I vertici militari italiani, costretti a centellinare le poche risorse disponibili, decisero di muovere le truppe solo in concomitanza con i movimenti dei tedeschi:l'aggressione alla Francia avvenne infatti solo quando la Germania l'aveva già praticamente sconfitta, poi ci fu un periodo di inattività italiana contemporaneo all'inattività tedesca nell'estate 1940, poi le azioni italiane ripresero quando la Germania iniziò la pianificazione dell'aggressione al Regno Unito. Secondo lo storico Ciro Paoletti: «Ogni volta che i Tedeschi si muovevano poteva essere quella decisiva per la fine vittoriosa del conflitto; e l'Italia doveva farsi trovare impegnata quel tanto che bastasse a dire che anch'essa aveva combattuto lealmente e godeva il diritto di sedersi al tavolo dei vincitori»
Nel 1940 l’obiettivo di Mussolini era di avere un nemico da sconfiggere in modo da poter avviare la cosiddetta "guerra parallela" alla Germania; egli, infatti, voleva dimostrare a Hitler (che prendeva le decisioni sull’andamento della guerra senza preventivamente consultarlo) che l'Italia doveva essere considerata potenza militare, politica ed economica di uguale importanza a quella tedesca. Per poter raggiungere il suo scopo, però, aveva bisogno di un avversario militarmente alla sua portata.
Questo avversario sembrava essere la Grecia (governata dal dittatore Joannis Metaxas) in quanto era geograficamente vicina e sembrava avere forze armate deboli, una classe politica poco disposta a battersi e una popolazione poco interessata agli eventi nazionali.
Eppure quando l’Italia entrò in guerra, Mussolini rivolse ai paesi neutrali un appello: “Io dichiaro solennemente che l’Italia non intende trascinare nel conflitto altri popoli con essa confinanti per terra e per mare. Svizzera Jugoslavia, Grecia, Turchia, Egitto prendano atto di queste mie parole. Dipende da loro e soltanto da loro se esse saranno o no rigorosamente confermate” . Metaxas credette alla sua buona fede di Mussolini e, incontrando Grazzi, gli confermò che “la Grecia è fortemente decisa a conservare la più stretta neutralità” e che “la Grecia è decisa a difendersi con le armi e l’Inghilterra è stata informata di tale decisione” . A gettare benzina sul fuoco ci pensò il governatore delle isole italiane nell’Egeo, De Vecchi, che continuava ad inviare a Roma segnalazioni che gli aerei inglesi usavano la Grecia per rifornire le proprie navi.
Mussolini si infuriò e la propaganda italiana iniziò ad indirizzare l’opinione pubblica verso una possibile azione militare contro la Grecia fornendo prove e accuse circa la non buona fede dei greci che, a parole, dicevano neutralità assoluta e, nei fatti, aiutavano gli inglesi. Ovviamente tutto questo non era vero ma serviva a trovare una giustificazione per scatenare il conflitto.
Ma non ando' proprio come i giornali di regime annunciavano.
I due eserciti erano analoghi per armamento ed addestramento. Solo in due settori gli italiani erano superiori: nelle forze corazzate e nella superiorità aerea.
Alle 3 del mattino del 28 ottobre 1940 l’ambasciatore italiano ad Atene Emanuele Grazzi consegnò l’ultimatum al dittatore greco Metaxas; esso conteneva l'accusa alla Grecia di essere venuta meno al suo status di nazione neutrale e di schierarsi apertamente con l'Inghilterra; si esigeva anche di occupare, per tutta la durata del conflitto, alcune zone del territorio greco, ritenute di importanza strategica, con lo scopo di impedire agli inglesi il controllo del Mediterraneo, ultimatum che fu rifiutato dal dittatore greco,
L’offensiva di Mussolini iniziò alle 6 del mattino del 28 ottobre. Cinque ore più tardi Mussolini e Hitler si incontarono alla stazione Santa Maria Novella di Firenze. Solo quando fu a Bologna il Fuhrer apprese “dai giornali”, come voleva Mussolini, dell’attacco italiano in Grecia.
Nonostante la stampa magnificava vittorie, dopo pochi giorni le truppe italiane sono già in difficoltà. Il 1° novembre scatta in contrattacco greco; le truppe italiane sono bloccate sul fiume Kalamas. Nessuna avanzata sull'Epiro. La divisione alpina Julia presso il passo di Metsovo viene aggredita da sette divisioni greche, di fianco e a tergo puntando sulla conca di Corcia (Korcè), dove le divisioni Parma e Piemonte, e poi Venezia e Arezzo fatte accorrere dal confine iugoslavo, sono anch'esse travolte. I greci minacciano di aggirare tutto lo schieramento italiano raggiungendo la strada Corcia-Perati. (il Ponte di Perati diventerà famoso per gli Alpini italiani della Julia come il "Ponte della Bandiera Nera" una triste canzone degli Alpini .
L'8 Novembre 1940 - Di fronte alla grave situazione, il comando italiano dà l’ordine di ritirata. Ma anche le comunicazioni non funzionano; la Julia viene schiacciata da tre divisioni.
Il giorno dopo arriva l'esonero per il generale Visconti Prasca , il generale Ubaldo Soddu assume il comando del Gruppo di armate di Albania, che raggruppa le divisioni operanti sul fronte greco.
Il 12 Novembre 1940 - La reazione dell'Inghilterra - schierata con la Grecia - non si è fatta attendere; dopo due tentativi su Napoli il 3 il 5 novembre, c'è un massiccio attacco aereo alla base navale di Taranto con pesanti perdite.
Alle Ore 22,40: i siluri di 12 aerei inglesi del tipo Swordfish, decollati dalla portaerei inglese Jllustrious, che naviga a 170 miglia al largo delle coste italiane, nello Ionio, colpiscono nel porto di Taranto le corazzate Cavour e Littorio (quest’ultima, con la gemella Vittorio Veneto, è la più recente della classe e stazza ben 35.000 t).
Ore 23,30: una seconda ondata di 9 Swordfish provenienti come i primi dalla lllustrious sventrano la corazzata Duilio. È un colpo molto duro per la flotta italiana che perde la metà delle sue corazzate.
Altri incrociatori affondano al largo quattro mercantili.
Incursioni di altri aerei su Brindisi, Bari, e ancora Taranto.
La stampa invece parlava solo di qualche successo:
Il 3 Dicembre 1940 - Gli italiani in Grecia sono costretti a ripiegare e perdono (con le ostilità dei locali) anche un terzo dell'Albania dove erano già arretrati . Mussolini per evitare la disfatta, ormai impantanato "nel fango", è costretto a chiedere urgenti aiuti a Hitler.
Unica consolazione è che i greci nonostante si battono come leoni, manca a loro i mezzi di locomozione rapidi, mancano autocarri, mezzi corazzati e artiglieria controcarro: e gli "amici" i britannici non sono in grado di fornirli.
A Valona in Albania è sbarcata come rinforzo anche la divisione alpina Tridentina, ma gran parte dei soldati non riescono a individuare le linee e si sbandano. Neve e freddo intenso provocano numerosi casi di congelamento.
Cadono le prime teste. Il 9 novembre, Visconti Prasca viene privato del comando, promosso a metà e mandato a guidare l’ XI armata. Lo sostituisce il generale Ubaldo Soddu, sottosegretario alla Guerra, sottocapo di stato maggiore e, a tempo perso, compositore di musiche da film. “Vedrai” dice a Visconti subito dopo l’avvicendamento “ collaboreremo, vinceremo e diventeremo entrambi Marescialli d’Italia”. Ancora le ambizioni personali. Ma due giorni dopo, Visconti Prasca è definitivamente allontanato dall’esercito e in Albania, al comando dell’XI armata, torna il generale Carlo Geloso.
Si apre la caccia ai colpevoli del disastro. Badoglio, abbandonato da tutti, attaccato duramente sul giornale di Farinacci, il Regime Fascista , viene fatto fuori. Presagendo la tempesta, aveva cercato di coprirsi le spalle, annotando sul diario ufficiale dello stato maggiore: io l’avevo detto che invadere la Grecia con meno di venti divisioni sarebbe stata una pazzia.
La neve ed il ghiaccio fara' il resto.
Al fronte i nostri soldati ricorrono a ogni mezzo possibile per evitare le temuta e subdola “ morte bianca”. Si avvolgono i piedi e le gambe in pelli di gatto, di capra, di coniglio, di mulo; si sbarazzano dei guanti di lana autarchica arrivati dall’Italia: si inzuppano d’acqua, gelano e stringono le mani in una morsa letale. Estraggono il cervello ancora palpitante dei muli agonizzanti, se lo mettono sotto l’elmetto per tenersi calda la testa e poi se lo mangiano. Crudo.
Le uniformi sembrano fatte di cartone: si ispessiscono e si irrigidiscono, non riparano dal freddo e non conservano il calore corporeo.
I tedeschi sono sempre più insofferenti. Hitler non è contento di come vanno le cose, offre sempre più insistentemente soldati, non risparmia critiche e prima o poi interverrà: bisogna sbrigarsi , attaccare e ancora attaccare, riportare qualche vittoria per risollevare un prestigio assai compromesso, tuona Mussolini.
Ancora una volta, però, ad attaccare sono i greci. Prima conquistano Himara, sulla costa albanese, travolgendo una stanchissima Julia e una sfortunatissima Siena,bombardata per errore dai nostri aerei.
Fu cosi' che Hitler si decise ad intervenire.
Il 4 novembre 1940 prese quindi la decisione di intervenire nei Balcani, e il 12 novembre l'Oberkommando der Wehrmacht emanò una direttiva per definire l'operazione: l'invasione tedesca della Grecia, da attuarsi nel gennaio 1941 mediante un raggruppamento di 10 divisioni a partire dal territorio della Bulgaria.
La Grecia non era pronta a sostenere un attacco tedesco dalla Bulgaria. Da tempo malato, Metaxas morì il 29 gennaio 1941 per le complicazioni seguite a un intervento chirurgico.
L'avanzata tedesca oltre l'Aliacmone minacciava di tagliare fuori l'intero dispositivo greco in Albania, ma solo il 12 aprile Papagos si decise a ordinare il ripiegamento delle sue divisioni dal fronte greco-italiano anche se per le resistenze dei comandanti sul campo, più che restii e contrariati al pensiero di abbandonare le loro conquiste, il movimento non iniziò prima del 13 aprile. Le forze italiane si spinsero avanti nel vuoto lasciato dai greci in ritirata: si verificarono ancora diverse azioni di retroguardia, sebbene il morale e la coesione dei reparti greci peggiorassero di giorno in giorno. Il 14 aprile le truppe italiane rioccuparono Coriza, seguita il 18 aprile da Argirocastro; quello stesso giorno i tedeschi erano in prossimità di Larissa, con il reggimento "Leibstandarte" che puntava su Giannina dopo aver sostenuto duri scontri al passo di Metsovo sul Pindo. Il comando greco era allo sbando: il generale Pitsikas, al comando dell'Armata dell'Epiro, voleva che fosse firmato un armistizio con ancora le truppe greche insediate in territorio albanese, ma Papagos e il re Giorgio II gli intimarono di resistere a oltranza.
Fu tutto inutile , i greci offrirono la resa ai tedeschi in un incontro con il comandante del "Leibstandarte" Josef Dietrich a Giannina. L'armistizio era tutto in chiave anti-italiana: non ci sarebbe stata resa dei reparti greci all'Italia, le unità tedesche si sarebbero interposte tra le truppe italiane e quelle greche una volta che queste avessero evacuato il territorio albanese fermandosi alla frontiera, i soldati ellenici sarebbero stati smobilitati senza essere presi prigionieri e gli ufficiali avrebbero conservato il loro armamento personale.
I toni dell'armistizio firmato da Dietrich scatenarono le proteste di Mussolini: il feldmaresciallo List non convalidò il testo e obbligò Tsolakoglu a firmarne un altro il 21 aprile che imponeva sostanzialmente una resa incondizionata delle forze greche, ma Cavallero ordinò di proseguire le operazioni in modo da penetrare il più possibile in territorio nemico. La confusa situazione venutasi a creare tra greci in ritirata e le truppe italiane che via via si imbattevano nei tedeschi avanzanti fu infine risolta nel pomeriggio del 22 aprile, quando Tsolakoglu si convinse a inviare dei suoi plenipotenziari a chiedere la resa anche agli italiani; alle 14:45 del 23 aprile a Giannina fu infine siglato l'armistizio conclusivo delle ostilità sul fronte greco-albanese: firmarono Tsloakoglu per la Grecia, il generale Alfred Jodl per la Germania e il generale Alberto Ferrero per l'Italia.
Continua