La marcia iniziò il 26 ottobre, con Perugia come quartiere generale dell'iniziativa. Da qui i quadrumviri (tra i quali Italo Balbo) nominati qualche giorno prima da Mussolini coordinavano le operazioni.
Il 27 ottobre circa ventimila camicie nere partirono da Santa Marinella, Tivoli, Monterotondo e dal Volturno e, requisendo convogli ferroviari, si diressero verso la capitale, difesa a sua volta da 28.400 soldati.
Mussolini non era con loro: tesseva le fila della sua ascesa al potere da Milano, dove aveva la direzione del giornale Il popolo d'Italia. Ogni ora che passava il clima diventava sempre più incandescente: da diverse regioni d'Italia squadre di combattimento provavano a raggiungere Roma requisendo i treni (ma spesso trovavano i binari divelti dai militari decisi a boicottare la marcia).
Alle 6 del mattino del 28 ottobre il governo dichiarò lo stato d'assedio, ma il re (alle 8 e 30) si rifiutò di controfirmarlo e Luigi Facta si dimise: il Paese era senza governo (e fuori controllo). Mentre le camicie nere entravano nella capitale, minacciando di occupare i ministeri, Mussolini fu convocato dal re.
Giungerà a Roma il 30 ottobre (viaggiando in treno, in vagone letto): solo allora il re gli conferirà ufficialmente l'incarico di formare un nuovo governo di coalizione.
Mussolini era riuscito nel suo piano: spaventare le istituzioni e prendere con la forza il comando del Paese.
Durante il suo discorso di insediamento davanti alla Camera dei deputati (il 16 novembre) si presenterà con l'ormai famoso discorso del bivacco: "Avrei potuto fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco di manipoli. Potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto".
Il fascismo era ufficialmente cominciato.
Da questo momento Mussolini iniziò un'opera di rafforzamento del potere fascista. Nel dicembre fu istituito il Gran Consiglio del fascismo, un organo di dirigenti del partito fascista, con il compito di elaborare le linee generali della politica fascista.
Nel gennaio fu fondata la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale nel tentativo di legalizzare lo squadrismo che però, rappresentava sempre una forza armata di parte.
Mussolini mirava ad ottenere l'appoggio della classe dirigente, economica e politica.
Molte furono le riforme apportate dal nuovo governo, ad iniziare da una nuova politica economica che aboliva il monopolio statale delle polizze vita, da una riduzione del carico fiscale sulle imprese ed infine Mussolini decise di salvare l'Ansaldo e il Banco di Roma attraverso il denaro pubblico. Fece attuare una nuova riforma scolastica del ministro Giovanni Gentile che diede all'istruzione una conurazione nuova e coerente con gli ideali del fascismo e che contribuì, prevedendo l'insegnamento della religione nelle scuole elementari, a migliorare i rapporti con la Chiesa cattolica.
Nel 1923 i ministri popolari avevano lasciato il governo.
Nel 1923 fu introdotta una nuova legge elettorale, la legge Acerbo che prevedeva un forte premio alla lista che avesse ottenuto la maggioranza relativa dei voti.
Nel 1924, sulle basi del nuovo sistema elettorale, si tennero le nuove elezioni politiche. I Fascisti raccolsero una schiacciante maggioranza.
Ma il deputato Giacomo Matteotti, segretario del partito socialista, venne rapito ed ucciso da una banda di squadristi fascisti, pochi giorni prima aveva denunciato in parlamento i sotterfugi del partito fascista.
La crisi che seguì fu ben presto superata anche grazie all'inerzia del re di fronte all'illegalità e all'opinione pubblica.
In un discorso in parlamento pronunciato il 3 gennaio del 1925, Mussolini annunciò la svolta autoritaria assumendosi la responsabilità di quanto accaduto.
Da quel momento il governo fascista prese forma di uno stato totalitario.
Da questo momento iniziarono ad essere emanate leggi che miravano a rafforzare i poteri di Mussolini, leggi che proibivano lo sciopero, che imponevano lo scioglimento di tutti i partiti ad eccezione di quello fascista, che istituivano un tribunale speciale per la sicurezza dello stato e che reintroducevano la pena di morte.
Muore definitivamente così lo stato liberale.
Nel 1929 la Santa Sede e il governo Italiano firmano i Patti Lateranensi (Trattato del Laterano, che restituiva alla Chiesa il Vaticano, S. Giovanni in Laterano e Castel Gandolfo, il concordato, che regolava le materie d’interesse reciproco come il matrimonio, l'istruzione ed il trattamento fiscale degli organismi ecclesiastici, e la convenzione finanziaria, che prevedeva un risarcimento pecuniario per la perdita dei possedimenti pontefici nel 1870). Questi patti furono unicamente un sistema, per Mussolini di potersi presentare come l'artefice di una storica riconciliazione fra lo stato e la chiesa, e, per la Chiesa, invece, rappresentava solo il legittimo riconoscimento della propria autorità sullo Stato ed, inoltre, era una garanzia di tutela della propria indipendenza.
continua