Le stronzate di Pulcinella

Camminando per la Campania

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view post Posted on 5/2/2021, 14:25
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Percorso ad anello dalla parte estrema della penisola sorrentina fino a Monte S. Costanzo




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Questa escursione, ideata come un percorso ad anello, consente l’attraversamento della parte estrema della Penisola Sorrentina, una zona storicamente importante e rimasta ancora quasi miracolosamente selvaggia.
Si parte dunque dalla piazza Santa Croce di Termini per imboccare via Campanella; dopo appena 100 m ci si ritrova ad un bivio: si prosegue per via del Monte con un sentiero che, tagliando la rotabile, conduce fino alla sella del Monte San Costanzo.
Il primo ramo dell’escursione si conclude quindi con una visita alla cappella di San Costanzo, sita proprio sulla cima minore del monte (485 m). Dalla sommità del monte si vede tutto il paesaggio che comprende il golfo di Napoli e di Salerno, gli isolotti dei Galli e la zona di protezione integrale dell’isolotto di Vetara. Si attraversa la sella passando per la pineta. A questo punto, sulla sinistra, comparirà la Baia di Jeranto. In questo momento ci si trova sul versante sud dell’altura maggiore (496 m) che, con la sua grossa antenna di controllo per il traffico aereo, rappresenta la vetta più alta del territorio Lubrense. Siamo a questo punto in uno scenario estremamente selvaggio e suggestivo, una montagna bruciata dal sole e dal mare, qui sembra che il tempo non sia mai passato.
Sulla destra, l’isola di Capri galleggia maestosa sul mare cobalto.
Dopo circa 40 minuti di cammino attraverso la zona chiamata Pezzalonga, inizierà a fare capolino il Promontorium Minervae. La seconda parte dell’escursione termina sull’altura che ospita la torre di Punta Campanella (XIV sec.), luogo in cui nell’antichità sorgeva il tempio di Atena – Minerva. Il Promontorio Ateneo, come lo chiamavano i greci, ha ospitato nel corso dei secoli, per ragioni di culto o militari, templi e stazioni di commercio, opere difensive e ville patrizie. Oggi, però, non resta quasi nulla di queste opere.
E’ necessaria circa un’ora, percorrendo l’antica via Minervia (ancora parzialmente pavimentata con il basolato romano), per fare ritorno alla piazza di Santa Croce. E’ questo il momento più rilassante dell’ intera passeggiata, l’occasione ideale per contemplare quello scenario che un tempo fu il regno delle mitiche Sirene e della navigazione di Ulisse. Durante la salita sarà bene voltarsi indietro per ammirare il Monte San Costanzo che, con il calare della luce, ci mostra tutta la sua candida e spoglia roccia, e lascia intuire il significato del suo antico nome di Monte Canuto. Dopo poche centinaia di metri la Torre di Fossa Papa, dall’alto della sua elegante maestosità, sembra ora salutare la nostra passeggiata prima del tratto conclusivo che affaccia sulla spettacolare cala di Mitigliano.
 
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view post Posted on 11/2/2021, 20:37
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Trekking su Monte Faito

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Chi, avvezzo alle parti più basse dei Monti Lattari, ritiene che queste montagne siano spoglie e assolate, su questo sentiero resterà meravigliato per l’abbondanza di ombra e di frescura, nonché per la comodità dell’itinerario.
La quota rende l’idea dell’Appennino classico, con i faggi secolari e la roccia calcarea sempre affiorante, tanto che per lunghi tratti il sentiero procede direttamente sulle superfici di strato. Di fianco si aprono ripidi canaloni che scendono a valle, nel fitto dei boschi. Eppure, una volta in cima, la prossimità del mare si fa molto evidente: lo sguardo cade inevitabilmente sulla costa in basso e il contatto tra il blu cobalto del mare col bianco della pietra e col verde dei boschi rende questa passeggiata unica.
Il sentiero è sempre largo e comodo, senza possibilità di errore, anche perché oltre ai segnavia del CAI il tracciato è marcato con grandi frecce a vernice rossa accompagnate dalla lettera “M”. La cima del Pizzo San Michele, meglio nota come Monte Molare per la sua forma caratteristica, offre l’opportunità di scoprire uno dei più ampi paesaggi della Campania. Siamo sulla porzione più elevata del massiccio: da qui si può abbracciare con lo sguardo praticamente l’intero territorio del parco, dalle sue propaggini orientali, che digradano verso la piana dell’agro nocerino-sarnese, fino all’estremità occidentale di Punta Campanella. Nelle giornate limpide si vedono tutti i rilievi della Campania: a nord i monti di Gaeta, il Massico e il Matese; a ovest i Tifatini, il Partenio, i Picentini e il Terminio; a sud gli Alburni e le montagne del Cilento, in fondo al golfo di Salerno. E poi spicca inconfondibile, a due passi, il profilo del Vesuvio. Nel mare si distinguono chiaramente le isole del golfo di Napoli: Ischia, Procida, Capri. Quest’ultima, schiacciata dalla prospettiva, sembra congiungersi con la penisola.

Descrizione dell’itinerario
Partendo dal centro di Castellammare di Stabia (praticamente al livello del mare) si raggiunge in 8 minuti di funivia la stazione superiore (1.102 m). Da qui si può iniziare la camminata lungo il sentiero CAI n. 36, che si dirige a sudest, sempre in cresta e a quote intorno ai 1.200 metri. Il percorso è agevole e, passando per la cima del Monte Faito (1.131 m), per Vene Falconea (1.207 m) e Porta di Faito (1.222 m) conduce in 2 ore al Santuario di San Michele (1.278 m), in prossimità di un’alta concentrazione di antenne e ripetitori. Il sentiero è sempre evidente e senza possibilità di errore. Quattro tornanti asfaltati in discesa separano il santuario da un piazzale di cava, da cui parte il sentiero CAI n. 50 diretto al Monte Molare.
Chi volesse camminare di meno può raggiungere il piazzale di cava in macchina da Vico Equense, in 20 km di suggestiva strada di montagna, dapprima per tornanti in magnifica vista sul golfo di Napoli e sul Vesuvio poi, superato il Villaggio Faito, in bosco di faggi. Dal piazzale di cava, accanto a un grande basamento rettangolare in cemento, parte una strada (chiusa da sbarra) che corre lungo il versante occidentale della montagna. Il sentiero n. 50 segue invece il versante orientale e inizia sulla sinistra del piazzale, in netta discesa per circa 30 m prima di riprendere a salire. Dal piazzale si intravede solo un segnavia bianco-rosso, mentre qualche metro più avanti, appena dentro il bosco, è il cartello che indica “Molare-Acqua Santa”. Il sentiero si raccorda subito con il n. 36, proveniente da nord, ovvero dal santuario di San Michele e dalla stazione della funivia.
La traccia è evidente: la si segue affiancati a un tubo in gomma per poi raggiungere un ampio versante di strato, sul quale si procede comodamente per affacciarsi su un ampio panorama che abbraccia la vallata. Il belvedere è protetto da un parapetto metallico. Da qui il sentiero continua sotto alte pareti fino a raggiungere una suggestiva sorgente, l’Acqua Santa. Qui un grande sgrottamento alla base di una parete offre l’occasione per una sosta e le sorgenti consentono di dissetarsi.


Il sentiero procede in leggera discesa, per poi riprendere a salire dolcemente, sempre largo e comodo. In pochi minuti di cammino si incrocia l’Alta Via dei Lattari (sentiero CAI n. 00): il tracciato a destra si dirige verso il Monte Molare (1.444 m) e Croce della Conocchia (1.266 m), mentre quello a sinistra scende ad Agerola passando per la valle Palmentiello. Questo itinerario passa alla base delle alte e franose pareti del Monte Catiello (1.326 m) e, in qualche caso, è chiuso perché ritenuto pericoloso. Si procede quindi a destra verso il Molare, per tornanti in salita ma interamente all’ombra dei faggi. Alla fine della salita e della faggeta ci si ritrova tra rocce, al bivio tra il Conocchia (Alta Via dei Lattari) e il Molare. Si sale per altri 4-5 metri per affacciarsi sul versante occidentale, in magnifica vista della penisola. Imboccato il sentiero a sinistra, dopo ulteriori 200 m si raggiunge una sella alla base meridionale del Molare. Infine si guadagna la cima procedendo per un ripido ma evidente sentiero che sale zigzagando tra facili roccette.

Note
In inverno neve e ghiaccio possono rendere impraticabile questo itinerario. In caso di cattivo tempo l’ultima parte del sentiero può essere avvolto da nuvole e nebbia che limitano molto la visibilità. Nell’ultimo tratto e sulla cima del Molare è bene prestare attenzione a eventuali bambini al seguito.

Informazioni pratiche
Difficoltà: E (facile, per tutti).
Dislivello: 200 m circa dal piazzale di cava; 300 m circa dalla stazione della funivia.
Tempi di percorrenza: 2 ore dal piazzale di cava; 6 ore dalla stazione della funivia. Oltre al ritorno.
Attrezzatura richiesta: scarpe da montagna, berretto, giacca a vento in caso di vento, zainetto da giornata, acqua.


Come arrivare
In auto: si può arrivare a Castellammare di Stabia, prendere la funivia e iniziare l’escursione dalla stazione superiore; oppure, sempre da Castellammare, imboccare la statale n. 145 Sorrentina, uscire a Vico Equense e seguire le indicazioni per Monte Faito, arrivando al Villaggio Faito (16 km) o direttamente al piazzale di cava (ulteriori 4 km).
Coi mezzi pubblici: Castellammare di Stabia è facilmente raggiungibile in treno o autobus; da qui si prende la funivia del Faito (chiusa in inverno), che arriva in quota in 8 minuti
 
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view post Posted on 16/2/2021, 08:02
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Due parole su Monte Faito e i suoi percorsi da un Walkers che l ha fatto




Sulla escursione di monte Faito esprimo in quanto ci sono stato, che tutto ciò che è stato riportato é davvero una bella emozione Quello che colpisce subito di Monte Faito appena ci si comincia a inerpicare per la strada che conduce alla vetta sono gli straordinari panorami che si ammirano: tra i faggi e la tipica atmosfera di montagna la vista si apre sull'intero golfo di Napoli. Da un lato c'è la penisola sorrentina come già detto fino all'isola di Capri con i Faraglioni ben visibili, dall'altro tutta l'area vesuviana con la città di Napoli, il Vesuvio e l'arco del Golfo. Panorami che si possono ammirare sia direttamente dalla strada carrozzabile, sia avventurandosi per i sentieri che si perdono tra i boschi.
Sul Monte Faito troverete anche tanti ristoranti e bar e un centro sportivo con giochi per bambini e una piscina.
I sentieri di Monte Faito che riguardano dalla Funicolare al Monastero di San Michele io l ho trovato molto facile e agevole, viene chiamato "Il Sentiero dell'Angelo". Parte nei pressi del Piazzale della funicolare e arriva fino al chiesetta di San Michele. Vien così chiamato perché ripercorre il cammino dei santi Catello e Antonino.
In circa 2 ore circa lo fate

Da Monte San Michele o Il Molare che è la cima più alta del monte, così chiamata per la sua forma, il sentiero parte dal Santuario di San Michele, alla fine della strada carrozzabile. Il sentiero è del CAI e passa per la Croce della Conocchia e la sorgente dell'Acqua Santa fino ad affacciarsi sul Golfo di Salerno con la Costiera Amalfitana
Qui il tempo di percorrenza invece é di circa 1.30 ore
In realtà ne troverete diversi che si perdono tra i boschi di faggi. Lungo la strada troverete anche diverse aree attrezzate per un bel picnic nel bosco!




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Ve lo consiglio se vi trovate in vicinanza di questo bellissimo monte

Continua pure grazie Aurora un tread meraviglioso visto anche le visite che ha ricevuto ed in così poco tempo😊



Edited by Cirowalkers1 - 22/2/2021, 11:39
 
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view post Posted on 17/2/2021, 12:21
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Escursione a Monte Vico Alvano (siamo sulla cima dei monti Lattari)



Monte Vico Alvano segna idealmente il confine tra la Penisola Sorrentina e la Costiera Amalfitana dando la possibilità agli escursionisti di ammirare i due golfi da una posizione privilegiata. Il percorso si sviluppa tra macchia mediterranea ed ha un’importanza storica in quanto sulle sue pendici furono rinvenute le prime tracce umane in penisola risalenti a oltre 15.000 anni fa.


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Breve descrizione del percorso:potete iniziare in prossimità del Ristorante “Zi Peppe” Località S. Maria del Castello, percorrendo il sentiero CAI-300 già Alta Via dei Monti Lattari, attualmente anche “SENTIERO ITALIA” , imboccare un primo tratto asfaltato quasi difronte al Ristorante, quindi piegare dopo circa 500 metri a sinistra, poco dopo deviare a destra, per sentiero passando accanto a dei terrazzamenti coltivati, salendo affacciati sulla Costiera si perviene al Monte Comune(870 m), giunti sul pianoro fare attenzione e mantenersi sul sentiero, in quando vi sono terreni coltivati, balconata sulla Costiera Amalfitana. Proseguendo prima un tratto quasi pianeggiante poi in discesa sulla sinistra per sentiero si perviene alla Sella di Arola con i suoi terrazzamenti, in un magnifico pianoro, quindi proseguendo in lieve salita, passando quasi sul ciglio roccioso che si affaccia su Positano e sulle Isole dei Galli e Isca con spettacolari visioni, ci si avvia per leggera salita alla cima di Monte Vico Alvano, (lasciando sulla sinistra il proseguimento del sentiero CAI n°300) dove si erge una grande croce, con grandiosi panorami sia sul Golfo di Salerno che su quello di Napoli. Il ritorno è lo stesso dell’andata.


Altrimenti Il punto di partenza è la fermata "Colli San Pietro" all'incrocio delle due strade statali SS145 e SS163. Da qui la destinazione dell'escursione - Monte Vico Alvano - è già visibile e chiaramente riconoscibile alla croce di vetta.

Dalla fermata dell'autobus, svoltiamo in Via S. Pietro, che ci conduce leggermente verso l'alto. Il sentiero ci porta direttamente all'ingresso del parco "Antico Parco del Principe", nel mezzo del quale si trova il "Castello Colonna", che può essere affittato per pomposi festeggiamenti di matrimonio. Il sentiero conduce attraverso il parco e oltrepassa il castello sulla destra. Dietro al castello tendiamo a tenerci sulla destra e prendiamo il soleggiato sentiero escursionistico per Monte Vico Alvano.


Il sentiero conduce verso l'alto in diversi serpentini, la vista diventa sempre più bella e si estende dalla costiera amalfitana - il villaggio "Vettica Maggiore", situato di fronte a Positano, è chiaramente visibile - sull'arcipelago "Li Galli" a Capri e Sorrento.

Alla fine dei tornanti raggiungiamo una piccola cresta, qui giriamo a sinistra e prendiamo il "vicolo cieco" per Monte Vico Alvano (circa 1 ora di salita dall'inizio).

Arrivato alla croce di ferro, il panorama ora cresce quasi fino a una visione a 360 gradi. Quando il tempo è bello, la vista in lontananza è magnifica: il Golfo di Napoli si trova di fronte a noi, la massa di case a Napoli è chiaramente visibile e il Vesuvio sorge maestosamente dalla pianura.

Dopo una pausa fotografica abbastanza lunga, torniamo allo stesso modo (discesa di circa 45 minuti).
 
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view post Posted on 25/2/2021, 17:39
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Escursione sul Vesuvio





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Gran Cono del Vesuvio



L’escursione sul cratere del Vesuvio è tra le più suggestive della Campania ed è una passeggiata che inizia a circa 1000 metri di quota. Infatti, si giunge in auto fino al Piazzale nel comune di Ercolano che si trova a quell’altitudine e da lì si prosegue a piedi su una serie di tornanti panoramici che diventano sempre più affascinanti man mano che si sale. La vegetazione del Vesuvio è prevalentemente caratterizzata dalla ginestra, fiore molto profumato e camminando si possono ammirare il Monte Somma con i Cognoli di Sant’Anastasia e la Punta Nasone opposti ai Cognoli di Ottaviano e di Levante ed una vista mozzafiato del Golfo.

Parco del Grassano



Il Parco si trova nella Valle Telesina ed è attraversato dal Rio Grassano sulle cui acque limpide è possibile fare traversate in canoa o kayak. Il fiume è così cristallino che se ne può ammirare il fondale, ricco di colori particolari dovuti alle erbe acquatiche. È un’oasi paradisiaca in cui sia adulti sia bambini possono rilassarsi e godere della natura incontaminata, tra aree picnic, aree giochi e punti ristoro. Ci sono circa 120000 metri quadri di verde, numerose varietà di fiori e piante, ma non mancano animali come lontre, nutrie e uccelli acquatici.



Valle dei Mulini


La Valle dei Mulini si trova nel territorio di Gragnano e si chiama così perché per circa 600 anni, dal XIII secolo, sono stati in funzione molti mulini utilizzati per la produzione di farina e pasta, sfruttando la forza del torrente Vernotico, per rifornire soprattutto la città di Napoli. La Valle è lunga circa 2 km e dei 28 antichi mulini ne sono rimasti oggi 11, alcuni dei quali sono solo ruderi. Uno dei sopravvissuti è il Mulino La Pergola, il più caratteristico e grande, con una terrazza dove si lavava il grano. Passeggiando, si incontra anche il Mulino del Monaco con un’ampia spianata dove si asciugava la pasta. L’insieme dei mulini è considerato ormai archeologia industriale, ma ben si sposa con la bellissima natura circostante.

La Valle dei Mulini a Gragnano
Indirizzo: Accesso dal centro storico di Gragnano – 80054 (Napoli)

Monte Terminio



Il Monte Terminio si trova nella’Appennino Campano, tra i comuni di Montella e Volturara Irpina. È alto circa 1800 metri e rientra nel Parco Regionale dei Monti Picentini. Si possono intraprendere vari percorsi che attraversano boschi e spiazzali, incontrando anche qualche corso d’acqua. Dal Rifugio Principe di Piemonte si arriva alla Piana delle Acque Nere in cui c’è un ampio spazio verde adibito al pascolo, con un rifugio per pastori ed un caseificio, mentre nella frazione Acqua degli Uccelli si arriva a Campolaspietro dove c’è un maneggio e ci si può fermare per un picnic. Sul Monte Terminio, oltre a passeggiare a piedi, si possono fare anche escursioni a cavallo o in bicicletta.

Vetta del Monte Terminio ad Avellino



Indirizzo: Monte Terminio – Sala di Serino 83028 (Avellino)

Valle dell’Inferno




La Valle dell’Inferno è una delle escursioni più belle che si possono fare all’interno del grande Parco Nazionale del Vesuvio sia perché non è molto frequentata sia perché offre una vista molto imponente dal basso del complesso vulcanico Monte Somma-Vesuvio. È un percorso affascinante perché in parte è coperto dalla lava solidificata e si sviluppa attraverso una pineta. Il sentiero, spesso in pendenza, conduce nel Vallone Tagliente ed è inizialmente asfaltato, per poi diventare sterrato. La vera e propria Valle dell’Inferno si raggiunge dopo aver camminato su un tratto ricco di ontani napoletani, uno con ginestre ed un altro che costeggia le pendici del Vesuvio. Giunti alla meta finale si può ammirare la più bella formazione di lava a corda della zona con una crepa in cui sono cresciute le felci.




Quando circa 4 anni fa siamo stati sul Vesuvio abbiamo provato sensazioni uniche in quanto dall alto guardando in giù tutto il golfo di Napoli ci si rende conto di quanta bellezza abbia il nostro territorio e quanto vasto sia il golfo della città più bella del mondo la nostra Napoli

Edited by Cirowalkers1 - 26/2/2021, 07:16
 
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view post Posted on 3/3/2021, 07:14
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Parco Naturale Taburno-Camposauro: la Campania che non ti aspetti!



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Se ti dico cure termali, ottimi vini, itinerari in bici, rafting e prodotti a km0 ti viene una voglia irrefrenabile di partire? Allora seguimi alla scoperta delle bellezze del Parco Regionale Taburno-Camposauro, nella provincia di Benevento.

E’ una Campania meno nota, così diversa dalle mete patinate di Sorrento e della Costiera Amalfitana. Ma anche la Campania più vera, dove si conservano ancora intatti magnifici piccoli borghi e una natura incontaminata.

E’ un angolo di Italia speciale, da scoprire lentamente, soggiornando in vecchi casali recuperati in modo eco-sostenibile e assaggiando prodotti locali accompagnati da un buon bicchiere di vino Aglianico.

Il parco Naturale del Taburno Camposauro ti accoglie come un viaggiatore (non come un turista): chiacchieri con gli abitanti dei piccoli borghi, visiti le feste tradizionali (come il Carnevale dei Mesi) e cammini nella natura incontaminata del parco.



Cosa fare nel Parco Regionale Taburno-Camposauro

Le cose da scoprire in questo angolo d’Italia sono tante ed elencarle tutte sarebbe impossibile: il Parco Regionale Taburno-Camposauro offre bellezze naturali e paesaggistiche, ma anche risorse di interesse storico e culturale.


Tra storia e natura, non puoi perderti il meraviglioso percorso eno-culturale a nord di Solopaca che ti permetterà di scoprire ville romane, fontana di epoca sannita, chiese, reperti archeologici lungo la coltivazione dei vitigni che già crescevano in epoca romana.

Scopri il giacimento fossilifero di Pietraroja e il suo museo o avventurati nelle gole di Caccaviola in canoa.

Inaspettatamente scoprirai scenari incantevoli, una natura incontaminata fatta di cascate, piscine naturali e limpide, itinerari lenti e una rigogliosa vegetazione selvaggia.


Continua.....
 
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view post Posted on 4/3/2021, 16:52
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Pezzi di storia del Taburno




GLI ACQUEDOTTI DEL TABURNO

Il massiccio del Taburno situato ad ovest di Benevento e dell’Appennino campano è prevalentemente costituito da rocce di origine calcarea; tale caratteristica ha permesso nel corso dei secoli la formazione di moltissime sorgenti.
Le sorgenti del monte Taburno più importanti, sia a livello di dimensioni che a livello storico, sono quelle del Fizzo, sfruttate sin dall’epoca romana mediante la costruzione dell’acquedotto Giulio.
Di seguito vengono riportati gli acquedotti presenti sul territorio buccianese.



L'ACQUEDOTTO GIULIO


Le acque “limpide e copiose” delle sorgenti del Fizzo, furono utilizzate, attraverso l’acquedotto Giulio, per limitare lo scarso flusso idrico della città di Capua. L’acquedotto Giulio fu eretto nel I° secolo A.C. in onore del grande Giulio Cesare e per volontà dell’imperatore Cesare Augusto. Le sue dimensioni (esterno 300x210cm – interno 180x90cm), scoperte durante la costruzione dell’acquedotto Carolino, lasciano intendere che il condotto utilizzava solo una minima parte delle sorgenti presenti sul territorio di Bucciano. Grazie ai recenti studi effettuati, si è scoperto che l’acquedotto, oltre a quelle del Fizzo, sfruttava anche le sorgenti provenienti da Cirignano di Montesarchio, (site in località Lagna. L’opera d'ingegneria, voluta, secondo gli storici dal Console romano, Pomponio Rufo, per alimentare le fontane del borgo, l'antica Caudium e le terme lungo il lato destro di Via Napoli, in località "Miglio), attraverso un condotto sotterraneo, dopo aver attraversato il comune di Bonea e di Bucciano, si immettono nel condotto principale all’altezza del territorio di Moiano.
L’acquedotto Giulio è stato fonte di ispirazione sia per Cesare Carmigliano nel 1627 che per Luigi Vanvitelli nel 1753, realizzatori dei rispettivi acquedotti.
I resti dell’acquedotto Giulio, sono visibili ancora oggi in località ‘uccianiello (Bucciano), località Gavetelle (Bucciano), sulla superstrada fondo valle Isclero all’altezza del comune di Airola, in località parata di Airola e a Cirignano di Montesarchio.
L' ACQUEDOTTO CARMIGLIANO
L’altro grande acquedotto che si nutriva delle sorgenti del Fizzo e del fiume Isclero, originariamente conosciuto come fiume Faenza, è il Carmigliano.
Nel 1627, l’ing. Ciminelli ed il nobile Cesare Carmignano dopo la bonifica di Terra di Lavoro e la riscoperta delle sorgenti del Fizzo, decisero di sfruttare tali sorgenti per risolvere il problema idrico di Napoli. Le sorgenti del Fizzo alimentavano l'acquedotto attraverso un canale esterno (presumibilmente "Fosso Maestro" in località Uccianiello) che si immetteva poi nel fiume Isclero. La realizzazione del condotto fu curata direttamente da Ciminelli che realizzò l’opera in due anni, provvedendo al restauro di un tratto del vecchio acquedotto Giulio che diede la spinta decisiva al loro progetto, e al recupero delle acque dell’Isclero nei pressi della località catena di Sant’ Agata de Goti.
L’acquedotto è ancora visibile al mulino mastro marco di Sant’Agata de Goti, dove continuava il suo percorso all’aperto. Lungo il suo percorso il carmigliano alimentava mulini dediti alle macine, fontane ed alcuni lavatoi pubblici in uso ancora oggi.


L'ACQUEDOTTO CAROLINO


L’ultimo acquedotto, in ordine di tempo, realizzato sfruttando le sorgenti del Fizzo, è stato l’ acquedotto Carolino, costruito nel 1753 per volontà di Sua Maestà Carlo III di Borbone, ad opera dell’architetto Luigi Vanvitelli con lo scopo di rifornire d’acqua il parco reale della Reggia di Caserta.
Lungo il percorso, l’acqua alimentava mulini, lavatoi ed inoltre, giunta a Caserta attraverso un condotto secondario, alimentava le ruote dei torcitoi di San Leucio. Giungeva, inoltre, ai giochi d’acqua della reggia e, dopo aver attraversato il bosco vecchio, le sistemazioni della Castelluccia e della peschiera grande, attraverso un condotto, raggiungeva la tenuta del Carditiello dove veniva destinata per l’allevamento degli animali e all’irrigazione dei campi. Durante la realizzazione della sua opera, Vanvitelli incontrò nel territorio di Moiano l’antico acquedotto Giulio.
L’acquedotto Carolino inizia con le tre sorgenti del Fizzo, le più copiose, che da sole alimentavano l’antico mulino del Fizzo (visibile ancora oggi) e continua con le sorgenti carcarella e ficucella. Durante il percorso si collegano le sorgenti Noce, Fico, Molinise, Sambuco, San Sebastiano, Volla, Rapillo, Peschiera del duca e Matarano che l’acquedotto Giulio non sfruttò durante la sua costruzione. Tutte le sorgenti citate sono presenti sul territorio di Bucciano.
L’acquedotto Carolino nel 1997 è stato dichiarato patrimonio dell’ UNESCO, definito come la più grande opera di ingegneristica del 700.
Il costo del Carolino fu 622.424 ducati.
La costruzione iniziò nel marzo 1753 e terminò 17 anni dopo nel 1770.
La sua lunghezza era di 38.480 km..
Le sorgenti partivano dalla quota di 254 s.l.m. Con una pendenza di 0.5mm per metro giungevano alla cascata della reggia ad un altezza di 203.50 s.l.m. con una portata di 700l al secondo.
La costruzione del carolino incontrò nel tratto iniziale una serie di difficoltà dovute alla morfologia paludosa del territorio,infatti, costrinse il Vanvitelli ad interventi di palificazione del territorio che consentissero la continuità dei lavori
La costruzione fu un grande successo tecnico che diede ulteriore fama all’architetto Luigi Vanvitelli che riuscì così a smentire tanti uomini di scienza che avevano teorizzato che mai l’acqua del Fizzo sarebbe giunta a Caserta. I calcoli di Vanvitelli e dei suoi collaboratori e l’abilità delle maestranze avevano consentito di superare tutte le difficoltà, particolarmente quella di riuscire a dare al condotto una pendenza media di solo mezzo millimetro per metro di percorso.
L’acquedotto portò acqua a sant’Agata dei Goti; a san Leucio ed ai mulini; alle vasche, alle fontane, alle peschiere, ai giardini e agli impianti idrici dell’intera reggia e della città di Caserta, oltre a servire all’irrigazione dei campi casertani, all’abbeveraggio del bestiame, ai pastifici. Immessa infine nell’acquedotto Carmignano, arricchì la portata di questo acquedotto che portava l’acqua a Napoli.
Durante la costruzione del ponte Carlo III (ponte Amalia), presente ancora oggi sul territorio di Bucciano, furono inserite nelle fondazioni diverse monete
In particolare:
Fra il 1753 ed il 1755, fu compiuto il primo tronco dell’acquedotto dalle sorgenti del Fizzo, poste alle falde del Taburno, al monte Ciesco, superando una palude, il fiume Enza, con un ponte, e la collina del Prato, dove fu trovata un’altra sorgente.
Fra il 1755 ed il 1762, fu forato il monte Croce, dove le maestranze si trovarono in tali difficoltà da decidere di sospendere i lavori in segno di protesta per i pericoli connessi al duro scavo. E il Vanvitelli dovette rimuovere anche questo ostacolo.
Seguì la perforazione dei monti Castrone, Acquavivola, Sagrestia, Fiero, Fano, Durazzano.
Nel 1755 si giunse alla foratura del monte Longano, da cui Vanvitelli decise di raggiungere il monte Garzano mediante la costruzione di un ponte che superasse la grande vallata fra i due monti. Quel ponte, detto i Ponti della Valle, con i suoi 529 metri di lunghezza, fu il ponte più lungo d'Europa, all'epoca, e - con triplici arcate in numero di. 19; 29, 43 dal basso verso l’alto - ricalca quelli romani ma li supera in grandiosità.
Si forò quindi il monte Garzano con tre anni di duro lavoro e usando la polvere da sparo. Nel 1759 Carlo di Borbone inaugurò questo primo blocco di lavori.
Nel 1762, l’acquedotto funzionava in pieno fino all'imbocco del traforo del monte Garzano. L’inaugurazione di questo tratto ebbe momenti drammatici perché l’acqua ritardò a raggiungere la fine della condotta tra lo scetticismo di molti, il disagio del giovane Ferdinando IV e il panico di Vanvitelli. Finalmente l’acqua arrivò tra gli applausi della folla ed il re, raggiante, abbracciò Vanvitelli e lo gratificò di 1000 ducati.



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La via francigena del Sannio



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La provincia Sannita, se la si vuole identificare con una caratteristica geomorfologica senza ombra di dubbio può essere identificata con la famosa “Dormiente del Sannio” che altro non è che il massiccio del Taburno che sembra formare una immagine stilizzata di una donna sdraiata, chiamata appunto “Dormiente del Sannio”.

Questo sentiero è stato pensato per far conoscere, valorizzare e visitare i bellissimi luoghi naturali dell’area del Taburno, fatti di biodiversità, di eccellenze agronomiche nonché di siti di interesse turistico. Camminando lungo il sentiero che da Montesarchio attraversa i territori di Tocco Caudio, Campoli del Monte Taburno, Cautano, Vitulano, Foglianise, Torrecuso e Paupisi, è possibile ammirare le bellezze del parco regionale del Taburno-Camposauro che caratterizzano tali zone.


Tutto il percorso è su strada asfaltata, con una minima preparazione atletica è percorribile da chiunque.

Distanza totale: 34,41 km (31 mi)

Tutti e tre i sentieri sono percorribili a piedi, in bici o a cavallo oltre che con gli usuali mezzi di locomozione
 
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Grotta dei briganti di monte Cigno (Cerreto Sannita- Cusano Mutri)




La Grotta Chiusa o dei Briganti, situata sul monte Cigno nel territorio del comune di Cusano Mutri, fu interessata da una spedizione esplorativa il 6 agosto 1935. La spedizione, capitanata dai professori Domenico Franco e Silvestro Mastrobuoni, segnalò la grotta all'Istituto Speleologico Italiano di Postumia con il nome di "Grotta Chiusa" anche se localmente è conosciuta come "Grotta dei Briganti".

La grotta si trova a 500 metri circa sul livello del mare e a 200 metri dalla vetta di monte Cigno.

La denominazione Grotta Chiusa deriva dal fatto che l'ingresso alla grotta è stretto e sinuoso e obbliga il visitatore a prostrarsi completamente per entrarvi, strisciando lungo un tratto di circa tre metri

La grotta, ricca di stalattiti e stalagmiti, è composta da quattro ambienti: tre si susseguono in orizzontale mentre un terzo, la "Rotonda del Coccodrillo", è raggiungibile calandosi in verticale in un inghiottitoio di quattro metri.

Il locale più grande è la "Cattedrale", maestoso ambiente alto oltre venti metri, non troppo largo ma abbastanza lungo. Nella parete opposta all'ingresso della Cattedrale c'è una fenditura che conduce ad altri ambienti della grotta purtroppo non accessibili.

La Rotonda del Coccodrillo, ambiente circolare raggiungibile dopo aver percorso un corridoio di sei metri, prende il nome da una stalattite ocracea a forma di testa di coccodrillo. Nella rotonda sono site diverse stalattiti bianche, quasi trasparenti.

Per raggiungere la grotta è possibile seguire il percorso che costeggia il torrente Titerno, partendo dalla strada provinciale che collega Cusano Mutri con Cerreto Sannita.

Il sentiero che costeggia il torrente ripercorre una antichissima strada mulattiera di epoca sannitica
Il percorso, di circa 2 chilometri, è adatto a tutti e si completa in circa 2 ore

Per raggiungere il percorso, provenendo da Cerreto Sannita, alla rotonda con il fungo al centro, prima di raggiungere il paese, si deve imboccare la terza uscita ( girando a sinistra ) e procedere seguendo la strada. Ad un certo punto compare un cartello di divieto di accesso in quanto la strada è interrotta. Potete procedere ugualmente, e parcheggiare l'auto in prossimità dell'inizio della zona " pedonale "

Un tempo era possibile raggiungere in auto l'inizio del percorso, ma attualmente la strada risulta interrotta a causa del crollo di massi.



Parcheggiata la macchina , è necessario percorrere circa un km per raggiungere l'inizio del percorso naturalistico che costeggia il torrente.

Percorsi circa 300 metri sulla sinistra è presente l'ingresso del sentiero che conduce alle grotte.




INGRESSO DEL PERCORSO PER LA GROTTA DEI BRIGANTI
Seguire il sentiero tracciato.
Una prima discesa conduce al ponte che attraversa il torrente.
Attraversato il torrente basta seguire le indicazioni per le grotte.




Dopo circa 2 minuti di cammino si raggiungono le " grotte delle fate " .
Proseguendo oltre , si percorre il sentiero che conduce alla grotta dei briganti.




Il sentiero è ben tracciato ed in alcuni punti agevolato dalla presenza di scalini in pietra o in legno.
Il percorso è prevalentemente in salita.
Il tempo di percorrenza è di circa 60 minuti, ma con una buona preparazione fisica è di circa 30-40 minuti.

Raggiunto l'ingresso della grotta per accedervi è necessario camminare carponi per un paio di metri.
La torcia è indispensabile.



La grotta è composta da diversi ambienti ricchi di concrezioni calcaree.



Inoltre è molto probabile incontrare i pipistrelli che abitano le grotte.







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Edited by Cirowalkers1 - 9/3/2021, 12:55
 
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view post Posted on 11/3/2021, 07:02
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Dedicata ad ogni Walkers che legge questa splendida rubrica 🥾

Quando a causa degli anni
non potrai correre, cammina veloce.
Quando non potrai camminare veloce, cammina.
Quando non potrai camminare, usa il bastone.
Però non trattenerti mai!
(Madre Teresa)





Edited by Cirowalkers1 - 11/3/2021, 08:17
 
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view post Posted on 11/3/2021, 11:30
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Fiordo di Crapolla( Salerno)


La discesa al fiordo di Crapolla, caratteristica insenatura naturale geograficamente compresa fra Recommone e Punta Taschiero. La baia è nel golfo di Salerno ed è una zona di riserva generale (Zona B) nell’ambito dell’Area Marina Protetta di Punta Campanella.



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La passeggiata, piuttosto agevole per la discesa, è invece impegnativa fisicamente per la risalita. Si consiglia, in ogni caso, di provvedere ad una buona scorta d’acqua in quanto lungo il tracciato sono assenti punti di rifornimento ed è molto battuto dal sole.
Il tracciato ha inizio da via Nula, nei pressi della piazza San Tommaso Apostolo della frazione di Torca, dove si può giungere con l’autobus da Sorrento e da Massa Lubrense, e si inoltra, attraverso un vero e proprio dedalo di vicoletti, fin giù la suggestiva insenatura, passando per il verde caratteristico della macchia mediterranea. Inizialmente è bene fare attenzione al segnavia perché il tracciato interseca in più punti le bretelle di altri circuiti.
Dopo circa 30 minuti di cammino in mezzo alle piante di mirto e lentisco, in prossimità del rivo Larito e del bivio con via Cafariello, sulla nostra sinistra comincia l’antico sentiero, ora in terra battuta, che ci condurrà sino all’inizio dei quasi 700 gradini in pietra calcarea che conducono fino alla spiaggetta. All’inizio della discesa si possono ammirare gli scogli dei Galli e gli scogli d’Isca e Vetara. Nei pressi di questo belvedere si snoda il ben più impegnativo tracciato del C.A.I. (Club Alpino Italiano) che conduce alla spiaggia di Recommone. Il sentiero, marcato con fascia bianco-rossa, pur attraversando tratti impegnativi e mal tenuti, offre delle visuali molto suggestive come quella sull’isolotto di Isca.
La nostra escursione continua con la chiesetta di S. Pietro sita sull’altura occidentale che racchiude l’insenatura di Crapolla. Dalla parte opposta, invece, si staglia l’antica torre difensiva di Crapolla, fatta costruire nel periodo vicereale per fronteggiare gli assalti dei saraceni.
La passeggiata ha termine nel caratteristico borgo marinaro, luogo in cui si notano svariati resti di costruzioni romane, come le cisterne per la raccolta delle acque piovane; il fiordo, ai piedi di un maestoso strapiombo, è ancora utilizzato da molti pescatori di Torca come base di partenza e di ricovero per le uscite in mare.
La storia vuole che Crapolla fosse stata abbandonata dai romani nei primi secoli dell’era cristiana; essa però tornò a rivestire un ruolo importante grazie ad una imponente abbazia qui costruita all’inizio dell’anno mille. Tale edificio, descritto come un “tempio con colonne di marmo e con suolo lavorato a mosaico“, fu sicuramente uno dei più belli e ricchi dell’epoca. Quest’ultimo, sorto come Monastero dei Benedettini Neri, nel corso dei secoli fu possedimento di vari ordini monastici. Dell’originaria Abbazia di San Pietro non resta che una cappella votiva intitolata allo stesso Santo, costruita con le stesse pietre dell’antico edificio; oggi sono ancora visibili dei fusti di colonne ed alcune basi marmoree.
Il fascino paesaggistico molto particolare di questo sito si lega, dunque, a tutte quelle vicende storico-culturali che affondano le radici anche nelle tradizioni e nei costumi dei pescatori locali. Che fosse questa una zona di intenso traffico marittimo nei tempi antichi, è dato ormai risaputo, ma a ciò bisogna aggiungere le vicende contrastate dovute alla presenza di edifici religiosi (volutamente costruiti dai monaci in territori impervi come questo) piuttosto “graditi” ai saraceni per le ricchezze custodite.
Soprattutto per questi motivi, Crapolla è fonte ricca di leggende popolari legate specialmente alla figura di San Pietro e alla sua generosità nei confronti della popolazione. Ciò spiega come un tempo era usanza comune peregrinare dall’abitato di Sorrento e, attraverso le varie frazioni, giungere alla badìa di San Pietro a Crapolla in processione per rendere omaggio al Santo.



Sentiero per raggiungere questo posto

L’itinerario ha origine dalla stazione della Circumvesuviana di Sorrento.

Percorreremo un breve tratto di Via Degli Aranci per poi prendere via Fuorimura fino all’incrocio con Via S. Lucia che percorreremo fino alla chiesetta omonima.

A questo punto svolteremo a sinistra sulla via Talagnano e quindi imboccheremo il percorso classico di collegamento con Sant’Agata il “Circumpiso” costituito da gradoni.

Raggiungeremo Sant’Agata dopo circa un’ora o poco più di cammino. Percorreremo poi il Corso principale in direzione di Torca. Giunti nei pressi dell’Hotel Montana svolteremo a dx per imboccare dopo pochi metri una ripida scala sulla sinistra, che ci condurrà, con qualche deviazione, fino ad un vallone con l’imbocco sulla destra del sentiero per Crapolla.

La prima parte del sentiero costeggia il rivo Larito fino al belvedere naturale “La Guardia”, dove è ubicata una panchina in pietra in bella posizione panoramica.

Con un pò di cautela (e preoccupazione per la risalita) ridiscenderemo i quasi 700 gradini in pietra (ogni 50 gradini, una piastrella in ceramica indica la numerazione progressiva) che ci porterà dapprima alla cappella di San Pietro costruita con le stesse pietre che un tempo appartennero al Monastero dei Benedettini Neri qui costruita all’inizio dell’anno mille e quindi alla suggestiva spiaggetta del fiordo di Crapolla.

Ora non resta che goderci la spiaggetta di Crapolla e magari un bel bagno nell’acqua pulita.

Il sentiero è classificato come T da Sorrento a Torca; E da Torca a Crapolla

Ambiente

Il paesaggio che incontreremo nel tratto da Sorrento a S.Agata è quello delle coltivazioni tipiche della zona: olivi, agrumeti e viti.

La necessità di sfruttare il suolo non pianeggiante ha indotto i contadini del passato a ricavare nei fianchi delle colline le caratteristiche terrazze degradanti sostenute da muretti a secco perlopiù in pietra locale.

Nella prima parte della discesa da Sant’Agata, fortemente urbanizzata, incontreremo la stessa vegetazione del versante Sorrentino (oliveti, agrumeti e piante da frutto) ma poi, giunti nel vallone che ci condurrà all’inizio della scala per Crapolla, la macchia mediterranea diventerà prevalente (roverella, lecci, euforbia etc.).


Informazioni da caimontimatese. It

Edited by Cirowalkers1 - 11/3/2021, 12:26
 
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view post Posted on 17/3/2021, 10:10
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Passeggiata ai bagni della regina Giovanna 🌊🌊
CAPO DI SORRENTO (NA)






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Questa passeggiata è stata ideata per coloro che, intenzionati a lasciarsi alle spalle il caotico ambiente cittadino, vogliono giungere, attraverso un sentiero gradevole e poco impegnativo, su uno dei tratti di costa tutelati dall’Area Marina Protetta di Punta Campanella. L’itinerario che segue, infatti, conduce alle ville romane site sul promontorio del Capo di Sorrento. La partenza è, nel Comune di Sorrento, da Via Parsano, una diramazione di Via degli Aranci. Si prosegue poi su Via Sant’Antonio fino ai piedi della gradinata della piccola chiesa omonima. Da qui si continua, in salita, per altri 400 m circa, per arrivare alla chiesa di Santa Maria del Toro, in località Priora. Il tratto più impegnativo del percorso può dirsi concluso.
Ci si trova su Via Crocevia. Si prosegue lungo questa strada rotabile, ma poco trafficata, fino alla chiesa principale del paese, sita in una piccola quanto pittoresca piazzetta. All’altezza di una fontanella si dirama, in discesa, un sentiero, Via Priora, che, in poco tempo, conduce alla carrabile Nastro Verde. Si attraversa la strada, per proseguire, in discesa, fino ad incrociare Via Montecorbo, antica via di comunicazione tra Massa Lubrense e Sorrento. Passeggiando in questi sentieri si sta attraversando il cuore della collina sorrentina. Non sarà difficile, dunque, essere colpiti dai profumi e dai colori della nostra campagna. Non sarà impossibile ammirare le rigogliose coltivazioni racchiuse dai tipici muretti a secco.
Il percorso continua, sulla sinistra, in prossimità di un’edicola votiva. Ci si trova in Via Paradisiello. Per un breve tratto si attraverserà un giardino di agrumi. L’erba alta potrebbere confondere il sentiero. Basterà, però, camminare in prossimità di un muro di contenimento. Ben presto ci si troverà di fronte ai resti di un antico ponticello in pietra usato per attraversare il rivolo. Sarà comunque possibile guadarlo a piccoli saltelli. Il cammino continua sino a Via Li Simoni, proseguendo, in salita, fino ad incontrare l’omonima cappella, probabilmente una delle costruzioni religiose più antiche del territorio.
La passeggiata segue la rotabile fino alla frazione del Capo di Sorrento ove, una volta attraversata la curva, si segue il segnavia giallo che accompagna l’escursionista ai magnifici ed imponenti resti di una domus marittima, conosciuta con il nome di “Bagni della Regina Giovanna“. Passeggiando tra l’antica costruzione non sarà difficile “ricostruire” lo sfarzo di questa residenza ed ammirare lo splendido panorama che deliziava gli antichi ospiti di questa costruzione, adagiata su di una piccola altura che domina tutto il Golfo di Napoli. Per un breve sentiero, posto alle spalle dei ruderi, si può scendere nella stupenda “piscina naturale”. Si tratta di una piccola conca immersa tra gli arbusti, che sembrano quasi proteggerla. Un passaggio ad arco, nella roccia, consente la comunicazione tra questa oasi e le acque più movimentate del Capo Santa Fortunata. I più temerari possono proseguire la passeggiata, attraversando una passerella in legno, fino agli scogli della Solara. Questi ultimi, assieme agli scogli della Pignatella, separano Punta del Capo dalla Baia di Puolo, ospitando, nel mezzo, la cosiddetta spiaggia del Monaco, raggiungibile esclusivamente dal mare.



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Puntacampanella.org
 
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view post Posted on 19/3/2021, 10:24
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Se può interessare a qualcuno, è uscita oggi in edicola una pubblicazione sulla "VIA Francigena nel Sud" con le tappe, le mappe e la descrizione della tipologia dei sentieri...sono riportati in modo eccellente, anche le tappe che toccano la nostra amata Regione...

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view post Posted on 21/3/2021, 08:13
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6 itinerari che potete percorrere restando a Napoli.
Dai Quartieri spagnoli alla sanità, da chiaia a Posillipo. Passando per i decumani e Forcella.
Tutto il bello di Napoli in 6 splendide passeggiate.


Www.camminamente.com

 
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view post Posted on 31/3/2021, 15:30
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Restiamo nella zona interna di Napoli e scopriamo Il Casale di Posillipo e Sandor Marai


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Questo è un piccolo borgo magico, tanto che per alcuni anni , dal 1949 al 1952, al Casale di Posillipo ha vissuto lo scrittore Sandor Marai, il quale, ne qui ha scritto il libro Il sangue di San Gennaro, popolato proprio dalle persone che vivono al casale: lo scugnizzo, il vinaio, il trippaio, il pescatore, lo spazzino, il venditore di uova e tutta quell’umanità che viveva e vive in quel coacervo di salite e discese, in ogni caso strette ed intasate.

Al Casale è rimasta una targa a ricordo, proprio in via Ricciardi.

Passeggiata in via del Marzano



Noi siamo arrivati al Borgo del Casale dopo una passeggiata da via Petrarca a via Posillipo attraverso la salita del Borgo di Villanova e dopo abbiamo proseguito con un percorso ad anello, in via del Marzano, tra orti, limoni , ville, casali e scorci mozzafiato del Golfo di Napoli.



Usciti dal Casale di Posillipo (ce lo siamo lasciati alle spalle) all’altezza della pizzeria “Addiu Totonno”, abbiamo preso delle scalette e siamo saliti su via Petrarca, abbiamo preso via del Marzano (pedonale) e siamo tornati al borgo di Villanova.



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La strada è tutta in piano o in leggera discesa, immersa nel silenzio, tra ville, corti, canti degli uccellini e profumo di limoni, quando siamo sbucati di nuovo in via Manzoni, è stato come essere riemersi da un viaggio nel tempo, dal passato al presente, dalla vita in un piccolo borgo alla città.

Il Casale di Posillipo, passeggiata nel passato


Nelle nostre passeggiate alla scoperta di Napoli abbiamo trovato un piccolo gioiello antico, il Casale di Santo Strato o, come lo chiamano a Napoli, semplicemente “Il Casale di Posillipo“, piccolo borgo a pianta triangolare di fine Settecento, che ha conservato la sua struttura originale: con stradine strette e grandi ville. Una passeggiata nel passato, tra casette colorate, edicole votive, silenzi e profumo di limoni.

Da dove nasce il nome di Casale di Santo Strato
Il nome di questo Borgo marinaro nasce da Santo Strato, anzi per l’esattezza da Stratone, un pretoriano dell’esercito di Diocleziano rifiutò di perseguitare i Cristian e subì il martirio. Il nome del santo è associato a quelli di Filippo ed Eutichiano, suoi compagni di martirio. In questo fazzoletto di case, quasi tutti i maschi si chiamoano “Strato”.

Come si arriva al Casale di Santo Straro

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Come trovare il Casale di Santo Strato? È facilissimo, in via Posillipo, si arriva al Cinema Posillipo e di Fronte c’è la piccola via del Fosso. Seguendo via del Fosso in leggera salita) si arriva alla Chiesa di Santo Strato, cuore del piccolo borgo.

La Chiesa di Santo Strato al Casale
Il centro del Casale è la piazzetta con la chiesa dedicata a Santo. È qui viene venerato il santo, che viene da Santo Stratone. La chiesa fu costruita nel 1266 nel luogo in cui già si trovava un antico tempio romano. A dedicarla a Santo Strato furono tre pellegrini greci, che raccolsero le risorse necessarie per la costruzione della piccola cappella esibendosi come giullari di strada.

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Edicola votiva dedicata a Santo Strato



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La cappella venne poi ricostruita e ampliata nel 1572 e venne arricchita con decorazioni e affreschi. La chiesa, quindi, divenne parrocchia pochi anni dopo, nel 1597 e dedicata a Santa Maria delle Grazie in Santo Strato.

Chiesa di Santo Strato
Nel 1728 venne rifatto l’altare maggiore che, fino ad allora, era rimasto quello dell’originaria cappella. Alle sue spalle trovate un quadro raffigurante Santo Strato con la Madonna delle Grazie e San Francesco di Paola. Una scultura lignea di Santo Strato è custodita presso uno degli altari laterali posti lungo la navata.

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La facciata si chiude con un timpano triangolare ed è fiancheggiata da due campanili con cupolino a bulbo. L’interno a croce latina e cupola, conserva ancora gli stucchi settecenteschi, più ricchi nelle cornici sugli altari.

Le stradine del Casale a Posillipo
Il Casale di Santo Strato du costruito dai pescatori per difendersi dalle incursioni nemiche lungo la costa.I l bello di questo piccolo borgo di p scatori è che sembra rimasto fermo nel tempo, tra antiche ville, casine colorate e edicole votive. Divertenti anche i panariell icolorati calati dai balconi.


Con i bambini si può fare un gioco: “Indovina dove porta questa strada”.

Molte stradine infatti sono cieche e portano all’interno di piccoli cortili privati, o davanti a maestose ville, come Villa Gemmma, con le classiche torrette dell’architettura napoletana di fine ‘800 e i balconi con gli archi tipici dei borghi marinari del Mediterraneo. Altre stradine, invece, inaspettatamente portano fino al mare.

Passeggiata a mare seguendo le scale di via Ricciardi
Tra le stradine che portano al mare vi consigliamo via Ricciardi una splendida passeggiata, da fare a piedi, perché è una pedamentina, quasi esclusivamente costituita da scale. Quando camminate, ricordatevi sempre di guardare verso l’alto, porte e infissi, finestre e balconcini, ed i rivestimenti sono mosaici di mattonelle varie e conchiglie,





Usciti dal Casale di Posillipo (ce lo siamo lasciati alle spalle) all’altezza della pizzeria “Addiu Totonno”, abbiamo preso delle scalette e siamo saliti su via Petrarca, abbiamo preso via del Marzano (pedonale) e siamo tornati al borgo di Villanova.

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La strada è tutta in piano o in leggera discesa, immersa nel silenzio, tra ville, corti, canti degli uccellini e profumo di limoni, quando siamo sbucati di nuovo in via Manzoni, è stato come essere riemersi da un viaggio nel tempo, dal passato al presente, dalla vita in un piccolo borgo alla città.

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Fonte da storie di Napoli
 
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