| Quante volte ci è capitato di leggere o sentire una certa frase o un detto latino, di cui non conosciamo l'autore? In realtà è un fatto abbastanza consueto, che ci lascia alquanto perplessi sul nostro grado di ignoranza. Ora qui noi cercheremo di fare un elenco delle frasi piu' famose o usate .
In hoc signo vinces : frase latina, dal significato letterale: "con questo segno vincerai"Frase con cui viene comunemente tradotto il motto greco τούτῳ νίκα «vinci con questo» che, secondo Eusebio (Vita Constantini I, 27,31 e Hist. eccl. IX, 9), sarebbe apparso in sogno, unitamente a una croce fiammeggiante, a Costantino poco prima che dalla Gallia muovesse alla volta di Roma contro Massenzio (e dopo un sogno immediatamente successivo egli avrebbe ideato il labaro con sopra disegnato il monogramma di Cristo)
IL DADO E' TRATTO(Alea iacta est)Alea iacta est è una locuzione latina che viene tradotta in lingua italiana come Il dado è tratto.Questa frase - divenuta celeberrima specialmente nella versione in italiano - viene presa come motto e si cita quando si prende una decisione dalla quale non si può più recedere. È una frase attribuita da Svetonio nel suo De vita Caesarum (Divus Iulius) a Giulio Cesare che l'avrebbe proferita dopo aver varcato, nella notte del 10 gennaio del 49 a.C., il fiume Rubicone alla testa di un esercito, violando apertamente la legge che proibiva l'ingresso armato dentro i confini dell'Italia e dando il via alla seconda guerra civile.
CARPE DIEM:letteralmente "Cogli il giorno", normalmente tradotta in "Cogli l'attimo", anche se la traduzione più appropriata sarebbe "Vivi il presente" (non pensando al futuro) è una locuzione tratta dalle Odi del poeta latino Orazio.Si tratta non solo di una delle più celebri orazioni della latinità; ma anche di una delle filosofie di vita più influenti della storia, nonché di una delle più fraintese, nella quale Orazio fece confluire tutta la potenza lirica della sua poesia.
Audaces fortuna iuvat:Audaces fortuna iuvat - la fortuna aiuta gli audaci - è un celebre motto riconducibile al repertorio delle locuzioni latine.È uno degli esametri lasciati incompiuti da Virgilio. Nel testo si trova letteralmente scritto "Audentis Fortuna iuvat", dove Audentis è participio presente plurale del verbo audere, forma arcaica di Audentes .Il detto invita ad essere volitivi e coraggiosi davanti a qualsiasi tipo di evento, anche il più terribile ed imprevisto, poiché la sorte - il fato' - è dalla parte di coloro che osano e sanno prendere gli opportuni rischi.
Errare humanum est, perseverare autem diabolicum :La locuzione latina errare humanum est, perseverare autem diabolicum, tradotta letteralmente, significa "commettere errori è umano, ma perseverare [nell'errore] è diabolico". La frase è entrata nel linguaggio comune, come aforisma con il quale si cerca d’attenuare una colpa, un errore, purché sporadico e non ripetuto. Sostanzialmente essa si rifà (anche se non letteralmente) ad un'espressione di sant'Agostino, anche se esistono diversi antecedenti in latino precristiano. Quello che più si avvicina risale a Cicerone (Filippiche XII. 5): Cuiusvis hominis est errare: nullius nisi insipientis, in errore perseverare ("è cosa comune l’errare; è solo dell’ignorante perseverare nell'errore"). Più sfumato Livio (Storie, VIII, 35): Venia dignus est humanus error ("ogni errore umano merita perdono)
Excusatio non petita, accusatio manifesta:è una locuzione latina di origine medievale. La sua traduzione letterale è "Scusa non richiesta, accusa manifesta", forma proverbiale in italiano insieme all'equivalente "Chi si scusa, si accusa". Il significato di questa locuzione è: se non hai niente di cui giustificarti, non scusarti. Affannarsi a giustificare il proprio operato senza che sia richiesto può infatti venir recepito come un atteggiamento sospetto, un indizio del fatto che si abbia qualcosa da nascondere. Già San Girolamo, nelle sue lettere (Epist. 4) avvertiva: dum excusare credis, accusas ("mentre credi di scusarti, ti accusi")
Memento audere semper.Memento audere semper è una locuzione in lingua latina coniata dallo scrittore e poeta italiano Gabriele D'Annunzio. La locuzione significa Ricorda di osare sempre e può essere in qualche modo accostata – anche se in questo caso la funzione esortativa ad assumere dei rischi è decisamente più marcata – a un altro motto latino molto conosciuto: Audaces fortuna iuvat.
Omnia tempus habentOgni cosa ha il suo tempo. è un proverbio latino .
Mala tempora currunt :Mala tempora currunt (si avvicinano tempi bui o, propriamente, corrono brutti tempi) è un'espressione latina. Si impiega sia con il significato letterale, per lamentarsi effettivamente dell'andamento delle cose nei tempi che si stanno vivendo, sia con un intento più scherzoso di "finta" lamentazione. Questa farse non è attribuibile ad alcuno, ma è una delle frasi che la lingua Latina ha lasciato in eredità al mondo moderno tutta una serie parole, frasi celebri, sentenze e modi di dire che spesso capita di sentire anche nel parlato comune, o più frequentemente nello scritto.
Mens sana in corpore sano :La locuzione latina Mens sana in corpore sano (lett. mente sana in un corpo sano) appartiene a Giovenale.Nell'intenzione del poeta, l'uomo non dovrebbe aspirare che a due beni soltanto, la sanità dell'anima e la salute del corpo: queste dovrebbero essere le uniche richieste da rivolgere alla divinità, che, sottolinea il Poeta, più dell'uomo sa di cosa l'uomo stesso ha bisogno. Nell'uso moderno si attribuisce invece alla frase un senso diverso, intendendo che, per aver sane le facoltà dell'anima, bisogna aver sane anche quelle del corpo.
Omnia munda mundis : è un celebre motto latino, di forte sapore antimoralistico e religioso al tempo stesso.
Tradotto letteralmente significa "Tutto è puro per i puri" (s'intende, "per chi è puro di cuore e d'animo"), o anche "All'anima pura, tutte le cose (appaiono) pure".La frase è contenuta nel Nuovo Testamento, e precisamente nell'epistola a Tito di san Paolo.
Ora et labora:La locuzione latina ora et labora, tradotta letteralmente, significa prega e lavora. Molti attribuiscono questa Frase a San Benedetto ,ma il vecchio adagio “Ora et labora” – che non si trova nella Regola di San Benedetto anche se ha da sempre delineato l’immagine del monaco e del monastero benedettini.
Per asperam (sic itur) ad astra:Per aspera sic itur ad astra: frase latina, dal significato letterale: «attraverso le asperità alle stelle» e senso traslato «la via che porta alle cose alte è irta di ostacoli. E' una citazione di Seneca.
Qui gladio ferit gladio perit(Chi di spada ferisce di spada perisce)La locuzione latina Qui gladio ferit gladio perit, tradotta letteralmente, significa chi di spada ferisce di spada perisce (Nuovo Testamento, Mt.: 26,52). La frase è pronunciata da Gesù quando nell'orto del Getsemani viene catturato dai soldati inviati dai Principi dei Sacerdoti. L'apostolo Pietro, stando a quanto riferisce l'evangelista Giovanni (Gv. 18,13), sfodera la spada e taglia un orecchio ad un servo del sommo sacerdote. Da questo episodio viene la richiesta di Gesù di riporre la spada dicendo che "Qui gladio ferit gladio perit.
Faber est suae quisque fortunae :La locuzione latina Faber est suae quisque fortunae, tradotta letteralmente, significa "Ciascuno è artefice della propria sorte". La locuzione è presente nella seconda delle due Epistulae ad Caesarem senem de re pubblica (De rep., 1, 1, 2) attribuite a Sallustio, ma di autenticità molto discussa (non è improbabile vederle citate come opere dello Pseudo Sallustio).
Gutta cavat lapidem La goccia scava la pietra La sentenza era un proverbio diffuso e citato da autori di età classica, è documentato infatti in poesia da Lucrezio (De rerum natura, I 314 e IV 1281), da Ovidio (Epistulae ex Ponto, IV, 10 e Ars amandi I, 476) e Albio Tibullo (Elegiae I, 4, 18).
Dura lex, sed lex:Dura lex, sed lex: la frase, tradotta dal latino letteralmente, significa dura legge, ma legge. Più propriamente in italiano: "La legge è dura, ma è (sempre) legge" (e quindi va rispettata comunque).
È un invito a rispettare la legge in tutti i casi, anche in quelli in cui è più rigida e rigorosa, in quanto avendo come prospettiva il risanamento di gravi abusi lesivi del diritto, privato o pubblico, invita all'osservanza di leggi anche gravose in considerazione del beneficio della comunità. Questo motto va riferito al periodo di introduzione delle leggi scritte nell'antica Roma. Fino ad allora le leggi venivano tramandate per via orale e quindi si prestavano molto alla modifica da parte dei giudici, che si rifacevano a tradizioni orali e quindi introducevano una sorta di arbitrio, perché erano loro i detentori del potere di riferire la tradizione orale. Così il motto significa: sebbene la legge sia dura, è una legge scritta, cioè uguale per tutti.
In medio stat virtus:è una locuzione latina, il cui significato letterale in italiano è: «la virtù sta nel mezzo». La locuzione invita a ricercare l'equilibrio, che si pone sempre tra due estremi, pertanto al di fuori di ogni esagerazione. L'espressione risale ai filosofi scolastici medievali, anche se già Aristotele nell'Etica Nicomachea ("μέσον τε καὶ ἄριστον"; trad.: il mezzo è la cosa migliore), Orazio nelle Satire ("est modus in rebus"; trad.: c'è una misura nelle cose) e Ovidio nelle Metamorfosi ("medio tutissimus ibis"; trad.: seguendo la via di mezzo, camminerai sicurissimo[1]) avevano espresso un concetto similare.
Tu quoque, Brute, fili mi!:Tu quoque, Brute, fili mi! (lett.: Anche tu, Bruto, figlio mio!) è un'espressione latina attribuita a Giulio Cesare. Si narra che queste siano state le ultime parole da lui pronunciate, quando, in punto di morte (Idi di marzo del 44 a.C.), subendo le coltellate dei congiurati, riconobbe fra i volti dei suoi assassini quello di Marco Giunio Bruto.
Semel in anno licet insanire (una volta all'anno è lecito impazzire ("uscire da sé stessi"). Il concetto fu espresso, con leggere varianti, da vari autori: Seneca, Sant’Agostino (Tolerabile est semel anno insanire, Civ. Dei VI, 10), etc. Orazio la fece propria nella sostanza cambiandone la forma: "Dulce est desipere in loco (Carm., IV, 13, 28)". (È cosa dolce ammattire a tempo opportuno). L'espressione nella forma "semel in anno licet insanire" divenne proverbiale nel Medi.
Sursum corda!("In alto i cuori") :La locuzione Sursum corda ("In alto i cuori") appartiene al rito della Messa in lingua latina secondo il rito romano della Chiesa cattolica.È pronunciata dal sacerdote celebrante all'inizio del Prefazio. il sacerdote può accompagnare le parole con il gesto di alzare le mani. L'assemblea risponde Habemus ad Dominum, "Sono rivolti al Signore". Appare in tutte le preghiere eucaristiche. Ippolito di Roma è il primo a testimoniare in maniera completa il dialogo che ancora oggi si realizza all'inizio del prefazione.
Ubi maior minor cessat :tradotta letteralmente, significa «dove vi è il maggiore, il minore decade». Il significato completo può essere così descritto: «in presenza di quel che possiede più valore e importanza, quel che ne tiene meno perde la propria rilevanza».
Vox populi, vox Dei.:voce di popolo, voce di Dio. Viene fatta impropriamente risalire alla Bibbia (Libro di Isaia, 66,6), dove ha significato di tipo invocativo, diverso da quello poi attribuito.Lo stesso Alessandro Manzoni usa molto spesso questa locuzione nel suo più famoso romanzo, i Promessi Sposi, come nel caso della folla che mette a ferro e fuoco Milano
Divide et impera :è una locuzione latina che tradotta letteralmente significa dividi e domina.Una frase proverbiale, così spesso citata da diventare una banalità, è divide et impera. Non se ne conosce l’origine. È genericamente definita “un antico assioma romano” – e probabilmente ha radici ancora più antiche. Pare che era il sistema usato dai romani per sottomettere le popolazioni . Si faceva di tutto affinche'i popoli non fossero uniti per poterli meglio gestire.
Homo homini lupus( L'uomo è un lupo per l'uomo) :L'espressione latina homo homini lupus (letteralmente "l'uomo è un lupo per l'uomo"), il cui precedente più antico si legge nel commediografo latino Plauto (lupus est homo homini, Asinaria, v. 495), riassume efficacemente una antica e amara concezione della condizione umana che si è tramandata e diffusa nei secoli, lasciando tracce di sé sia nel pensiero colto sia in alcuni detti popolari e motti di spirito.
Veni, vidi, vici :(lett. Venni, vidi, vinsi) è la frase con cui, secondo la tradizione, Gaio Giulio Cesare annunciò la straordinaria vittoria riportata il 2 agosto del 47 a.C. contro l'esercito di Farnace II a Zela nel Ponto.
Cogito ergo sum:La locuzione Cogito ergo sum, che significa letteralmente "Penso dunque sono", è l'espressione con cui Cartesio esprime la certezza indubitabile che l'uomo ha di se stesso in quanto soggetto pensante.
Tutto scorre(Panta rhei ):è il celebre aforisma attribuito ad Eraclito, ma in realtà mai esplicitamente formulato in ciò che dei suoi scritti conosciamo, con cui la tradizione filosofica successiva ha voluto identificare sinteticamente il pensiero di Eraclito con il tema del divenire, in contrapposizione con la filosofia dell'Essere propria di Parmenide. L'espressione proviene da un frammento del trattato Sulla natura.
Obbedisco: molti attribuiscono questa frase a Garibaldi all'incontro con Vittorio Emanuele a Teano, in verita' fu pronunciata Al termine della Terza Guerra d’Indipendenza, il 21 luglio 1866, Giuseppe Garibaldi conquistò, alla testa dei suoi uomini, l’abitato di Bezzecca. Con questa vittoria era aperta la strada per Trento, ma la guerra terminò dopo pochi giorni per cui Garibaldi ricevette l’ordine di sospendere le operazioni e di abbandonare il territorio occupato. Fedele al suo innato senso di disciplina, Garibaldi rispose telegraficamente “Obbedisco” (9 agosto 1866) che è diventato il motto del 52.
"Tiremm innanz!" ("Andiamo avanti!"). Frase attribuita ad Amatore Sciesa , patriota italiano. Condannato a morte Sciesa venne condotto alla forca: secondo la tradizione popolare, a un gendarme che, conducendolo al luogo di esecuzione, l'aveva fatto passare sotto le finestre di casa sua, esortandolo a rivelare i nomi di altri rivoluzionari in cambio del rilascio, avrebbe risposto in dialetto milanese: "Tiremm innanz!" ("Andiamo avanti!"). In mancanza del boia, defunto alcuni giorni prima, venne fucilato.
Non ragioniam di lor, ma guarda e passa::è un celebre verso della Divina Commedia di Dante, diventato un modo di dire comune, sebbene con numerose varianti, uguali nel senso, ma storpiate nel testo (non ti curar di loro, non parliam di loro...). Nel Canto III dell'Inferno, al verso 51, Virgilio, guida di Dante, sta descrivendo i cosiddetti "ignavi" (un'attribuzione - in realtà - mai usata da Dante ma nata in seno alla critica), cioè i vili, "coloro che visser sanza 'nfamia e sanza lodo".
me ne lavo le mani::frase attribuita a Ponzio Pilato, lui non voleva uccidere Gesu perche in lui nn trovava colpe, inizialmente cerca di convincere il popolo ma siccome, il popolo insisteva lui decise di flaggelarlo ma non di ucciderlo, ma il popolo lo voleva morto in quanto Lui si era dichiarato figlio di Dio, ma Pilato cercava sempre di convincere la gente , i farisei. Ma loro dissero che se non giustiziava Gesu voleva dire che lo riconosceva come Re e che questo sarebbe stato d'affronto a Cesare e quindi Ponzio Pilato che pensava a salvare la sua pelle disse " io in questo uomo nn trovo colpe, quindi giustiziatelo voi IO ME NE LAVO LE MANI "..
Festa farina e forca:All’inizio fu “Panem et circenses” (Pane e giochi del circo), la locuzione in lingua latina, utilizzata nella Roma antica.
La frase, creata dal poeta Giovenale, descriveva perfettamente e in maniera sintetica, il modo di governare il popolo, divertendo le classi dominanti e creando una falsa fratellanza con i più poveri ed oppressi, in modo da addormentare le coscienze di questi ultimi ed evitare sentimenti di ribellione. Successivamente, Ferdinando II di Borbone, aggiunse alla farina e alle feste, il deterrente della forca, coniando le famose tre “F”, “feste, farina e forca”, con le quali governare il popolo. Durante il periodo borbonico infatti, a Napoli, nel corso di feste pubbliche e di distribuzioni di pane, venivano eseguite numerose impiccagioni al fine di dimostrare il potere politico e la capacità di mantenere sicurezza e legalità nel regno.
[color=red]Canta che ti passa:È un invito a non spaventarsi e a curare le preoccupazioni e i timori con il canto. Pare che l'espressione sia stata incisa su una trincea da un soldato sconosciuto durante la Prima guerra mondiale: l'ufficiale e scrittore Piero Jahier la trascrisse come epigrafe di una raccolta di Canti del soldato (Milano, 1919). Nella prefazione (firmata con lo pseudonimo di Pietro Barba), Jahier parla del «buon consiglio che un fante compagno aveva graffiato nella parete della dolina: canta che ti passa». In realtà la funzione terapeutica del canto è nota sin dall'antichità, e ha ispirato miti come quelli del cantore Orfeo. Restando nell'ambito della letteratura italiana, si veda questo verso di Petrarca (Canzoniere XXIII,
Vincere e vinceremo: frase di Mussolini all'annuncio della dichiarazione di guerra, 10 giugno 1940
Volli, sempre volli, fortissimamente volli!:è un'affermazione di Vittorio Alfieri quando capi' di dover prendere la strada della cultura , e si taglio' la sua fluente chioma, facendosi legare sulla sedia per essere costretto a leggere numerosi libri.
Tutto è bene quel che finisce bene:Tutto è bene quello che finisce bene (All's well that ends well) è una commedia shakespeariana, scritta fra il 1602 e il 1603. Essa è ispirata alla novella di Giovanni Boccaccio Giletta di Narbona, inclusa nel Decameron (Novella Nona della Terza Giornata).
Parva sed apta mihi:La locuzione latina Parva sed apta mihi, tradotta letteralmente, significa Piccola ma sufficiente per me.
Simpatica scritta posta sulla porta della propria casa da Ludovico Ariosto quando nel 1525 tornò dalla Garfagnana, dove era governatore, nella città di Ferrara in cui si stabilì definitivamente: "Parva, sed apta mihi, sed nulli obnoxia, sed non sordida: parta meo sed tamen aere domus (Piccola, ma sufficiente per me, su cui nessuno può vantare diritti, decorosa e comprata con denaro mio)
Ai posteri l'ardua sentenza:Su certi argomenti, oggi troppo controversi, toccherà ai posteri pronunciarsi. La frase celebre è tratta da due versi de Il cinque maggio, il componimento poetico più celebre di Alessandro Manzoni. Il giudizio che Manzoni rimanda ai posteri è quello sulla vita di Napoleone Bonaparte: Fu vera gloria?
Al di là del bene e del male:L'omonima opera di Friedrich Nietzsche (1886) era una requisitoria contro i sistemi filosofici dominanti. L'omonimo film di Liliana Cavani (1977) era a sua volta ispirato alla tormentata biografia di Nietzsche. Oggi a volte si definisce al di là del bene e del male un'opera d'ingegno (libro, film, opera d'arte, ecc. ), talmente bella (o brutta) da meritare una categoria a sé, fuori dai canoni artistici codificati; oppure un personaggio pubblico talmente celebre da far "saltare" le abituali convenzioni morali (Xxx è ormai al di là del bene e del male, etc).
“L'Italia è fatta, ora bisogna fare gli italiani: frase attribuita a Massimo d'Azeglio al momento della proclamazione del regno d'Italia.
boia chi molla:Si tratta di un'espressione tipicamente considerata come un motto fascista; tuttavia si dice che essa sarebbe stata coniata da Eleonora Pimentel Fonseca sulle barricate della Repubblica Partenopea nel 1799 e durante le Cinque giornate di Milano del 1848. Nel corso della prima guerra mondiale fu il motto del corpo degli Arditi, poi attraverso alcuni ufficiali che parteciparono nel 1919 alla fondazione dei Fasci di combattimento. Il motto entrò così a far parte dei simboli distintivi prima del movimento, poi del regime fascista. Nel 1943 il motto fu ripreso dall'esercito della Repubblica Sociale Italiana, che, anche dopo il 13 ottobre quando l'Italia dichiara guerra alla Germania , proseguì a combattere a fianco della Germania contro gli Alleati anglo-americani. L'espressione tornò d'attualità durante i Fatti di Reggio del 1970, quando il missino Ciccio Franco, esponente del sindacato CISNAL, lo riattualizzò come motto. La rivolta di Reggio è infatti anche ricordata come Rivolta dei Boia chi Molla.
Cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia Si tratta di una regoletta matematica semplice semplice che tutti conosciamo e che diamo per scontato essere vera. Magari qualche amante della matematica potrebbe illustrarci in modo più ampio il teorema, chiarendoci oltre l’ovvio perché è vero, ma noi poveracci ci accontentiamo delle basi e accettiamo molte regole simili a questa corroborati dall’esperienza comune che le conferma continuamente. Spesso questa frase viene usata quando si parla dei politici. In napoletano c'è un detto con significato simile: "Cagnene e musicante ma a musica è sempe a stessa"
"Il tempo è danaro." è un aforisma di Theodor W. Adorno,ma in vero con il denaro non si può comprare il tempo. Infatti il tempo è un parametro qualitativo irreversibile mentre il denaro è un parametro quantitativo reversibile.
Una rondine non fa primavera non è un proverbio ma una frase di Aristotele il quale sosteneva l'importanza delle virtù ( che lui divideva tra dianoetiche, quelle dell'anima razionale e virtù del giusto di mezzo, tipiche dell'anima irrazionale). Per aristotele il vero virtuoso era colui che era perseverante nelle sue azioni. Quindi il vero coraggioso ( coraggio è una virtù del giusto di mezzo) era colui che si comportava sempre in maniera coraggiosa e non in una sola circostanza. Per spiegare questo disse che una sola rondine non fa primavera, ma un gran numero di rondini testimoniano l'arrivo della stagione.
Vivi ogni giorno della tua vita come se fosse l' ultimo E' una frase di Seneca ,poiché lui era un stoico, non aveva paura della morte perché pensava ke la morte nn era altro ke un ritorno all'origine, pensava ke se prima di nascere noi nn abbiamo sentito dolore allora neanke quando moriremo sentiremo dolore. Però era contro le perdite di tempo, infatti lui era dell'idea ke l'uomo nn ha poco tempo, ma ne perde molto.
Edited by Pulcinella291 - 17/10/2011, 18:33
|