| C'era una volta Napoli...
"VICISSITUDINI DI UN GIOVANE TIFOSO"
Nel '65, dopo 2 anni di purgatorio in serie B, il Napoli torna in A con grandi ambizioni. Infatti, il comandante Lauro acquista due assi sudamericani, Sivori e Altafini, che delizieranno il pubblico partenopeo con i suoi funambulismi, il primo e con i suoi gol il secondo. Così, a fine stagione la squadra risulterà terza subito dietro le grandi milanesi: l'Inter di Mazzola e il Milan di Rivera. Avevo 13 anni e mio padre, conoscendo la mia passione per il calcio, premiò la mia brillante promozione in terza media con un abbonamento per le partite. Allora si giocava alle ore 14,00 in contemporanea su tutti i campi. La mia domenica sportiva così si dipanava: verso le 9,00 del mattino mia madre mi tagliava un bel cozzetto dal palatone di pane, ci faceva un buco in mezzo e ci riversava delle cucchiaiate di sugo di ragù (il ragù, si sa, era un rito fisso nelle case napoletane la domenica) fino a farlo spugnare ben bene, ci aggiungeva dentro un pezzo di carne e poi tappava il buco con la mollica che aveva estratta prima. Il tutto veniva avvolto in una pagina di giornale. La stampa così passava, grazie al sugo oleoso dal giornale alla crosta del pane. Io mi mettevo questo involto sotto il braccio, come facevano i "fravecatori" la mattina , quando si recavano in cantiere a lavorare e mi accingevo a percorrere il mezzo chilometro che mi distanziava dalla metropolitana di piazza Garibaldi. Quando arrivava il treno, se era troppo affollato, mi guardavo bene dal salirci sopra, visto che una volta la ressa mi aveva schiacciato contro la porta chiusa del vestibolo, impedendomi di allargare i polmoni per respirare e solo il caso o la bontà divina, tramutatasi negli occhi di un uomo di mezza età che avvedutosi della mia defaillance gridò l'SOS, fece in modo che mi potessi liberare dalla morsa mortale. Perciò aspettavo pazientemente che arrivasse un treno, tra i tanti che si inseguivano, meno affollato e dunque, meno rischioso per la mia incolumità. Arrivato allo stadio, stavo attento a che non vi fossero tafferugli ai cancelli d'ingresso, perchè si rischiava di prendere una manganellata in testa dai carabinieri a cavallo, come già era capitato a un mio conoscente che si ritirò a casa con una ferita in testa da dieci punti di sutura e una denuncia da parte degli stessi militi che gliela avevano procurata, pur essendo, il malcapitato, in possesso di un biglietto regolarmente acquistato. Quindi prendevo posto in curva B e approfittavo della lunga attesa per far fuori il cozzetiello. Finalmente, dopo circa due ore di attesa, c'era il fischio d'inizio. Poichè in quegli anni lo stadio era sempre stracolmo (per una capienza di 50mila c'erano ogni domenica ammassati 80mila satanassi), puntualmente la partita la si doveva vedere all'impiedi. Non c'era neanche la copertura per cui se faceva caldo ci si abbronzava gratis e se pioveva e tirava vento ci si inzuppava fino alle mutande, anche riparandosi con l'ombrello. Durante la partita poteva capitare che mi distraessi un attimo e, manco a farlo apposta si segnava l'unico gol della gara proprio in quel momento e me lo perdevo e rimanevo fregato. A fine incontro, c'era la corsa per prendere il metrò a piazzale Tecchio. C'erano 8 binari con 8 treni in partenza: se salivo su quello a binario 1, partivano , uno alla volta, gli altri treni dal binario 2 all'8. Se la volta dopo prendevo quello a binario 8, partivano gli altri 7. Non c'era mai verso di indovinare quale partisse prima per cui non riuscivo a rincasare mai prima delle 8 di sera dopo quasi 12 ore di travaglio. Il risultato, alla fine, fu che a metà campionato, sfinito da quei ritmi forsennati,e non reggendo più al gravoso impegno, staccavo dal blocchetto dell'abbonamento i biglietti e li regalavo, di volta in volta, ai miei amichetti del quartiere, mandando loro a godersi lo spettacolo.
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