| . Non è un racconto, non è un saggio, né un testo di storia. Semplicemente una puntualizzazione del mio pensiero sull'eroe dei due mondi, che eroico combattente probabilmente lo era, ma né appassionato idealista... e nemmeno patriota particolarmente brillante L'occasione?... una diatriba su un vecchio forum sui temi cari ai terroni, ai polentoni ed ai papalini italiani... Atenzione " italianoitaliano" e " Garibaldi" sono i nicknames di due dei miei interlocutori in quella discussione campanilista ----------------------------------------------------- Garibaldi IF “Italia-Germania due date storiche da ricordare” Ed ecco, caro amico “italianoitaliano”, che tocca spiegare a me perché sei uno stronzo, come dice “Garibaldi”. Ma io non credo, come dice lui, che tu lo sia davvero: forse solo un po’ superficiale che come tutti quelli che hanno fatto le medie hanno preso per buone le cose scritte nei libri di scuola ed un po’ prevenuto, nel tuo spirito di leghista, contro i più poveri italiani del sud.
Facciamo allora un po’ di chiarezza, con qualche riflessione.
Lui, Garibaldi, come non hanno potuto nasconderti, di mestiere faceva il guerriero. Mercenario si dovrebbe dire, ma la parola oggi è diventata offensiva. Invece è un mestiere normale, e gente che guerreggia a pagamento per qualcuno, mercenari appunto, ce ne sono sempre stati e ce ne sono ancora.
Qualche pacifista esasperato vorrebbe chiamare così anche i nostri eroi in missioni di pace all’estero. Ci vanno volontari è vero, non (tanto) per amor di patria, ma (anche) per amor di paga… sborsata dall’ONU.
Ma non distraiamoci e torniamo a Garibaldi. Lui girava il mondo a fare guerre e, spesso, a vincerle. “Si batteva per la libertà dei popoli oppressi!” Ti avranno detto. Ed è vero! Poiché da sempre la storia la scrivono i vincitori, e Garibaldi che di solito si trovava da quella parte, era coi buoni. Ti è mai capitato di sentire dei vincitori dire: “Noi siamo i cattivi e gli oppressori?”. Per definizione, i più forti sono i liberatori e gli unti da Dio. Come i russi a Praga, gli americani in Vietnam, gli antichi romani dappertutto. Come gli europei in America. Sempre lo stesso.
Anche qui da noi si dice ci fossero popoli oppressi, diciamo così, ed allora puntuale arrivò Garibaldi “il liberatore”, ma non è vero che lo facesse perché infiammato di amore patriottico e dagli ideali di unità degli Italiani-Savoia, gli Italiani-Borboni, gli Italiani-Papalini o gli Italiani-Italiani come te che non sappiamo nemmeno chi fossero. Probabilmente anzi, doverosamente aggiungerei, la grande spinta rivoluzionaria e la sete di una grande Patria non dovevano essere nemmeno particolarmente diffusa nemmeno fra le popolazioni, in quel periodo soprattutto preoccupate di mettere qualcosa in pancia e sbarcare il lunario fino al giorno dopo.
Eh si! perché i massimi teoreti dell’Unità d’Italia come Mazzini se ne stavano in Svizzera, mica in trincea, e lasciavano i carbonari (che poi erano quattro gatti idealisti) a fare il lavoro sporco, i fanatici come Pietro Micca (figura romantica di Kamikaze ante litteram) a fare gli eroi, i romantici come Piero Maroncelli e Silvio Pellico a scrivere romanzi nelle carceri. Più coraggioso Giuseppe Giusti col suo “Sant’Ambrogio”, un po’ meno il Manzoni…
Giuseppe Garibaldi, quello della carismatica (ma non comunista o socialista) camicia rossa e del fez in testa era un altro, aveva altra stoffa e faceva un altro mestiere. Lui faceva la guerra, rischiava la pelle in prima persona, aveva i suoi eroi, e li pagava. Con quali quattrini?... credi che i Savoia glieli dessero di tasca loro?... Quegli stessi Savoia nonno e bisnonno di questo che non paga le tasse né i fornitori e i servi e nemmeno l’affitto di casa?... No, amico mio! I soldi perché tutti quei mezzi italiani di prima diventassero italiani veri li hai cacciati tu!... o meglio tuo nonno, il tuo bisnonno e i suoi compaesani… Ma probabilmente nemmeno tuo nonno e gli altri con la visione di uno Stivale tutto unito sotto una sola bandiera e con un’unica invincibile squadra di calcio. Piuttosto forse nella speranza (in realtà poi in gran parte realizzata) che poi il Savoia e i suoi furbi ministri facessero affluire ricchezza e tecnologia e manodopera dall’evoluto sud al più tradizionalista nord per ricompensarli. Direttamente, o come eredità per i figli ed i nipoti.
E Garibaldi?... Garibaldi a Teano se lo vide arrivare incontro di corsa, Sua Maestà, giustamente preoccupato che il Borbone potesse ripensarci ed offrire una cifretta più alta di quella pattuita. Onore a parte, mai messo in discussione, il rischio di un piccolo ripensamento, uno strategico cambio di rotta e di fronte era da scongiurare; mai fu detto che Garibaldi fosse un voltagabbana, ma pur sempre italiano era, e Sua Maestà non era certo un fesso, come si è voluto insinuare poi.
In questo deprecabile caso, altro che: “Saluto il Re d’Italia” strombazzato sui libri di tutte le scuole dell’obbligo!... una piccola battaglietta, due manette… L’eroe dei due mondi veniva cantato in napoletano invece che in fiorentino, Manzoni rimaneva un buon romanziere di provincia, Cavour se ne tornava anzitempo in quel di Pinerolo, e l’Italia diventava un feudo Borbonico!
Sono i casi della Storia. Incroci di strade maestre dove piccoli dettagli cambiano molte cose. Se la Russia non avesse venduto per quattro spiccioli l’inutile Alaska agli Stati Uniti, adesso il rapporto fra le potenzialità energetiche sarebbero diverse, e diversi sarebbero gli equilibri mondiali.
Meglio?... peggio?... certamente non si può dire, ed è da sciocchi azzardare ipotesi; l’unica cosa logica da fare è sforzarsi di aprire gli occhi alla realtà che ci circonda.
I nostri aulici libri di storia attribuiscono a Vittorio Emanuele II l’espressione lapidaria «Abbiamo fatto l’Italia, ora dobbiamo fare gli italiani!». Il Re l’avrebbe detta, in quell’incontro a Teano, proprio a Garibaldi; ma è davvero poco credibile. Garibaldi non era certo il tipo di costruire una nazione; tutt’al più distruggerla!
Comunque di anni ne sono passati tanti e tu, ed il nostro interlocutore “Garibaldi”, dimostrate che gli italiani non sono ancora stati fatti. E nell’era delle aggregazioni, delle multinazionali, delle comunità e federazioni continentali noi continuiamo a litigare ed abbiamo ancora bisogno del celebre apologo di Menenio Agrippa sull’indispensabilità di tutti gli organi per fare l’organismo.
Ma l’organismo-Italia non lo sappiamo fare. Sarebbe allora meglio spezzettarci in tanti staterelli, feudi indipendenti ma in qualche modo legati allo stesso destino? Il “Senatùr” dice di si, ma sarà vero?
Dapprima lui, e la Padania, perderebbero la Savoia francofila e l’Alto Adige che è austriaco, e probabilmente il varesotto vorrebbe essere governato diversamente dai patavini…, con poi tutto il resto a seguire, dall’Istria alla Sicilia, dalle Tremiti alla Sardegna.! Perché iniziare a scassare è facile; il problema arriva coi cocci!
Infine, torna valido, arriva il vecchio adagio secondo cui pesce grosso mangia pesce piccolo. E l’Italia torna ad essere terra di ambite conquiste: perché l’Italia è comunque un bel paese!.Lucio Musto 8 luglio 2006
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