Le stronzate di Pulcinella

Il fascismo, le colonie e il problema del meticciato

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view post Posted on 24/1/2015, 12:18
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Pulcinella291 Forum

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Dell'Italia coloniale su questo forum abbiamo gia' parlato:, oggi, invece, parlaremo di uno dei miti più insistiti, destinato a colpire la fantasia dell'opinione pubblica intersecando e sostenendo poi tutta la vicenda coloniale italiana, quello rappresentato dalla bellezza, dalla sensualità, dalla disponibilità, spesso dalla sfrenata passionalità, delle donne indigene.


Gli italiani erano affascinati dal mito della "venera nera", fascino a cui aveva contribuito non poco l'ampia campagna propagandistica attraversa la produzione giornalistica e fotografica, che aveva trasformato l'Africa, nell'immaginario collettivo italiano, in un promettente luogo di 'caccia'.La donna nera diventa il simbolo dell’Africa…e il rapporto uomo bianco-donna nera è simbolico del rapporto nazione imperialista-colonia: l’uomo è colui che dà la sua virilità fecondatrice e vivificante, la donna è colei che riceve da ciò un arricchimento nella realizzazione di sé come completamento dell’espandersi dell’io maschile.
La metafora sessuale della conquista e del 'possesso' del continente sostiene la vicenda coloniale italiana lungo tutto il suo corso: non a caso è la canzonetta "Faccetta nera" ad accompagnare - con le sue sottintese lusinghe e promesse - la marcia dei soldati italiani, nel 1935, verso la conquista dell'Etiopia.
Ma ben presto l'esistenza di una massa "ingombrante" di meticci, per lo più abbandonati (la cui identità è anche giuridicamente problematica oscillando, nella giurisprudenza del tempo, tra quella del cittadino italiano e del suddito coloniale) e che aveva costituito un 'problema' sin dall’epoca liberale, costringerà il regime su posizioni piu' drastiche.
Ma andiamo con ordine.

Anni trenta


Negli anni Trenta il fenomeno è talmente diffuso da costituire una minaccia per l'attuazione della politica razziale del regime: nel 1935, alla vigilia della guerra all'Etiopia, il rapporto tra meticci e italiani in Eritrea è quasi di 1 a 3, e la guerra rischia di aggravarlo, perché le operazioni belliche impegnano nei territori d'oltremare quasi mezzo milione di persone, tra militari e operai militarizzati, e alla fine del conflitto, che si prevede vittorioso, il regime - che, almeno nella propaganda, è sostenitore di un colonialismo demografico - progetta l'emigrazione di qualche milione di italiani nelle terre dell'impero.In piu' era oltremodo aumentato il commercio di foto pornografiche :


La preoccupazione è tale da essere fra le prime ad essere prese in considerazione. L'11 maggio 1936, a soli due giorni dalla proclamazione dell'impero, Mussolini telegrafa a Badoglio: "Per parare sin dall’inizio i terribili et non lontani effetti del meticcismo disponga che nessun italiano - militare aut civile - può restare più di sei mesi nel vicereame senza moglie. Autorizzo V.E. a prendere anche altre misure all'uopo [...]".

Discriminazione del meticcio e regolamentazione della sessualità
Parallelamente inizia, come logica filiazione della politica imperial-razzista, una campagna di demonizzazione del meticciato che vede impegnata tutta la stampa di regime, in cui la figura del meticcio diviene quella dell’essere inferiore, tarato da forme di degenerazione e di perversione sia morale che intellettuale.
L'unione con le indigene, secondo la pubblicistica colta e popolare, produrrebbe effetti devastanti per la purezza e l'integrità della razza 'superiore', attraverso una progenie degenerata, geneticamente 'predisposta' all'ozio, all'asocialità, alla sfrenatezza sessuale, tarata dal punto di vista fisico, psicologico e morale. Una "classe di spostati" che non si esita ad accostare, in nome di ragioni 'biologiche', agli ebrei, inducendo a vedere entrambi i gruppi come "elementi di disgregazione e di sovvertimento sociale e politico", così trasformandoli anche in un problema politico e individuandone le 'prove' in una supposta comune adesione al comunismo e al bolscevismo.
Dal punto di vista normativo, l'ambiguità giuridica che in epoca liberale ha accompagnato l’'identità dei meticci viene affrontata già nel 1933: con la legge n.999 del 6 luglio 1933 mutano le disposizioni sulla cittadinanza italiana dei meticci - soprattutto se di padre ignoto - ora concessa solo dopo il superamento della "prova della razza", un esame concepito per accertare, su basi morfologico-antropometriche, i caratteri somatici 'di appartenenza'.
Dopo la proclamazione dell’impero i nati da unioni miste vengono definitivamente risospinti fra i nativi: la legge n. 822 del 13/5/1940, specificamente formulata per i meticci, vieta ogni possibilità di riconoscimento per i nati da unioni miste e proibisce ogni istituzione - collegio o scuola - in passato destinata ad accoglierli o educarli.
Nonostante alcune misure 'esemplari' prese dal regime (rimpatri di italiani colpevoli di "indegno comportamento"; radiazione dall'esercito o perdita del grado per gli ufficiali; processi per i civili); nonostante la mobilitazione della stampa e della propaganda e leggi sempre più restrittive finalizzate alla regolamentazione della sessualità, e nonostante l'istituzione di una speciale "squadra di madamismo" all’interno del corpo di Polizia dell’Africa Orientale (PAI), la conclusione dell'avventura coloniale lascia una popolazione meticcia che, anche se per approssimazione, in mancanza di precisi dati anagrafici, oscilla, secondo più di una fonte, attorno alle 35.000 persone.
Le leggi razziali vengono in massima parte disattese soprattutto per la precoce conclusione del sogno imperiale, ma anche perché, paradossalmente, mal si accordano ad una forma di razzismo di più antica sedimentazione, e maggiormente condivisa, che sin dalle prime fasi dell'avventura coloniale ha legittimato l'uso-abuso del corpo femminile facendone una modalità di 'conquista' fra le più diffuse, attraverso la quale in colonia si è andato traducendo il rapporto di gerarchizzazione e di dominio tra colonizzatori e colonizzati.
 
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