Le stronzate di Pulcinella

La storia del treno

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view post Posted on 27/9/2016, 13:21
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E' agli inizi dell'800 in Inghilterra che nacque la prima locomotiva come sostituto meccanico del cavallo per il traino di convogli di carrelli di carbone nelle miniere e presto se ne intuirono le potenzialità nonostante i primi prototipi avessero molti difetti e la produzione di vapore fosse piuttosto scarsa dato che le caldaie usate, a struttura verticale, erano poco di più che una grossa pentola posta sul fuoco.
Facendo una ricerca vi dico come erano le prime locomotive a vapore.
Esse avevano una struttura piuttosto rudimentale; un carro costituito da longheroni e traverse in ferro su cui era montata la caldaia con forno e fumaiolo, una coppia di cilindri motori collegati con bielle all'unica ruota motrice e i comandi relativi alla condotta che era appannaggio del macchinista posto su un semplice predellino o una piccola piattaforma; completava il tutto un carro agganciato con una grossa botte per l'acqua e un cumulo di carbone.
Il gancio di trazione era costituito da una catena e i respingenti erano solo dei tamponi di legno sulle testate
ella seconda metà dell'800 le macchine con un solo asse motore cominciarono a dimostrarsi insufficienti come potenza e pertanto venne aggiunto un secondo asse motore accoppiato con bielle allo scopo di contenere entro limiti accettabili il maggior peso delle caldaie e dei meccanismi più grandi e, contemporaneamente, scaricando su due assi lo sforzo di trazione se ne aumentavano le prestazioni entro i limiti di aderenza.
I progetti europei del periodo prevedevano che le macchine avessero anche un asse portante anteriore o posteriore.
Una delle prime caratteristiche progettuali fu anche quella dell'uso di ruote di piccolo diametro per la trazione di merci e di ruote di grande diametro per le macchine passeggeri atte a maggiore velocità. La prima scelta era dettata dalla necessità di disporre di una maggiore forza di trazione, la seconda era dettata invece dalla necessità di contenere entro limiti accettabili il numero di giri dell'albero motore.

In America si affermò il carrello portante anteriore a 2 assi dando origine al rodiggio 2'A noto anche come American o American Standard.
Nel 1906 in Baviera fu costruita la locomotiva S 2/6 dal rodiggio 2' B 2' con prestazione di tutto rispetto e una velocità di 150 km/h ma rimase solo un prototipo; l'era delle macchine a 2 assi accoppiati volgeva ormai al tramonto dato che le composizioni richieste dal servizio ferroviario erano sempre più pesanti. L'anno dopo infatti le ferrovie bavaresi iniziarono a immettere in servizio le più prestanti
Le macchine a 3 assi accoppiati furono le regine del periodo d'oro della trazione a vapore e la regina per antonomasia fu la Pacific

La tecnica, contemporaneamente all'incremento degli assi, sviluppò dispositivi per aumentare il rendimento termodinamico dei motori a vapore al fine di ridurre i consumi e i costi ed aumentando l'autonomia.




.La locomotiva a vapore ottiene l'energia per il suo funzionamento dalla combustione di un combustibile. Con l'adozione di opportuni accorgimenti costruttivi è possibile alimentate il forno con combustibili solidi, liquidi o gassosi.
Tuttavia il combustibile principe è sempre stato il carbone (lignite o litantrace) ma, soprattutto nei paesi ricchi di legname sono stati molto diffusi anche la legna e l'olio minerale. In generale la scelta del combustibile è stata sempre fatta sulla base di criteri di economicità. . In particolari situazioni sono stati utilizzati combustibili diversi: la scarsità di carbone ha portato la Baviera a sperimentare la torba, l'Italia a sperimentare il metano, in tempi più recenti, ma con esiti insoddisfacenti soprattutto a causa della elevata pericolosità; in Pennsylvania, ed in generale nell'ovest degli Stati Uniti, la grande disponibilità di antracite non commerciabile per uso urbano ha fatto nascere locomotive adatte ad usare questo tipo di carbone. Durante la seconda guerra mondiale, la Svizzera ha sperimentato la sostituzione del combustibile con robusti resistori che sfruttavano l'effetto Joule per portare l'acqua ad ebollizione.
Il carico del carbone o della legna nel forno è sempre stato devoluto ad un agente di fatica detto fuochista ma un buon numero di locomotive tra quelle di progettazione più recente, sono state attrezzate con dispositivi di alimentazione a getto di carbone polverizzato.
Mentre i combustibili solidi vengono fatti bruciare su una graticola, il metano e l'olio minerale richiedono opportuni bruciatori. I bruciatori per l'olio minerale lo preriscaldano e lo nebulizzano con un getto di vapore e a tale scopo, per accendere la locomotiva, questa viene portata in pressione con il carbone fintanto che sia stato prodotto abbastanza vapore per far funzionare il bruciatore. In certi casi vengono dotate di un generatore di vapore ausiliario.
La fiamma attraverso le pareti del forno e i gas di combustione attraverso i tubi di fumo della caldaia, trasferiscono il calore all'acqua che, arrivata all'ebollizione, si trasforma in vapore che viene inviato al motore per generare movimento.

continua


Edited by aurora663 - 30/9/2016, 11:18
 
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view post Posted on 11/10/2016, 08:48
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Le Ferrovie italiane



La storia delle ferrovie in Italia ebbe inizio con l'apertura di un brevissimo tratto di linea ai piedi del Vesuvio, la Napoli-Portici di poco più di sette chilometri, che venne inaugurata il 3 ottobre 1839.
In Italia le ferrovie nacquero nel Regno delle Due Sicilie. Dopo solo nove anni dall'inaugurazione, in Inghilterra della Manchester-Liverpool ma già per tutta l'Europa si erano accesi entusiasmi e progetti per l'utilizzo di quello che si era rivelato subito essere un formidabile mezzo di trasporto al servizio sia delle persone che dell'industria e del commercio.
Mentre in Gran bretagna e in Francia le ferrovie non avevano avuto problemi per lo sviluppo , in Italia venne frenato da fattori negativi quali ad esempio l’accidentata orografia della Penisola e, soprattutto, la divisione politica e l’influenza politica straniera che indirizzava la scelta di percorsi e di tecnologia secondo interessi diversi da quelli delle popolazioni che la struttura doveva servire. Un esempio; la scelta di collegare Bologna con Pistoia, oltre alle diatribe economico-campanilistiche fra Pistoia a Prato, derivò dalla volontà dell’Austria di unire il Regno Lombardo Veneto con il porto di Livorno, strategico per un veloce spostamento di uomini e materiali a supporto della marina imperiale che non possedeva basi sul Tirreno .
Poiché la prima inaugurazione ferroviaria in Italia è avvenuta nel Regno delle Due Sicilie,bisognerebbe argomentare un po la storia dal sud al nord della nascita dei vari stati preunitari ma il discorso amici miei sarebbe lungo per cui riporto mano le notizie abbreviate per arrivare al treno dei giorni nostri

In Italia, il primo tronco ferroviario, costruito a doppio binario da Napoli a Granatello di Portici (km 7,640), venne inaugurato il 3 ottobre 1839 dal re Ferdinando II di Borbone.
La costruzione della ferrovia Napoli-Portici, la prima in Italia, pur nella brevità del suo percorso, fu importante dal punto di vista psicologico e dell'immagine, in quanto pose il regno delle Due Sicilie al rango delle più grandi potenze europee.




Medaglia in argento del 1840 per l’inaugurazione della ferrovia Napoli-Nocera-Castellammare(collezione Francesco di Rauso, Caserta)



Il 1º agosto1842 la ferrovia aveva raggiunto Castellammare di Stabia la mia amata citta' e due anni dopo Pompei e Nocera ma lo sviluppo successivo non fu altrettanto celere, all'unità infatti la linea arrivava soltanto a Capua e a Salerno. Nel 1846 il governo borbonico aveva rilasciato anche la concessione per il prolungamento della ferrovia da Nocera fino a San Severino e ad Avellino e all'epoca si proponevano già collegamenti verso Bari, Brindisi e Foggia.
La ferrovia non rimase un caso isolato: nacque contestualmente un apparato tecnico produttivo di rilievo che fu all'avanguardia per anni. Sulla scorta delle esperienze già fatte, dal 1837, con l'Opificio Meccanico ubicato nel Castel Nuovo (meglio noto come Maschio Angioino) fu promossa nel 1840 la realizzazione dell'Opificio di Pietrarsa che, nel giro di alcuni anni, avviò la produzione di locomotive (all'inizio su licenza britannica) che saranno vendute anche al Regno di Sardegna. Venne avviata, nello stesso stabilimento, anche una scuola per macchinisti ferroviari e navali.

Alla costituzione del Regno d'Italia, nel 1861, lo sviluppo complessivo della rete ferroviaria era di km 2035; di questa soltanto il 18% era di proprietà dello Stato ed il 25% in sua gestione diretta il restante 75% era ripartito in ben 22 società private delle quali un buon numero a capitale prevalente straniero. Peri problemi politici del tempo tutta la rete non costituiva una rete organica; vi erano linee di proprietà ed esercizio statale, linee di proprietà ed esercizio privato e di proprietà privata ma con esercizio affidato allo Stato.

Era necessario creare un sistema organico e razionale delle ferrovie.
Nello Stato Pontificio Roma era collegata con Frascati, Civitavecchia, Terni e Cassino (via Velletri), all'epoca nel Regno delle due Sicilie, e modeste stazioni facevano da capolinea di queste linee. Al 1872 esistevano, in Italia, poco meno di 7.000 km di linee ferroviarie complessivamente, il cui esercizio veniva assicurato da 4 Società principali per un complesso di 6.470 km:

Il 14 maggio 1865 venne emanata la legge n° 2279, detta la Legge dei grandi gruppi, voluta dall'allora ministroStefano Jacini, dei Lavori Pubblici, e da Quintino Sella delle Finanze; con essa lo Stato si prononeva di porre ordine nel caotico sistema che fino ad allora aveva caratterizzato la costruzione e la gestione delle ferrovie: Veniva innanzitutto definita la distinzione netta tra ferrovie pubbliche e ferrovie private analizzandone l'uso e la destinazione. Venivano definite le norme per la costruzione e l'esercizio non prevedendo più sovvenzioni statali ma solo prestiti con interesse. Le concessioni dovevano essere rilasciate per legge stabilendo i rapporti in caso di riscatto anticipato o di termine della concessione e infine la partecipazione dello stato agli utili oltre una certa soglia base. Ciò per favorire lo sviluppo ferroviario e industriale e per accorpare le numerose ma piccole società ferroviarie (esistenti soprattutto al nord ove la rete era più estesa) affidando poi le linee principali a cinque società concessionarie:
 la Società per le Ferrovie dell'Alta Italia, (SFAI) alla quale vennero assegnati 2.453 km di linee
 la Società per le strade ferrate romane, (SFR) che ebbe 2.328 km
 la Società per le Strade Ferrate Meridionali, (SFM) 1.771 km
 la Società Vittorio Emanuele, 1.474 km e
 la Compagnia Reale delle Ferrovie Sarde, 414 km.

Purtroppo questa legge non riusci ad evitare la carenza di capitali italiani a discapito invece dell'afflusso di capitali stranieri, inglesi, belgi ma, soprattutto, quelli della Casa Rotschild di Parigi e di Vienna. Il fatto tendeva per ovvie ragioni a favorire gli investimenti ferroviari in funzione degli interessi degli investitori in cerca di utili. Per tale motivo vennero finanziate ferrovie in zone minerarie o commercialmente utili agli interessi stranieri più che a quelli nazionali
Le Società furono costrette a mantenere in vita linee la cui passività superava i proventi forniti dalle linee a maggior traffico e assorbiva quasi per intero i contributi dello Stato. I proventi che le Società potevano assicurare allo Stato, attivi per le reti principali e passivi per quelle secondarie, erano nettamente inferiori all'onere sostenuto dallo Stato per la costruzione e l'esercizio delle ferrovie che superava i trecento milioni di lire all'anno.
Le strade ferrate, intanto, non cessavano di svilupparsi e avevano raggiunto i 10.524 km.

Il 1 luglio del 1905, con l'entrata in vigore della legge Fortis. Lo Stato assunse la gestione diretta di 10.557 km di linee (di cui 9.868 già di sua proprietà), denominando il nuovo Ente Ferrovie dello Stato. L'anno dopo, con la confluenza della rete SFM rimasta, l'estensione della Rete di Stato raggiunse i 13.075 km, di cui 1.917 a doppio binario.
Le Ferrovie si organizzano sotto la direzione di Riccardo Bianchi Direttore Generale dell'Azienda F.S. venne designato l'ingegnere piemontese Riccardo Bianchi, che era stato già Direttore Generale della Rete Sicula. Questi univa alle qualità di tecnico di grande valore anche grande capacità amministrativa

Locomotiva gr640




La direzione Bianchi durò 10 anni, ma poco dopo la sostituzione con l'ing. De Cornè, le F.S. furono coinvolte nella prima guerra mondiale (24 maggio 1915 - 4 novembre 1918) che richiese un gravoso impegno organizzativo e successivamente di ricostruzione delle infrastrutture danneggiate dalle azioni belliche; le Ferrovie dovettero riorganizzarsi per far fronte ai nuovi compiti, aumentati nelle dimensioni tecniche e commerciali,[58] anche per effetto dell'acquisizione di nuove linee (ex-austriache), diversamente attrezzate, e di personale con differenti regolamentazioni.
L'avvento del fascismo produsse importanti cambiamenti.
Littorina AL 56



Progressi venivano fatti tanto nel settore delle locomotive a vapore, gradualmente destinato a cedere il posto alla trazione elettrica, che del materiale rimorchiato; in particolare, la comparsa dei mezzi leggeri cioe' automotrici termiche ed elettriche (1933) che dava un nuovo apporto all'ammodernamento dei mezzi di trazione, e quello del materiale viaggiatori, con l'adozione delle carrozze a cassa metallica e l'estensione dei carrelli.
Sotto la guida tecnica dell'ingegner Giuseppe Bianchi e la direzione gestionale del Commissario Straordinario Edoardo Torre, nominato nel 1923 per l'esercizio provvisorio, dopo lo scioglimento del Consiglio di Amministrazione alla fine del 1922, venne sviluppata la prima generazione di locomotive elettriche, subito seguita dalle prime automotrici termiche e dalleelettromotrici rapide che ebbero grande successo e contribuirono a posizionare lo stato fascista tra le potenze economiche ed industriali dell'epoca.

l decennio a cavallo degli anni venti e trenta vide in opera un grande impegno del regime fascista nello sviluppo dei trasporti ferroviari ma riportò indietro le condizioni di lavoro del personale aumentando le ore di lavoro e diminuendo i salari. Una quasi maniacale ricerca della puntualità fece nascere il detto che durante il fascismo i treni arrivavano in orario. Ma è vero che ai mezzi moderni e alle linee ancora poco affollate era unita una disciplina durissima per i macchinisti che lavoravano in condizioni di lavoro molto pesanti, con orari prolungati e rispondevano economicamente, tramite multe e sanzioni, dei ritardi dei treni anche se a volte non dipendenti da loro.
Nel settore organizzativo venivano introdotte variazioni e modifiche: l'Azienda ferroviaria passava dalla giurisdizione del Ministero dei Lavori Pubblici (al quale rimase una Direzione Generale delle Nuove costruzioni ferroviarie) a quella del nuovo Ministero dei Trasporti marittimi e ferroviari.
A questo punto però scoppiò la guerra che costituì il periodo più triste per le Ferrovie Italiane, e per tutto il Paese, col suo orrore e le sue devastazioni.

L’immediato dopoguerra trovava la Rete distrutta al 60% dagli eventi bellici e intere linee risultavano inagibili; il parco rotabili sconvolto e distrutto per oltre il 70%[67].. Molte delle nuove locomotive elettriche erano state danneggiate e andavano sostituite o riparate in maniera radicale . Grazie anche all'aiuto del Piano Marshall si riuscì — con pochi mezzi finanziari (e scarsa fiducia di governi e di opinione) a superare lentamente la situazione. Ricostruita gran parte della Rete — sia pure imperfettamente — giorno per giorno ripresero a circolarvi i treni carichi di uomini e cose. La scarsa attenzione al problema della ricostruzione e la miopia dei politici non permisero tuttavia, ora che si sarebbe potuto, di rimediare alle incongruenze della conformazione della rete che erano retaggio del passato, correggendo tracciati non più funzionali, costruendone di interamente nuovi: si preferì far presto e riattivare tutto il possibile.


Cominciava intanto un nuovo ciclo di intensa attività ferroviaria, con lo scopo di liberare la Rete dalle ultime conseguenze della guerra e avviarla a rapida rinascita. Nella struttura organizzativa vennero creati due nuovi Servizi (Sanitario e Affari Generali), e nel 1963 la giurisdizione del Ministero dei Trasporti venne estesa all'Aviazione Civile.

Arriviamo ai giorni piu floridi per le ferrovie dello stato con la nascita del


Rappresentante delle Ferrovie dello Stato (che avevano intanto assunto la denominazione di Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato) in questa fase della ricostruzione fu il Direttore Generale ing. Di Raimondo.
Il 1985 è l'anno in cui cessa definitivamente l'amministrazione autonoma FS che, con la legge 210 del 17 maggio viene trasformata in "Ente Ferrovie dello Stato" sotto la vigilanza del Ministero dei Trasporti.
Nel 1992 l'Ente ferrovieviene trasformato in Società per Azioni con unico azionista, al 100%, lo Stato, attraverso il Ministero del Tesoro, che tuttavia dovrà trasferirle, questa volta in concessione, le attività già svolte. Il periodo successivo vedrà costituirsi, sulle ceneri della vecchia Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato, una miriade di società con finalità ed intenti perfino estranei all'attività ferroviaria vera e propria.



Siamo nel 1997 per quanto riguarda il trasporto locale apposite società regionali, provinciali o consortili si iniziarono a costituire a macchia di leopardo, determinando in alcuni casi situazioni di rapido sviluppo

Il 1 giugno 2000 il processo di trasformazione vide la nascita di Trenitalia, la società a cui venne attribuita l'attività di trasporto ferroviario di persone e di merci assieme alla dotazione di rotabili e di personale di condotta e di scorta dei treni; all'interno di questa fu mantenuta la ripartizione delle Divisioni, Passeggeri, Cargo e Trasporto regionale. L'anno successivo, il 2001, divenne operativa RFI, la società proprietaria delle infrastrutture[78].. A seguito di ciò si concretizzò quanto previsto dalla direttiva comunitaria e cioè la possibilità per più soggetti di usufruire delle infrastrutture nazionali previa certificazione CESIFER, (il certificato che attesta l'idoneità dell'impresa ferroviaria a poter circolare sulla rete RFI), rilasciata dall'ufficio apposito di RFI (divenuto nel 2007 Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie) e il pagamento di un canone per le tracce orario assegnate.



Il tanto temuto anno 2000 è caratterizzato dalla ripresa del programma e dello sviluppo delle linee ad alta velocità in Italia con i relativi collegamenti con l'Europa secondo la filosofia definita Alta velocità/Alta capacità che identifica la scelta costruttiva di linee con caratteristiche atte anche al trasporto pesante e merci speciale con interconnessioni frequenti alla Rete ferroviaria classica e, soprattutto al passaggio definitivo dall'alimentazione elettrica a corrente continua a 3.000 volt a quella a corrente alternata a 25 kVolt. Si tratta di una scelta epocale che se da una parte le rende più versatili, moderne ed interoperabili, d'altro canto ne aumenta considerevolmente i costi di costruzione.




ETR 500 "Frecciarossa" delle Ferrovie italiane. In occasione dell'entrata in servizio della nuova linea ad alta velocità Milano-Bologna, nel dicembre 2008, alcuni ETR 500 Politensione hanno ricevuto il nome "Frecciarossa"
La prima linea veloce messa in progetto in Europa era stata italiana: la Direttissima che collega Firenze a Roma (254 km), costruita a tratte nel lungo arco di tempo tra il 1970 e il 1992, ma era rimasta un caso isolato; l'approssimarsi del nuovo secolo vede però la rapida ripresa delle costruzioni di linee veloci.
Il programma attuale della RFI S.p.A. del Gruppo FS S.p.A. attuato sia direttamente che tramite la controllata TAV S.p.A.prevede le linee Alta Velocità-Alta Capacità (AV-AC) lungo le direttrici Torino-Trieste e Milano-Salerno, di cui è già in funzione la maggior parte.


CONTINUA......


Edited by aurora663 - 11/10/2016, 10:15
 
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