Le stronzate di Pulcinella

Appello Vinto!

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view post Posted on 28/3/2022, 23:10
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Appello Vinto!

«Se potessi, vorrei finire la mia carriera seduto in una piazza a raccontare storie e alla fine del mio cunto, passare tra il pubblico con la coppola in mano» [Andrea Camilleri]

Naturalmente è possibile che io mi sbagli, mica gli ho chiesto la carta d’identità! ma sono convinto che fosse lui, quello seduto sul gradone del monumento a Dante Alighieri, al centro dell’omonima piazza pedonale, circondato da una piccola folla di ragazzi, giovani e sfaccendati.
Stava li, col suo inconfondibile faccione debordante di pieghe e quegli occhi ciechi straordinariamente vivi.

E naturalmente stava raccontando storie, o forse la sua storia, e naturalmente non si capisce dove finisca la cronaca e cominci la fantasia.
Quando sono arrivato io, ad unirmi agli altri per ascoltare stava rispondendo a qualcuno che evidentemente gli aveva chiesto come avesse fatto a finire in Paradiso, lui, ateo dichiarato, comunista acceso, con quel precedente delle uova tirate al crocefisso, quelle che gli lucrarono l’espulsione dal collegio “Pio X” e per di più ormai sepolto nel cimitero acattolico come il peggiore dei miscredenti…
Un po’ parlava, e un po’ rideva con la pappagorgia che gli ballonzolava sotto:

«… perché le cose lassù, e lo vedrete bene quando ci andrete perché da questo non si scappa, funzionano in modo parecchio differente da come ci dicono preti, e papi e poeti quaggiù!... ah!
in modo tutto differente! ...»
e giù una gran risata…

Francamente, vedere il grande autore che, proprio come aveva chiesto ancora in vita stesse a raccontare storie in piazza non mi stupiva affatto, né mi intimoriva, e manco mi veniva da chiedermi se quell’immagine fosse un ectoplasma o un tizio in carne ed ossa, e incuriosito:

«Maestro, e non volete raccontarci di qualche stranezza che avete visto lassù, cose che non immaginiamo, o qualche incontro particolare? ...»

Sorride in grand’uomo e subito mi accontenta:

«Ma certo, Lucio, te la levo subito, la curiosità! e ti posso dire di Paolo e Francesca, quelli della storia che avvenne dalle tue parti, nelle Marche, te li ricordi?... Beh, li ho incontrati proprio come li descrive padre Dante, perennemente abbracciati stretti stretti, come due innamorati alla partenza del treno che li dividerà. E quasi completamente indifferenti a quel che avviene intorno!... solo – sembra concentrarsi un attimo a riflettere – tutto quello spaventoso turbine che descrive l’Alighiero io non lo ricordo! Forse solo un refolo leggero, ma tiepido e piacevole, sulla pelle…»

«Ma Maestro!... Dante li sbatte all’Inferno, Paolo e Francesca, e ne fa protagonisti del quinto canto, quello dei lussuriosi… lei non stava dicendo di essere andato in Paradiso? ... »

«Lucio, Lucio… (ma come farà a sapere il mio nome?) l’ho già detto che le cose lassù funzionano tutto diverse!... Paolo e Francesca stanno in Paradiso, ed a buon diritto!
Comunque mi congratulo per la tua cultura, vedo che a scuola studiavi con profitto, contrariamente a me, che le lauree me le son prese “Honoris Causa” tutte quante!
Venne subito anche a me il dubbio, ed appena li riconobbi glielo chiesi apertamente, anzi sfacciatamente, come piace fare a me, nei miei romanzi: “e voi cosa ci fate, qui? - chiesi – non dovreste essere laggiù a volteggiare nel turbine infernale? ...” »

Si ferma un attimo, il Maestro, come pensoso, ma subito riprende il racconto, con rinnovato slancio:

«Mi rispose Paolo senza indugio, pur rimanendo avvinghiato alla sua donna e sfiorandole l’orecchio con le labbra:
“dici bene, vecchio, ed hai ragione! padre Dante infatti ci incontrò laggiù, nel luogo tristo di eterna perdizione, e non ebbe pietà nel raccontarci colpevoli e condannati.
Non gliene volemmo, né gliene vogliamo! Buia epoca fu la sua, e malvagia, e lui n’era impestato!
Ma il tempo è galantuomo, e il Padreterno pure! A giusto tempo noi presentammo appello avverso alla condanna di quel saggio, e s’imbandì il processo.

Com’era pensabile infatti che il nostro peccato potesse essere condannato così duramente?
Donde derivava la nostra immane colpa? Null’altro che dall’amore, un immenso, travolgente, luminoso amore! Per di più candido da venali interessi e bieche macchinazioni, o malizie, o sotterfugi! Solo Madre Natura Provvida mi spinse alle sue braccia e lei a me.
Amor Divino, quel che oltre ogni forma è ancora Amore, ed esso soltanto, ci analizzò, e trovandoci innocenti e a Lui conforme tosto ci assolse, e per noi gloriose s’aprirono le empiree porte!”

Un “Appello Vinto!” io esclamai allora rivolto a quei due corpi avvinti e mi commossi…»


Tace il maestro, e medita, forse commosso ancora. Ma non sembra aver finito; allo spirito del narratore manca ancora la chiusa, e la morale. Ed ecco infatti che pianamente, quasi deferente, quasi sussurrante, riprende il suo dire.

«Quell’esperienza poi guadagnò anche a me la redenzione… perché nonostante i miei peccati in Terra, le mie blasfemie e gli oltraggi, in quell’occasione subito riconobbi la grandezza Celeste ed umile mi inchinai alla sua giustizia.
Perché vedi, amico Lucio, da cose così si distingue il Paradiso dei Cieli dall’Inferno della Terra!
Lassù, anche un condannato senza rimedio può far ricorso e presentare Appello, ed essere ascoltato in equità.
In Paradiso, quando si ha ragione, gli Appelli si vincono, senza bisogno di corrompere i giudici!»


Lucio Musto 28 marzo 2022
 
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view post Posted on 29/3/2022, 10:58
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Bravo mi è piaciuto!!!
 
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view post Posted on 29/3/2022, 13:32
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grazie!
 
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