione.
Esempio d'uso: Cicerone inizia ex abrupto la prima delle orazioni Catilinarie con la famosa invettiva «Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?» che, tradotta letteralmente, significa «Fino a quando dunque, Catilina, abuserai della nostra pazienza?».


errare humanum est, perseverare autem diabolicum, tradotta letteralmente, significa "commettere errori è umano, ma perseverare [nell'errore] è diabolico". La frase è entrata nel linguaggio comune, come aforisma con il quale si cerca d’attenuare una colpa, un errore, purché sporadico e non ripetuto. Sostanzialmente essa si rifà (anche se non letteralmente) ad un'espressione di sant'Agostino, anche se esistono diversi antecedenti in latino precristiano.
Quello che più si avvicina risale a Cicerone (Filippiche XII. 5): Cuiusvis hominis est errare: nullius nisi insipientis, in errore perseverare ("è cosa comune l’errare; è solo dell’ignorante perseverare nell'errore"). Più sfumato Livio (Storie, VIII, 35): Venia dignus est humanus error ("ogni errore umano merita perdono").L'attribuzione che da più parti viene fatta di una frase simile a Seneca il vecchio (55 a.C. ca. - 40 d.C.) sembra basata su un'errata lezione del testo ("Humanum est errare" invece di "per humanos errores.


Ipse dixit, tradotta letteralmente, significa l'ha detto lui. Di fatto quindi viene per lo più intesa e usata nel senso che, avendolo detto lui, vale a dire uno autorevole, non si può più discutere.
Il detto compare nel De natura deorum di Marco Tullio Cicerone, il quale, parlando dei pitagorici, ricorda come fossero soliti citare la loro somma autorità, Pitagora, con la frase ipse dixit.


Labor omnia vincit: frase latina, dal significato letterale: «la fatica vince ogni cosa» e senso traslato «con uno sforzo sufficiente si può ottenere qualsiasi risultato».
La frase appare nelle Georgiche di Virgilio (I, 145-146), nella forma Labor omnia vincit improbus, et duris urgens in rebus egestas (Ogni difficoltà è vinta dal pesante lavoro, e dal bisogno che preme nelle dure vicende)

mea culpa, tradotta letteralmente, significa per mia colpa.
Queste parole fanno parte del Confiteor (io confesso), preghiera con la quale i cattolici chiedono perdono a Dio riconoscendo le proprie colpe. Nell'uso quotidiano è invalso l'uso di tale espressione per scusarsi di qualche errore, ammettendo il proprio sbaglio.

mare nostrum TERMINE venne usato originariamente dai romani per riferirsi al Mar Mediterraneo dopo la conquista della Sicilia, della Sardegna e della Corsica durante le Guerre puniche, combattute contro Cartagine. Dal 30 a.C., il dominio romano si estendeva dalla Penisola iberica all'Egitto, e l'espressione mare nostrum cominciò ad essere usata per riferirsi a tutto il Mediterraneo[2]. Venivano impiegati anche altri nomi, come Mare Internum ("Mare Interno"); è attestato che l'espressione Mediterraneum Mare venne creata solo dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente.

I Vitelli dei Romani sono belli (traduzione dal latino: Va', o Vitellio, al suono di guerra del dio romano, ovvero: Va', o Vitellio, al suono del dio romano della guerra) non è propriamente un proverbio latino, ma è una frase che sia in italiano, sia in latino ha un significato, anche se i due significati sono profondamente discordanti tra loro.


imprimatur:la locuzione completa sarebbe Nihil obstat quominus imprimatur, tradotta letteralmente, significa non esiste alcun impedimento al fatto di essere stampato. Questa espressione era utilizzata dall'autorità a ciò preposta dalla Chiesa cattolica per autorizzare la stampa di libri. Per brevità si usava riferirsi a tale autorizzazione semplicemente come Imprimatur. I libri ai quali essa veniva rifiutata venivano inclusi ipso facto nell'Indice dei libri proibiti[senza fonte]. L'Indice è stato abolito da papa Paolo VI nel 1966.
Il termine imprimatur è utilizzato, in senso lato, con il significato di autorizzazione a fare qualche cosa (esempio: ho ottenuto l'imprimatur dal capo).




























 
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Niente di nuovo sotto il sole "Al mondo non c'è mai nulla di nuovo": la frase è una citazione della Bibbia, presa dal libro del Qoelet (o Ecclesiaste) 1, 10.

Non c'è trippa per gatti
Frase attribuita al famoso Sindaco di Roma Ernesto Nathan (1907), che, alle prese con le ristrettezze finanziarie del Comune, iniziò una serie di tagli al bilancio, tra cui anche per la somma che si stanziava per sfamare i gatti, che - allora come oggi - vivevano tra gli antichi ruderi della capitale.

Non è vero ma ci credo
L'espressione, diventata proverbiale in seguito al successo dell'omonimo testo teatrale di Peppino De Filippo (rappresentato per la prima volta nel 1942 e portato sul grande schermo dieci anni più tardi), descrive l'atteggiamento di chi, pur dimostrando una certa cultura, non riesce a liberarsi da superstizioni della tradizione popolare

Non sapere a che Santo votarsi
Secondo la consuetudine popolare, le persone che si trovano in situazioni difficili possono "chiedere la grazia" a un Santo (anche se la Chiesa cattolica preferisce parlare in questi casi di intercessione del Santo presso Dio). Per ingraziarsi il Santo, il fedele può accompagnare la sua preghiera a una promessa, o voto: ad esempio, per chiedere una guarigione compirà un pellegrinaggio, o farà un'offerta a una Parrocchia o un Santuario, ecc.. Gli oggetti donati dai fedeli alle chiese a questo scopo sono chiamati ex voto. Non sapere a che Santo votarsi significa trovarsi in una situazione talmente disperata da non poter essere risolta nemmeno mediante l'intercessione dei numerosi Santi del calendario cattolico.

Oppio per i popoli
Da un aforisma di Karl Marx, che si riferisce alla religione come mezzo di oppressione

#"Paganini non ripete".:Si dice rifiutandosi di ripetere un gesto o una frase. Deriva probabilmente da un rifiuto che Niccolò Paganini oppose al Re di Napoli che andò ad assistere ad un suo concerto a teatro e che fece chiedere al musicista di suonare nuovamente i brani musicali che non aveva potuto ascoltare, essendo arrivato in ritardo a concerto iniziato.

Parigi val ben una messa
Per ottenere quello che si vuole, bisogna fare dei compromessi. La frase è attribuita a Enrico IV, di fede ugonotta, che per ottenere il trono di Francia accettò di convertirsi al cattolicesimo

Parole in libertà
Il significato corrente di questo modo di dire (alla cui diffusione nell'italiano parlato contribuì forse l'omonimo genere poetico futurista inventato nel 1912 da Filippo Tommaso Marinetti) è "parole espresse liberamente, senza prendersi responsabilità di ciò che si dice e senza preoccuparsi di offendere qualcuno".

Passare il Rubicone
Compiere un'azione dagli esiti irrevocabili. Gaio Giulio Cesare, nel 49 a.C., decise di oltrepassare il fiume Rubicone (considerato a quel tempo il confine dell'Italia) alla testa delle sue legioni, malgrado le leggi della Repubblica lo vietassero

Pazienza di Giobbe
Giobbe è un personaggio della Bibbia dalla proverbiale pazienza. Dio mise alla prova la sua fede colpendolo duramente nelle cose a lui più care, uccidendogli il bestiame, distruggendogli il raccolto e arrivando a ucciderne i figli. Alla fine Dio avrebbe risarcito Giobbe di ciò che gli era stato tolto.

Pecorella smarrita
Una persona che ha smarrito la strada, che deve essere recuperata. Dall'omonima parabola evangelica (vedi il Vangelo secondo Luca, 15,4).

Per un piatto di lenticchie
In cambio di una miseria. L'espressione deriva dal Genesi (25,29-33) in cui si racconta di come Esaù vendette i suoi diritti di primogenitura al fratello Giacobbe in cambio appunto di un piatto di lenticchie

Per un punto Martin perse la cappa
L'obiettivo non è stato raggiunto per poco, ma comunque non è raggiunto. Deriva da una tradizione del XVI secolo in cui si racconta che il monaco Martin, abate del monastero di Asiello, non divenne priore perché sulla porta del convento, volendo scrivere "Porta patens esto nulli claudatur onesto" ossia " Stia aperta la porta, non si chiuda a nessun uomo onesto", mise un punto dopo la parola "nulli", e l'iscrizione divenne quindi:"La porta non si apra per nessuno, si chiuda per l'uomo onesto".

Perdere il ben dell'intelletto
Dal canto III dell'Inferno di Dante, si è collocata nel linguaggio comune con il significato di "perdere il senno

Pietra dello scandalo
In epoca romana, era previsto che il mercante giunto al fallimento sedesse su un'apposita pietra e dichiarasse ai creditori: Cedo bona ("cedo i miei averi"). Dopo questo annuncio, essi non potevano più reclamare nulla da lui. La pietra era dunque testimone dello scandalo. Oggi, invece, viene chiamato pietra dello scandalo l'episodio che ha reso lo scandalo evidente a tutti.

Pomo della discordia
Il riferimento è al pomo d'oro assegnato da Paride alla dea più bella dell'Olimpo Greco, secondo quanto narrato nelle Troiane di Euripide. L'episodio avrebbe in seguito scatenato la guerra di Troia. In senso figurato, l'argomento che scatena una lunga disputa è chiamato ancora oggi pomo della discordia.

Porgere l'altra guancia
Dall'esortazione evangelica: "se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra" (si quis te percusserit in dextera maxilla tua, praebe illi et alteram, Matteo, 4,39)

Poveri di spirito
L'espressione è tratta da un versetto del Vangelo di Matteo (5,3), tratto dal famoso discorso della montagna

Prendere lucciole per lanterne
L'espressione significa "equivocare", "scambiare qualcosa per un'altra cosa solo apparentemente affine", ed è di uso comune almeno dal Quattrocento: compare ad esempio in un discorso di Girolamo Savonarola (Prediche sopra l'Esodo, II, 155):
[La lussuria] inebria l'uomo e fagli vedere lucciole per lanterne, e non gli lascia conoscere la verità

Prendere per il naso
Significa "prendere in giro", "farsi beffe di qualcuno". In origine però la locuzione menare per il naso significava "condurre qualcuno dove si vuole, fargli fare ciò che si vuole". L'immagine derivava dall'uso (già attestato presso Greci e Romani) di mettere un anello di ferro nelle narici dei bufali, per condurli più facilmente. Si veda ad esempio Ludovico Ariosto (Satire, 7, 45):
Mi tiri come un bufolo pel naso

Primula rossa
Un personaggio imprendibile, che con la sua astuzia si fa beffe di chi lo sta cercando, può essere soprannominato dalla stampa primula rossa. L'espressione è derivata dal personaggio di un ciclo di romanzi d'avventura a sfondo storico scritti da Emmusca Orczy (pseudonimo di Montague Barstow), che ebbero un grande successo agli inizi del Novecento, ma che oggi sono praticamente dimenticati. La primula rossa dei romanzi della Orczy (nell'originale The Scarlet Pimpernel) era un eroe dall'identità segreta che proteggeva deboli e oppressi a Parigi durante gli anni del regime di Robespierre


Quando il gioco si fa duro i duri iniziano a giocare
Nei momenti importanti (intesi soprattutto in ambito sportivo) bisogna tirar fuori il meglio di se stessi. Benito Mussolini detti del ventennio. La frase è usata nel film Animal House ed è pronunciata da John Belushi.

Questi sono i miei gioielli
Traduzione italiana della frase latina Haec ornamenta mea attribuita a Cornelia, madre dei Gracchi, che si riferì in questo modo metaforicamente ai propri figli, in contrapposizione ad altre donne patrizie che si vantavano dei propri monili.

Quisquilie e pinzillacchere
Cose di poco conto, sciocchezze. Detto da Totò in diversi film


Restare di sale / di sasso
Si dice di una persona che resta "impietrita" da un avvenimento. Il riferimento è all'episodio biblico della distruzione di Sodoma e Gomorra: l'angelo aveva raccomandato a Lot e alla sua famiglia di allontanarsi dalle città senza guardarsi indietro; ma... "la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale". (Genesi, XIX, 23)

Salvare capra e cavoli
Cercare di salvare tutto il possibile. Deriva dal noto indovinello in cui un contadino deve traghettare da una riva a un'altra un lupo, una capra e un cavolo. Ma sulla barca può portare solo una cosa alla volta e non può lasciare sulla stessa riva, insieme, la capra e il cavolo, o il lupo e la capra

Scheletro nell'armadio
È un segreto imbarazzante, che rischia di saltare fuori nel momento meno indicato. L'espressione è un calco dell'inglese a skeleton in the cupboard, adoperato per esempio da Charles Dickens. Secondo il dizionario Treccani l'espressione è d'importazione straniera: in particolare sembrerebbe un calco di espressioni inglesi to have a skeleton in the closet o francesi avoir un squelette dans le placard.

Scoprire gli altarini
Come gli scheletri negli armadi, gli "altarini" alludono a segreti imbarazzanti per chi li custodisce, che inevitabilmente finiscono per essere scoperti.
Secondo Niccolò Tommaseo (Dizionario della lingua italiana, 1865), l'espressione deriva dalla liturgia cattolica della settimana della Passione, quando nelle chiese gli altari, i tabernacoli e le immagini vengono coperte da panni viola. Ma potrebbe anche avere un'origine più remota nei riti magici che si sono conservati per secoli in clandestinità nell'Italia rurale

Senza infamia e senza lode
Né buono né cattivo, da Dante Alighieri. Spesso usato in senso sarcastico nel descrivere qualcosa di poco interessante

Stretta la foglia, larga la via (dite la vostra che io ho detto la mia)
Con questa frase si chiudeva una fiaba di Italo Calvino; è presente anche ne La Favola di Natale di Giovannino Guareschi

Sudare sette camicie
Fare una grande fatica. Già nel Cinquecento l'espressione sudare [x] camicie veniva adoperata in questo senso (vedi ad esempio questo verso di Francesco Berni (Rime, 1, 5): "Sudaron tre camicie ed un farsetto").
Il numero sette viene spesso usato in locuzioni di origine proverbiale; forse qui è una reminiscenza biblica dei sette giorni in cui Dio lavorò per creare il mondo (ma in effetti la Genesi ricorda che il settimo giorno Dio si riposò

Su (di) un piatto d'argento
Possibilità di ottenere con uno sforzo minimo se non nullo una certa cosa. Deriva probabilmente da un evento narrato nella Bibbia dove Salomè, in cambio solamente di una danza, convinse Erode a portarle su un piatto d'argento la testa di Giovanni Battista

Tallone d'Achille: con questa espressione si indica il punto debole di qualcosa o qualcuno. Il riferimento è al mito di Achille, che era invulnerabile in tutto il corpo, fatta eccezione per il suo tallone. Fu ucciso da una freccia scagliata in quel punto da Paride.

Tanto gentile e tanto onesta pare
È l'incipit di un celebre sonetto di Dante, dedicato all'amata Beatrice, e raccolto poi dal poeta nella sua Vita nova. La citazione è molto diffusa anche per l'apparente semplicità della frase: semplicisticamente possiamo renderla in italiano moderno con È chiaro, è evidente che sia tanto nobile d'animo quanto buona (anche se, come osservava il filologo Gianfranco Contini, nessuna parola di questo verso aveva per Dante lo stesso significato che ha oggi per noi).


Tela di Penelope
Viene detto di qualcosa che non si conclude mai. Il riferimento è all'Odissea e alla famosa tela della moglie di Ulisse, Penelope. Ulisse, dopo dieci anni di assenza dal trono di Itaca, era dato ormai per morto, allora i Proci chiesero a Penelope di sposare uno di loro. Penelope assicurò che l'avrebbe fatto non appena avesse finito di tessere una tela, ma, mentre di giorno la tesseva, di notte la disfaceva in modo tale da ritardare all'infinito la sua ultimazione.

Maramaldo, tu uccidi un uomo morto

Così si rivolse Francesco Ferrucci a Fabrizio Maramaldo che lo stava uccidendo; che si usa nei confronti di chi infierisce contro persone molto deboli. Esiste anche il verbo maramaldeggiare, che ha lo stesso significato.


Vacche grasse.
Citazione biblica del sogno di Giuseppe (Libro della Genesi), che allude a condizioni o a periodi fruttuosi

Vaso di coccio tra i vasi di ferro
L'espressione è stata probabilmente coniata da Alessandro Manzoni, che nel primo capitolo dei Promessi sposi scrive:
Il nostro Abbondio, non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno s'era accorto, prima quasi di toccare gli anni della discrezione, d'essere in quella società, come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro.

Vecchia guardia
Il nome del corpo scelto che raccoglieva i veterani dell'Imperatore Napoleone I, è rimasto nell'uso popolare per designare il gruppo di seguaci più fedeli e vecchi di un movimento (vedi anche Zoccolo duro

Volo pindarico
L'espressione si riferisce al poeta lirico greco Pindaro (Tebe ca. 522 a.C. - Argo 442 a.C.), famoso già presso i suoi contemporanei per i "voli pindarici" (l'espressione è dunque un'antonomasia) contenuti nelle sue poesie. Si trattava di scatti logici improvvisi da un argomento all'altro, che stupivano i lettori

voi suonerete le vostre trombe noi suoneremo le nostre campane
Nel 1494 Carlo VIII di Francia aveva invaso la pensiola, ed era entrato con il suo esercito a Firenze, che all'epoca aveva cacciato i Medici e si era proclamata repubblica.
Carlo VIII voleva imporre delle condizioni particolarmente dure ai Fiorentini, pena il saccheggio della città da parte dei suoi soldati al suono delle trombe.
Pier Capponi, allora a capo della Repubblica, si oppose alle richieste e rispose al re "se voi suonerete le vostre trombe, noi suoneremo le nostre campane", le campane cioè che richiamavano alle armi la popolazione, minacciando una rivolta popolare contro l'invasore.
L'intimidazione ebbe successo e Carlo VIII rinunciò alle pretese










 
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A nemico che fugge, ponti d'oro:frase attribuita Gonzalo Fernández de Córdoba (1453-1515) generale spagnolo

Acqua alle corde!:Nel 1586, Papa Sisto V incaricò l'architetto Domenico Fontana di innalzare in Piazza San Pietro il gigantesco obelisco (25 metri d'altezza per 350 tonnellate di peso!), che tutt'ora si trova al centro della grande piazza di Roma. La difficoltà e la delicatezza dell'operazione − per la quale pare furono necessari circa 800 uomini e un centinaio di cavalli − spinsero Sisto V ad emanare un editto col quale imponeva, pena la morte, il massimo silenzio durante lo svolgimento dei lavori.
Quando l'obelisco fu sollevato ad una certa altezza, si videro le funi allungarsi pericolosamente col rischio di cedere da un momento all'altro. Proprio nel momento di massima tensione, un uomo presente tra la folla, incurante dell'imposizione del papa al silenzio, urlò: "Acqua alle corde!". Il consiglio fu subito seguito, le funi furono bagnate e l'obelisco poté essere innalzato senza problemi. L'autore dell'incitazione era di un marinaio sanremese di nome Bresca, il quale sapeva per esperienza che la canapa, con la quale sono fatte le cime delle navi, bagnandosi si accorciano e diventano più resistenti. In un primo momento Bresca venne arrestato per aver violato l'editto papale, ma non appena Sisto V venne a conoscenza del fatto, invece di farlo punire premiò il coraggioso marinaio con una pensione e numerosi privilegi.

Dio me l'ha data; guai a chi la tocca!"Dieu me l'a donnée, garde à qui y touchera!". Frase pronunciata in occasione della sua incoronazione come Re d'Italia, avvenuta nel duomo di Milano il 26 maggio 1805.

Dopo di me il diluvio

Luigi XV (1710-1774) re di Francia
"Après moi, le déluge". Frase attribuita a Luigi XV in risposta alle esortazioni della Pompadour di occuparsi degli affari dello Stato.


Eppur si muove!:La frase sarebbe stata pronunciata da Galileo subito dopo l'abiura del 1632. Probabilmente si tratta solo di un'attribuzione

Eureka!:Archimede (ca. 287 a.e.c. - 212 a.e.c. ) Matematico, astronomo, fisico e inventore greco

"Ho trovato!". Esclamazione attribuita al grande inventore greco Archimede. Secondo la leggenda, mentre faceva il bagno, con un'illuminazione improvvisa intuì che si poteva calcolare il volume di un corpo di forma irregolare misurando il volume dell'acqua spostata nell'immergervi il corpo (principio di Archimede). Sempre secondo la leggenda, Archimede a questa scoperta balzò fuori dal bagno e uscì per strada urlando: "Eureka! Eureka!...". Secondo quanto scrive Vitruvio nel De architectura, invece, Archimede avrebbe esclamato "Eureka" quando, mentre cercava di stabilire se una corona di Gerone di Siracusa era fatta di solo oro, scoprì la legge del peso specifico.

Guai ai vinti!:Brenno capo dei Galli

"Vae victis!". La frase sarebbe stata pronunciata dal condottiero gallo durante le trattative per il pagamento di un grosso riscatto in oro in cambio della liberazione dei Romani, dopo l'occupazione e il saccheggio di Roma del 390 a.e.c. La frase è citata da Livio in "Storia di Roma".

Il re è morto, viva il re!:"Le roi est mort, vive le roi". Frase con la quale gli araldi (dal 1461 in poi) annunciavano la morte di un re di Francia e l'avvento al trono del successore.


Io accuso

Emile Zola (1840-1902) scrittore francese

"J'accuse". Titolo di una lettera aperta, pubblicata sul giornale "L'Aurore" del 13 gennaio 1898, indirizzata al presidente della Francia, in cui denunciava il comportamento dell'esercito francese nell'affare Dreyfus

Libera Chiesa in libero Stato:"Noi siamo pronti a proclamare nell'Italia questo gran principio: libera Chiesa in libero Stato". La frase fa parte del discorso parlamentare per Roma capitale pronunciato da Cavour il 27 marzo 1861.

Lo Stato sono io:Luigi XIV (1638-1715) re di Francia
"L'Etat c'est moi".

Se avanzo seguitemi,se indietreggio uccidetemi, se muoio vendicatemi

Benito Mussolini (1883-1945) Frase pronunciata durante il Discorso agli ufficiali fascisti del 6 aprile 1926.

Sul mio impero non tramonta mai il sole:Carlo V (1500-1588) re di Spagna e imperatore dei Romani
"En mi imperio no se pone el sol".

Il volto è lo specchio dell'anima:Marco Tullio Cicerone, De oratore, 55 a.e.c.

Ha da passà 'a nuttata.Eduardo De Filippo, Napoli milionaria, 1945


La goccia scava la pietra:Lucrezio, De rerum natura, I sec. a.e.c.




















 
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