Una storia genovese, fatta di dolcezza e di amore per la tradizione, una storia dai contorni fiabeschi iniziata molto tempo fa, nel cuore della città vecchia.
C’era una volta un certo Antonio Maria Romanengo che un bel giorno aprì un negozio di coloniali in Via della Maddalena. Correva l’anno 1780 e questo fu il principio di una dolce avventura, proseguita dai suoi figli che con il tempo diventarono stimati produttori di frutta candita, confetti e cioccolato.
Altre due botteghe videro la luce nei vicoli di Genova e Stefano, uno dei figli di Antonio Maria, aprì un laboratorio in Campetto.
Ed è importante l’anno 1814 nel quale nasce la splendida confetteria di Soziglia.
Il negozio ha tutto il fascino del tempo andato e venne restaurato da Pietro, figlio di Stefano, fu lui a volere che avesse lo stile delle confetterie francesi dell’epoca. Ed è ancora così, come in una fiaba.
Ogni anno, tra maggio e giugno, nella fabbrica-laboratorio della ditta Pietro Romanengo fu Stefano si ripete un rito secolare: tutte le attività si fermano e la fabbrica si dedica completamente alla lavorazione delle rose.
Le rose arrivano da giardini privati sulle alture della città, da conventi di suore, da piccoli produttori dell’entroterra genovese. Appartengono soprattutto a tre qualità, la Gallica, la Muscosa (detta anche Chapeau de Napoléon) e la Rugosa e devono essere rigorosamente esenti da trattamenti chimici.
La fabbrica si riempie di fiori e di profumi, si separano i petali manualmente e si iniziano le lavorazioni di due tra i grandi prodotti tradizionali Pietro Romanengo: la conserva di petali di rosa, chiamata ancora con l’antico nome di “Zucchero Rosato” e lo sciroppo di rose.
Testo preso dai siti Dear Miss Fletcher e Antica Confetteria Pietro Romanengo fu Stefano