Le stronzate di Pulcinella

MISTERI STORICI

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view post Posted on 26/9/2016, 09:27
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Pulcinella291 Forum

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Parleremo qui di alcuni misteri storici che la scienza non è riuscita ancora a spiegare con certezza. fenomeni o cose che, seppure conosciute da anni, continuano ad essere oggetto di incredibili discussioni tra scienziati.
Nonostante numerose teorie, la scienza non è ancora riuscita a dare una spiegazione definitiva.
Chissa'?Magari tra qualche tempo non lontano, gli studiosi riusciranno a darci una spiegazione piu' precisa.
Siete pronti? Cominciamo.

LO YUNASITE: è veramente il primo insediamento urbano d'Europa?



Lo Yunasite è un piccolo monte che si trova nei pressi della città di Pazardzhik, nel sud della Bulgaria, dove un team di archeologi dell’Accademia Bulgara delle Scienze, ha trovato alcuni elementi di prova che potrebbero confermare il ritrovamento della più antica civiltà d’Europa.
Il team diretto da Yavor Boyadzhiev ha rinvenuto manufatti quali armi, gioielli, ceramiche finemente decorate, alcuni frammenti di pittogrammi e strutture edilizie risalenti al 4900 a.C., composte da fortificazioni e da una piattaforma di legno che probabilmente doveva essere il piano di un edificio andato distrutto in un incendio.

La ricerca dimostra che, a partire dal VII millennio a.C., la penisola balcanica è stata oggetto di un passaggio culturale fondamentale, attraverso il quale la cultura neolitica, compresa l’agricoltura e la zootecnica, si sono diffuse in Europa a partire dall’Anatolia e dal Vicino Oriente. A partire dal V millennio a.C., le popolazioni umane dei Balcani dell’Europa centrale e orientale, hanno cominciato a sviluppare tecnologie di lavorazione dei metalli, in particolare del rame, su larga scala, per la prima volta nella storia del mondo.
Cosi' lo scienziato:"“L’insediamento risale all’età del rame ed è stato distrutto dagli invasori tra il 4200 e il 4100 a.C. Tra le rovine abbiamo scoperto gli scheletri degli ultimi abitanti (bambini, donne e uomini anziani). Deve essersi trattato di un massacro molto crudele. “I sopravvissuti sono tornati sul luogo del massacro per recuperare le poche cose rimaste intatte, per poi abbandonare Yunatsite per più di 1000 anni”.
Il sito appare come un vero e proprio centro urbano, ha affermato Yasen Boyadzhiev, con mura fortificate - un muro era largo cinque metri e alto almeno altrettanto, poi c'era un fossato e un altro muro di difesa, parallelo al primo.
La cittadella circondava la parte più alta dell'insediamento e raggruppava diversi edifici, non solo di abitazione, ma anche destinati ad attività artigianali. Gli oggetti trovati denotano metodi sviluppati di produzione.
Qualcuno afferma che questa civiltà fu distrutta dal diluvio universale, ma le teorie continuano ad essere molteplici, quello che appare certo è che qui stato ritrovato il più antico oggetto d’oro mai scoperto, risalente a circa 6.500 anni fa. Si tratta di un cerchietto d’oro di tre millimetri di spessore, ritrovato all’interno degli scavi condotti da archeologi bulgari e statunitensi che hanno messo in luce le poderose ed estese strutture del primo centro urbano europeo, popolato da gruppi umani giunti dall’Anatolia intorno a 8.000 anni fa.








IL DISCO DI FESTO
[IMG]http://i63.tinypic.com/2lcmxqv.jpg[/IMG]

Il disco di Festo è un reperto archeologico ritrovato nell'omonima città di Festo, sull'isola di Creta, sotto un muro di un palazzo minoico.
Fu trovato il 3 luglio del 1908 da una spedizione archeologica italiana guidata da Luigi Pernier e Federico Halbherr. Oggi lo si può ammirare nel Museo Archeologico di Heraklion a Creta. È un disco di terracotta, delle dimensioni di 16 centimetri di diametro e 16 millimetri di spessore; la datazione stratigrafica ne attribuisce l'età al 1700 a.C. il disco contiene 241 simboli impressi quando l'argilla era ancora fresca.
Il suo scopo e significato, e anche la sua originaria ubicazione geografica della manifattura, restano ancora discussi, facendo di esso uno dei più famosi misteri dell'archeologia.
Il disco è ricoperto di simboli impressi con stampini quando l'argilla era ancora fresca, disposti a spirale su entrambe le facce in una sequenza in senso orario che va verso il centro. I simboli totali sono 241, e sono suddivisi in piccoli gruppi da sottili linee. La scrittura è stata eseguita con grande cura dei dettagli, in modo da chiudere la spirale esattamente nel centro e da occupare tutto lo spazio disponibile. L'interpretazione più accreditata è che si tratti di una forma di scrittura sillabica, anche perché l'elevato numero di simboli distinti sembra escludere la possibilità che si tratti di segni alfabetici. In ogni caso i segni del disco sono rimasti indecifrati, e non rivelano somiglianza formale con quelli di nessun'altra scrittura conosciuta.
Il disco di Festo cattura l'immaginazione di archeologi dilettanti e professionisti, e molti tentativi sono stati fatti per decifrare il codice nascosto nei segni del disco. Mentre non è chiaro se esso sia proprio un testo, la maggior parte dei tentativi di decrittazione hanno fatto presumere che esso sia, in massima parte un sillabario, oppure un alfabeto o una logografia. Si pensa che i tentativi di decifrarlo siano generalmente destinati all'insuccesso, se non vengono avallati da altri documenti e fonti sufficienti, disponibili per un'analisi significativa.
La maggior parte degli scenziati il disco è accettato come autentico, anche se c'è qualcuno che lo ritiene un falso.
La possibilità che il disco sia una contraffazione del 1908 o una burla è stata sollevata da due o tre studiosi insieme al mercante d'arte Jerome Eisenberg.Secondo una notizia apparsa sul Times la data di manifattura non è mai stata stabilita dalla termoluminescenza. Nella sua rivista del 2008, Robinson scrisse "un test di termoluminescenza per il disco di Festo è imperativo. Esso o confermerebbe i nuovi reperti meritevoli per la ricerca, o fermerà gli studiosi dallo sciupare i loro sforzi". Una cosa è certa il mistero resta!
continua


Edited by Pulcinella291 - 26/9/2016, 19:13
 
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view post Posted on 27/9/2016, 09:38
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Il manoscritto Voynich



Il manoscritto Voynich è un codice illustrato risalente al XV secolo (la datazione al radiocarbonio ha stabilito con quasi totale certezza che il manoscritto sia stato redatto tra il 1404 e 1438), scritto con un sistema di scrittura che a tutt'oggi non è stato ancora decifrato. Il manoscritto contiene anche immagini di piante che non sono identificabili con nessun vegetale attualmente noto e l'idioma usato nel testo non appartiene ad alcun sistema alfabetico/linguistico conosciuto. È stato definito da Robert Brumbaugh come "il libro più misterioso del mondo".
Il manoscritto è attualmente conservato presso la Biblioteca Beinecke dell'Università di Yale (Stati Uniti).L’identità dell’autore o degli autori è sconosciuta, è passato per le mani di alchimisti, medici, eruditi gesuiti, imperatori, ma soprattutto è scritto in una lingua e in un alfabeto che nessuno è ancora riuscito a decifrare nonostante decine di studiosi, linguisti, filologi, esperti di decrittazione militare, appassionati di misteri, dilettanti allo sbaraglio, blogger e curiosi ci stiano provando dal 1912, l’anno in cui Wilfrid Voynich, un mercante di libri rari inglese di origini polacche, lo acquistò dal Nobile collegio gesuita di Villa Mondragone, un paese vicino a Frascati.Per molti decenni il libro fu avvolto da un certo scetticismo: in molti sospettarono che la lettera fosse un falso fabbricato da Voynich per smerciare con più facilità un manoscritto la cui autenticità era, a essere generosi, incerta. Infatti non riuscì a venderlo. Già nel 1912 il manoscritto fu portato a Londra e, poi, nel 1921, negli Stati Uniti dove quarant’anni più tardi, finalmente, fu acquistato per 24 mila dollari dal famoso antiquario di libri H. P. Kraus che non riuscendo a piazzarlo alla cifra che si era preposto – 160 mila dollari – finì per donarlo alla biblioteca Beinecke. Qualcuno, però, cominciò a fare ricerche: provarono a decifrarlo linguisti, filosofi, monaci benedettini, botanici, esperti di decrittazione militare, ma la lingua del Voynich continuò a mantenere il proprio segreto.

Esso è scritto su pergamena di capretto e come se il testo non fosse sufficiente ad alimentare il mistero e a generare ipotesi scientifiche e fantascientifiche sull’esistenza di antiche civiltà precolombiane e/o caucasiche e/o extraterrestri, contiene anche centinaia di illustrazioni a colori che raffigurano piante di specie altrettanto sconosciute, oltre a zodiaci, costellazioni, macchinari, bulbi, tubi e cellule – o almeno cose che potrebbero esserlo – e a decine di donnine nude immerse in vasche e strane tubazioni, non si capisce intente a fare cosa.



Com’è fatto il manoscritto
Le pagine sono 201, ma in origine erano probabilmente 232: si ritiene che 16 fogli siano andati perduti. Il formato è ridotto, una caratteristica insolita in libri così antichi: 16×22 centimetri, poco più della metà di un foglio A4, quello più comune che si usa per stampare. Il libro è strutturato in quattro sezioni più un inserto centrale ripiegato sei volte, dove sono disegnate figure a forma di stella, altre simili a tubi, altre ancora rotonde, in cui alcuni hanno riconosciuto telescopi e microscopi che all’epoca della stesura non erano ancora stati inventati, oppure cellule, che non erano state ancora scoperte. Nella prima sezione – Botanica – ci sono piante e fiori, in gran parte non riconducibili a specie note, probabilmente composti mettendo insieme parti di piante diverse; nella seconda – Astrologica o Astronomica – si vedono zodiaci e costellazioni; la terza – la più strana, detta Biologica – raffigura soprattutto donnine nude piuttosto sgraziate e apparentemente gravide immerse in vasche comunicanti piene di liquido verde o che fuoriescono da tubi e vasi (qua e là si incontrano anche animali simili a rettili o a piccoli draghi); la quarta – detta Farmacologica – è simile alla prima, con la differenza che i vegetali sono raffigurati insieme ad ampolle e fiale. La sezione finale non ha illustrazioni, soltanto stelline che corrono sul margine sinistro del testo, ed è probabilmente un indice.
 
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view post Posted on 28/9/2016, 08:39
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La Mary Celeste un mistero ancora da risolvere



Anche quello riguardante la Mery celeste, una nave canadese costruita in Scozia che fu trovata alla deriva nello stretto di Gibilterra nel 1872 è un mistero passato alla storia come irrisolto.
Il mistero sta nel fatto che nella nave di 31 m non fu trovato alcun equipaggio.
Ma vediamo l'avvenimento per sommi capi.
Siamo nel 1860 e in Nuova Scozia stanno costruendo un brigantino canadese chiamato Amazon. Il brigantino è un tipo di veliero, veloce e snello dotato di due alberi, utilizzato principalmente come nave di scorta oppure, più frequentemente, come nave cargo. Amazon era lungo 31 metri e pesante 282 tonnellate, è considerata una delle navi più sfortunate della storia in quanto nel 1861, durante il viaggio inaugurale, vide morire il suo primo capitano. Poi dopo pochi mesi fu vittima di un incidente nello stretto della manica con un’altra nave. Nel 1869 fu venduta ad una compagnia americana che la rinominò Mary Celeste.
Nel 1872 inizia il mistero della Mary Celeste. Il 7 novembre salpò da New York con un carico di alcol industriale sotto il comando di Benjamin Briggs, la destinazione era Genova, in Italia. Nella nave vi erano anche sette marinai, la moglie e la figlia del comandante Sarah E. Briggs, e la sua figlioletta di appena due anni, Sophia Matilda. Dopo quasi 2 mesi, il 4 dicembre fu trovata alla deriva tra le coste portoghesi e le isole azzorre. Il ritrovamento fu fatto da un’altra nave, chiamata Dei Gratia. Alcuni marinai della Dei Gratia decisero di andare sulla Mary Celeste per vedere cosa era successo, ma non trovarono nessuno a bordo, l’equipaggio era totalmente scomparso, misteriosamente.
La nave non era in buone condizioni: vele strappate, stiva piena d’acqua e la bussola rotta, anche se pareva che la nave fosse stata abbandonata intenzionalmente. Riguardo l’alcool, beh, il carico di alcool inizialmente sembrava rimasto intatto ma una volta che fu portata a destinazione (Genova) si scoprì che mancavano 9 barili di alcool. Inoltre mancavano tutte le carte di bordo. Una volta portato a Genova il brigantino fu sequestrato da funzionari inglesi.
Solo nel 1873 furono trovate due scialuppe di salvataggio vicino alla Spagna, una era vuota con una bandiera americana e nell’altra vi erano 5 corpi deceduti che però non furono mai identificati.
Cosa sia successo all'equipaggio è ancora oggi argomento di congetture: vi sono varie teorie, dalla pirateria al maremoto, dall'ammutinamento ad una tromba d'aria. La Mary Celeste può essere considerata l'archetipo della nave fantasma.
Una volta conclusa l'inchiesta la Mary Celeste venne riconsegnata al suo proprietario, James Winchester, il quale decise di venderla in fretta e furia anche a costo di rimetterci economicamente. Nei successivi undici anni la nave cambiò altri 17 proprietari ma i marinai si rifiutavano di imbarcarsi, perché credevano che la nave fosse maledetta.
Il suo ultimo proprietario, il capitano Gilman C. Parker, nel tentativo di compiere una frode, il 3 gennaio 1885 fece naufragare la nave facendola sbattere contro la scogliera Rochelais, al largo della costa occidentale di Port-au-Prince, Haiti e a sud dell'isola de la Gonâve. Il capitano tentò anche di incendiare la nave senza però riuscirvi.

Le compagnie assicurative fiutarono il tentativo di truffa e portarono Parker in tribunale. Benché venne appurata la colpevolezza del capitano e dei suoi soci, il giudice, memore delle tante disgrazie che avevano colpito la Mary Celeste, fece rilasciare gli accusati. Il capitano Parker morì tre mesi dopo, uno dei suoi soci finì in manicomio e l'altro si suicidò


continua
 
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I cani che si buttano da un ponte



Esistono dei misteri senza risposta, alcuni di essi sono davvero inquietanti. Uno di questi riguarda il ponte di Overtoun, costruito nel 1859 in Scozia.
Costruito da Lord Overtoun nel lontano 1895, è noto come il ponte dei cani suicidi. Un’immagine macabra oltre che enigmatica che, ancora oggi, non trova una spiegazione logica. Secondo molte testimonianze, il solo passaggio sulla struttura spingerebbe i quadrupedi a gettarsi nel vuoto. I più attratti dal gesto sarebbero gli agili Border Collie. Una forza misteriosa, un impulso improvviso, che dirotta il loro cammino verso il baratro: un volo di 18 metri, ovvero l’equivalente di un palazzo alto 5 piani.
Pochi i cani sopravvissuti miracolosamente all’insano gesto, pronti tuttavia a un secondo tentativo di lancio nel vuoto. I quadrupedi che scampano al suicidio rimangono loro stessi frastornati, quasi increduli del lancio compiuto. L’anomala situazione prevede delle irregolarità comportamentali ripetute da ogni animale: il cane si getta sempre dallo stesso punto e dallo stesso lato. Un rituale che negli anni è costato la vita a circa 50 cani.
Non solo: a emulare le gesta dei cani anche un uomo che nel 1994 gettò il figlio dal ponte uccidendolo, ma che ne seguì il volo buttandosi lui stesso. Sopravvissuto al lancio affermò che il figlio era l’anticristo, teoria mai rinnegata anche dopo il risultato delle analisi che evidenziarono la presenza di droghe nel sangue. Per tutti il ponte divenne un luogo infestato dagli spiriti e dalla magia. Mentre una teoria celtica identificherebbe il posto come il luogo di transito tra il mondo dei vivi e quello dei defunti. Per osservare nel dettaglio il ponte, anche una medium lo attraversò con un cane, così da verificare l’energia attrattiva sull’animale. Secondo la donna il luogo non era infestato da presenze maligne, ma pochi istanti dopo il cane si gettò nel vuoto davanti agli occhi di molti testimoni. Veterinari e psicologi riconducono il tutto alla presenza di molti visoni che vivono sul fondo del burrone, dall’odore molto forte che attrarrebbe i cani. Ma la teoria non pare convincere la popolazione del luogo che trova singolare la spiegazione, in particolare se a compiere il gesto è un cane che spesso ha paura del vuoto e timore dell’ignoto


Ourang Medan:leggenda o verità?
La SS Ourang Medan era una nave mercantile olandese, che secondo varie fonti, è naufragata nelle acque indonesiane dopo che il suo intero equipaggio era scomparso in circostanze poco chiare. Ci sono ampi sospetti e parecchio scetticismo circa la veridicità della storia, con l'ipotesi che la nave non sia mai realmente esistita, ma è diventata semplicemente una sorta di famosa leggenda.
Racconti del mistero della scomparsa della nave e del suo equipaggio sono comparsi in diversi libri e riviste. La loro veridicità, tuttavia, o persino l'esistenza stessa della nave, non sono confermati a causa della mancanza dei documenti relativi al suo progetto, ai particolari di costruzione della nave e al suo equipaggio. Le ricerche ufficiali effettuate sulla registrazione dei documenti e le indagini relative all'incidente si sono rivelate infruttuose.
Si comincia a parlare della storia in una serie di tre articoli del quotidiano olandese-indonesiano.
Anche se la storia è ripetuta in gran parte, nelle versioni successive ci sono alcune differenze significative. Nel primo articolo il nome della nave Ourang Medan non è mai menzionato, ma si parla del suo avvistamento ed incontro, localizzato esattamente a 400 miglia nautiche a sud-est delle Isole Marshall. Il secondo e il terzo articolo descrivono i racconti dell'unico superstite dell'equipaggio dell'Ourang Medan, che è stato ritrovato da un missionario italiano e dai nativi dell'isola di Taongi, atollo delle isole Marshall.
L'uomo, prima di perire, raccontò al missionario che la nave stava trasportando un carico mal stivato di acido solforico, e che la maggior parte dell'equipaggio perì a causa dei fumi velenosi che fuoriuscirono dai fusti rotti. Secondo le autorità, la Ourang Medan stava navigando da un piccolo ed ignoto porto cinese in direzione della Costa Rica per effettuare un trasporto di materiale clandestino. Il sopravvissuto, un anonimo tedesco, perì dopo aver raccontato la sua storia al missionario, che, a sua volta, raccontò quanto appreso all'autore, Silvio Scherli di Trieste.

Quello che si racconta
La guardia costiera della Malesia ricevette una chiamata da questa imbarcazione in piena notte. Il messaggio, in codice Morse, diceva questo:” Tutti gli ufficiali, tra cui il capitano della nave e l’equipaggio intero giacciono morti in sala nautica e nel ponte…forse in tutta la nave non restano superstiti”.
Successivamente, quando il personale della guardia costiera raggiunse la nave, una volta salito a bordo, trovò tutto apparentemente in ordine.
Salvo che la nave era disseminata di cadaveri (tra cui la carcassa di un cane), in quelle che sembravano essere posture di una persona terrorizzata, le braccia di molti, infatti, erano tese verso l’alto in segno di aiuto.
asdads
Ma, nonostante la posizione dei cadaveri ed il terrore dipinto sui loro volti, nessuno aveva ferite o segni di violenza.
Un incendio improvviso scoppiato nella stiva della nave, costrinse i soccorritori ad evacuare troppo frettolosamente la nave per poter operare ulteriori e più precise indagini.
Poco dopo, l’Ourang Medan fu visto esplodere e affondare. Un’ipotesi è che l’equipaggio della nave fosse coinvolto in operazioni riguardo a sostanze chimiche o radioattive, ma è solo un’ipotesi appunto. In realtà di certo abbiamo solo il grande mistero che avvolge la Ourang Medan.


Teorie sul mistero
Bainton e altri ipotizzano che l'Ourang Medan potrebbe essere stato coinvolto in operazioni di contrabbando di sostanze chimiche come una combinazione di cianuro di potassio e nitroglicerina o anche le scorte di guerra di gas nervini. Secondo queste teorie, l'acqua di mare sarebbe entrata nella stiva della nave, reagendo con il carico e rilasciando gas tossici, che poi hanno causato la morte dell'equipaggio per asfissia e / o avvelenamento.Successivamente, l' acqua di mare avrebbe reagito con la nitroglicerina, provocando l'incendio e l'esplosione.
Gaddis avanza la teoria che un fuoco senza fiamma o il malfunzionamento nella caldaia della nave, potrebbe essere stato il responsabile del naufragio.La fuoriuscita di monossido di carbonio avrebbe causato la morte di tutti a bordo, con il fuoco lentamente fuori controllo, che porta alla distruzione definitiva della nave.
Il racconto è apparso in varie riviste e libri su Fortean, a cominciare da un articolo del 1953 del Fate Magazine. Autori come Jessup ipotizzano che l'equipaggio potrebbe essere stato attaccato da UFO o da forze paranormali che avrebbero causato la sua morte. Prove circostanziali citate da queste fonti comprendono l'apparente assenza di una causa naturale della morte, espressioni terrorizzate riferite sui volti dei defunti e le voci che alcuni dei morti sono stati "punti" da un nemico sconosciuto.






 
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view post Posted on 5/10/2016, 08:12
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I morti del passo Djatlov



Il mistero riguarda la morte del gruppo di turisti di Dyatlov") è avvenuto la notte del 2 febbraio 1959, quando nove escursionisti accampati nella parte settentrionale dei monti Urali hanno trovato la morte per cause rimaste sconosciute. Il fatto avvenne sul versante orientale del Cholatčachl', che in mansi significa "montagna dei morti". Il passo montano della scena dei fatti è stato da allora rinominato "passo di Djatlov" , dal nome del capo della spedizione, Igor Djatlov (Игорь Дятлов).

La mancanza di testimonianze oculari ha provocato la nascita di molte congetture in merito alle cause dell'evento. Investigatori sovietici stabilirono che le morti erano state provocate da «una irresistibile forza sconosciuta». Dopo l'incidente la zona fu interdetta per tre anni agli sciatori e a chiunque altro intendesse avventurarcisi.Lo svolgimento dei fatti resta tuttora non chiaro anche per l'assenza di sopravvissuti.
Quando gli investigatori raggiunsero il luogo, notarono che la tenda era squarciata dall’interno e trovarono le impronte di otto o nove persone che si allontanavano in direzione del limite superiore del bosco. Le scarpe e l’attrezzatura erano state abbandonate e le impronte sembravano quelle di piedi nudi o che indossavano solamente delle calze. In altre parole, sembrava che avessero rotto la tenda per uscirne in tutta fretta e correre affannosamente nella neve alta fino alla cintola, ma non c’erano prove dell’arrivo di aggressioni esterne o interne al gruppo.

I primi due corpi vennero ritrovati presso il limite del bosco sotto un pino gigante. Come già accennato, il bosco distava circa un chilometro e mezzo dal campo; gli investigatori scrissero che le impronte sparivano a circa un terzo del percorso, probabilmente a causa del tempo, in fondo erano passati molti giorni. Entrambi i cadaveri indossavano solo biancheria intima ed erano scalzi. Secondo i rapporti ufficiali, i rami dell'albero erano rotti, il che suggeriva un tentativo di arrampicata. Inoltre, nelle vicinanze vennero ritrovati anche i resti di un fuoco
Altri tre corpi, tra cui quello di Dyatlov, rinvenuti in altri punti tra l’accampamento e l’albero, davano l’aria di essere diretti verso il campo. Uno di loro, Rustem Slobodin, aveva il cranio fratturato, anche se non si trattava di una ferita fatale. L'indagine venne chiusa dopo che i medici decretarono la morte per ipotermia .
Passarono altri due mesi prima che gli altri quattro corpi venissero rinvenuti sotto circa tre metri e mezzo di neve in un burrone, poche decine di metri più in basso dell’albero. Fu la scoperta più raccapricciante. Erano morti tutti per qualche trauma ma mancavano segni esterni. Nicolas Thibeaux-Brignollel aveva il cranio fratturato, sia Alexander Zolotariov che Ludmila Dubinina avevano le costole rotte e a quest’ultima mancava anche la lingua.
Chi fece le indagini all'epoca stabilì che gli escursionisti avevano lacerato la loro tenda dall'interno, correndo via a piedi nudi nella neve alta e con una temperatura esterna proibitiva (probabilmente attorno ai −30 °C). Sebbene i corpi non mostrassero segni esteriori di lotta, due delle vittime avevano il cranio fratturato, due avevano le costole rotte e a una mancava la lingua.Sui loro vestiti fu riscontrato un elevato livello di radioattività; altre fonti invece ridimensionano fortemente la contaminazione degli abiti, datandola anteriormente alla spedizione.
È possibile che il gruppo fosse alla ricerca di aiuto, pur trovandosi nel bel mezzo del nulla e senza l’attrezzatura adatta per fronteggiare le temperature sotto lo zero, prima di cadere in un burrone. Ma questo non spiega l’assenza della lingua di Dubinina. E mentre alcuni all’epoca ipotizzarono che gli esploratori fossero stato attaccati dagli uomini delle tribù dei Mansi, i medici legali dichiararono che i traumi rilevati necessitavano di una forza maggiore a quella di un essere umano per essere inflitti, soprattutto se si considera che mancavano tracce esterne.
Tutto ciò non fa che alimentare la teoria del paranormale dietro questa tragedia. Le speculazioni fatte su queste giovani morti non hanno avuto freni si è parlato di UFO, complotti del KGB e di mostri.

La teoria degli alieni sembra suffragata dalle seguenti prove:
1. Reazione di terrore inspiegabile in piena notte degli escursionisti , infatti alcuni di essi pur essendo a -30 scapparo dalla tenda vestiti solo della biancheria
2. Misteriose luci nella valle
3. Mancanza della lingua in uno dei corpi (Ljudmila Dubinina) e altri traumi più o meno estesi in altri corpi
4. Presenza di radiazioni sui tessuti che sono stati indossati da uno dei membri del gruppo (Yuri Krivonischenko)
5. ll dodicenne Yury Kuntsevich, partecipò al funerale di cinque degli escursionisti e ricordò che la loro pelle aveva “un’abbronzatura color bruno intenso” come fosse bruciata
6. L”evento fu classificato “riservato” da esercito e KGB
Il verdetto finale fu che i membri del gruppo erano tutti morti a causa di una «irresistibile forza sconosciuta». L'inchiesta fu ufficialmente chiusa nel maggio 1959 per "assenza di colpevoli". Secondo alcune fonti i fascicoli furono mandati in un archivio segreto e le fotocopie del caso, con alcune parti comunque mancanti, furono rese disponibili solo negli anni novanta, ma altre smentiscono totalmente questi fatti, affermando che il caso non venne mai classificato e che le parti mancanti consistevano in una busta all'interno della quale c'era solo della comune corrispondenza.



 
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